Novembre 19, 2024

113 thoughts on “TARIQ RAMADAN CONTRO LA FIERALIBRO

  1. Comincio io, inserendoil parere di Claudio Magris (fonte: Corriere.it del 5 febbraio).

    Sollecitato a scrivere sull’inqualificabile contestazione dell’invito rivolto quest’anno a Israele — come è accaduto in passato e accadrà in futuro nei confronti di altri Paesi — a partecipare quale ospite d’onore alla Fiera del Libro di Torino, mi ero astenuto. Mi ero astenuto perché ritengo che si possa e debba discutere di ciò che magari avversiamo ma consideriamo degno e dunque avente il diritto di esser preso in considerazione, ma non di proposte, proteste, affermazioni o negazioni insensate e inaccettabili, che vanno semplicemente considerate irricevibili e cestinate. Un proverbio viennese dice che certe cose non vanno neppure ignorate, perché già ignorarle è troppo. Discuterne, anche rifiutandole, contribuisce a dar loro consistenza e spessore, come una signora che si fermasse per strada a dimostrare la sua virtù a uno screanzato che l’apostrofasse con termini irripetibili.

    Tale è il caso della penosa pagliacciata contro l’invito di Torino. Purtroppo se ne è già discusso tanto, gonfiando il pallone, e non saranno certo queste mie irrilevanti righe a far troppo danno ulteriore. Non è il caso, in questa circostanza, di chiamare in causa grandi problemi, il diritto di Israele a una piena e riconosciuta esistenza, il diritto dei palestinesi a un loro Stato e a piena dignità di vita dovunque vivano, anche in Israele, né la grandezza letteraria degli scrittori invitati quest’anno, quali Yehoshua. Non è neppure il caso, in tale circostanza, di criticare o approvare la politica dell’uno o dell’altro governo israeliano o di altro Paese, arabo o no, o dell’autorità palestinese, come non sarebbe il caso di discutere la guerra in Iraq o il carcere di Guantanamo se a Torino fosse il turno degli Stati Uniti e dunque di Philip Roth o DeLillo anziché di Oz o di Grossman. Quando, due settimane fa, la giuria del Premio Nonino, di cui faccio parte, ha premiato — su proposta di Peter Brook, il grande regista di famiglia ebraica — Leila Shahid, rappresentante dei palestinesi presso la Francia, l’Unesco e l’Unione Europea, nessuno si è sognato di protestare, ma anche se qualche scervellato l’avesse fatto, non avremmo perso certo tempo a rispondergli. Così si sarebbe dovuto fare in questa circostanza. Liberissimo ognuno, ovviamente, di boicottare la Fiera del Libro di Torino ossia di non andarci, perché non è un obbligo di legge. Ma se qualcuno dovesse cercare di impedire con la forza ad altri di andarvi, dovrebbe esserne impedito con quella forza che, nelle democrazie, è monopolio dello Stato e non della piazza, alla quale si appellano — anche di recente in Italia — solo demagoghi di basso rango.

    Claudio Magris
    05 febbraio 2008

  2. Ovviamente non date retta a questa frase di Magris: “ritengo che si possa e debba discutere di ciò che magari avversiamo ma consideriamo degno e dunque avente il diritto di esser preso in considerazione, ma non di proposte, proteste, affermazioni o negazioni insensate e inaccettabili, che vanno semplicemente considerate irricevibili e cestinate”. Altrimenti questo post non ha nemmeno senso.
    Però se pensate che discuterne sia sbagliato… be’, ditelo pure.
    In fondo si può discutere anche sull’opportunità di una discussione, no?

  3. Sempre da fonte Corriere.it, l’opinione di Magdi Allam

    Prima che si realizzi l’infamia del boicottaggio arabo della Fiera del Libro di Torino, lancio un appello. L’appello a tutti gli enti culturali e accademici italiani di aderire con dignità e orgoglio al boicottaggio degli scrittori e intellettuali che negano il diritto di Israele all’esistenza. Perché oggi più che mai questo diritto coincide con il valore della sacralità della vita che è il cardine della nostra civiltà occidentale. Non è sufficiente resistere alle intimidazioni per la legittima scelta di riservare a Israele lo status di ospite d’onore.

    E guai se si cedesse al ricatto, accordando in extremis uno stand di «pari dignità» ai palestinesi, riesumando il vizio italico di dare «un colpo alla botte e uno al cerchio », per «accontentare tutti e non inimicarci nessuno». Perché è del tutto evidente che questa avanguardia ideologica dei neonazisti islamici e panarabisti mette in discussione il diritto stesso alla vita dello Stato ebraico. A loro non interessa che gli scrittori israeliani invitati siano di fatto strenui difensori del diritto dei palestinesi a uno Stato indipendente che conviva pacificamente al fianco di Israele. Così come è indubbio che avrebbero inalberato il veto a Israele anche in assenza della contingenza del dramma che colpisce la popolazione di Gaza, vittima della dittatura e del terrorismo di Hamas. Sbaglia pertanto il direttore della Fiera del Libro, Ernesto Ferrero, quando dice: «La Fiera non intende festeggiare o celebrare un evento che per gli uni è felice e per gli altri è luttuoso ».

    Il riferimento è alla ricorrenza del sessantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele. Ebbene, stiamo parlando di uno Stato pienamente legittimato dalla risoluzione 181 delle Nazioni Unite. Anche se, guarda caso, è l’unico Stato al mondo di cui a tutt’oggi si mette in discussione il diritto all’esistenza e, da parte di alcuni paesi- burattinai del terrorismo islamico globalizzato, si predica e persegue l’obiettivo di distruggerlo. Ebbene, possiamo noi dichiararci equidistanti o equivicini tra chi difende e chi viola il diritto alla vita? No. Perché se lo facessimo rinnegheremmo noi stessi. Noi non possiamo che essere schierati, in modo esplicito e fermo, dalla parte del diritto all’esistenza di Israele.

    E quindi dobbiamo dire con grande chiarezza che siamo ben felici di festeggiare il sessantesimo della nascita dello Stato ebraico e condanniamo tutti coloro che immaginano che possa trattarsi di un «evento luttuoso». Quanta ipocrisia da parte dei negazionisti di Israele, specie quelli in doppiopetto alla Tariq Ramadan e i nostrani dell’Ucoii, che sono riusciti a plagiare un Occidente debole e relativista, rivelandosi di fatto ancor più insidiosi di quanto non lo siano i terroristi islamici. Ebbene, se oggi vogliamo recuperare il valore della sacralità della vita e riscattare la nostra civiltà, non abbiamo altra scelta che affermare e difendere il diritto all’esistenza di Israele.

    Questo diritto deve diventare il parametro valutativo per accreditare e legittimare i nostri interlocutori. Sarebbe bello, ma mi rendo conto che è solo un sogno con l’attuale classe politica in cui ci sono delle frange addirittura colluse con i neonazisti islamici e panarabisti, che fosse proprio l’Italia, investita del caso della Fiera del Libro di Torino, a farsi promotrice in seno all’Onu di una risoluzione che consideri la negazione del diritto di Israele all’esistenza come un crimine contro l’umanità. O forse è un sogno in assoluto in un Occidente che ha perso i propri valori e ha tradito la propria identità.

    Magdi Allam
    04 febbraio 2008

  4. E’ molto difficile esprimersi. Si rischia di passare per antisemiti se si dice che il boicottaggio non è giustificabile dal punto di vista culturale ma è comprensibile da un punto di vista politico. I palestinesi estremisti hanno fatto molte vittime innocenti ma Israele non mi sembra che faccia molto per risolvere la grave situazione n cui i palestinesi si trovano. I loro territori non sono uniti. Il muro crea drammatici disagi. Forse dico una sciocchezza. Gli organizzatori della Fiera di Torino non pottrebbero impegnarsi con i palestinesi a designarli ospiti d’ onore alla Fiera torinese immediatamente successiva a quella attuale?
    L’ argomento è interessante. Spero di leggere molti interventi. Un saluto a tutti. Franca.

  5. Facciamo cosi’: Magris ne ha parlato dicendo che non se ne sarebbe dovuto parlare; io allora parlo per bocca di altri (Maghdi Allam), il che equivale a non parlare direttamente ma solo scegliere di ripetere cose meritorie dette da altre voci. Fungo da eco, insomma:
    ”Prima che si realizzi l’infamia del boicottaggio arabo della Fiera del Libro di Torino, lancio un appello. L’appello a tutti gli enti culturali e accademici italiani di aderire con dignità e orgoglio al boicottaggio degli scrittori e intellettuali che negano il diritto di Israele all’esistenza. Perché oggi più che mai questo diritto coincide con il valore della sacralità della vita che è il cardine della nostra civiltà occidentale. Non è sufficiente resistere alle intimidazioni per la legittima scelta di riservare a Israele lo status di ospite d’onore.
    E guai se si cedesse al ricatto, accordando in extremis uno stand di «pari dignità» ai palestinesi, riesumando il vizio italico di dare «un colpo alla botte e uno al cerchio », per «accontentare tutti e non inimicarci nessuno». Perché è del tutto evidente che questa avanguardia ideologica dei neonazisti islamici e panarabisti mette in discussione il diritto stesso alla vita dello Stato ebraico.”
    La mia voce? Non c’e’. Io sono l’eco.
    Sergio Sozi

  6. sono alquanto stufa di dover continuare a constatare quotidianamente che la stupidità fa un rumore infernale. che si continua a identificare un popolo con il suo governo, e che la polemica tout court è sport nazionale, meglio se sterile e basata su presupposti errati e superficiali.
    oz, yehoshua, grossman e con loro gran parte degli intellettuali israeliani sono da sempre impegnati sul fronte della pace e della ricerca di una difficile soluzione al problema della coesistenza di israele e palestina, due popoli accomunati da destini difficili che devono imparare a convivere in un territorio grande come un fazzoletto, e che come un fazzoletto è fradicio di lacrime e sangue.
    fare da cassa di risonanza alle esternazioni di uno o più cretini raggiunge lo scopo di dargli importanza e di soffocare le voci di chi con intelligenza porta avanti importanti istanze. condivido quindi l’opinione di ferrario.

  7. Ma veramente dobbiamo prendere sul serio il parere di uno che è completamente screditato e che farebbe bene a dedicare il suo tempo a lottare per il suo mondo che è rimasto al 700 dopo Cristo. Io inviterei tutto a leggere “Radicali Perdenti” di Hans Magnus Enzensberger dove il filosofofo tedesco, uno che non è certo di destra, mette in mostra impietosamente tutti i mali dell’Islam. Un mondo dove una donna stuprata viene condannata per chè è lei ha causato la violenza eccitando l’uomo. Un mondo dove dal xv al XVIII secolo non si è stampato un libro perchè l’unico libro doveva essere il Corano. e via di questo passo. Basta non è più possibile accettare certi atteggiamenti in nome del politically correct. Diamo del barbaro a chi lo è!

  8. io penso che a casa propria uno può invitare chi vuole. punto. mi sembra una cosa surreale questa presa di posizione.

  9. La Fiera internazionale del libro di Torino, avvicina gli scrittori ai lettori, alla società civile, crea ponti fra sconosciuti. La politica deve stare altrove, nessuna ingerenza nelle libere scelte degli organizzatori. La letteratura è libera, ma questa indipendenza infastidisce i governi totalitari, gli idioti del contro tutti, i falsi moderati che stanno infiltrando le democrazie.
    Se potessero brucerebbero libri e autori, come la storia ci ricorda. Non credo che il silenzio faccia svanire i fondamentalisti e affini, si deve affermare l’indipendenza della cultura sulle prepotenze politiche.

  10. La mia opinione è quella di Gea; ignorare Tariq Ramadan (ma chi è?) è l’unica risposta possibile; essere in disaccordo con la politica israeliana non significa dover negare la cultura israeliana che spesso si oppone alla politica oltranzista del governo. Eppure il governo di Tel Aviv, a quanto so, non mette al bando Oz, Grossman o Yeoshua, al contrario di quanto succede in un paese islamico quando un esponente della cultura osa alzare la voce contro la lina intransigente del governo.
    Un cretino come Ramadan fa purtroppo il gioco dei vari Calderoli, Bossi e camerati vari. Ma si sa, i cretini facilmente fanno gruppo.

    non penso che Israele inviterebbe a boicottare una Fiera del Libro solo perchè si prevede la presenza di Gunter Grass!!!

  11. Apprezzo molto il parere di Gea. Ma credo anche che questa vicenda non vada presa sottogamba e liquidata con toni estremistici e anche eurocentrici che risolvono la questione con un implicito giudizio di immaturità e inciviltà da parte del mondo islamico.
    Una volta Amos Oz disse da Gad Lerner che la situazione in Israele era tragica perchè, di fatto era la triste lotta tra due diseredati della storia, che s’ammazzano tra di loro per un foglietto avanzato, per altro interessante si e no da un pusto di vista simbolico, da un punto di vista di clima e risorse – ragazzi miei c’è de meglio. (Naturalmente Amos Oz non si era espresso così preciso preciso-:))). Noi però poi finiamo per guardare a quella situazione e alle sue tragiche conseguenze con delle maxicategorie che tendono a semplificare, e che si formano su modi di ragionare occidentali e non solo occidentali ma occidentali in tempi di pace.
    Ma in tempi di conflitto, i percorsi logici e le ferite aperte sono ben altre. Prevalgono scelte radicali indubbiamente dannose, ma comprensibili sotto il profilo storico. Noi qui stiamo bellini e sereni sulle nostre poltrone, quando viene la destra al governo ci permettiamo di parlare di dittatura dimostrando – evidentemente una memoria un po’ corta. Quando la dittatura c’è per davvero, la vita e i sentimenti sono altra cosa. quando c’è un atteggiamento repressivo che per te cittadino onesto è assolutamente ingiustificato la tua modalità di considerare e agire e interpretare la politica varia sensibilmente.
    Ho avuto un fidanzato arabo israeliano – andavamo in macchina insieme, una donna faceva l’autostop ma appena ha capito che lui era arabo è voluta scendere. Vedete – non era una agente dell’olp, era un medico chirurgo.
    Questo fidanzato aveva un fratello: promettente ingegnere arruolato all’università di Tel Aviv. Però a questo brillante ingegnere certi posti pubblici erano preclusi. queste cose capite – fanno incazzare.
    E avrei molte e molte cose da raccontare. su un paese amaro e tragico, dove le persone oneste di tutti i colori fanno fatica a parlarsi – eppure ce n’è tanti che ci provano.
    Ora. Il problema delle situazioni di conflitto, è che generano logiche di conflitto, per cui perpetuano il contrasto anzichè eliminarlo. Le logiche di conflitto, e più che mai le logiche di discriminazione confermano il diritto della separazione e della diversità contro quello – ben più sano dell’unione sui possibili valori condivisi: succede agli arabi oggi che dicono a Torino di non importare scrittori israeliani, ma è successo un mucchio di volte anche a noi in altre circostanze politiche. E’ il paese a essere condannato e non l’autore. E’ un errore, ma non lo tratterei con tanta faciloneria e supponenza. Come fa Chiaberge carino carino dal sole 24 ore. Certamente, sarebbe stato più intelligente mandare qualche autore arabo a dire cose amare su questa vicenda, per fargli fare quello che sempre la cultura ha il dovere politico di fare, cioè proporre nuove categorie intellettuali, capaci di sintetizzare le vecchie antitesi: si chiama progresso.
    Infine a Franca Maria Bagnoli: non è difficile parlare male di Israele, dal momento che essere Israeliano è una cosa, essere ebreo è un’altra. Basta ricordarsi di giudicare il paese come entità politica, e lasciare da parte l’ebraismo, anche considerando che ci sono moltissimi ebrei non israeliani, felicemente di altre nazioni, e persino filopalestinesi. Di solito quando vedo quella sovrapposizione subito dopo arriva la faciloneria, e l’antisemitismo.

  12. Si può girare intorno all’argomento quanto si vuole ma poi viene sempre fuori che al terrorismo musulmano tutto è consentito mentre gli Israeliani non si possono e non si devono difendere. La rivendicazione di Hamas dell’attentato dei kamikaze e l’uso delle ragazze down usate come bombe umane la dice tutto su una certa inciviltà e non è ignorando questi avvenimenti per sentirsi politically correct che si risolvono i problemi. Stiamo viziando il terrorismo ed i terroristi non mettendoli di fronte alle proprie responsabilità. Lo so che dico cose sgradevoli, ma non sopporto più questo filoislamismo che è autolesionismo puro. La verità e rivoluzionaria, diceva Gramsci, non nascondiamola. Non si può consentire ai Ramadan vari di dare lezioni. Questo è inaccettabile!

  13. Un mio amico ingegnere, al di sopra di ogni sospetto, è tornato l’anno scorso da una missione a Tel Aviv svoltasi in peina estate.
    Lavorò per giorni in alcuni uffici e si accorse che nelle stanze degli israeliani c’era l’aria condizionata. Nelle stanze “degli altri” no, e ci si cuoceva a bagnomaria nel proprio sudore. Anche questo, credo, possa far incazzare zauberei.
    Ma certe forme di, come dire, antitesi alla razionalità avvengono inesorabilmente dall’una e dall’altra parte e non possono a mio avviso essere prese come esempio della tremenda questione mediorientale.
    Sono portato, tranquillamente e senza alcun astio, a essere un pochino filo-palestinese.
    Credo però che iniziative come quella di Ramadan possano essere un incentivo a “passare dall’altra parte”. Così come il nero Idris che tifa juventus è rimasta l’unica ragione valida al razzismo nei confronti delle persone di colore.

  14. Si confonde sempre la politica con la cultura. Se così fosse non bisognerebbe leggere autori cinesi, arabi, ma pure americani (il paese di Bush ma anche di Franzen). Neppure Gunter Grass. E già che ci siamo eliminamo Heidegger o Benedetto Croce dai libri. Oltretutto chi ha pensato di boicottare gli scrittori israeliani dimostra anche di non aver mai letto i loro libri, visto che da sempre si occupano del conflitto israelo-palestinese.
    Non mi sembra che Oz o Grossmann abbiano scritto libri inneggianti all’odio e alla guerra.
    Infine, boicottaggio di libri e censura: c’è differenza?

  15. Credo che sia un male ormai ampiamente generalizzato pensare, ritenere, e sostenere con forza e spesso con violenza che se si è a favore di qualcuno/qualcosa, si debba automaticamente essere contro qualcunaltro/qualcosaltro. E mischiare le carte in tavola pur di arrivare allo scontro. Cosa c’entrano gli scrittori con i politici? I libri con le leggi?
    Che brutto vizio… scegliere i buoni e i cattivi e schierarsi. Cavalcare un pregiudizio. Colpirne uno per educarne cento. Israele boia, e quindi via tutti i suoi scrittori. Scommetto che quei 14 violenti che hanno occupato la sede della fondazione fiera del libro non hanno mai letto un libro di oz, di grossman, di yehoshua. Non gli importa di farlo. L’importante è farne un simbolo (non sono uomini, scrittori, individui: sono israele!) e cacciarli. Non mi piace la faziosità. Sono conscio dei misfatti che ha compiuto israele, sono conscio dei misfatti che ha compiuto la palestina. Consapevole di che crisi ci sia laggiù. E mi chiedo: serve a qualcosa scatenare questo putiferio, lanciarsi con tale irruenza al fine di boicottare la fiera? Serve a quale causa? Secondo me solo a quella dei soliti demoni di dostoevskij.

  16. @ vito:
    di solito quando torni a comparire dopo tanto tempo ti manifesti con una bella cazzata. stavolta invece hai detto una cosa intelligente. da dove l’hai copiata?

  17. simile riconosce simile. Enrico, ma perché cerchi sempre di insinuare che io sia un plagiatore spudorato? Hai le prove? (non puoi averle perché io copio da fonti remote e insondabili!!).
    Comunque di una cosa ti rassicuro: non ti copierò mai. mai così in basso.
    E, en passant, compaio con moderazione perché è giusto che sia così. Leggo gli altri, soprattutto, anzichè sommergerli coi miei commenti logorroici. Ma tu sei affetto da patologia, per cui ti capisco.

  18. Vorrei leggere qualunque cosa e da qualunque parte sia stata scritta. Faccio del male a qualcuno rivendicando questa libertà ?
    Che poi mi piaccia o no quello che leggo, scusatemi, ma sono c..zi miei.

  19. Enrico mi fanno un pò incazzare queste continue categorizzazioni. Comunque volevo ringraziarti di cuore per avermi lasciato da solo ieri a parlare con lafrappa. 🙂 Ecco…gli amici si vedono nel momento del bisogno.

  20. Dovremmo prendere atto che viviamo fra integralismi di vario genere, a cominciare da quelli di casa nostra. Se cominciamo a cedere ai loro ricatti, allora sì, che la libertà ce la saremo giocata.
    Faccio mio di eventounico:”vorrei leggere qualunque cosa e da qualunque parte sia stata scritta…”
    Aggiungo che vorrei anche che non mi siano impartite regole comportamentali in nessun ambito sociale, morale-culturale. soprattutto se ad imporle siano istituzioni che non rispettano i più elementari diritti umani.
    Ma l’Italia, non era un paese laico e libero?

  21. Almeno la cultura rimanga laica ed aperta.
    se altri (la politica, la religione), si appropriano anche del libro e di ciò che rappresenta, torniamo a molti anni fa quando c’era un pensiero unico.
    per fortuna in una libreria si trova di tutto; ogni posizione sia politica che sociale ed economica.
    sono i lettori a scegliere ed è compito di chi scrive dibattere e far valere nel confronto le proprie opinioni per far conoscere il proprio punto di vista.
    non mi sento adeguato vorrei capire e per far ciò ho bisogno di conoscere tutte le opinioni in campo.
    cosi a me pare

    in questo periodo troppi pensano che non far parlare è meglio, non è un buon segno.

  22. Con amarezza dobbiamo constatare che i nostri tempi si stanno deteriorando, Infatti, ricordo come esempio di libertà e di cultura, il Premio Viareggio- Répaci. che ho cominciato a seguire per il settimanale ” culturale “La voce del Campo” sin dal 1989.( Da qualche anno vado solo come ospite). Nell’ambito dello stesso Premio, quello Internazionale Viareggio- Versilia, ogni anno viene assegnato a una personalità che si è distinta, per il suo impegno atto a favorire la pace e la solidarietà .Nel 2006 ottenne l’ambito riconoscimento il grande scrittore Abraham Yehoshua (nato a Gerusalemme nel 1936) e autore di quel romanzo capolavoro ” L’amante e la sposa liberata”. Già nel 2004 -ottennero il Premio Internazionale Versilia,l’israeliana Manuela Dviri e la
    scrittrice Suad Amiry. Ho conosciuto personalmente entrambe, loro erano divenute buone amiche. Manuela, donna straordinaria e coraggiosa, aveva avuto il figlio, ucciso dai palestinesi. Suad era una giovane palestinese,ma loro sotterrando i reciproci rancori, insieme collaboravano per la distensione di una lotta senza fine. Manuela pur conservando in cuore il suo lacerante dolore, ha fondato un ospedale dove vengono amorevelmete assistiti e curati anche i bambini palestinesi che sono stati feriti. Non sono in grado di giudicare una parte o l’altra, peccherei di presunzione non conoscendo a fondo ,le annose motivazioni che impediscono una pace duratura.. Certamente con un numero considerevole di persone innocenti uccise,vi saranno torti da entrambe le parti. Posso solo dire che con l’odio e la violenza non si approderà mai a nulla Gli scrittori, che rappresentano la coscienza illuminata di un popolo, da qualsiasi nazione provengano, dovrebbero poter esprimere liberamente i loro pensieri ed essere accolti da un popolo democratico come il nostro con la dovuta attenzione e cortesia. Ho sempre ricordato Lior, un caro amico di famiglia, lui era israeliano , si era laureato in medicina a Siena e in seguito era divenuto un ottimo chirugo. Nell’ospedale di Tel Aviv aveva ideato dei metodi altamente innovativi e curativii a vantaggio di tutti i malati. Quando gli si chiedeva come era la vita in Israele, lui sorridendo ci rispondeva con un motto yddish ” Vivere si potrebbe solo che non ti lasciano campare”…
    M. Teresa

  23. Io Massimo sono completamente d’accordo con te. E’ anzi un dovere della cultura mantenere questo tipo di atteggiamento, un dovere politico. Quello su cui riflettevo e parlavo, era in polemica sui toni di chi commentava queste vicende. Chiaro che sono assolutamente contraria all’imbavagliamento degli scrittori israeliani – figuriamoci. Ma ecco, in certi momenti politici, la cultura ha il dovere di fornire una resistenza a movimenti che non sono così strani.
    faccio presente che si discute della partecipazione della cina alle olimpiadi per le svariate nefndezze contro i diritti umani che si compiono in quel paese. Questa discussione avviene nel mondo occidentale, non dico che è giusta dico che è una categoria della politica da non prendere sottogamba.

  24. Ma è così difficile dire le cose come stanno? Oggi c’è solamente una parte che vuol mettere la museruola a tutto il resto del mondo. E guarda caso è la parte che ha paura del progresso e della cultura. Ma avete tutti paura a dire la verità? E che c….!

  25. Una precisazione al volo.
    Il Massimo Maugeri intervenuto con commento delle ore 12:17 pm non sono io, ma il mio omonimo di La Spezia che saluto affettuosamente.
    Credo comunque che abbia detto cose condivisibili.
    Tornerò a intervenire stasera per dire la mia.
    Un abbraccio a voi tutti. E grazie per i commenti.

  26. Paura di dire la verità ? Ci andrei cauto con certe asserzioni. Sentirsi in possesso di una qualsiasi verità è l’anticamera del talebanismo, di qualsiasi religione o bandiera.
    Chi si sente in possesso di una qualche verità, in genere prima o poi avoca a sè il compito di “educare” anche gli altri, in genere a suon di mazzate.
    La mia condanna totale va pertanto ai talebani di parte islamica e al Sig. Chicazzè Tariq Ramadan in particolare in questo caso, e a tutti coloro che (spesso per biechi motivi politici o pseudotali, e che nulla hanno a che fare con le rivendicazioni del popolo palestinese) appoggiano la sua iniziativa.
    Ma altrettanto totale va ai talebani delle parrocchiette nostre, che in nome di una società occidentale più civile e quindi “superiore” condanna la cultura islamica in toto facendo di ogni erba un fascio, buonanima di Oriana Fallaci compresa.
    E non lo dico per cerchiobottismo, ma perchè credo fermamente che le logiche del muro contro muro siano le più abiette e perniciose.
    Non cogliere opportunità di dialogo, di confronto tra rappresentanti della cultura israeliana (peraltro critici della politica di quel Paese) e rappresentanti della cultura del mondo arabo, palestinesi magari, a me pare uno spreco di occasioni.
    Guardacaso c’è chi di queste occasioni ha sempre una paura fottuta: gli integralisti di ogni bandiera hanno sempre timore più di chi lavora per il dialogo, e quindi per la pace, che di chi si contrappone duramente a loro e che in qualche modo, da qualunque parte stia, svolge l’importante funzione di fomentare l’odio e quindi la guerra.
    Non a caso sono stati ammazzati Rabin e Sadat (e da loro compatrioti), mica Nethanyahu o Komehini.

  27. Penso tutto il male possibile di chi ha osato scagliarsi contro Israele, contro il suo diritto di esistere, contro i suoi scrittori, oggi come ieri tra i più grandi del pianeta. Condivido quanto scrive Magris e quanto chiede Magdi Allam.
    Anche Aldo Grasso ha perfettamente ragione: i pochi intellettuali rimasti facciano qualcosa, e lo facciano in modo aperto e chiaro attraverso la stampa e la televisione. L’ipocrisia e la pavidità in un passato non troppo remoto hanno generato dei mostri.
    Una lettrice indignata

  28. Grazie Gea, anche se mi sono dimenticato di citare oltre alla buonanima della Fallaci il grancorpo di Giuliano Ferrara.

  29. Ma ci sono opportunità di dialogo con la cosiddetta civiltà araba? A me pare che con loro si possa dialogare solo se si è d’accordo con loro. Ed allora bisogna accettare la legge coranica per cui la donna stuprata è condannata a morte perchè se è stata violentata e perchè lei ha eccitato il maschio. E bisogna anche accettare che nessun musulmano si converta ad altre religioni perchè altrimenti è condannato a morte. Insomma lo volete capire che per loro noi siamo gli infedeli da sterminare? Andiamo avanti così anime belle vedrete cosa succederà. Ma comunque citatemi un esempio su che cosa è possibile il dialogo con i civilazzatori musulmani.

  30. Mi pare che Magdi Allam o Tahar Ben Jelloun facciano a pieno titolo parte della cultura araba. E credo si possa dialogare con loro anche se non si è d’accordo (loro mi pare dialoghino con noi). Sono solo due nomi, ma credo ve ne siano molti altri. Che poi alcuni di essi siano costretti a vivere e scrivere all’estero è vero, ma mi pare debba imputarsi più agli odierni “stati islamici” che ad una “civiltà araba”. E dal punto di vista politico anche lo stato di Israele non è che sia esente da pecche, mi sembra.
    Il termine “civilizzatori” per i musulmani io non lo uso, e forse a parte qualche fanatico islamico o qualche fanatico anti-islamico, non mi risulta lo usi nessuno.
    Anzi per me nessuna religione è o è mai stata “civilizzatrice”. Lo sono state alcune culture in tempi passati (penso all’ellenismo, a quella classica-romana, alla cultura islamica del Medioevo, al Rinascimento, all’Illuminismo,…); oggi non mi pare possa essere “civilizzatrice” la democrazia occidentale in formato export, a suon di bombardamenti.
    Detto questo ribadisco il mio giudizio di assoluta “barbarie” alla fatwa (se di fatwa si tratta) alla fiera del libro, o qualsiasi proposta di suo boicottaggio

  31. Insomma, in soldoni, quello che vorrei dire è che riuscire a far condividere ad altri i concetti di rispetto, tolleranza, parità di diritti tra le persone, tra i sessi, tra i popoli, l’illiceità della pena di morte e compagnia bella può voler dire “civilizzare” chi questi concetti non condivide. E non si può pretendere di “civilizzare” gli altri esimendosi dal mettere in pratica tali concetti proprio verso di loro.
    Rinunciarvi ed accettare la logica dello scontro non porterà che all’imbarbarimento anche nostro.

  32. @ evento
    Meglio l’abbronzatura, che a cambiar sesso potrei finire fra tutte quelle frequentatrici di questo blog che sbavano per il Gregori (che più le tratta male e più fa punti)

  33. Arrivo tardi perché in questi giorni sono presa, ho letto i vostri commenti, e condivido, parola per parola, quello di Vito Ferro, a cui aggiungo solo poche note.
    Penso che l’Europa non pagherà mai abbastanza il suo debito verso il popolo ebraico, perché quello che è stato, è avvenuto qui, e sappiamo come.
    Penso che in Italia non si perda mai l’occasione di manifestare la propria frustrazione politica con becere performance.
    Infine penso che la questione ebraica vada distinta dalla politica di Israele, così come “andrebbe” distinta la questione palestinese dall’integralismo islamico. Forse, il tempo a disposizione per una vera pace e per un accordo, è sfuggito; forse non è più possibile una soluzione giusta e tutto si è ormai irrimediabilmente compromesso. E a noi tocca una scelta.
    Oggi rovistando fra i libri, ho trovato “Lettera ad un amico ebreo” di Ibraim Souss, ne riporto un piccolo brano:
    “Da quarant’anni vi ostinate a far dimenticare la nostra esistenza. Avete sistematicamente falsificato la storia della Palestina, erigendo a dottrina le vostre alterazioni. Avete perseguito l’inganno così a lungo e bene da rimanere intrappolati persino voi. Non sei stato tu, una volta, a confermarmi che, a forza di volerlo, ti eri convinto che “la Palestina era una terra senza popolo che aspettava un popolo senza terra”, come citava lo slogan dell’Agenzia ebraica. Su questa base avete costruito la vostra strategia di disinformazione attraverso il mondo: fare credere che la “terra promessa” fosse realmente rimasta deserta da duemila anni nell’attesa del ritorno degli ebrei. (…) Come avete potuto dubitare, anche per un solo istante, che potessero venire colte da amnesia le mani rugose degli arabi che avevano lavorato la terra di Palestina e seminato il grano, innestato susini, potato fichi, sfrondato limoni, mondando viti: o che la fragranza dei fiori d’arancio potesse non più aleggiare nella nostra memoria collettiva?
    E io ti dico che le colline di Palestina sarebbero state più verdeggianti, i giardini più fioriti, le città più fiorenti se il sudore delle braccia arabe ed ebree si fosse mischiato, se voi aveste avuto la lucidità per risparmiare a questa terra sacra di essere bagnata dal sangue dei nostri figli”.
    Il testo è del 1990, da allora quasi tutto è cambiato, e l’Europa, ancora una volta ha dimostrato la sua inettitudine politica: può solo scegliere di difendere se stessa.

  34. E’ una delle pagine più drammatiche, annose e sanguinolente della storia umana. Se si pensa da cosa nasce viene da scuotere la testa fino a svitarsela dal collo. Israeliani e palestinesi: due popoli discendenti dallo stesso padre, da sempre divisi secondo la Bibbia. Chi dei due ha ereditato la vera parola di Dio? Non saprei dirvelo esattamente, ma una cosa è certa: L’uomo è profondamente imbecille.

  35. Lo scontro delle culture è, e sarà sempre inevitabile.

    Non è la nostra esistenza un cercare sempre qualcosa che appaghi i nostri sensi e le nostre attese cognitive, qualora ne avessimo alcune?
    Da questo cercare continuo sorgono le nostre difficoltà a mantenere
    l’equilibrio tra il raggiunto e quello ancora da raggiungere, tra il sostenere uno scopo finale di armonia e quello dominato dall’avidità e presunzione, personale o di gruppo, che detta il diritto di possedere ancora di più.
    Come affrontare poi coloro, che non hanno nulla e neanche una prospettiva di avere qualcosa?
    In questa situazione senza speranza sorge l’aggressività del singolo e poi di un intero popolo capace di creare instabilità in tutta la regione e addirittura in tutto il mondo.
    Alla base di ogni scontro violento, causato dalla cultura dei benestanti, emerge la loro incapacità di rinunciare al superfluo, perché sono presi dall’avidità del possedere senza limiti.
    Alla base di ogni conflitto odierno emerge la pratica dei più forti di dominare il mercato per sé, trascurando le necessità primarie della collettività intera della quale anch’essi sono parte, tanto da renderla chiusa al processo di comprensione e accettazione del differente, e di renderla facilmente accessibile al confronto estremistico violento.
    Gli scontri hanno come tutti i processi umani due aspetti, dei quali uno è caratterizzato dalla violenza, oppressione, discriminazione verso i deboli e non concordanti con la loro volontà da parte dei possidenti e benestanti, mentre l’altro, evidenziando maggiormente la necessità di ristabilire l’equilibrio, sollecita gli elementi più sensibili e aperti al senso della solidarietà e giustizia a pretendere la realizzazione delle riforme sociali, che diventano così indispensabili e non più differibili.
    Di per sé una cultura che rimane chiusa degenera nel corso del tempo.
    Tutto il Creato si sostiene nella mutazione continua che ha lo scopo di ristabilire, sempre di nuovo, un equilibrio consumato, cioè agente solo per un periodo determinato da un processo complessivo superiore di raggiungere uno stato finale; quale, di armonia o distruzione?
    Allo stesso modo procediamo noi verso uno stato sempre mutabile, perché anche lui bisognoso di nuove energie, e possibile per il nostro meglio solo quando avremmo capito che sia necessario essere solidali e seri nell’impegno.
    Il contrario significherebbe la nostra estinzione.
    Temere una cultura estranea alla propria, soprattutto quando essa mostra intenzioni estremistiche e di conquista è giusto, ma, il chiudersi totalmente a lei, non risolverebbe mai il problema, al più lo relegherebbe nel futuro.
    Infine, anche la nostra cultura attuale è il prodotto di una selezione continua che ha recato creato disquilibri gravi e sofferenze immense, soprattutto per i popoli incoscienti e poveri.
    Ritengo indispensabile aprirsi al confronto, ma anche stabilire norme precauzionali, affinchè l’affluenza dei nuovi e diversi credenti non superi il limite oltre il quale sorgerebbero squilibri sociali non più controllabili con la popolazione stabile.
    I nuovi, come i vecchi, devono imparare a rispettare e, perché no, assimilare gli aspetti positivi e utili delle altre culture. Ogni cultura ha anche aspetti positivi e sostenibili. In questo senso è necessario considerare il mutamento già in corso in tutto il mondo come occasione propizia di rinnovamento globale delle culture esistenti con il fine di creare una società mondiale educata e cosciente, colta e tollerante, aperta e non aggressiva.
    Le parole magiche sono educazione e istruzione, che dovrebbero essere intense, costanti e quindi allargate a tutta la giornata, soprattutto per i giovani che non devono essere lasciati soli.
    Infine, abbiamo bisogno da parte degli adulti di esempi veri e sostenibili, affinchè i giovani trovino un valido e sano orientamento nel corso della loro formazione educativa ed istruttiva.
    Il sistema economico attuale del profitto senza limite deve orientarsi sul principio evolutivo del sostenimento solidale ed equo, così come deve tener conto dell’ambiente che ci ospita e che va difeso e non offeso.
    Seguendo il corso del Creato, possiamo evolverci o distruggerci. Sta ora a noi di essere coscienti del nostro comportamento e di prendere la scelta giusta.
    Saluti.
    Lorenzo Russo lì, 6.2.08

    Ps) perchè ho dilagato di molto sul tema?
    Semplicemente perchè, fin quando non comprendiamo che abbiamo tutti gli stessi diritti e obblighi, dovremmo confrontarci su opinoni come quelle di TARIQ RAMADAN, che io rinnego decisamente.
    Le cause di questi pensieri singolari e improduttivi sono come ho cercato di esporre sopra.

  36. Io molto semplicemente trovo questa condanna fatta dall’intellettuale arabo, una ennesima farsa e scorciatoia per risolvere la questione palestinese.
    E’un problema,quello palestinese, che le elite araba hanno contrinuito a creare in modo quasi uguale rispetto agli esecrati ebrei.
    Non credo che un paese che permette ai cittadini di origine araba di sedere in parlamento possa e debba prendere lezioni di democrazia da paesi limitrofi che usano la questione, ed il popolo palestinese, come merce di scambio con l’occidente.
    Un problema endemico può essere ottimizzato, un problema risolto o sulla via di risoluzione non può più fungere da ricatto morale per l’occidente vittima dei complessi di colpa.
    Va da se’ che in un paese serio, quindi non in Italia, questo sarebbe stato un argomento per una discussione oziosa. In Italia invece, c’è da giurarci, diventerà argomento per una inutile discussione per i prossimi mesi.
    Alla fine, poi, contributo per la soluzione dei problemi del medioriente :0.

  37. Così il maggior poeta e saggista tedesco contemporaneo Hans Magnus Enzensberger descrive il perdente radicale:
    Convinto della propria superiorità e animato da cieco vittimismo, l’islamista richiede a gran voce rispetto per se senza riconoscerlo agli altri . Riservando solo alla propria minoranza di eletti la salvezza da un mondo che condanna alla morte.

  38. Salve a tutti, come sempre grazie per i commenti.
    Li ho letti tutti e li ho trovati molto interessanti.
    Mi domando (off topic) com’è possibile che dopo tutti questi anni non si è riusciti a trovare una soluzione alla questione israelo-palestinese?
    Com’è possibile?
    (lancio la domanda in attesa del noto vento di Bob Dylan… magari soffia nella giusta direzione!)

  39. Qualcuno ha chiesto notizie su Tariq Ramadan.
    “Carneade, chi è costui?”
    Salendo in cima al post e cliccando sul nome si apre il link su wikipedia dove potete trovare informazioni.

  40. Sento di condividere molte delle cose che avete scritto, anche se il mio pensiero è più vicino a quello espresso da Carlo.
    A proposito del confronto e del dialogo spero, domani, di riuscire a trovare il tempo per raccontarvi una bella esperienza capitatami l’anno scorso a Tunisi.

  41. Chiaberge si chiede perché tanto chiasso a Torino, quando la stessa circostanza, un paio di mesi prima a Parigi non aveva sdegnato nessuno.
    Mi chiedo se sia veramente così ingenuo o semplicemente finga un atteggiamento politically correct. Siamo o no un paese di cattolici talebani? Un appunro del genere ai francesi, sai che pernacchie!

    donatella.f

  42. Scusate l’errore di battitura, intendevo “appunto”, a quest’ora ci vedo poco

    donatella,f

  43. L’integralismo religioso, ma anche meno radicale, è la più sudicia forma di razzismo e intolleranza, mai registrata a questi livelli, nell’umanità. Allo stesso modo lo schierarsi deliberatamente da una parte o l’altra, dei versanti religiosi, della CULTURA ufficiale di questo o quel paese, crea i presupposti per alimentarlo.

  44. bruno amore, la letteratura vera non si schiera da qualunque paese essa provenga. difendiamo la letteratura se ci riusciamo, altrimenti facciamo silenzio

  45. “Nous sommes tout des animaux” – Parigi 1978 padiglione dell’infanzia all’inaugurazione del Beauborg.

    La cosa che più mi ha depresso di questa storia d’intolleranza (a parte quella risposta becera e cattiva della settimana scorsa, dove una frequentatrice del blog accusò un artista arabo che presentai, come ideologicamente complice dell’ “9/11”) è il triste colpo di coda di quei due partitini, “cosidetti comunisti”, figli di mio padre il Pci che era ed è stato altro da loro.
    La squallida mercificazione dei consensi dei teen-ager incazzati che tentano di conservare, esprimendo opinioni come diarree su tutto quello che può tenerli a contatto coi campus universitari e i licei, dove ogni motivo è buono per “occupare” (sembra che la settimana scorsa il Liceo Tito Stagno di Sampierdarena sia stato occupato perchè Orsolina la bidella aveva portato a 2 euro il panino con la Nutella).
    I capetti di questi due partiti da prefisso telefonico, che fanno gli “splendidi” fuori dalle fabbriche e poi si vanno a contrattare posti e presidenze, hanno perso l’occasione per stare zitti.
    Mentre – giustamente con Grasso – Fazio, Dandini &Marcorè parlino subito, o tacciano per sempre.

  46. Aderisco pienamente, da essere umano, da cittadino, da valdese, da uomo di sinistra, da scrittore per bambini e per adolescenti.
    Se non aderissi, quando andrò nelle scuole o nelle biblioteche a incontrare i ragazzi, avrei difficoltà a spiegare perchè me ne sono stato alla finestra come Ponzio Pilato, senza prendere posizione.
    Luciano Comida

  47. Vi segnalo un mio testo, tradotto in più lingue, che fu scelto dall’UNESCO
    per l’annuale Festa della Poesia. La composizione risale a molti anni fa.
    Quello che mi addolora e sconvolge, é il constatare, che l’uomo, pur dicutendo tanto, non riesce mai a imporsi di essere meno egoista e far tesoro delle esperienze negative subite…per vivere in pace. Così i cupi fondali della Storia, con relativi problemi rimangono gli stessi.
    “J E R U S A L E M”
    Sull’arido lembo di terra,
    ambito scacchiere d’intrighi bizantini
    piangono con disperata gravità
    le donne di Sion.
    Sciamano alla “Città Vecchia”
    turisti imbottiti di dollari
    fra il ciarpame accatastato dei bazar
    e il piancito consunto del Santo Sepolcro.
    Nel fulvo tramonto
    che arrossa le nude colline di Moab
    si sperde lo stridulo richiamo
    del venditore di focacce al sesamo.
    Il rabbino cantilenando,
    recita salmi e vagheggia
    un segno di speranza
    per la sua terra smembrata.
    Jerusalem, patria dell’anima,
    forziere di manoscritti miniati,
    teca dorata di reliquie millenarie,
    scivola nel letargo occidentale
    il grido sfocato dei tuoi figli uccisi.
    Siena,1984
    M. Teresa

  48. E’ durissima prendere posizione su un argomento del genere, senza temere di cadere nel razzismo o quanto meno nel “political scorrect”…
    Ma dato che non mi pagano per essere politically correct, me ne frego un tantinello, ed esprimo il massimo sdegno (non costernazione, ma incazzatura vera e propria), nei confronti di chiunque pensi anche solo lontanamente che sia strumentalizzabile un evento come La fiera del libro di Torino.
    E non me ne pò fregà de meno se siano stati invitati più scrittori arabi o ebrei, più neri o più gialli, più alti o più bassi, più grassi o più magri.
    Ritengo anche di pari coglionaggine gli esponenti dei Comunisti Italiani e di Rifondazione Comunista, che non hanno potuto esimersi dall’esprimere la loro superba opinione. (“Superba” non è da interpretare nella sua accezione positiva, non so se mi sono spiegato).

  49. @ Enrico, la tua saggia benevolenza, mi induce a ben sperare… in un futuro
    letteraio di buona caratura.
    @ Enrico ed Evento, i due impenitenti latin lover, ho letto con ritardo l’invito a cena con Cristina. Con sommo dispiacere sono costretta a rimandare,è da giorni che sono afflitta da influenza e raucedine,e ora dovrei privarvi della mia voce melodiosa…. Mio figlio dice che quando parlo sembro la Iervolino. A Evento dico che il miele, l’ho sto utilizzando tutto per riuscire a parlare….Grazie comunque ho molto apprezzato il vostro galante invito che
    potrebbe essere ripetuto “alla stagione dei fiori”.
    madame Tessy

  50. @Francesco, purtroppo l’invito non è partito da me, ma ne sarei felicissima, anzi mi sembrebbe giusto invitare anche il garbato Carlo S. ed aggiungere
    alla cena conviviale, Silvia Simona e tutte le altre ed altri che volessero venire.
    Tessy

  51. Io prima di andare in Israele ero filopalestinese.
    POi ci sono andata – e so rimasta filopalestinese. Solo con la consapevolezza che ero filopalestinese ar 56 per cento ecco. E che li la faccenda è tragica, e che quando la si vede da qui, non è che la si veda tanto bene. Per qaulunque parte si tifi. E non si può neanche giudicare tanto sveltamente. Perchè quando ci sono dei dolori gravi, e dei risentimenti giustificati, e sapeste quanto è tragico quando tutti hanno ragione, tutti hanno perso un padre o un figlio, tutti sono figli di una decisione politica che non hanno generato per primi…. non si può decidere di essere pacifici in un mattino. Ci si prova. Ma non ci si riesce.

    enrico gregori ci ha sette code. e se intorcineno tutte tra de loro.

  52. Carissimi amici e colleghi,
    sebbene apprezzi moltissimo le vostre misurate parole, non solo non aderisco al vostro appello, ma spero che altri scrittori ne sottoscrivano uno completamente contrario. Sono totalmente d’accordo col boicottaggio del Salone del Libro di Torino, che non celebra la cultura ebraica – magari – ma la fondazione dello Stato di Israele. Il muro, e il ghetto che costruisce, gli espropri di case, acqua, risorse e diritti, l’umiliazione a cui è costretto il popolo palestinese, gli omicidi mirati, (condanne morte senza processo), e il razzismo etnico e religioso praticato da Israele sono ragioni sufficienti per giustificare qualsiasi atto di contestazione nei confronti di quello Stato. Il fatto poi che Israele sia uno stato ebraico non è un attenuante ma semmai un’aggravante, e non perché consideri gli ebrei peggiori – per antisemitismo – o migliori – per aver subito l’olocausto, e quindi più “sensibili” – di altri, ci mancherebbe, ma perché considero qualsiasi stato religioso un’aberrazione. La religione di per sé è razzista, e se qualcuno non se ne accorge, soprattutto al giorno d’oggi, c’è poco da fare, raffinato intellettuale che sia. (Ho detto religione, non fede.) Lo ammetto sono contrario allo stato di Israele, perché credo che l’unica soluzione vera al problema sia quella di un unico stato in Palestina. Utopia, forse, o magari realismo visto che sono 40 anni che due stati non riescono a convivere, mentre ebrei, musulmani e cristiani hanno convissuto pacificamente per secoli in quei territori.
    Forse è vero, il boicottaggio è desueto, e presenta molte controindicazioni, anche se ha già avuto il merito di far discutere. E gli scrittori israeliani invitati e che hanno ac-cettato, tutti almeno inizialmente favorevoli alla recente guerra contro il Libano, hanno un notevole credito internazionale – grazie anche al fatto che fa molto comodo che lo abbiano – e comunque non sono certo degli sciocchi. Ma ribadisco che comunque non si tratta di boicottare scrittori, ma le celebrazioni ufficiali di uno Stato, e io che sono un cultore della letteratura egiziana, mai parteciperei a celebrazioni che fossero, anche solo minimamente, una giustificazione della brutale politica di Mubarak – come preannunciato nel 2009 per esempio.
    Ma questo non è il punto della questione. I punti sono altri.
    Chi è favorevole al boicottaggio viene tacciato di essere contro la cultura e di confondere politica e letteratura. Personalmente non credo esista buona letteratura che non sia anche politica, ma qui si tratta di altro. Chi ha confuso letteratura e politica sono stati gli organizzatori del Salone che in un momento così delicato della Storia hanno deciso di parteggiare per Israele, invitandolo proprio in occasione di un anniversario politico. Non hanno invitato degli scrittori, ma uno Stato, e gli scrittori che hanno accettato di partecipare sono lì a sostenere quello stato. Proprio perché amo la letteratura mi disgusta che sia usata come arma politica.
    Altra accusa ai sostenitori del boicottaggio e che così si rifiuta il dialogo.
    Innanzitutto è falso che a Torino sia possibile il dialogo. O meglio a Torino verrebbe-ro riproposte le stesse condizioni di sempre del dialogo fra Israele e Palestinesi. Una parte in posizione di superiorità e l’altra d’inferiorità. Uno stato che viene celebrato, se non osannato, con alcuni scrittori di grande successo sostenuti dai mass media, da potenti case editrici e uffici stampa, e dal solito seguito di politici ossequiosi, locali e non, di sicuro bipartisan, e magari con ambasciatori, consoli e parlamentari al segui-to. Dall’altra pochi e assai meno noti e celebrati scrittori, in posizione di inferiorità, almeno ufficialmente parlando.
    E ai sostenitori del dialogo chiedo: a chi giova Torino in queste condizioni, alla causa di Israele o a quella palestinese? E ha questo a che vedere davvero coi libri e la cultura?
    Se ne può discutere, ma dovrei essere molto più ingenuo di quello che sono per non sapere che sarà un’altra occasione per riaffermare la superiorità intellettuale dei buo-ni, raffinati e tolleranti scrittori israeliani e quindi di Israele e dell’occidente, (a cui Raul Montanari tiene molto evidentemente) rispetto agli arabi intolleranti, o che comunque non hanno scrittori di così grande successo. E non ci dimentichiamo che nell’attuale società del successo, chi ha più successo e riflettori addosso ha la verità. Ed è perlomeno avvilente che nessuno ci abbia riflettuto un momento.
    Se mi permettete poi, da scrittore disincantato, vorrei anche ricordare che il Salone del Libro di Torino è un evento culturale solo per chi crede che la cultura si faccia nei salotti e si esalta vedendone uno così grande che in realtà non è altro che una grande bottega e un evento propagandistico e di marketing per alcune, poche , case editrici.
    Ma al di là del fattore contingente, c’è un aspetto della retorica del dialogo che mi preme sottolineare. E’ vero, si deve dialogare anche e soprattutto con il nemico, e il debole ci rimette sempre a chiudere il dialogo con il più forte. Ma quando ci si accorge che il dialogo, dopo anni e anni di promesse non mantenute, di menzogne e di razzismo praticato e sostenuto, è semplicemente una presa in giro, un modo del più forte per ingannare il più debole e il mondo, per mostrare come sono buoni i bianchi, così tolleranti e ragionevoli, al più debole resta solo una cosa da fare, sottrarsi al gioco, per mantenere l’unica cosa che gli resta: la dignità. E questo non vuol dire necessariamente il martirio, visto che è solo la grande dignità del popolo palestinese che permette a quegli uomini e donne, a quei corpi, di sopravvivere. Ed è stato sempre per dignità che molti intellettuali hanno chiesto a BenedettoXVI di non parlare alla celebrazione ufficiale della Sapienza.
    Ma forse oggi che il dissenso è terrorismo, la dignità diventa intolleranza. Mi rammarica, però che sia così difficile far capire che se la sinistra vorrà sopravvivere dovrà riprendere ad agire con dignità, con la dignità almeno di dire “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo.”

    Alessandro Golinelli Scrittore

  53. Ho conosciuto e intervistato per lavoro Tariq Ramadan, la quintessenza dell’ambiguità e della falsa cortesia. Sulla sua ultima sortita, non credo esista alcun dubbio sulla sua totale (totalitaria) assurdità, debitamente commentata da molti ottimi osservatori. Mi sentirei solo di aggiungere una piccola cosa: l’unica buona notizia di tutta questa surerale bagarre è che – finalmente! – il signor Ramadan ha gettato la sua maschera di finto liberal, falso esponente di un Islam moderato, rivelando la sua vera natura e i suoi reali intenti, che si commentano da soli. E che la si smetta una buona volta di dargli così tanto credito, anche da parte di ambienti avvertiti dell’Ue!
    Mammut95

  54. Riporto quanto da me scritto su Nazione Indiana per motivare la mia adesione, credo che riesca a ben spiegare che ci sono ragioni del si e ragioni del no – ma non viviamo in un periodo di oscurantismo, perciò la cultura è un modo per riflettere e per far riflettere, e il salone del libro deve ancora riuscire a rappresentare questo. ”

    E’ un tema difficile e non andrebbe sottovalutato o liquidato con un semplice “aderisco”. Perchè io personalmente ho letto e riletto mille argomenti e mille contestazioni e sono rimasta colpita, alla fine, dalle parole di Ben Jelloun, che io ammiro e annovero tra i miei scrittori preferiti. Perciò cito le sue parole e le faccio mie “Bisogna distinguere in modo netto: la politica di uno Stato non è assimilabile alla produzione letteraria degli scrittori di quello Stato”. E’ vero senza dubbio. Potrei in ogni caso asserire che la scelta del salone del libro di Torino è stata infelice, per tante ragioni. Ma se non ci fossero le scelte infelici non nascerebbero i confronti, i dibattiti e il dialogo. Boicottare è di sicuro ammettere di essere deboli e non voler affrontare la questione. Semmai recarsi al salone del libro e proporre un dialogo civile e animare un dibattito costruttivo dovrebbe essere la base di incontro per chi vuole “civilmente” e per varie ragioni motivare il proprio dissenso. Sennò rischiamo di fare la figura penosa di chi non vuole confrontarsi per paura di scoprirsi nel torto. Ecco perchè boicottare non ha alcun senso.”

  55. Ma a questo punto chiedo, visto che pare ci sia questo in ballo:
    – veramente contestare la politica di Israele deve combaciare con il contestare l’esistenza di Israele? Perchè vedete, io sono molto vicina alle ragioni degli arabi, e capisco persino le ragioni dell’invito al boicottaggio, ma non per questo penso sia giusto disconoscere lo stato in toto, che mi parrebbe anche storicamente ridicolo. Fin dalla sua genesi Israele è stata la moneta con cui pochi potenti hanno gestito le vite di molti, ignorando il dolore e le speranze degli uni e degli altri. L’Europa si pulì la coscienza e i potenti del mondo Arabo accettarono e firmarono dei trattati. Israele è un posto dove tutti sono pessimi e tutti sono martiri.
    E invece è proprio un posto come il Salone del Libro, o qualsiasi manifestazione culturale, a essere la sede in cui le ragioni di tutti hanno il potere di esprimersi, e superarsi, e preparare il terreno per una nuova sintesi concettuale. Di questo hanno bisogno quei disgraziati che crepano, non di gente che tifa per loro, gli uni o gli altri, dalle poltrone di casa, per meglio colorare la propria coscienza politica.

  56. Finalmente una voce fuori dal coro. In modo molto civile e con molti argomenti interessanti (sui quali si può essere d’accordo o no) Alessandro Golinelli si schiera a favore del boicottaggio. Pur condividendo molte delle sue tesi, personalmente continuo ad essere della mia opinione, soprattutto (forse) perchè non condivido questa sua osservazione di fondo (che attribuisco un pò a tutto il fronte del boicottaggio): “a chi giova Torino in queste condizioni, alla causa di Israele o a quella palestinese? E ha questo a che vedere davvero coi libri e la cultura?”.
    Ecco, è l’idea che una fiera del libro debba giovare ad una qualsiasi delle due parti che mi disturba. A me non pare che celebrare una nazione (salvo non volerne la cancellazione) sia “giovare alla sua causa” in un conflitto.
    Una fiera del libro, qualsiasi fiera del libro, dovrebbe schierarsi solo dalla parte di chi vuole favorire la conoscenza, il dialogo, l’intersacambio culturale, la diffusione delle idee e dell’arte (idealmente il libro questo dovrebbe essere) di chiunque, ovunque e verso chiunque altro. Che poi questo serva o non serva realmente ad un ipotetico processo di “pacificazione” tra due popoli in contrasto è un altro discorso (non sono certo un illuso). Che poi la fiera di Torino sia una grande occasione di marketing, più che di cultura, anche questo è un altro discorso. Chi vuole può sempre criticarla o ignorarla. Ma il gran polverone politico-ideologico che si è sollevato a me continua a sembrare una talebanata e come tale una fesseria.

  57. Carlo condivido quello che dici, ma credo che tutto si giochi sul “salvo non volerne la cancellazione” (del paese) per riprendere le tue parole. E’ inconcepibile che si mescolino così artatamente i due piani della cultura e della politica. Fiera del libro adda essere e che gli autori, gli intellettuali si confrontino, si accapiglino (solo verbalmente), ma facciano gli intellettuali. Le miserie della politica rimangano all’esterno. Preserviamo questi spazi. Torino in my name (anche) per favore. Grazie.

  58. E anche tu, caro Evento, tocchi l’altro punto fondamentale: il mescolamento fra cultura e politica. Che tutto sia riconducibile alla politica era (è) una tesi di fondo del marxismo. Una volta pensavo anche io così. Oggi io credo che tutto sia riconducibile alla politica solo se lo si vuole. E io non lo vuolo.

  59. C’è un modo di non ricondurre la Cultura alla Politica, basta non occuparsi di Cultura. E poi a quale Politica si allude? C’è Politica e politica. E oggi di Politica c’è n’è poca, cosi come c’è poco Cultura. Ma stiamo tranquilli tanto tra poco, io spero proprio di no, diventerà presidente e dittatore qualcuno che si vanta di aver letto un solo libro negli ultimi 25 anni e che ci propone attraverso le sue tv una massiccia dose di sub-cultura.

  60. Cosa devo leggere. Ragioni degli Arabi. Mi domando in che mondo viviamo. Gli Arabi hanno bisogno di tutto tranne che di quelli che danno ragione ai loro governanti che per secoli li hanno tenuti, e continuano a tenerli , nella più completa ignoranza. Ma di quale civiltà parlate di quella che costringe due povere donne down a diventare kamikaze o di quelli che fanno saltare le torre gemelle. Incoraggiateli e continuate a dir loro che hanno ragione e che la colpa è nostra. Mio Dio come siamo caduti in basso. Gli Arabi non se la devono prendere con il mondo civilizzato devono fare le rivoluzioni nei loro Paesi e lottare per avere una Cultura e non basare tutta la loro vita sul Corano.

  61. Pino se vogliamo differenziarci da quel presidente abbiamo un compito piuttosto facile ci basta aver letto almeno due libri negli ultimi 25 anni. Come dire….siamo già diversi.

  62. @ Pino Granata
    Caro Pino, sai bene che ti stimo, però stavolta – pur rispettando la tua opinione – non sono d’accordo con te.
    Coloro che hanno usato le donne down come kamikaze sono terroristi. Coloro che hanno causato il crollo delle Torri gemelle sono terroristi.
    Il terrorismo va combattuto con forza e senza tentennamenti, così come – del resto – abbiamo fatto nel nostro Paese con le Brigate Rosse.
    Io ho la fortuna di avere amici arabi e ti garantisco che non è come pensi tu. Credimi.
    E poi, lo sai quanti arabi muoiono a causa del terrorismo internazionale? Quanta gente muore in Iraq quasi giornalmente? Chi è morto a seguito dell’azione kamikaze che citi?
    Dobbiamo rafforzare il dialogo e combattere il terrorismo internazionale. E dobbiamo farlo assieme: americani, europei e mediorientali.

  63. Ad aprile dell’anno scorso sono stato invitato a partecipare come relatore a una giornata di studi svoltasi a Tunisi, presso l’Università “7 Novembre a Carthage” (Istituto superiore di lingue), dietro invito della carissima professoressa Rawdha Razgallah (che saluto affettuosamente qualora dovesse leggermi).
    Era una giornata di studi dedicata all’italianistica.
    Il tema era “Identità, migrazioni e declinazioni”. Hanno partecipato intellettuali italiani e mediorientali. È stata una bellissima esperienza, per me, poter parlare nell’aula magna del mio romanzo “Identità distorte” e affrontare con serenità il tema del terrorismo internazionale e del crollo delle Twin Towers. Lo ripeto è stata una bellissima esperienza e ho avuto modo di stringere belle amicizie.
    Scrivo questo a sostegno del commento precedente.

  64. @ Alessandro Golinelli
    Credo che il tuo commento “fuori dal coro” abbia bilanciato un po’ il dibattito e per questo ti ringrazio (grazie anche per l’analiticità). Anche se, come puoi immaginare, non sono d’accordo.

  65. @Golinelli,
    trenta anni fa forse sarei stato d’accordo con te (con lei); sarei stato d’accordo con il boicottaggio; fui d’accordo con l’articolo di Camilla Cederna apparso su “Il Manifesto” del 18 marzo 1972 titolato “Quando muore un uomo non è mai festa per nessuno, ma…” (Gregori può professionalmente controllare) riguardante la morte infausta di Luigi Calabresi.
    Trent’anni fa amavo follemente Abu Ammar (Arafat) l’uomo che voleva costruire uno stato laico, libero e moderno in Palestina.
    Ero amico di Gimeh Ahmed, comandante guerrigliero dell’ “ELP” (Eritrean Liberation Front); trent’anni fa portavo la Kefiah senza neanche comprendere il suo portato culturale.
    30 anni sono tanti, ma dentro si resta giovani, specialmente se si è preso il biberon sulle note di Jerri Lee Lewis. la nostra è una generazione che si tinge i capelli perchè non vuole ammettere di dover cercare di essere saggia (e da giovani non si può).
    Posso dire ancora, per essere più credibile, di essere evento di moderne contraddizioni, di avere parenti un po’ ovunque nel mondo globalizzato arabo-occidentale e di avere il diritto di contraddirti (poi te li posso enucleare, ma non pubblicamente).
    Il Salone di Torino è una vetrina di marchettari della letteratura; un luogo di perdizione del linguaggio; una Croisette per prostitute delle parole; del “…ciao come stai? hai anche tu un libro qui?- No, l’ho dimenticato in garage! Sono venuta per prendere un caffè con Baricco!”
    E’ un posto dove si fa sicuramente “partitica” e forse anche “politica”, ma egregio “collega”, in un mondo di umani non si boicotta neanche la “casa chiusa della Sora Gina” di decurtisiana memoria, perchè io “…quando sento parlare di cultura…”non metto mai mano alla pistola.
    Didò.

  66. Caro Massimo, io apprezzo moltissimo il tuo equilibrio e la tua passione per la Cultura. Credimi , mi piacerebbe molto essere d’accordo con te ma non è possibile paragonare il terrorismo delle Brigare Rosse con quello arabo. I brigatisti erano al massimo un centinaio di persone, il terrorismo islamico coinvolge interi Paesi e non è combattuto per niente dalla popolazione che o per ignoranza o perchè in fondo sono d’accordo anche loro, lascia fare e lo alimenta. Il fatto che tu abbia amicizie tra l’intellighenzia araba , vuol dire troppo poco. Tra l’altro sono proprio gli intellettuali i primi ad essere perseguitati e questo è un fatto di cui tener conto. Che noi lo si voglia o no , e noi non lo vogliamo, con il mondo islamico si andrà ad uno scontro frontale. Loro ci considerano dei miscredenti e vogliono imporci il loro modo di vita. Mi spiace ma se guardate la realtà , questa è la situazione.

  67. @Pino,
    ti prego non fare paragoni senza cognizione di causa, chi, come me, ha vissuto quei momenti storici sa bene cos’è stato il terrorismo in Italia.
    Quel centinaio di persone di cui parli erano oltre 5000, senza comprendere le connivenze ideologiche. Nelle carceri italiane i secondini trattavano “naturalmente” male i detenuti comuni, mentre davano del “signore” ai “politici”, non per rispetto ma perchè sapevano che bastava un ordine dall’interno dei penitenziari per essere massacrati fuori, sulle fermate dei bus dal resto dell’esercito. Le Br si addestravano in Libano, insieme con i gruppi tedeschi della Raf (Rote Arme Fraction), con l’Ira irlandese e i gruppi baschi franco-spagnoli.
    Il 16 marzo 1978 è stato il nostro 11/settembre, parte da li quello che stiamo subendo oggi, da quel “Governo di Unità Nazionale” che nacque morto per il sequestro di Aldo Moro.

    Con il mondo islamico non andremo a nessuno scontro frontale, le culture si diluiscono come i colori (giallo e blu fa verde), non ci scontreremo con i nostri figli futuri; non credo che sparerò a mio genero, visto che siamo d’accordo persino su quanto prezzemolo mettere negli spaghetti con le vongole.

  68. @Francesco,
    saranno stati anche 5mila ma il terrorismo islamico coinvolge Paesi interi(Siria, Iran etc) e milioni di persone. Non ti chiedi mai perchè nei Paesi arabi non ci siano mai manifestazioni contro il terrorismo che pure ammazza i propri figli? E le scene di giubilo dopo l’attentato alle Torri Gemelle?. Che noi lo si voglia o no lo scontro frontale con l’Islam è già in atto. E far finta di niente non aiuta ne noi ne loro. Grazie al cielo anche nella Sinistra di cui io faccio parte, si è capito che quello islamico è terrorismo nazifascista che nulla ha a che fare con la Sinistra. Il fatto che sia tu che Massimo abbiate degli amici tra gli Arabi non cambia una virgola della situazione. Non facciamo l’errore che fecero gli Ebrei tedeschi che non immaginavano minimamente che loro più tedeschi degli stessi tedeschi sarebbero stati sterminati dalla follia nazista. TRa Bin Laden e Hitler non c’è nessuna differenza e se Bin Laden potesse ci ammazzerebbe tutti.

  69. Solo poche parole per esprimere rapidamente due concetti:
    1. Boicottare manifestazioni culturali è sempre sbagliato. Perché mai bisognerebbe farlo? Sarebbe bello invece poter boicottare le guerre e tutti gli esempi di intolleranza. Questo sì, sarebbe bello. Utopia.
    2. Mai rinunciare al dialogo. Sarebbe come una dichiarazione di sconfitta.
    Smile

  70. Uno scrittore che nutre pregiudizi su un altro scrittore per motivi politici non è uno scrittore. E’ un pennivendolo fazioso.
    Boicottare una fiera del libro non è come boicottare l’acquisto delle merci di un paese macellaio. Vuol dire boicottare il dialogo, visto come incontro amichevole e fraterno, non come scontro. Come si può avere pregiudizi contro gente come Oz o Yehoshua? Sulla legittimità dello Stato di Israele si può discutere, sul comportamento degli israeliani che da vittime spesso si sono atteggiati a persecutori si può discutere. Ma il valore letterario degli scrittori israeliani è indiscutibile.
    Da qualche parte ho letto che l’orchestra più importante di Israele non suona mai Wagner, per ovvi motivi. Ovvi davvero? L’Olocausto è una ferita bruciante e molti ebrei tedeschi hanno rimosso perfino il ricordo della lingua e della letteratura tedesca, della musica tedesca, dell’arte tedesca. Ma Hitler non è Goethe, non è Beethoven.
    L’arte deve unire, non dividere i popoli. E se questo non lo capisce uno scrittore, tanto vale che non scriva.

  71. Ammiro il parere del direttore d’orchestra Barenbohm che ha la doppia cittadinanza: israeliana e palestinese. E che con il suo lavoro, senza strombazzamenti né faziosità, è un vero operatore di pace.
    Chi viaggia al livello superiore dell’arte, non ha tempo né testa per boicottaggi stupidi, per polemiche assurde e senza senso.

  72. @ Maria Lucia Riccioli
    Gentile Maria Lucia,
    Non si deve neanche scrivere che Goethe e Beethoven non sono Hitler. Trovo l’accostamento un po’ ributtante in quanto amo entrambi di un amore sconfinato.Diversa è la situazione con Wagner. In non so se Barenboim sia a conoscenza degli scritti antisemiti del compositore tedesco.Questi sono ributtanti e Wagner in questi rivaleggia con Hitler. Se fosse per me Wagner non dovrebbe essere eseguito, almeno, in Israele. E per favore non ritorniamo al punto di separare l’arte dalla politica. A tutto c’è un limite e Wagner questo limite l’ha superato!

  73. @ Pino Granata:
    Gentile signor Granata, sono d’accordo con lei nell’affermare che non si può scindere la politica dall’arte pena una sorta di grave schizofrenia. Anche io provo per la musica di Wagner un’antipatia non so quanto ingiustificata ma personalissima, però per principio sono contraria al rifiuto a priori, al boicottaggio, al muro contro il dialogo. Céline e altri scrittori non erano il massimo del politically correct ma nessuno può negare il loro valore. Operare per la pace passa anche attraverso l’arte. Se le nazioni si scambiassero quanto hanno saputo produrre di bello e valido e ne parlassero serenamente e senza preconcetti… ma siamo in un mondo non perfetto, spero però perfettibile.

  74. @ Pino
    Scrivi: “saranno stati anche 5mila ma il terrorismo islamico coinvolge Paesi interi(Siria, Iran etc) e milioni di persone”.

    Il terrorismo internazionale coinvolge non solo i Paesi islamici, ma anche quelli occidentali.
    Aggiungo che – a mio avviso – il risultato della proporzione “brigatisti/popolazione italiana” è maggiore di quello “terroristi internazionali/popolazione islamica”.
    Un saluto particolare a tua moglie.
    E ascoltala di più, se puoi.
    😉

  75. Noi viviamo nella Storia, che ha l’obbligo di riportarci a un indirizzo trasfuso all’idea medesima di letteratura; alle testimonianze di popolazioni vessate e perseguitate, dall’incubo del passato alla sempiterna crudezza della Storia contemporanea. Sì, urge parlare: e infondere possibilità di espressione ai nominati senza nome, le creature assenti. Onorare la solidarietà tra popoli ed etnie minoritarie, un preciso adempimento nella vastità della materia umana di ordine nullo.
    La Palestina rappresenta quest’ordine nullo. Non ha una terra, geograficamente è inesistente.
    Eppure è lì. Noi tutti lo sappiamo; lo sa l’Europa; lo sa l’ONU.
    La Palestina è divenuta l’estetica del reale, “la repulsa della Colpa”, il dolore innocente. Il governo israeliano, lo stato di Israele il cui diritto di esistere gli è stato conferito 60 anni fa, dopo l’orrendo Olocausto, sta compiendo pogrom sui fratelli musulmani, una politica espansionistica di cui siamo a conoscenza. Ma è il popolo israeliano, soprattutto gli scrittori di questo paese, che non possono eludere quella “repulsa della Colpa” che ben conoscono, poiché l’hanno vissuta in termini generazionali e, credo, siano destinati a conviverci per sempre. I vari Oz, Grossman se la portano dentro come un debito inestinguibile.
    Ma sono scrittori, non servitori dello Stato. Perché non accettarli alla Fiera? E perché, con atto umile, non garantiscono loro stessi di esserci solo in presenza di poeti palestinesi e intellettuali dissidenti israeliani?
    Perché, organizzatori della Fiera, non vi prodigate affinché ciò avvenga?
    Penso che esista un desiderio di affratellamento che non diventi materia posticcia, o mortifichi l’uomo rendendolo sempre più prossimo ad una concimazione della solitudine.
    Io resto dilaniata, dolente, divisa fra chi mi chiede di aderire o non aderire ad un appello definito più volte “infelice” per la sua cruda, parziale esposizione.
    E le vostre convinzioni, cari amici, così certe e inderogabili, mi spaventano anch’esse: mancano di dubbi o d’argomentazioni valide. Troppe certezze scontate, mancanti di alternative.
    Potreste rispondermi: “Tu tieniti i tuoi dubbi, e lascia a noi le nostre certezze”.
    Non fa una piega. Ne prenderei atto. Ma è una visione che ci vuole passivi, in fase d’un ritorno forzato, quando manca l’andare.
    Mi rivolgo a tutti voi, scrittori italiani – di cui elitariamente faccio parte, seppure abitante del sottosuolo – ai non scrittori, a lei, Raul Montanari, ai responsabili dell’organigramma della Fiera, ai firmatari e non dell’appello: troviamo una soluzione, senza l’insidia della strumentalizzazione che già va nascendo. Proprio per quelle creature disabitate, uccise, avvilite nelle stazioni d’un deserto animale.
    Portiamo i poeti palestinesi a Torino. Lasciamo che insieme agli scrittori israeliani e ai dissidenti si confrontino. In questo momento occorre poesia, letteratura, bellezza. Né propaganda, né politica.
    Dedico a voi tutti questa bellissima poesia di Bulat Okudžava.

    Bulat Šalvovič Okudžava

    Abbiate cura di noi poeti, abbiate cura.
    Resta solo un secolo, mezzo secolo, un anno, una settimana,
    un’ora, tre minuti, due minuti, più niente…
    Abbiate cura di noi, ma così come siamo.

    Abbiate cura di noi con i peccati, con la gioia e senza…
    C’è dove vaga, giovane e bello, il nostro D’Anthès.
    Non ha più dimenticato la maledizione passata,
    Ma la vocazione gli ordina di tirare ancora.

    C’è dove piange Martynov: ricorda il sangue.
    Ha già ucciso una volta, non vuole più;
    Ma tale il suo destino: è fuso il piombo.
    E il ventesimo secolo questo gli comanda.

    Abbiate cura di noi finché ancora è possibile.
    Però non così da farci giacere come ossa morte,
    però non come i guardiacaccia curavano i cani,
    però non come gli zar curavano i guardiacaccia.

    Prendete cura di noi poeti contro le mani stolte,
    contro le pazze condanne, le amiche cieche.
    Ne avrete poesie e canzoni, e più d’una volta!
    Però abbiate cura, abbiate cura.

  76. Io sono pienamente d’accordo con Magris e deluso per quello che sta succedendo nel nostro paese (tanto per cambiare): ma come si fa a trattare il conflitto fra palestinesi e israeliani come fosse una partita a pallone: noi ce ne stiamo qui relativamente tranquilli ad analizzare a sentenziare e soprattutto a strumentalizzare una guerra infinita che continua a mietere vittime da ogni parte. Certo viene istintivamente da mettersi dalla parte del più debole ma credo che non spetti a noi semplici spettatori decidere i torti e le ragioni sia dell’uno che dell’altro. Amoz Oz conclude il suo libro ” Contro il fanatismo ” con queste parole: “A voi europei tocca riservare ogni oncia di aiuto e solidarietà a questi due pazienti, sin d’ora: Non dovete più scegliere fra essere pro Israele o pro Palestina. Dovete essere per la pace.” Facciamolo tutti per favore.

    p.s. Ho letto la provocazione di Aldo Grasso che secondo me è alquanto sterile dato che chi segue quei programmi ha ben presente le interviste a Grossman da parte di Augias e di Amoz Oz da parte di Fazio – credo siano Israeliani…o mi sbaglio? E poi cosa importava tirar fuori l’intervista di Giulietto Chiesa e definire deliranti le sue convinzioni sul complotto dell’11 settembre.. non sono opinioni derivanti da considerazioni, da ragionamenti- non fa questo esercizio anche lei Signor Grasso, nel suo lavoro? -, che possono tranquillamente essere condivise da molti… o solo il nostro caro osservatore è in grado di stabilire con certezza da che parte stia la verità: scenda dal suo scranno e rispetti quelli che non hanno lo stesso pensiero suo. Un saluto

  77. Grazie a Nina Maroccolo per il dono della poesia e per la condivisione dei suoi dubbi. Se la letteratura ha un senso è nel suo essere ai confini tra essere e dover essere, potenza e atto, dubbio e certezza.
    Condivisibilissime le sue idee su ciò che dovrebbe essere una Fiera letteraria: non vanità ma ricerca umile della verità in spirito di pace.

  78. Leggo con molto ritardo questo interessantissimo dibattito. Fra gli altri ho letto anche il post dello scrittore Alessandro Golinelli. Ora, con tutto il rispetto per Golinelli, tutti sappiamo della sua omosessualità dichiarata e trovo un po’ strano che egli non voglia lo Stato di Israele dove l’omosessualità è giustamente accettata e gli omosessuali non sono discriminati. Lui invece al posto di Israele vorrebbe un altro stato arabo-musulmano quando è notorio che gli omosessuali nei paesi musulmani sono discriminati, perseguitati e, qualche volta, anche condannati a morte in quanto omosessuali. Mi piacerebbe sapere il suo punto di vista su questo punto.

  79. Carissimi amici,
    pensavo di aver già detto tutto, ma alcuni post di risposta al mio, tutti interessanti, mi spingono ad aggiungere un paio di considerazioni.
    Come ho già risposto all’ottimo Davide Fent personalmente,
    mi dispiace moltissimo essere frainteso. Se a Torino fossero stati invitati gli scrittori ebrei di tutto il mondo la sola parola boicottaggio mi avrebbe fatto vomitare. E anche se fossero stati invitati gli scrittori israeliani e basta. Ma a Torino è stato invitato Israele come stato e anche in occasione della sua fondazione, il che è ben diverso. Se io boicottassi la cultura ebraica dovrei dimezzare la mia biblioteca, e praticamente due terzi del mio cervello visto che il mio filosofo preferito è Franz Rosenzweig e Roth (non Piliph che è un cialtrone ma Joseph che è un genio) è uno dei miei lumi letterari. (e poi c’è Canetti….. eccetera eccetera….)
    Purtroppo però nelle condizioni in cui torino si svolge – una mega orgia massmediatica che non ha quasi nulla a che vedere con la cultura ma molto col marketing e la propaganda — ed è stata organizzata – invitando uno stato (che fra l’altro ha espressamente chiesto che contemporaneamente non fosse invitata la palestina) mi vede costretto, come sempre, a prendere la parte dei più deboli.
    Quello che mi addolora di più della situazione è che non si può sperare in un dialogo nel momento in cui chi propne il boicottaggio viene considerato un terrorista antisemita, quando esprime solo un dissenso verso i metodi e non i contenuti. Il boicottaggio è forse una tristezza, ma è altrettanto triste il modo in cui i palestinesi vengono costretti a vivere.
    Io so benissimo che sarebbe meraviglioso che poeti e scrittori palestinesi si abbracciassero e si baciassero, e so anche, che questo è possibile. Anzi saebbe stato possibile anche oggi, se non domani. E mi chiedo perché a Torino si è scelto di percorrere un’altra strada. Non si è scelto il dialogo ma lo scontro. Non si è scelto di organizzare un incontro israele palestina, ma di celebrare uno dei due contendenti. Torino ha volontariamente perso, o magari più accidentalmente, per la stupidità dei suoi organizzatori, Ferrero in testa, l’occasione per essere quello che non è mai stata, un evento culturale.
    Detto questo, mi spaventano molto le accuse rivolte a chi è favorevole al boicottaggio, che ripeto è contro l’organizzazione del salone, e non contro gli scrittori Israeliani.
    Qualcuno ha però anche ricordato la ia omosessualità e si stupisce che io stia con gli arabi, antiomosessuali, e non con gli israeliani, asai più liberali in questo.
    La mia omosessualità dichiarata, che fa si che la Shoa sia anche cosa mia, non mi rende cieco.
    Sebbene io viva col ricordo perenne delle facce di alcuni giovanisimi gay iraniani impiccati da un regime religioso, e sia disgustato da quel regime, non vorrei mai che gli Stati Uniti bombardassero l’Iran per questo. E nemmeno sto con coloro che non vedono l’ora di poter distruggere i loro nemici per comportarsi poi esattamente come loro, soprattutto nei confronti dei gay.
    Io sto dalla parte di chi in questo momento sta subendo l’ingiustizia maggiore, anche se non mi è simpatico. Questo significa non essere razzisti.
    Dopodiché non mi sento di criminalizzare nessuno, solo la storia e la coscienza ci sapranno dire se uno o l’altro aveva ragione o torto. Ma almeno, qui, si è discusso, e credetemi non è poco.
    Con grande stima.
    Alessandro Golinelli

  80. Philip Roth fa vomitare Golinelli. Affermazione , a dir poco, da cialtrone. Mi domando se Golinelli ha mai letto qualcosa di Philip Roth. Per esempio Pastorale Americana. Non mi piacciono i tipi che offendono in questo modo scrittori che molti amano. E´come dire voi non capite un cazzo ed io ho capito tutto. O peggio. Ma poi cosa c ´entra Joseph Roth con Philip Roth? I due in comune hanno solo il cognome.

  81. Leggo solo adesso le righe di Maria Lucia Riccioli, e sono io a ringraziarti.
    Non è facile per me inserirmi nei blog; e quando mi esprimo molti restano perplessi, mi dicono che scrivo “difficile”, che ho la spocchia da intellettuale e cose varie… Non ci resto molto bene, mi esprimo per come sono: una passionale che prende a cuore determinate situazioni, che ha il “vizio” della letteratura, della poesia, dell’arte.
    Nessuna spocchia. Parto di penna e di pensiero annidato nel cuore.
    Ogni miocardio ha qualcosa da dire, non è solo un fisiologico alternarsi tra diastole e sistole.
    Per me la scrittura è irrinunciabile, la vivo tutti i giorni, ci lavoro, ne piango, ne gioisco. Con lei viaggio nel mondo, nell’etimo.
    Ha un senso nel momento in cui la condivido, perché l’altro da me debba esserne il fruitore privilegiato.
    Sono contenta di aver conosciuto Letteratitudine, e anche te Maria Lucia.
    Ma perché gli altri non rispondono?
    Io ci sono. Umilmente…

    Un caro abbraccio,
    Nina.

  82. @Massimo caro, leggerò il tuo capolavoro, dopo la presentazione del mio libro, intanto grazie e grazie per aver riproposto un tema così scottante, ed attuale ,personalmente non posso che ribadire ciò che avevo già scritto. Intanto come fioretto del mese di Maggio…ho deciso che mi sforzerò di essere più tollerante con tutti.
    Mi piace inoltre segnalare per noi del blog i, alcuni ottimi consigli del Dalai Lama, che condivido ed apprezzo anche se sono cattolica. Ma, se nelle sue meditate riflessioni leggo ed apprendo, qualcosa di bello, perchè non recepirlo e farlo mio? Nelle relazioni con le persone che attraversano la nostra vita Lui, ci consiglia di attenerci alle tre R:-
    ” Rispetto di voi stessi, rispetto degli altri, responsabiltà per tutte le vostre azioni” ed inoltre:-” Aprite le braccia al cambiamento, ma non lasciate uscirne i vostri valori” e per concludere altre due perle della sua nota saggezza:- ” Condividete il vostro sapere – è un modo di raggiungere l’immortalità” –
    “Ricordatevi che la migliore relazione è quella in cui l’amore di ognuno supera il bisogno che ognuno ha dell’altro…” Belle vero?
    Tessy

  83. Brava Tessy!
    Anche io avrei voluto fare qualche bel fioretto per il Maggio mariano… ma le ingiustizie mi fanno andare in bestia e mi arrabbio… Credo che chi fa del male abbia sul groppone non solo i suoi peccati ma anche quelli – di impazianza, di sproloquio… – che fa commettere agli altri. Invidio la tua dolce serenità. Mi piacerebbe essere più pacificata, con me stessa, gli altri e il mondo. Quando sento che una mia amica per ottenere la pensione di accompagnamento per il padre malato e vedovo con una pensione miserabile si è sentita chiedere 2000 euro ad ottenimento della pensione – noi non ci facciamo pagare subito, no…, come i maghi e i cialtroni che ci governano – mi arrabbio. Quando sento che Siracusa, patrimonio Unesco, sta svendendo i suoi beni culturali ai privati per farne hotel di lusso mi arrabbio. Quando sento che ancora, dopo millenni, palestinesi e israeliani non la piantano, mi arrabbio. Israeliani, perché dimenticate il vostro passato di oppressione e vi rendete a vostra volta carnefici? Palestinesi, perché consegnare nelle mani di terroristi carnefici i vostri figli?
    Oggi ho visto un film su Mosè. Quando la terra promessa è lontana, quando si è nel deserto, affamati e sotto il sole, è facile perdere la fede e la speranza. Ma non dovremmo perdere l’amore per la Bellezza, l’unica cosa che salverà il mondo. Per chi crede Bellezza è Verità e Amore, che sono i nomi più belli di Dio. Ora Gregori mi accuserà di essere Sacresty Girl, ma la penso così…
    🙂

  84. @Maria Lucia, hai perfettamente ragione di lamentarti, siamo circondati da persone scorrette che agiscono con furbizia e disonestà ed è veramente impossibile non perdere le staffe. Anch’io sono divenuta molto più insofferente e non tollero le ingiustizie nei confronti di chi è debole e malato. Tuttavia tento di sforzarmi a non farmi coinvolgere in quella che è divenuta una battaglia quotidiana della sopravvivenza. Mai come oggi siamo condizionati, dai soldi, dalle tasse, dalle malattie, dalla altrui maleducazione e stupidità, dalla prepotenza e potrei continuare l’elenco all’infinito per farmi venire un bel mal di fegato…Immagina poi, quanto sia difficile, affidarsi,ora dopo ora alla benignità altrui anche per poter bere un bicchiere d’acqua… Se invece riesco a frenare la mia rabbia, tre volte su dieci, ho già fatto una minima conquista sul mio io, che vorrebbe ribellarsi e fare un pandemonio… Così per affrontare le mille cose che non riesco a realizzare, impongo alla mia mente il seguente “mandala”:- “Ricordate che il non ottenere ciò che volete, talvolta è un grande colpo di fortuna”… E allora cara Maria Lucia, se sono stata così fortunata….di che cosa mi lamento? Ciao , ti abbraccio.
    Tessy

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