Sono stato nominato.
È un bene o un male? In questo caso… un bene.
Sono stato nominato nell’ambito dell’iniziativa “thinking blogger” da Eventounico , ottimo blogger e frequentatore (supercompetente) di Letteratitudine. Ciò significa che Eventounico pensa che io sia un thinking blogger (un blogger che pensa) e che di conseguenza il mio blog faccia pensare. E a ben pensarci, il pensiero di Eventounico mi induce a pensare che un blog che fa pensare è meglio di un blog che non fa pensare (Catalano docet). Pensa un po’…
A questo punto, per stare al gioco, devo nominare altri cinque blog che secondo me fanno pensare. Premesso che voterei lo stesso Eventounico (non lo faccio, sia perché è vietato, sia per evitare che qualcuno ci possa accusare di esserci piegati a logiche da “voto di scambio”), e che mi farebbe piacere nominarne cinquanta, anziché cinque, le mie scelte “ricadono” su (in ordine alfabetico):
2. Lipperatura
4. Remo Bassini
5. Satisfiction
—————————————
Seguono le regole per partecipare all’iniziativa:
a) Partecipare se si è stati nominati.
b) Lasciare un link al post originario inglese
c) Quindi inserire nel post il logo del Thinking blog award.
d) Indicare i blog che hanno la “capacità di farti pensare”.
—————————————
Siccome, come sapete, mi è quasi impossibile resistere alla tentazione di avviare dibattiti… per restare più o meno in tema vi chiedo di indicarmi il vostro thinking writer.
Qual è lo scrittore, italiano o straniero, capace di farvi riflettere di più?
Non necessariamente deve coincidere con il vostro preferito.
Per semplificare limitiamo la scelta ai romanzieri.
Il titolo del gioco è: Il romanziere che fa riflettere di più
A voi!
Ancora grazie, Eventounico
🙂
Siete invitati al sondaggio…
Qual è lo scrittore, italiano o straniero, capace di farvi riflettere di più?
Ribadisco… può anche non essere il vostro preferito.
Partecipate, eh?
@ massimo:
la prima cosa che mi viene da dirti sulla domanda che qui sopra ci poni è…..”cunnuto!!!!” Ma ti sembrano questiti da fare quando ancora stiamoa contarci le cicatrici dei “due libri da salvare”?
D’angelo hai solo la faccia, per il resto sei un SS. Solo quella sconclusionata di elektra può perdersi per te.
“Cunnutu” solo nel senso di demonio, però! Precisiamo.
Tosta la domanda, eh?
😉
@ massimo:
no, no, proprio “cunnutu” e anche da parte di sorella
🙂
e però questo quesito, secondo me, necessita di una spiegazione. per “scrittore che più vi fa riflettere” si può intendere un autore che ci sembra così profondo da spingerci a cercare tutti i signiifcati di parole e “immagini” fino a permearlo nelle pù recondite atmosfere.
Ma si può anche intendere un autore del quale non capiamo assolutamente una mazza e, allora, riflettiamo “ma questo scriteriato, che accidenti vuole dire?”.
Qualora, in questo secondo caso, io per esempio non avrei dubbi…..a serge’, che te fischieno le recchie? 🙂
ps: approfitto anche di questo post per invitarvi (sotto la mia responsabilità) a dare un’occhiata all’intervento di Germano su Iperspazio Creativo
@ Enrico.
Ahu, cu ccu sta’ parrannu!
Mi dispiace per te, ma non tutti hanno dovuto subire il tuo turpe destino (anche da parte di sorella).
E meno male che sei uno che non ama indossare cappelli!
😉
Ora però torniamo al post…
La domanda è:
Qual è lo scrittore, italiano o straniero, capace di farvi riflettere di più?
Il senso è chiaro. La prima delle due opzioni accennate da Enrico.
Non è facile, vero?
Visto che è stato citato il gioco “due libri da salvare”, se volete, la comunità – dopo approfondito confronto, condito con proposte e controproposte – potrà decidere qual è in assoluto lo scrittore che più di altri è capace di indurre alla riflessione.
così stavolta finisce proprio a cazzotti. sanguinario!
ho trovatoooooooooooooooo. l’autore che più mi fa riflettere è Silvia Leonardi”. Ha scritto “Allo specchio”, quindi….
me la sono cavata?
🙂
OFF-TOPIC
@Silivia Leonardi
Ho visto che il tuo libro è stato pubblicato da il Filo. Domanda: anche a te proposero un contributo editoriale di novecento euro in cambio
di pubblicazione, distribuzione, copie, etc?
Maugger e Grego’:
Voi siete due cunnutazzi, Beddamatri!!! Ed anch’io: astrologicamente e familiarmente un ”Montone d’origine toresca con ascendenze caprine” (oroscopo libanese del XV secolo, tutt’ora valido solo nel Senegal orientale e riferibile solo a Sergiosozzzzi).
Pero’ rifiuto d’entrare nel Girone degli scrittori incomprensibili. Massimo: difendimi dal turpe sviscerafatti giornalista romuleo, ti prego! Au secours! Na pomoc! Help! Aiutateme vuie!
S.
Giulio,
non so niente personalmente dell’editore della Silvia, ma in linea generale ribadisco che finche’ in Italia non verra’ fatta una legge apposita che ponga fuori della legalita’ repubblicana tutti gli arraffatori e schiavizzatori editoriali, non sara’ possibile evitare delle tremende ”estrazioni del sangue”.
Infatti, purtroppo, se scrivi bene i grandi editori di ridono in faccia. Cosa fare?
Ciao
Sergio
Lo scrittore italiano. Uno per tutti e tutti per uno. Comincia con la D… E’ morto da qualche secolo e molti a Letteratitudine lo seppelliscono ogni volta che scrivono qualcosa (io per primo).
Chi sarebbe?
Ma DONATO CACCIAGUERRI DA OSTUNI, PERDINDIRINDINA! Ovvio. L’unico.
P.S. per Giulio e per tutti:
il mio agente ha impiegato due anni prima di procurarmi un contratto ”quasi dignitoso”. Vedi un po’ in che razza di ambiente siamo!
vabbè, proviamo a tornare al tema?
esordisco con uno scontato Dante Alighieri (Divina Commedia). Vuoi per la lingua, vuoi per il mix di storia, teologia, filosofia, gothic e poesia direi che mi fece riflettere moltissimo
@ ma è una cosa seria o stiamo solo cazzeggiando?
🙂
Se i filosofi valgono Adorno.
Ho capito, è una cosa seria.
Facciamo che non mi va di riproporre le scelte dei due libri da salvare e quindi butto lì il nome di autori, letti in contemporanea tanto tanto tempoooo fa, uno straniero e uno italiano: Foscolo e Goethe, Ortis e Werther. Forse allora ero più strana, ma mi divertii moltissimo ad incrociare le storie ricavandone un copione demenziale che poi fu “rappresentato” in un corso di drammatizzazione. Ho ancora tutti gli appunti.
🙂
Però concordo con Za su Adorno.
Se valgono i filosofi bisognerebbe chiederlo a Massimo, ma temo si vada a finire chissà dove. Comunque, ad Adorno tanto di cappello, ma per me è troppo connotato. Arretro di “qualche giorno” e mi inchino a Eraclito
montaigne.
ogni volta che sono in crisi, ogni volta che i dubbi mi sommergono, ogni volta che non riesco a dormire.
e ci trovo sempre qualcosa di nuovo, e nuovi stimoli.
forse non è lui, ma la combinazione con me. boh.
Io cito la neoplatonica Ipazia, e mi chiedo maschilisticamente, se non si inchinasse lei ad Origene.
E comunque Montaigne era un vero toro. Riusciva a scrivere cose serissime con un’ironia splendida…magari fossero ancora così i francesi.
@ Giulio, Sergio e agli altri.
Stop!
La prossima settimana prometto di pubblicare un post sulla famigerata editoria a pagamento. Ne riparliamo in quell’occasione.
@ Miriam
Certo che è una cosa seria!
🙂
Però forse ha ragione Enrico. Meglio restringere il campo. Voi che dite?
Facciamo che per scrittori si intenda romanzieri?
Ditemi… che aggiorno (correggo) il post.
Va be’, io mi sono asseriato. Sono banale, oltreché post, appena un po’ post, adolescenziale; e dunque voto Nietzsche.
io limiterei ai romanzi…..e buonanotte al mio dante alighieri
🙂
@ Enrico.
D’accordo con te. Gli altri che dicono?
Sparare un nome mi pare un po’ limitativo. Ne cito qualcuno in più (in ordine cronologico, i primi che mi vengono in mente):
Omero, Dante, Leopardi, Kafka, Joyce, Eliot.
Mi pare che in genere comunque i poeti, in linea generale, tendano a stimolare la riflessione più dei narratori.
Considererei la filosofia e la saggistica in genere una categoria a parte.
Oppure perchè non dividere il gioco proprio in 3 sezioni distinte (poeti/narratori/ filosofi)?
Insomma Massimo, vuoi darci delle regole o procediamo un pò a cazzo come ora?
romanzieri: quindi willie shakespeare non conta.
pensare, non volare di fantasia: niente borges e marquez.
pensare, non sognare: via che vanno defoe e cervantes.
pensare.
philip dick.
forse.
Vedo che mentre leggevo e scrivevo il mio post, altri si ponevano il mio stesso problema.
Le regole, le regole, vogliamo le regole. O vi credete di stare nella casa delle libertà ?
Se vale solo narrativa restringo il campo tra quelli da me precedentemente citati: Kafka o Joyce ? Kafka!
E comunque i poveri poeti alla fine non se li caga mai nessuno.
@ Carlo S. e a tutti
Limitiamoci ai romanzieri
Altrimenti non ne usciamo vivi.
🙂
Specifichiamo i “motivi” per cui il romanziere X ci ha fatto riflettere più di altri.
E poi ne organizzeremo un altro per i poeti
🙂
Un attimo che devo scegliere tra: Omero, Virgilio, Dante, Platone, Aristotele, Leopardi, Neruda, Cervantes, Shakespeare, Pirandello, Montale, Calvino, Neruda, Proust, Kafka, Joyce, Svevo
…ehm…
questa è una prima selezione. Ecco.
Ora sceglierò chi mi fa riflettere di più, anche se poi rifletterò ancor di più su quelli che non ho scelto.
Onorata e un po’ confusa dalla gentilezza e dalla stima di Massimo per essere stata “nominata” per prima, rispondo subito alla domanda sullo scrittore, Imre Kertész, premio Nobel ungherese 2002. In Francia, qualche giorno fa ho comprato il “romanzo platonico” Dossier K, edito da Actes Sud. Magistrale, come sempre. Ma, se qualcuno vuole leggerlo, consiglierei di cominiciare da Essere senza Destino, poi Kaddish per il bambino non nato, Fiasco, Liquidazione.
Mi ha fatto ritornare presente il senso potente di quello che la letteratura può essere, può fare. Non è uno scrittore esiliato, è sempre rimasto a Budapest. Per una vita sono stata, da borghese occidentale e con sguardo ristretto, molto affascinata dagli “esiliati”, da chi è andato via. Kertész è uno scrittore che scrive cose imprescindibili. Cito( in francese, è troppo tardi per tradurre e tanto, scrivendo lui in ungherese e non conoscendolo io e non so quanti di voi) da Dossier K
“Je ne possède pas le verbe qui sauve; je ne me suis intéressé ni à la perfection ni à la beautè, je ne sais meme pas ce que c’est. Je considère l’aspiration aux honneurs comme un onanisme de vieillard, et l’immortalité, tout simplement ridicule”
E ancora
“J’ignore ce qu’est la vèritè. Je ne sais pas s’il est de mon devoir de savoir ce qu’est la vérité. En général, l’artiste justicier est un mauvais artiste, Celui qui a raison n’a génèralement pas raison par ailleurs: Respectons la faillibilité et l’ignorance de l’homme; rien n’est plus triste que d’avoir raison..”
Eventounico ha fatto una caciara invereconda ma, peraltro, mi ha dato una mano per operare una prima scelta.
Facciamo Cervantes, per adesso.
Al di là della forza descrittiva, direi che il “Don Chisciotte” spazia tra i meandri dell’animo umano “costringendoci” a riflettere su vari aspetti e/sentimenti: rabbia, amore, idealismo, disillusioni, cavalleria, onore, fragilità, fedeltà, opportunismo….più o meno ci siamo
Ci avete ragione
allora io dico un libricino che ho amato
Balzac: La Pelle di Zigrino.
Ps gea ficherrimo Montaigne
Allora, intanto e’ un grandissimo onore perche’ Eventounico ha nominato anche noi, Lauraetlory, nella sua cinquina e la cosa ci riempie di responsabilita’ per essere state affiancate a Lettaratitudine. Noi abbiamo a nostra volta nominato e mi piace scoprire che Massimo ha indicato nella cinquina il blog di Remo Bassini, proprio come abbiamo fatto noi. Punto terzo: ci ho pensato su e devo dire che uno scrittore che mi fa riflettere tanto da non farmi dormire, alle volte, e’ proprio Remo Bassini, soprattutto con Il quaderno delle voci rubate e Dicono di Clelia.
Laura
Uno scrittore che mi ha fatto riflettere? Non vorrei essere ripetitiva, ma confermo quanto espresso nel gioco ‘due libri da salvare’. Dico, dunque, Primo Levi.
Se non fa riflettere Primo Levi…
Invito tutti ad appoggiare la mia proposta. Che Primo Levi possa vincere questa competizione.
Massimo, congratulation for the nomination.
A ben pensarci, il tuo è un blog che fa pensare.
Think about it.
Smile
Primo Levi è lo scrittore che avrei voluto far vincere nei “due libri da salvare”. Ma non mi ero accorto che piacesse anche a Elektra. Dove ho sbagliato nel pensare che Levi fu un grande?
🙂
Tanto per difendere la mia categoria comincerò con Grazia Deledda, scrittrice scomoda per molti critici affermati, che non gli hanno mai perdonato di essere un’autoidatta, una sarda di ambiente agreste, umile e povero. Una nuorese, che con tenacia, volontà e scarsi mezzi, ha studiato non solo la lingua italiana che non conosceva, ma è riuscita a coltivare il proprio orticello intelletuale per surclassare gli autori dell’epoca. Unica donna italiana salita agli onori del Premio Nobel nel 1926.Il suo romanzo “Canne al vento”, e le altre opere condensano il destino degli uomini intarsiato d’amore, di peccati, di tormentate pene e di voglia di espiazione .La Deledda, oltre che da Emilio Cecchi fu molto ammirata e stimata da Attilio Momigliano che in lei avevano apprezzato una ricca umanità ed una estesa gamma di sentimenti descritti nelle sue opere. M. Teresa
L’unico errore è che l’origine del tuo pensiero parte dal tuo cervello.
Smile
Il messaggio di prima era riferito al “messaggero nero”.
Ora vado.
Smile
@ elektra:
se non altro io possiedo una “base” per poter commettere errori. Nelle teste dove ci sono due scoiattoli ubriachi che giocano a ping-pong è ben difficile che accada qualcosa, nel bene e nel male
smile
I narratori che mi “fanno pensare” sono tantissimi.
Ma voglio dir qualche parola su quello che sto leggendo adesso: il del tutto fuori moda Ippolito Nievo.
Ne ho parlato un paio di volte sul mio blog: LE CONFESSIONI DI UN ITALIANO di Nievo lo ignoravo del tutto (a parte qualche vaga pagina distrattamente scorsa tanti anni fa).
e facevo male, perchè è un romanzo di modernità sorprendente: democratico e laico, di ampio respiro europeo, arioso, avvincente, con un torrido eros infantile lontano mille e mille miglia dalle edulcorate raffigurazioni dei bambini che imperversano nella letteratura (non solo sua contemporanea), ironico, linguisticamente composito e frastagliato e dunque opposto all’italiano “toscaneggiante” di Manzoni.
Una lettura che mi fa scoprire un personaggio, Nievo, affascinante: amante delle donne, giornalista impegnato, ribelle e combattente con la camicia rossa garibaldina, intellettuale dagli interessantissimi risvolti anche politici (i saggi sulla questione cattolica, sul rapporto intellettuali/masse, sul nesso riforme/bisogni). La sua tragica morte a nemmeno trent’anni fu una grave perdita per l’Italia progressista.
Un gran bel romanzo, LE CONFESSIONI.
E un grande italiano, Ippolito Nievo (così si chiamava anche una brigata partigiana in Friuli). Un uomo che andrebbe riscoperto e valorizzato, soprattutto in questi anni affollati da cialtroni, bigotti, ipocriti, servi, farabutti e nemici dell’unità d’Italia.
@ luciano:
e ben venga Ippolito Nievo, ci mancherebbe. Peraltro gli scrittori non sono come i pantaloni. Definirli “passati di moda” mi pare inappropriato
Javier Marias mi fa pensare con la testa, ma Saramago anche con il cuore.
il romanziere dal quale ho tratto spunti per comprendere la mia vita, le mie idee e di conseguenza quelle altrui e` stato Joseph Roth. Alcuni passaggi di Fuga senza fine, e La marcia di radetsky sono stati per me delle autentiche rivelazioni.
Il libro, preso singolarmente, piu` pregnante da questo punto di vista e` stato invece Auto da Fe` di Elias Canetti.
bellisimo argomento !!! sicuramente lo scrittore che mi ha fatto – a suo tempo – riflettere di piu’ e’ stato MARIO TOBINO – con i continui racconti sui suoi pazzi !!! si, perche’ lui oltre che scrittore era pure psichiatra….
io, che spesso ho la paura di impazzire !!! in vecchiaia magari !!! paura di perdere le facolta’ del mio cervello…..all’epoca mi colpivano molto le storie vere che lui raccontava, storie vissute personalmente vicino ai suoi pazienti…….. ero terrorizzata e affascinata allo stesso tempo e in quegli anni mi sono comprata tutti i suoi volumi – poi ho iniziato a leggere OLIVER SAKS – che piu’ o meno scriveva sugli stessi argomenti — le riflessioni di allora – come potrebbero essere anche oggi – mi inducevano a pensare come poteva succedere che persone normalissime si potessero trasformare in pazzi !!! ed era li’ che pensavo che poteva succedere anche a me !!!! e purtroppo lo penso ancora !!! spero di non impazzire prima di vedere ancora tutto quello che c’e’ di bello in questo mondo – almeno un figlio di mia figlia – e poi voglio vivere ancora tanti anni col cervello lucido per conoscere tante altre belle persone che mi riempiono la vita !!!!! su con la vita !!! bando alla pazzia !!!!! saluti cari a tutti anna di mauro
@ Giulio
Ti ha risposto il caro Sergio Sozi per me.
Per quanto riguarda questa nuova, assurda –in quanto complicatissima- scelta che ci richiede l’amico Massimo, concordo in generale con l’idea già espressa che la poesia è la forma di scrittura che più lascia andare alla meditazione. Ma visto che di romanzieri dobbiamo parlare…
Faccio una breve premessa. In genere è più facile parlare di un libro, o più libri che ci hanno fatto riflettere senza che questi siano stati scritti necessariamente tutti dallo stesso autore. E questo complica il gioco della scelta.
Allora, in maniera forse banale, scelgo Pirandello che trovo sempre tanto attuale nelle riflessioni che suscita: lo spaccarsi dell’uomo tra forma e sostanza, tra maschera e volto, tra quello che siamo e quello che avremmo potuto essere, l’umorismo che viene a coglierci nelle contraddizioni della vita e il senso di una coscienza che non è mai assoluta.
Credo sia adattabile, oggi come ieri, al semplice appartenere alla condizione di esseri umani.
@ Enrico
te la sei cavata benissimo nella tua prima scelta 😉
Romanzieri italiani del Novecento che mi fanno pensare: Pier Paolo Pasolini (aveva capito tutto in anticipo sui tempi sulla globalizzazione e sulla fine che avremmo fatto come popolo privo di identità), Carlo Cassola (soprattutto i romanzi maremmani, fanno pensare a una provincia che non c’è più), Aldo Zelli (non lo conoscete ma ce lo metto lo stesso perchè a me fa pensare), Alberto Moravia (la crisi della borghesia, l’eros raffinato), Antonio Tabucchi (soprattutto Sostiene Pereira), Erri De Luca (romanzi brevi ma intensi, racconti che valgono più di 1000 pagine di best seller). Ce ne sarebbero molti altri, ma mi fermo.
Stranieri. Pure qui mica pochi, ma mi limito ai cubani che li conosco meglio. Gullermo Cabrera Infante su tutti. L’Avana per un infante defunto è un assoluto capolavoro. Leonardo Padura Fuentes, ma solo quello de Il romanzo della mia vita (Marco Tropea). Pedro Juan Gutierrez. Tutto quello che ha scritto e scriverà.
Cito anche qualche minore contemporaneo che mi fa pensare: Francesca Mazzucato, Sacha Naspini, Andrea Consonni, Gianfranco Franchi, Felix Luis Viera (cubano che vive in Messico edito in Italia)…
Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi
Un romanzo che non smetterei di rileggere è “Il deserto dei Tartari di Buzzati”. L’attesa perenne dell’evento che dovrà servire a riscattare un’intera esistenza, a darne un senso. Lo sgocciolio lento dei minuti che si consumano, così come la fiammella della vita, fino a spegnersi senza aver rischiarato nulla. “…Sentiva il battito del tempo scandire avidamente la vita…”. Trasmette un senso di angoscia quel romanzo, esprime una metafora straordinaria, il desiderio di un sogno già infranto in partenza. Mi son perso i post precedenti, ho letto qua e là gli interventi. Complimenti prof. Sozi: che preparazione!!!
stamattina ho deciso che, bando alle sottigliezze lessicali, cervantes è ok per me.
non dimenticherò mai la mia prima lettura: tredici anni, l’odore della primavera che entra dalla finestra aperta. c’è il sole, e ti perdi nei paesaggi di spagna e nei meandri della lucida follia. e poi alzi gli occhi, ed è notte. e tu sei cresciuta di anni.
è pensare questo? credo di sì.
Ma è così indispensabile riflettere dopo la lettura di un libro o di una poesia? Non basta godere il piacere della lettura? Comunque da giovane mi entusiasmava Nietzsche e forse ci riflettevo anche; ho riflettuto molto sulla poesia greca arcaica, Sofocle (Edipo e Antigone, cazzo, se non rifletti su questi due!!!) e le Baccanti di Euripide.
I grandi del novecento che mi fanno riflettere sono Marai, Sartre, Camus, Cioran. Poi i già citati Dante, Dostoevskij, Leopardi
Enrico: io di scoiattoli in casa ne ho già uno, talvolta ubriaco, e se gioca con un topo, pure suonato, come me, sono partitissime. Devo però convenire che due scoiattoli ubriachi sarebbero troppi.
Alla Francesca: hai lasciato cadere lì, con noncuranza, una foglia sconosciuta (almeno per me) che rischia di trasformarsi in un fienile intero per mancanza di vento; attenta che col relativismo (che poi non è cosi’ originale) non si arriva da nessuna parte. Infine: se non si crede in qualche forma di immortalità perché (e per chi) scrivere? E quindi, perché leggere?
A Salvo: ho un otter californiano che sta facendo pensierini sulla tua setterina spagnola, li facciamo incontrare? Chissà che non arrivino ‘on cloud nine’! Ciao.
Dopo un prima riflessione ho maggiormente focalizzato l’obiettivo di questo post. Esso, per quanto forse evidente a tutti, è di individuare lo scrittore che più fa pensare non necessariamente quello che sentiamo più vicino o che abbiamo letto con maggiore piacere.
–
Scelgo dunque:
Elias Canetti (per “La lingua salvata”).
Al secondo posto avrei, per motivi diversi, Borges ed Eco (incredibile dictu).
@Gianmario. Piacere di conoscerti. In effetti la mia non è un setter ma un cocher (si scrive così?), me lo ha spiegato l’altro giorno un amico. Io non mi intendo di cani. O meglio, gli unici cani che conosco sono alcuni cani-scrittori (ma quelli è meglio non farli incontrare, altrimenti rischiano di moltiplicarsi causando un vero flagello).
@Gea,
Cervantes conta molto anche per me; al punto che il capitolo conclusivo di Occhio, il mio manuale di educazione all’immagine si conclude proprio con una citazione del Don Chisciotte “Apri le braccia e ricevi pure il tuo figlio Don Chisciotte, che se torna vinto dalle braccia altrui, torna pure vincitore di se stesso; la quale come egli stesso mi ha insegnato, è la maggior vittoria che si possa desiderare”. Ma l’opera di Cervantes è forte per la sua struttura narrativa, più che per i contenuti: c’è un’idea, una proiezione e c’è il presente, che sono i racconti e le novelle che compongono l’opera stessa; Cervantes è infinitamente proponibile come struttura compositiva, valida per nuove narrazioni. Noi che scriviamo, con passione, su questo blog, non siamo un po’ tutti don Chisciottini?
Ad Enrico.
Ho riletto la mia battuta di replica alla tua e mi sono accorta che poteva essere interpretata come una risposta acida e polemica. Mentre voleva essere solo scherzosa, credimi. Giuro, giuro, giuro.
I miei due scoiattoli sono negati per il ping-pong, anche da sobri. Mi rimane solo una palla pazza che mi rimbalza in testa fuori da ogni base.
Smile
Spot.
Primo Levi, un autore che ha fatto pensare e che continua a far pensare.
Pensateci!
Smile
@Silvia Leonardi
Sergio mi ha solo detto che è contrario all’editoria a pagamento. Io volevo sapere se tu hai dovuto contribuire sostanziosamente alle spese
di pubblicazione, distribuzione, etc del tuo libro.
@ elektra:
ma credi che io sia svalvolato quanto te? avevo colto l’ironia, come sempre. rilassati. a massimo non piaci nervosa
🙂
@ miriam & gea (ormai le mie muse)
Ho letto anch’io Don Chisciotte +o- alla stessa età di gea, e anch’io fui folgorato dalle immagini della Mancha. Ed al suo vento che genera follia. E ogni volta che vedo un film di Almodovar (amo follemente Almodovar) mi porta indietro a quelle sensazioni (” Volvèr”, “il Fiore del mio segreto”, ….), e mi abbandono ad esse, come se quella lettura mi si fosse appiccicata addosso.
Io intervengo per la prima volta in questo blog. C’è un autore che mi fa riflettere molto, è Amos Oz. Da quando, l’estate scorsa, ho cominciato a leggerlo ( con “Una storia d’amore e di tenebra”) è come se si fosse creato un filo di comunicazione a distanza cui tengo molto.
Ma quello che ho provato leggendolo (ho letto quasi tutti i suoi romanzi) è più che riflessione. La sua scrittura affila e ammorbidisce i miei pensieri, li condensa, li mette in circolo facendoli penetrare in ogni fibra del mio corpo. Non è solo l’autore che mi fa riflettere di più (anche i racconti di Pavese…), è, in questo momento, l’autore cui mi sento più vicina.
Il libro “Lo stesso mare” non è un romanzo in senso tradizionale, è poesia intrecciata a storie, inanellata con vite… è parole che ti pungono dentro, che ti lasciano senza fiato. Semplicissimo, normalissimo. Straordinario.
Mi piacerebbe sapere se qualcuno di voi lo conosce e cosa ne pensa.
Ciao
Adriana, credo siano passati 4 o 5 anni da quando l’ho letto e ne ho un ricordo sovrapposto a tutte le cose che cerco costantemente di leggere. Male, per giunta. Tuttavia, ricordo che mi colpì molto per la sua scrittura fatta di piccoli reperti, riflessioni estemporanee, effettivamente molto semplici, ma proprio per questo dirette, estatiche, quasi deliranti. Frequenti interruzioni. Mi sembrava di avere molti spazi per pensare tra una frase e l’altra. Questa la sensazione a pelle.
Enrico: ho definito “fuori moda” Ippolito Nievo perchè purtroppo è così. Anche i libri vanno (o passano) di moda (o di tendenza). Basti pensare agli immondi romanzi di Moccia, che infestano le librerie e (in versioni cinematografiche o teatrali) pure altri luoghi.
Già che ci sono suggerisco un paio di romanzieri che amo e che mettono in moto le sinapsi.
Julio Cortazar, i cui racconti (geometrici e misteriosi come quelli di Borges, carnali come il miglior Marquez, raffinati come Henry James) non mi stanco di leggere e rileggere.
Beppe Fenoglio e la Resistenza: UNA QUESTIONE PRIVATA (amore e guerriglia) spazza via tutta la retorica che rischia di imbalsamare o di ingessare quella Storia popolare e coraggiosa.
Alberto Ongaro, grande vecio (è del 1925) venessian, reporter e giramondo, che mi onora della sua amicizia, che fu amico e collaboratore di Hugo Pratt: la sua TAVERNA DEL DOGE LOREDAN è un romanzo fatto di inafferrabile mercurio, sui libri, su un uomo che legge libri, avventure tra Settecento e i giorni nostri, Londra e le Metafore, destini che si incrociano e la voce della mona.
Finisco con un bellissimo detto hiddish: “Forse Dio ha creato l’uomo perchè anche a Dio piace sentirsi raccontare storie”
@ luciano:
la tua replica conferma che passano di moda i romanzi….di merda
Luciano Comida,
complimenti per l’ottima ”recensione” dell’imperituro Nievo. Sia per le opinioni sul libro che per quelle generali sui ”farabutti” (io direi di peggio) contrari all’Unita’ della Nazione.
Sozi
Enrico: che sollievo il pensiero che i posteri non leggeranno Moccia.
Sergio: con l’entusiasmo del neofita e del convertito, sono lietissimo che anche ad altri Nievo comunichi la stessa gioia.
La Divina commedia e la Coscienza di Zeno, questi i due capolavori che mi hanno cambiato la vita. Entrambi letti, o meglio visitati , fuori dall’ambito scolastico dato che all’epoca in cui si studiano non ero in patria.
Il primo perché geniale nelle metafore e nell’invenzione, oltre che nella poesia. Il secondo perché mi ha fatto accettare la mia follia.
Uhm…la risposta non è molto semplice per me…dunque, dunque. Eliminando la letteratura armena, russa, afghana,indocinese,burundiana,senegalese, jamaicana e assiro-babilonese tento di focalizzarmi su quella italiana nella quale, confesso, non sono espertissimo. Scherzi a parte, spero che non irrodiate alla scoperta che, uno degli autori che mi lasciano pensare di più, è Andrea De Carlo anche se, leggendo troppi suoi libri, si ha l’impressione che spesso e volentieri si ripeta. Comunque,al di la dall’autore, uno dei romanzi che più mi ha stimolato il cervello è stato: “Se una notte di inverno un viaggiatore” di Italo Calvino. Anche “il secondo Diario minimo” di Umberto Eco mi ha solleticato non poco le sinapsi e, proprio quest’ultimo testo, lo consiglio a chi ama sorprendersi della genialità stilistica e narrativa di un immortale contemporaneo come Eco, masturbandosi cerebralmente e “venendo” quasi ad ogni capoverso.
“irrodiate” e congiuntivo sbagliato(frase corretta:”Spero non inorridiate alla scoperta che,uno degli autori che mi fa pensare di più, SIA Andrea De Carlo”) Bene, benissimooooooo…ottimo per un sito di letterati ushuahsuahhauahaha…;)
Germano se “veniamo” quasi ad ogni capoverso, alla fine del secondo capitolo non ci vediamo più…
ah ah ah…e questo pure è vero!!! La perdita di diottrie causata dal continuo “venimento” non consentirebbe di proseguire sino alla fine del libro. Però io non parlavo di orgasmi sessuali ma di orgasmi intellettivi e, contro di quelli, non ci sono ancora studi(o credenze pseudo-religiose)che dimostrino il sopraggiungere della cecità. Quindi, come si dice dalle mie parti(parti moooooooolto “ammonnezzate”) “Stamm appost”
Germano,
piacere di aver qui una persona coi gusti raffinati come te. Di Calvino preferisco la Trilogia e di Eco Il nome della rosa e anche L’isola… ma sei forte!
@ Germano:
‘a belli capelli, mi sono raccomandato! qui ti ci ho portato io, non farmi fare figuracce e obbedisci scrupolamente ai 10 comandamenti
1- non imitare gregori: non c’hai le palle
2- non imitare sozi: non c’hai le pigne
3- non dare confidenza a Zauberei: non c’hai i Tavor
4- non parlare con Elektra: non c’hai tempo da perdere
5- non dare corda a Di Domenico: non c’hai lo psichiatra
6 – non intrattenerti con Fausta M. Rigo: non c’hai il dizionario venusiano-italiano
7 – non dialogare con Gea: non c’hai le cinture di sicurezza
8 – non impelagarti con Silvia Leonardi: non c’hai l’air-bag. In compenso ce l’ha lei, e manco male!
9 – non coinvolgerti con Cicerone: non c’hai più la vista per leggere i suoi chilometrici post dato che “vieni” a ogni riga di Calvino
10 – non contraddire Luciano/ringhio di Idefix: non c’hai l’antirabbica
@ germano ed evento
Innanzitutto grazie per essere venuti!
(dal discorso inaugurale del IV Congresso Internazionale dei donatori di sperma)
errata corrige….”scrupolosamente” 🙂
….. e se non arrivo puntuale, cominciate pure da soli
(fonogramma de sessuologo agli invitati al congresso sulla masturbazione)
Beh…direi Dostoevskij, notando con piacere che, da un paio di mesi a questa parte, questo è un po’ il suo fanclub.
Visto che però in questa sede si parla, giustamente,anche di orgoglio italiano…voglio barare e citare una triade nostrana (secondo me meritevoli di nobel): Svevo, Levi, Calvino.
Un saluto e complimenti al massimo per la segnalazione…te la meriti.
Unico neo:essendo il sottoscritto veneto con incursioni lombarde ed emiliane, mi è però difficile capire la vostra tenzone in siculo stretto:-(
c’è nessuno che possa mettere in vendita su ebay un “dizionario di siciliano per il blogger” o qualcosa di simile?così…tanto per sentirmi ancora di più a casa, in ‘sta famiglia Letteratitudine.
GigaSmile
Germano non ascoltare Enrico. Non sa cosa ti ha fatto presentandoti. Per noi uno introdotto da lui è una specie di fratello minore (da mettere in mezzo). Comunque devi imparare che qui, quando nomini Calvino, Svevo ed i russi, ma un italiano è sempre preferibile, non caschi mai male (“Stamm appost”). Ciò, evidentemente, anche se si sta cercando di parlare della pelota basca praticata sul pack molle.
GIUSEPPE BONAVIRI, autore siciliano, vive a Frosinone
E’ un autore che fa riflettere sulla vita, sulla politica, sull’Italia, sulla metafisica, sulle relazioni umane, sulla natura, sulla scienza, sulla scrittura.
Nelle sue opere, G. Bonaviri cerca di cogliere non la storia di un individuo o di un momento della civiltà, ma l’unico fare del mondo, di tentare la trascrizione di quello che solo la scienza ha appena toccato, di dare alla materia una credibilità poetica e di inventare infine, un supporto narrativo nel quale le luci ed i suoni, il cielo e la terra, gli animali e gli uomini si ci riparano.
Nei suoi scritti, introduce numerosi argomenti scientifici. Questo elemento potrebbe restituire all’uomo d’oggi, dopo la perdita delle certezze religiose, una conoscenza scientifica secondo la quale, nell’universo ciò che esiste, è destinato ad esistere anche se è opposto a continue ed imprevedibili metamorfosi.
Quanto all’itinerario linguistico di Bonaviri, è orientato verso la scoperta di un’unità primaria seppellita dalla superposizione di strati ed in questa discesa verso le zone profonde della vita e della psiche, lo scrittore deve recuperare una lingua immortale e quindi sente la necessità di inventarla per dare una forma poetica ai suoi fantasmi.
La valorizzazione di nuovi fonemi, il recupero di un lessico ai limiti del barocco, i prestiti chiesti alla filosofia, guidato da una vena ispiratrice quasi costante, riescono a dare vitalità ai racconti.
A ribadire la sua originalità di scrittore impegnato nella ricerca personale a carattere universale, possiamo dichiarare che G. Bonaviri non può essere schierato con nessun movimento letterario. L’autonomia di uno scrittore è quindi una costante nel discorso di Bonaviri. Lo scrittore, oggi, più di ieri, è chiamato ad esprimere la sua propria visione del mondo per non cedere a sollecitazioni non ubbidienti a ragioni profonde e che non possono trovare una giustificazione, morale e storica nell’ambito di una vocazione reale dell’atto di narrare.
Un saluto affettuoso alla professoressa Rawdha RAZGALLAH, docente di letteratura italiana presso la facoltà di lettere tunisina “Université 7 Novembre à Carthage”, nonché italianista nota a livello internazionale.
Come avrete capito è una grande studiosa (e amante) delle opere del nostro Giuseppe Bonaviri.
Grazie davvero per essere intervenuta. È stata una bellissima sorpresa.
🙂
Un saluto a tutti. Interverrò più tardi.
Massimo, ritengo che la professoressa Rawdha RAZGALLAH potrebbe scoprire anche altre “perle” qui a Letteratitudine. Ovviamente sottoscritto escluso.
Gentile professoressa Razgallah Rawdha, mi presento: mi chiamo Michele Crismani, ho tredici anni, abito a Trieste e sono il protagonista dei romanzi di un certo ladro barbuto di nome Luciano Comida (che ruba le mie storie di vita vissuta e le pubblica in Italia e in giro per il mondo per cercare di farsi bello e provare a diventare ricco e famoso come la Roulin che so che non si scrive così. E se ci riuscirà il merito sarà tutto mio e non suo)
Volevo proporle di dare un’occhiata ai libri che raccontano le mie avventure: fanno molto ridere perchè la mia vita di adolescente è pietosa e divertente (anche se purtroppo come scrittore il Comida non è all’altezza, però cerca di imitare il modo di scrivere che ho io).
L’ultimo che è uscito (con la Einaudi Ragazzi) si chiama NON FARE IL FURBO, MICHELE CRISMANI e posso garantire che fa spanzare dalle risate.
Non sarò Giovanni (o Giuseppe?) Verga però faccio più ridere io.
Un saluto dal suo Michele Crismani tredicenne
GREGORI: la ringrazio per le dritte che ha voluto misericordiosamente concedermi dall’alto della sua divina onniscienza e onnipotenza…mi sono sentito un po’ come un novello Mosè. Io però, essendo tendenzialmente stronzetto e insofferente ai comandamenti, temo che, prima o poi, infrangerò qualcuno dei sommi divieti tra i quali, con mio gran sgomento, non ho ritrovato il primo e più importante:”non scartavetrare i maroni al tuo prossimo”.
SERGIO SOZI: ti ringrazio per aver valutato come “raffinati” i miei gusti letterari ma voglio confessarti una cosa che ti prego di non riferire a nessuno:”In realtà, gli unici testi che io abbia mai letto interamente, sono quelli del mitico Alan Ford…la tattica dell’estimatore Calviniano la utilizzo per fare il brillante con le belle ragassuole e per far colpo sugli intellettuali:-P”.
CARLO S.: non devi ringraziarmi…per me è stato un vero piacere “venire” all’evento e rimembrar quel dolce ricordo liceale di quando, dopo che la mia prof di biologia mi chiese:”Milite, mi vuole parlare, in sintesi, dello sperma” io risposi, con candida innocentezza e maramaldesco spirito goliardico:”Non saprei dirglielo in sintesi ma, se vuole, le faccio uno schizzo alla lavagna”.
EVENTOUNICO: tranquillo, caro; ho già inquadrato il “maschio Gregoriano” che mi ha, suo malgrado, introdotto in questa loggia di esimi letterati e, per quanto riguarda la prof.ssa Rawdha RAZGALLAH: beh…se è in cerca di qualche perla rara, di sicuro non guarderà mai nemmeno per sbaglio dalle mie parti ma, se per caso dovesse essere alla ricerca di un pirla unico, allora mi dispiace ma so già che sarò il primo della lista;)
@ tutti:
germano ha 21 anni, quindi è maggiorenne. a questo punto declino ogni mia responsabilità e tutela su questo promettente “fulminato”
@Gregori.
E questo dove sei andato a scovarlo? Siamo certi che sia un personaggio reale? Non è per caso un folletto sfuggito alla tua fantasia perfida e perversa?
@Germano. Potresti provare a sfondare nel campo dell’arte con i tuoi schizzi, chissà, si potrebbero ottenere capolavori o quantomeno inaugurare una nuova corrente di pensiero.
@Salvo zappulla. In effetti è una bella idea…di sicuro, sarebbe una corrente di pensiero molto candida e…”densa”! Potrebbe “ingravidare” chiunque voglia farsene travolgere, no?! Perdonatemi, vi prego…ma amo giocare con i doppi sensi e la metafora fin da piccino e, quando si parla in certi termini ambigui, mi sento invitato a nozze. Purtroppo per voi, non sono il frutto della fervida immaginazione del Gregori(se volete, vi fornisco alcuni link dove mi presento nudo, con solo una fettina di manzo a preservare la mia altrimenti rovinata pudicizia…così avrete una prova della mia esistenza)
@Gregori. Eventounico mi ha detto che, in pratica, visto che mi ha introdotto lei, mi vorranno tutti bene come se ne vuole ad un fratello(minorato). Da ciò deduco che, quelli che sono stati da lei introdotti prima di me, rappresentavano segnacoli indicibili di arguzia ed umorismo! Me ne compiaccio e, la prego, non si dia pena per la responsabilità che la vedrebbe legato alla mia persona(lità) distorta e “fulminata”. Ps questa sera vado ad una festa e, giuro, tenterò di recuperare questi tre mesi di astinenza da “mani nelle mutande”, provocati dalla triste fine della storia meravigliosa con la mia ex…
Enrico, a proposito, ormai da tempo ho letto con molto interesse SANGUE SULL’ASSURDO AMORE che però non sono stato capace di commentare in loco a causa della mia imbranataggine. Condivido che il quotidiano ha tutti i colori della letteratura. Solo che la nostra tavolozza spesso è vuota. La tua no.
@ germano:
1-comincia a darmi del tu. non te lo meriti e non ne sei degno , ma il “lei” mi fa sentire vetusto
2-le tue metafore sono gradevoli come un gatto attaccato ai coglioni
3- ecco, stasera alla festa fatti una bella trombata. ne necessiti quanto zauberei ha bisogno di un elettroshock
@ evento:
grazie. mi sto attrezzando anche per compiere piccoli miracoli. per ora sono solo apparso alla Madonna e mi ha detto di salutare tutti quelli del blog di massimo
Enrico quando riuscirai anche nei miracoli ricordati di poggiare solo per un attimo la tua mano sulla mia testa. Hai visto mai…
@ germano:
ps: co’ sta ex ce li hai gonfiati. qui abbiamo tutti una certa età e “i giovani Werther” ci allappano
@ evento:
e se mi pungo?
🙂
@alla prof.ssa RAZGALLAH: mi stupisce tanto in una studiosa tunisina questo amore per Bonaviri. Soprattutto considerando l’ impasto linguistico e lessicale di questo scrittore , così permeato di sicilianità, il suo mondo magico e surreale, in cui Gesù convive con Giufà e i paladini di Francia con la sacra famiglia. Credo derivi da un suo essere mediterraneo e arabo che incanta. O dalla consapevolezza dell’influsso del mondo saraceno nelle nostre terre.
Condivido quindi il suo giudizio. Bonaviri fa riflettere. Oltre che sorridere, che ritengo sia il modo più profondo per riflettere!
La saluto con tanta stima e approvo di cuore (da siciliana ) la sua scelta.
Oltre a Bonaviri devo però dire che il primo autore che mi ha fatto riflettere è stato Anna Frank. Avevo solo otto anni e non l’ho più dimenticata.
Un abbraccio a tutti.
@Gregori: Wow…che onore! Ti do del tu allora e questo non perchè tu ne sia degno ma perchè, comunque, mi dispiacerebbe farti sentire ottuagenario…per quanto i riguarda la mia ex e “i dolori del giovane Ge”(libro che sto scrivendo appositamente per appallarvi): hai ragione, perfettamente! Tutto ciò che è “ex” deve essere “expulso” dal cervello(ma soprattutto dalle parti basse che, spesso, assurgono alla funzione cerebrale). Se per caso stasera trombo, mi ricordo di te.
Ciao ciao e buon fine settimana a tutti e in particolar modo al proprietario del blog
Un caldo benvenuto ad Adriana, prontamente accolta da Eventounico.
Grazie!
🙂
Se vi va di continuare a giocare vi ricordo che non dovete citare (necessariamente) il vostro autore preferito (ha ben capito Eventounico), ma l’autore che vi ha più fatto riflettere. È possibile che non sia il vostro autore preferito.
Naturalmente la riflessione indotta dalla lettura dipende da vari fattori, non ultimi lo stato d’animo e la predisposizione contingente alla “accoglienza” nella nostra vita di un dato libro in un dato momento.
Faccio un esempio…
Primo Levi è di certo un autore che fa riflettere (ha ragione Elektra). Non può essere altrimenti. Per quanto mi riguarda, però, quando lo lessi – forse perché sapevo già cosa mi aspettava, o forse perché in quel momento ero meno sensibile – mi fece riflettere, come dire, un po’ meno di altri testi.
“Furore” di Steinbeck – altro esempio – mi fece riflettere parecchio perché la scena finale “dell’allattamento” fu per me inattesa e carica di significati e… speranze.
“Everyman” di Roth (lettura recentissima) mi ha dato parecchio da pensare (in maniera analoga a “La morte di Ivan Il’ic” di Tolstoj).
Continuate a giocare, se vi va.
Buon week end a tutti!
per quanto riguarda la parte cosiddetta seria di questo post, candidai il Don Chisciotte di Cervantes. Un’opera che, peraltro, ha avuto qui anche altri adepti. Adesso faccio un’altra scelta rimanendo sempre all’estero. Un po’ per “sprovincializzare”, ma molto di più sperando di far arrabbiare Sozi.
Dunque, fui davvero colpito dal “Paradiso perduto” di John Milton. mai prima di allora, o così bene, notai un approfondito viaggio tra le pieghe del bene e del male e del loro antagonismo forse mai risolto. Mi verrebbe ancora spontaneo chiedere a Milton medesimo se, poi, decise se è possibile che esista un bene senza il male, oppure se il male sia sempre e solo negativo. Ma il cellulare di Milton squilla a vuoto
“…e se mi pungo ?”
Presto, accorrete, hanno clonato Gregori ! Lui non avrebbe potuto dire cose simili nemmeno stando a bagno nella melassa ed avendo ingerito la stessa dose di Britney Spears.
Lui, quello vero, nella migliore condizione d’animo, ovvero dopo una intera notte senza levà con …. (non lo dico sennò mi radiano!), minimo avrebbe accennato:
“…pe tè, justo p’avè na speranza, tocca ripartì da clonazione dell’embbrione dar quale sei cascato qua’notte di tempesta annanno a finì nell’utero de una facocera vecchia, mentre le meglio pie del colonato der cuppolone stanno a fà na novena drento a stanza privata de ratzy”
E me sarebbe annata bbene !
@Germano
Ciao, nel tuo scrivere “I dolori del giovane Ge” tieni presente, nelle letture d’appoggio, anche quello sconvoltone del Foscolo, il suicidio dell’Ortis è molto ma molto più contemporaneo di quello ottocentesco e romantico di Werther; e poi vuoi mettere il “rugamento” d’anima (termine milanese) del primo con la sconsolata tristezza di Jerusalem?
Buon Lavoro! Miriam
No Germà, pensa a che “le ultime lettere…” piaceva ed anche molto. Per quello che poi mi sono ridotto così.
..pensa che a me..
Carissima Miriam non preoccuparti! Non ho intenzione di scrivere di pene amorose…”I dolori del giovane Ge”, non vedrà mai la luce(per fortuna!!!:-P) Il libro che sto scrivendo adesso, non ha un filo logico conduttore…è “ordinatamente confuso”, una polemica incazzata e sconfortata quasi continua alternata a scazzi umoristici in libertà. E’ un “luogo” di contraddizioni proprio come le anime dei miei coetanei…diciamo che è una sorta di blog cartaceo con impressioni, riflessioni, idee ed eruzioni mnemoniche di ogni sorta. Una specie di colata lavica di parole che non ha inizio, svogimento e fine…si parla un po’ di tutto, insomma!! Spero tanto di riuscire a terminarlo in tempi ragionevoli e,soprattutto, di vederlo pubblicato. Sarebbe il mio primo vero sogno che si realizza.
Con affetto
Ge
@eventounico. Sul serio ti piaceva l’Ortis(non quello di “patatis”)?! L’ho odiato ed amato anche io, perchè, oltre alla sua donna, credo che Jacopo(e quindi Foscolo)amasse anche la sua stessa tristezza!
Germano annuncia: “Il libro che sto scrivendo adesso, non ha un filo logico conduttore…è ordinatamente confuso”.
Egoista! Perché non ci vuoi rivelare che lo stai scrivendo a quattro mani con Sergio Sozi?
Sei troppo astuto per noi Enrico…a questo punto è inutile che io continui ad insabbiare!!! E’ in effetti un libro scritto a quattro mani. Spero che Sergio mi perdonerà se ho ceduto ma, bisogna ammetterlo, al maschio gregoriano non sfugge nulle ed è inutile tentare di abbindolarlo. Beh, magari, proprio perchè è scritto a 4 mani, non saranno solo 4 gatti a leggerlo.
ps Tu, però, non fare troppo lo splendido…sto leggendo con attenzione il tuo di libro e, la mia recensione, sarà mooooooooolto obiettiva(anche se, comunque, non posso permettermi di tirarmela come fai tu perchè,a differenza tua, non sono nessuno…ancora:-P). A proposito di diventare qualcuno: sono alla disperata ricerca di un lavoretto…conoscete qualche straccio di giornale o qualche rivista di sodomia ittica ed equina che cerchi giovani aspiranti giornalisti da assumere?!
Germano, figlio mio, qui per lavorare stiamo organizzando una orchestrina jazz nella metropolitana. Ci manca chi passa con il piattino.
Comunque alla tua età bisogna avere un pò di calma e valutare bene tutto ciò che si presenta. Lo dico solo perchè tengo una bacheca con le cazzate fatte. Negli anni è diventata una cabina armadio.
Soprattutto, se resti dove sei, la vedo dura. Tornassi indietro me ne andrei qualche anno all’estero. Pensaci.
@ evento:
fossi in te acquisterei il Palazzo delle Esposizioni. Non credo che tu abbia ancora finito di fare cazzate
Enrico ci sto pensando, ma mi hanno detto che hanno avuto una buona offerta da te 🙂
@ evento:
ah, te l’hanno detto? allora a ‘sto punto compriamolo ai mezzi. risparmiamo soldi e forse anche cazzate
@ massimo:
io ci ho provato a tornare all’argomento del post parlando di Mlton, ma qui non c’è niente da fare.
Persino Sozi latita preferendo stare altrove a giocare allo schiaffo del soldato con Eventounico. La cosa carina che nessuno dei due indovina mai chi gli ha mollato il pizzone. Ormai sono completamente rincitrulliti.
Enrico, ma nella vita mica si può sempre vivere di bolina. Comunque nessuno schiaffo sto provando a fare un ragionamento.
Miton colpì anche me. In qualche passaggio non sono nemmeno sicuro di averlo capito appieno.
P.S.
ok per l’acquisto a mezzi
Però, se vogliamo tener fede ai propositi, “Il paradiso perduto” non dovrebbe rientrare in questa discussione. Mi pare che alla fine abbia prevalso la tendenza a concentrarsi solo sui romanzi. Per cui temo che il poema di John Milton vada parcheggiato in attesa di un post consono.
Conservo dunque “Don Chisciotte” ma ricordo che uno dei romanzi che più mi fece riflettere fu “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern. Nella sua semplicità lo trovai di fortissimo impatto. E grosso modo anche tutta la critica gli tributò enorme considerazione. Elio Vittorini (mi pare fosse lui) avanzò dei dubbi sul fatto che Stern potesse essere definito “scrittore” in quanto probabilmente non avrebbe mai potuto scrivere altro se non storie da lui vissute veramente. Ma, nonostante, Vittorini riteneva Stern un grande.
Fra i molti volumi che mi hanno fatto riflettere,mi piace ricordare “Il Pellicano di pietra”-1996, del grande narratore Michele Prisco. Lui stesso definì questa sua opera “un romanzo , romanzo”. Mi permetto di segnalare uno stralcio minimo per non tediarvi,della mia presentazione del suo libro:- “L’acuta indagine di Prisco, che prende spunto dalla cronaca,si muove in due sensi,l’analisi dell’ambiente e la psicologia dei personaggi. Nella prima egli tocca i punti nevralgici del sistema con tutti i danni che ne derivano. L’ambiente socio – economico di estrema mediocrità, con le sue vistose degradazioni, costituisce non solo il fondale del racconto, ma il tessuto vivo e pregnante in cui si muovono i protagonisti. Egli non scrive solo per il gusto di narrare una storia, ma per trovare risposte all’ inquietudine del vivere; l’intenzione morale costituisce quindi uno dei motivi saldamente incorporati nelle pagine del romanzo. Da esse emerge nitida, un’umanità semplice e minuta che infrange la legge per necessità di vita. Nella sua Napoli amata e sofferta, il desiderio smodato di alcuni di arricchirsi alla svelta, ha permesso che il polipo vischioso della camorra (termine che nelle sue pagine non compare mai , ma chiaramente si deduce) e l’invadente corruzione si spandessero a macchia d’olio. In questa trama corposa per la pluralità degli intrecci, la diagnosi impietosa della società, questa volta non lascia spazio alla speranza e Napoli e la sua gente, umiliati nel corpo e nello spirito divengono la metafora del mondo e come tali assurgono ad una più generale condizione umana…”
Prisco, brillante penna del sud, ha avuto una straordinaria carriera letteraria, dall’esordio con “La Provincia addormentata” del 49 sino a “Gli altri”(’99), che è uno degli ultimi romanzi. Egli ha attraversato mezzo secolo di narrativa ,cercando con meticolosa attenzione e coscienza critica, di annotare tutto il reale anche fuori dai canoni e di andare oltre all’aspetto consueto delle cose. Lo definirei un intuitivo precursore del dilagante degrado che la bella e fantasiosa Napoli sta vivendo sulla sua pelle martoriata.Come uomo Michele Prisco, era un vero e colto signore di vecchio stampo,che non faceva pesare la sua raggiunta ed estesa motorietà. Mi ritengo fortunata per aver avuto il privilegio di conoscerlo e il suo ricordo di persona garbata ed educatissima, resta un punto fermo
e indimenticabile della mia vita.
M. Teresa
@ tutti
i nostri post hanno perso smalto, bisogna riparare. Si aggira per il blog di Massimo quest’aria seria, rigida e compita delle norme e delle letterarie convinzioni; uno spettro stanco e sordo che non coglie, proprio perché impedito da un udito compromesso, i nuovi suoni, lo starnazzo reale dei germani.
Appunto, Germano dove sei? Tutto bene? Un sabato sereno?
Dicci qualcosa su questa nostra stanca lingua e ancora di più su questo stanco e ammuffito appropriarsene. Io penso che la lingua sia un corpo, e in quanto tale vada considerato. Un corpo che cambia, perché niente è uguale e tutto muta, evolve si adatta e accoglie. Enrico cita Rigoni Stern, io ricordo Levi, don Milani e tutti i testi autobiografici, Chaplin compreso. E’ la vita, l’esistere che fa la differenza, che segna e ci regala nuove dimensioni e approdi di sopravvivenza. Il resto è solo maniera, raffinata, colta e autorevole ma che poco incide sulla vita degli uomini. Se non fosse così, perché nella civilissima Europa che conosceva Dante, Tolstoj, Schiller, Hugo, è avvenuto quel che è stato?
“Ma l’uomo può tutto, e la sua apparente inerzia prepara la meravigliosa sorpresa dell’individualità, la sua voce inarticolata, un giorno articolerà la parola”
Ecco, l’uomo è tutto. A chi apparterrà la citazione che ho riportato? Vediamo se indovinate…
baci
Miriam saluta Mafalda da parte mia. E’ stato bello conoscerla, ma le basta poco per scegliere un differente taglio di capelli. Nessuno di noi è immune al narcisismo. Per cui conviene cercare altri lidi. Con onore.
Senza la ”maniera raffinata colta e autorevole” di filologi, italianisti, critici e letterati, Chaplin da solo non li sa scegliere e consigliare i lavori letterari buoni. Credetemi.
In Italia come dappertutto i mestieri sono tutti da rispettare, credo: perche’ sparare addosso di continuo su chi e’ specializzato in un settore? Sarebbe come se io (ma non lo faccio mai) mi mettessi a dire che nell’arte moderna Pollock deve esser collegato alle poesie di Ginsberg perche’ l’arte letteraria va unita a quella visiva la quale da sola non vale niente. Discorso da dilettanti, questo. Chi si occupa di tutto diletta di tutto, abitualmente, tranne i geni. Pochissimi e non certo noi (almeno non io).
Ciao Germano,
sono prontissimo e sull’attenti: quando vuoi tu iniziamo la prima stesura – sotto gli auspici del vecchio Fred Gregorione!
Sergio
Ma tra i geni (che non siamo noi) e le pippe (che non siamo noi manco, perchè la falsa modestia è traditrice) ci sono i tentativi di comprensione , i quali spesso lavorano in maniera trasversale e anzi – di solito più ci si specializza in un lavoro critico in qualsiasi direzione, più ci si vede costretti a contemplare categorie estranee a quella in cui si lavora. Come è vero che la letteratura si capisce meglio se si guarda anche l’arte e l’economia e la psicoanalisi, e come la psicologia si nutre di queste cose, e così è almeno secondo me. Questo non vuol dire ridurre le discipline, ma capire il fatto che non stanno ognuna per un isola sua.
Dopo di che boh, il narcisismo altrui numme disturba, fintanto che non ottunde la comprensione. sperando che pure il mio sia perdonato.
Non e’ questione di narcisismo ma di smetterla di offendere chi fa un lavoro adeguato ad un blog letterario. Poi ognuno lavori come meglio crede. Io non me la prendo con nessuno, ma mi stanco di esser indirettamente o direttamente preso per imbecille perche’ sto in un campo che riguarda questo blog. Le contaminazioni sono cosa scontata, ovvia, logica: chi le esclude? Non certo io. Ma la scrittura e’ anche un settore che richiede degli studi specialistici come ogni altro: il pediatra deve conoscere si’ la medicina generale, ma si specializza in bambini, giusto?
In ogni caso io non ce l’ho con nessuno ne’ sono falso modesto: mi guardo alle spalle e vedo la marea di critici e scrittori che mi consigliano di essere umile e tant’e’. Pero’ dipende chi e’ a dirmi di ”calmarmi”: se e’ uno che sta nel mio campo abbasso la testa, altrimenti rispondo.
Con la solita bonomia e fermezza.
(Perche’ non andate a dire a Gregori come deve fare il giornalista?)
@ sergio:
perbacco, come no! io accetto consigli…se voi accettate un bel po’ di vaffanculo
🙂
@ tutti:
ma il post continua a essere un po’ scarso di interventi mirati così come massimo desidererebbe
sergio, mi meraviglio di te
🙂
Appunto. Io non mi permetto di dar consigli a nessuno sulle cose che non conosco, e naturalmente mando affanculo chi lo fa con me (non mi riferisco a nessuno in particolare) se non e’ uno coi coglioni fumanti.
Scusatemi per il gergo ma la parolaccia a volte significa chiarezza estrema.
Io adesso vado che ho da lavorare. E da leggere. Buon divertimento.
Ho gia’ detto quel che volevo dire molto sopra. Secondo me basta. Mi stanco dei giochini.
il fatto che tu ogni tanto dica qualche parolaccia forse è l’unico pregio che hai
@Zauberei
Brava, intendevo proprio quello, che con la solita strasimpatica ironia, hai precisato.
E comunque la frase citata sopra, era parte di una riflessione della Montessori sulla psicologia, anzi sul rapporto bambino-psicologia. E francamente, penso che questa donna abbia pagato moltissimo, proprio perché del nostro stesso genere: femminile. Era molto in gamba e sorprendentemente innovativa, più di quello che comunemente conosciamo.
Ciao, ciao e grazie
Cara M. Teresa Scibona,
grazie innanzitutto per l’acuta analisi riassuntiva dell’opera di Prisco; a proposito del medesimo autore: e di ”Una spirale di nebbia” (1966), cosa ne pensa?
Sergio
http://enricogregori.splinder.com/
non avendo precedentemente parlato con Massimo non posso permettermi “incursioni” a carattere privato. Sebbene, in realtà, invito a cliccare sul mio sito per leggere qualcosa su un’altra persona che compare in questo blog. Grazie
Ah Miriam Povera Montessora – poi l’hanno messa sulle Millelire peffortuna (di cui ho una sehnsucht sempre più pungente:))
sergio, mi spiace se dovessi essere stata io a offenderti. Non era mia intenzione, nè sminuire il lavoro che fai. Non ci pensavo porprio. Mi riferivo a una continuità che và dal dilettante allo specializzato e la quale può essere origine di importanti riflessioni. A meno che invece pensassi ad altro e allora mejo
Con medesima bonomia et fermezza.
ps Massimo scusa scusa scusame nun tracimo più. Ma se annavo alla stanza apposita il Sozi numme vedeva peccerto.
Ritorno a studià e nun je la faccio più.
@ zauberei:
ti desti sempre quando è troppo tardi. hai strllato “ternoooooo”, ma già si va per la cinquina. Svejete!
ps: e c’hai 4 tette, tutte mosce
🙂
Enrico io però avevo capito subbitoooooo. Solo che ehm ero incerta se dire terno o nun terno? So indecisa nei momenti cruciali!
Tu però, soffiate er naso storto e raffreddato, perchè se usi quello per parlare nun te capisco.
Le faccine nun le so fa.
Zauberei,
per carita’! Tu non mi hai mai offeso, ne’ sei facilmente sarcastica. Buono studio (a proposito: cosa studi, cara?)
Sergio
Ah sergio te lo dico nella stanza accanto pecchè qui non ci entra.
Un altro romanziere che fa riflettere?
Philip Dick. Lo leggo da quando mio papà me lo propose (era “La città sostituita”, pubblicato da Urania) nel ’66 o giù di lì. Avevo dodici anni e da allora Dick mi ha sempre accompagnato con le sue storie. E un libro come “Le tre stimmate di Palmer Edritch” l’ho letto sette od otto volte, sempre attanagliato da quella suspense. Lo conoscete? John Lennon lo ammirava e voleva trarne un film, Francis Ford Coppola lo sta ancora progettando: “Le tre stimmate di Palmer Eldritch” (il più grande romanzo della storia della fantascienza?) ha ormai quarant’anni. Scritto nel 1964, uscito negli Stati Uniti con la casa editrice Doubleday nel 1965, pubblicato in Italia nel 1970 dalla Libra, dalla Nord nel 1990, dalla Sellerio nel 1996, ora ritradotto dalla Fanucci, concentra in neanche trecento pagine tantissime cose. Una trama, anzi tante trame che si intrecciano, tutte mozzafiato e traboccanti tensione e interrogativi. Ma anche una summa dei temi della fantascienza: la realtà virtuale (nel ’64!), nuove droghe devastanti, Dio e lo gnosticismo, la comunione cristiana e le Barbie, un’inquietante invasione aliena, il surriscaldamento della Terra rovinata dalla rapacità degli esseri umani, la colonizzazione di altri pianeti, l’ingegneria genetica e i suoi rischi, il capitalismo monopolistico che mette le mani sulla droga, il ruolo della indebolita ONU, una pubblicità sempre più invasiva e condizionante, l’uso distorto della psichiatria, la crisi della democrazia. Uno dei prodigi del romanzo è che tutto ciò non è affastellato alla rinfusa, ma inserito benissimo dentro una macchina narrativa perfettamente oliata, tirata a lucido, avvincente e densa di brividi metafisici.
Alcuni accenni sulla trama (in breve): il consulente di moda Barney Mayerson è corroso dal senso di colpa e dall’incapacità di amare, la missionaria Anna Hawthorne sta perdendo la fede in Dio, altri uomini e altre donne sono scaraventati davanti alle proprie catastrofi personali e faranno il possibile per dare il meglio od il meno peggio di sé, il boss Leo Bulero cerca di difendere il proprio impero economico ma anche l’intera umanità dalla minaccia del terrificante industriale Palmer Eldritch che ha fatto un viaggio oltre il sistema solare ed è ritornato con la spaventosa droga Chew-Z.
Nato nel 1928 e morto nel 1982, Dick scrisse quarantacinque romanzi e più di cento racconti. La sua geniale immaginazione frugò nelle umide cantine e nelle polverose soffitte della vecchia fantascienza, ne scavò fuori l’armamentario più antiquato, le situazioni più logore, gli ambienti più abusati e li reinventò, caricandoli di una devastante potenza visionaria. Le rosse sabbie di Marte erano ormai diventate uno scenario patetico, visto e rivisto mille volte? Nelle “Tre stimmate”, Marte diventa una pulsante e disperata metafora della condizione umana. Gli extraterrestri con i tentacoli facevano ridere anche i bambini? Dick restituisce agli alieni la loro condizione di diversità, di totale alienità. E così avanti. In questa frenetica attività di riciclatore di rifiuti narrativi, usando sempre materiali poverissimi, Dick seppe raccontare la seconda metà del Novecento come pochi scrittori hanno saputo fare. E se purtroppo la sua fama in vita non uscì dal ghetto della fantascienza, ora invece, a venti quattro anni dalla sua morte, il cinema e l’ecologia, il teatro e il rock, la critica e la pittura si sono impadroniti delle sue storie e le usano per capire il mondo.
Eppure Philp Dick non perse mai di vista il gusto pulp della fantascienza di un tempo che, essendo un genere popolare, doveva prima di tutto catturare l’attenzione di lettori frettolosi e vogliosi di avventure. Intendimenti volgari e disprezzabili? In fondo quanti grandi scrittori dell’Ottocento sono stati proprio così? Dostoevski, Dickens, Balzac scrivevano storie cariche di colpi di scena, lette avidamente da un ampio pubblico. E adesso, per capire quel secolo, bisogna leggere loro. Così come, per capire l’epoca che stiamo vivendo, bisogna leggere Philip Dick.
@Miriam. Eccomi qui…in questi giorni, purtroppo, non potrò essere molto presente a causa degli esami e delle non poche cose che ho da scrivere e da leggere. Sapessi quanto mi lusigna(e mi carica) la bella considerazione che hai deciso di concedermi. Ho appena letto la mia mail e cercherò di inviarti risposta entro domattina. Ieri sera sono andato al cinema con una mia cara amica. Poi abbiamo chiacchierato per circa un ora sotto da lei. Le ho parlato anche delle nuove, splendide conoscenze che sto facendo su questo blog e dei piccoli ma significativi spiragli che mi si stanno presentando(dovrei andare ospite in Rai a Febbraio e, se tutto va bene, anche su Mtv entro la fine di Gennaio). Gli studi universitari che porto avanti mi annoiano terribilmente e li vedo come un fardello insostenibile…vorrei tanto avere l’opportunità di realizzarmi in maniera differente ma, me ne rendo conto, è come chiedere a Biscardi di azzeccare tutti i congiuntivi. E’ molto interessante ciò che mi hai proposto e spero di essere all’altezza del compito per il quale mi vedi adatto. Un saluto anche e un abbraccio a tutti gli altri(in particolare al mio nuovo collega di scrittura a 4 mani Sergio Sozi…a proposito, di cosa ti occupi, Sergio?)
@massimo maugeri: volevo nominarti anch’io, ma eventounico mi ha preceduto…
Ciao, caro Germano, benvenuto!
Mi occupo di critica letteraria (recensioni e articoli, saggi brevi, cura di opere e postfazioni), di narrativa e di poesia da… beh, le prime pubblicazioni le feci nel 1990. Ho pubblicato qualcosa in Italia e in Slovenia dove vivo dal Duemila e sia su Internet che su varie testate cartacee mi sono interessato ad autori che reputo molto validi (Massimo Bontempelli, Sebastiano Vassalli, Claudio Magris, Diego Marani, Roberto Pazzi, Dacia Maraini, Attilio Del Giudice, ecc.). Revisiono inoltre testi tradotti da altre lingue in Italiano. Ho insegnato per otto anni in scuole pubbliche e private (attualmente faccio qualche ora a settimana in una privata qui a Lubiana).
Insomma… anche se carmina non dant panem, io campo immerso in un mare magnum di verbi e mi barcameno su zattere di fonemi assortiti!
Sergio
(Dimenticavo un poeta importante: Carlo Betocchi, di cui saluto la nipote Darja, triestina).
Sergio, ah ti piace la Maraini, allora perdona il mio secondo di egomania: il mio primo romanzo è utilizzato dalla Karl Franzens Universitat come supporto all’apprendimento della moderna lingua italiana. In particolare all’interno di un corso dedicato alla letteratura femminile (orrenda definizione) assieme ai libri della suddetta Dacia. Scusa l’OT Massimino ma quando ce vo’ ce vo’. Qui tutti si autopromuovono e io che sto a fa’, a pettinà le bambole?
Questo è il link
http://www-gewi.uni-graz.at/staff/bartoli/site.php?show=5
Adesso confido in una tua recensione.
Se il libro non lo vuoi comprare in libreria te lo spedisco.
Ci conto.
Baci
Ah, il sito è in tedesco, l’università è austriaca.
@ Leucosia.
Grazie mille. Come si mi avessi nominato 🙂
E brava la Fausta! Quando ce vo’ ce vo’. Ekkekkazzo! E se lo spedisci a me, te lo recensisco pure io. Cominciamo a monetizzare tutte queste chiacchiere.
Grazie a tutti coloro che hanno segnalato il romanziere che più di altri riesce a far riflettere.
Molti di voi hanno citato Il Don Chisciotte di Cervantes. Stiamo parlando del padre del romanzo moderno. Un libro così forte, inteso e carico di metafore che è irresistibile ancora oggi. Anzi, sapete che vi dico… mi avete fatto venir voglia di rileggerlo. Cosa che farò presto.
Non solo. Mi schiero anche dalla parte di coloro che hanno proposto Cervantes come il romanziere che fa più riflettere.
Proviamo a dividerci in schieramenti, dài! Proviamo a cercare proseliti.
Chissà che il gioco non riparta!
Grazie, Fausta Rigo,
appena ho un attimo di respiro vado a vedere il link.
Se vuoi spedirmi il libro, fatti dare l’indirizzo di casa mia da Maugeri. Lo leggero’ volentieri.
Buonanotte cara
Sergio
@ massimo:
Cervantes. e per ora non schiodo.
@ fausta:
sei sicura che la febbre ti sia passata?
Quando nel blog si straparla, Enrico inizia a ragionare!!! Smile megagalattico…
Sono tornata! Per quelli ai quali dovesse interessare…
Il post, a parte sbrodolamenti vari, è molto acceso. Che dire? Simona carissima, concordo con te: Anna Frank è una che ti fa pensare e non si fa scordare. Professoressa Razgallah, benvenuta nel blog! Complimenti per la sua profonda conoscenza di un autore non proprio facilissimo e conosciuto come il nostro Bonaviri. A me lo fece conoscere il professor Paolo Mario Sipala. Ho perso – ahimè! – il suo autografo!
Torniamo seri. Romanzieri che emozionano commuovono avvincono sono anche romanzieri che ci fanno riflettere? Direi di sì, perché riflessione in arte è proprio questo: l’artista ti dà la sua opera come specchio perché tu scorga quella parte di te che non sapevi di avere… come avrete capito da queste spiegazioni un po’ confuse credo nella funzione maieutica dell’arte, nell’arte ostetrica socratica che non ti insegna verità ma ti toglie i veli che ti avevano impedito di scorgerla. Laopardi e Dante i miei poeti dell’anima, Levi, Anna Frank, Pirandello, Svevo, Calvino, Dostojevskij, Hugo, le sorelle Bronte, la carissima Austen, Borges, Eco saggista e i primi due romanzi… oggi non so.
Ai nuovi: non vi preoccupate, ogni tanto questo blog vira su strani lidi ma in fondo qui si sta bene!
Massimo, complimenti: il tuo blog pensa e fa pensare!!!
Smile smile smile a todos everyone tout…
ho un barlume, piccolino, di dubbio…
e melville?
non tanto moby dick, immane capolavoro ok, quanto quel gioiello meraviglioso di bartleby lo scrivano.
la resistenza passiva alla vita, la chiusura totale. avrei preferenza di no.
mah, non lo so. ci penserò andando a lavorare.
buona giornata.
Io insisto ancora su Primo Levi. Scusate.
MariaLucia, il copyright dello smile su questo sito è mio e lo rivendico.
Smile
Però riconosco che Cervantes ha avuto grandi meriti. Hemingway? Nessuno lo vota?
Maria Lucia, sugli sbrodolamenti sono d’accordo con te.
Ciao a tutti.
Smile
@ elektra:
Primo Levi e, in particolare, “Se questo è un uomo”, fu la mia tenace scelta per il libro da salvare del Novecento. Quindi puoi capire quanto mi piaccia. Ma non mi fa riflettere. Cosa mai c’è da riflettere? Quella è storia, cronaca, vita e morte.
@ Germano
non so se eri così prima di incontrare Enrico, ma sei proprio “gregorizzato”… 🙂
@ Enrico
sfido io che Germano ti dava del lei!!
kiss
1 Apprendere e non meditare è vano. Riflettere senza studio è pericoloso (Confucio)
2 E’ meglio non riflettere affatto che non riflettere abbastanza (Tristan Bernard)
3 Gli specchi farebbero bene a riflettere prima di rimandarci la nostra immagine (Jean Cocteau)
4 Studiare senza riflettere è inutile. Riflettere senza studiare è pericoloso.
5 Una pipa dà al saggio il tempo per riflettere, all’idiota qualcosa da mettere in bocca (Trischmann)
…quindi
– non il libro migliore che abbia mai letto,
– non quello che mi ricordo di più,
– non quello che era scritto meglio,
– non quello che ritengo fondamentale,
– non quello che se lo dico non faccio brutta figura,
– non quello che se lo dico è incontrovertibile,
– non quello che fanno pensare agli altri che faccio letture interessanti
altrimenti, se torna la professoressa Razgallah Rawdha penserà di essere capitata al circolo dei cacciatori in pensione.
P.S.
Chi sta tenendo il tabellone ?
Scrittori che mi fanno pensare ce ne sono tanti.Ma quello che mi fa pensare più di tutti è Dostoevskij. Si lo so è quasi banale, ma non posso farci niente. Ogni volta che leggo un suo romanzo trovo l’eccellenza e poi sempre argomenti diversi. Poi il grande Montaigne, uno che aveva capito tutto e che mi colpisce con l’attualità dei suoi pensieri. Ultimamente, quasi per caso, ho letto tre romanzi di Paolo Di Stefano: Tutti Contenti; Aiutami Tu e Baci da non ripetere. Di questo scrittore siciliano mi ha colpito lo stile perfetto, la capacità di raccontare ed i protagonisti dei suoi romanzi che sono dei vinti come i personaggi Verga scrittore al quale Di Stefano assomiglia tantissimo.
Un altro scrittore che mi fa pensare?
Luis Sepulveda.
Perchè non riesco a capire come in Italia sia diventato un mito (piccolino, per fortuna).
E così, vorrei domandare a qualcuna delle sue lettrici:
Tu (come me) sei certamente di sinistra, visto che hai la bella faccia aperta e fiduciosa delle persone di sinistra. E presumo ti piacciano gli scrittori sudamericani. Ma ne hai mai sentiti nominare altri, dopo o prima di Sepulveda? Tralascio i vari Borges, Garcia Marquez, Paz, Bioy Casares, Arguedas, Cabrera Infante, Guiraldes, Guimaraes, Lezama Lima, Puig, Soriano, Onetti, Rulfo, Alegria, Sabato, Lugones, Artl. E ti segnalo i tre che io preferisco: il cileno, sì cileno proprio come Sepulveda, Roberto Bolano. Che come lui affrontava (uso il tempo passato perché purtroppo è morto a cinquant’anni) i temi della politica, dell’amore e della condizione dell’esule, anche se Bolano lo faceva dal trecentoventesimo piano dell’arte e Sepulveda dall’ammezzato in subaffitto dei miracolati della fortuna.
E il peruviano Mario Vargas Llosa? Hai mai letto i suoi libri traboccanti di vita?
E ti è mai capitato di sentire il nome dell’immenso argentino Julio Cortazar? Sepulveda ti piace perché è di sinistra? Pure Cortazar. Sepulveda ti piace perché ha la barba? Anche Cortazar ce l’aveva. Sepulveda ti infiamma perché se ne andò dal Cile per motivi politici? Idem Cortazar, che fu esule all’epoca delle dittature argentine. Sepulveda ti entusiasma perché è terzomondista e anti-imperialista-yankee? Uguale uguale Cortazar. Eppure ci sono delle notevoli differenze tra i due: Julio è morto nel 1984 e non va di moda. Ma quella principale è che Julio Cortazar è uno scrittore grandissimo che si può leggere e rileggere con gusto crescente, mentre Sepulveda scrive solo volumetti banali e modaioli. Eppure le televisioni e i giornali danno spazio anche ai suoi scontatissimi articoli, con tanto di foto, interviste e anticipazioni editoriali e cinematografiche.
Perchè?
Ecco allora che Supulveda mi fa riflettere.
(E uno dei prossimi giorni dirò qualcosa su Moccia, altro che mi fa pensare molto)
@ luciano:
resto incollato al pc per sapere ciò che hai da dire su Moccia
M’ero dimenticato Moccia.
D’altro canto, non è che sia sempre nei miei pensieri: ci arriva quando lo sento nominare (lui, i suoi romanzi o i film da essi tratti).
Un premessa: io faccio libri per bambini e per adolescenti, romanzini lievi e (spero) piacevoli, senza la pretesa di essere nè arte nè gu-guru, ma semplicemente di raccontare storie che divertano (prima di tutto me che le scrivo) e che zitti zitti facciano passare qualche messaggino. Anche se tengo sempre presente la lezione di Proust (“Mettere la morale troppo esplicita è come fare un regalo ma lasciarci attaccato il cartellino del prezzo”)
Fine della premessa.
Moccia vende merce avariata. Ha capito (non occorre essere geni per farlo, ma solo furbastri col pelo sullo stomaco per sfruttarlo con cinismo) che i giovanissimi di questi anni hanno una fame disperata di ASSOLUTO, amore assoluto, fiducia assoluta, esperienze assolute, vite assolute, libertà assoluta, sicurezza assoluta, desideri assoluti, eccetera eccetera.
Però intorno a se trovano quasi solo merci e pubblicità che gliele propina.
Così Moccia riempie i propri romanzi sia di merci (ogni pagina ha decine di cose griffate, moto vestiti bibite telefonini oggetti scarpe…) sia di sentimenti (Amori con la A maiuscola che famo mejio a lucchettalli ar lampione de Ponte Milvio).
I maschi vogliono solo far a cazzotti, rubacchiare, beccarsi qualche euro e scoparsi le ragazzine per dimostrare la propria testosteronità da “giovinezza giovinezza” post-vanzinesca.
Le ragazzine si comprano begli abitini, sono in attesa del Grande Amore e sperano di redimere i mascanzoncelli.
Il tutto senza un briciolo di ironia, di humour, di filtro letterario e nemmeno di inchiesta giornalistica.
In più, Moccia ha sempre in testa il berrettino da baseball. Che fa tanto gggiovane.
Che tristezza.
@ luciano:
sulla qualità ognuno ha la propria opinione. per il resto a me non vengono in mente scrittori che descrivano una realtà totale. ognuno racconta spicchi della realtà che vede o che secondo lui (per vari scopi) merita di essere raccontata. Moccia, piaccia o non piaccia, racconta spicchi della “sua” realtà. se ciò che scrive sarà effimero ce lo dirà il tempo. lui, comunque, si è sistemato. la pioggia di critiche e pernacchie verso di lui (non mi riferisco a te) spesso puzzano di invidia e questo è un sentimento che io detesto.
E’ anche probabile che con il ricavato delle vendite di Moccia, un editore possa investire denaro su scrittori esordienti e/o sconosciuti. E questo vale anche per il discorso cinematografico. Credo che molti film considerati importanti e profondi non sarebbero mai stati prodotti se non ci fossero i Vanzina o i Neri Parenti a sbancare i botteghini. Sarà una realtà discutibile, ma è la realtà.
@ Luciano e a tutti
Luciano, grazie per il tuo intervento. Premetto che, non avendo mai letto Moccia (non mi interessa l’argomento trattato nei suoi romanzi), non sono in grado di fornire giudizi di carattere letterario. Leggendo il tuo commento, però, vorrei porre – a te e agli altri – un paio di domande provocatorie:
1. Se Moccia, ha capito che i giovanissimi di questi anni hanno una fame disperata di ASSOLUTO, amore assoluto, fiducia assoluta, esperienze assolute, vite assolute, libertà assoluta, sicurezza assoluta, desideri assoluti, eccetera eccetera, cinismo a parte il suo è un merito o una colpa?.
2. Se i giovanissimi di questi anni hanno una fame disperata di ASSOLUTO, amore assoluto, fiducia assoluta, esperienze assolute, vite assolute, libertà assoluta, sicurezza assoluta, desideri assoluti… ciò è un bene o un male?
3. Siamo sicuri che la fame disperata di ASSOLUTO, amore assoluto, fiducia assoluta, esperienze assolute, vite assolute, libertà assoluta, sicurezza assoluta, desideri assoluti, siano prerogative (esclusive) dei giovanissimi di questi anni?
Io penso che si debba comportarsi (o almeno “cercare di comportarsi”) in modo onesto. Con se stessi e con gli altri, con il libro che sto scrivendo, con i miei personaggi, con la storia che sto raccontando, con i lettori nelle cui mani essa andrà. Soprattutto se quei lettori e quelle lettrici sono giovanissimi o addirittura bambini.
E allora io sono profondamente convinto che certe cose NON si debbano nè fare nè scrivere.
Un esempio: i media stanno bombardando gli italiani con “l’allarme sicurezza”, con “l’emergenza sicurezza”, con lo spauracchio dell’immigrato clandestino. I cittadini hanno un grande bisogno di sicurezza? Sono spaventati? Hanno paura? E allora perchè io non dovrei scrivere dei romanzi in cui rimestare dentro quei terrori per accentuarli ancora di più? Se nel Nord-Est, in particolare in certo Veneto, sta montando la xenofobia, perchè mai io non dovrei buttarmi a pesce in quella palude e sfruttare quelle angosce?
Si dirà: Moccia mica vende ai ragazzini razzismo! Moccia gli vende AMMMORE TRE METRI SOPRA IL CIELO.
Le pagine di Moccia propongono dei modelli (perchè alla fin fine sono dei romanzi pedagogici) sciagurati: merci griffate e sentimenti griffati, in una miscela di piccolo-maschilismo e di sentimentalismo fasullo.
Lui spaccia (sapendo di spacciare) le griffes (abiti & C ma anche Amore) come se fossero la realtà vera.
Se i ragazzini e le ragazzine volessero imbattersi in una storia incandescente potrebbero leggere CENTO POESIE D’AMORE PER LADY HAWKE di Michele Mari, dove si incontra la passione che terremota la vita, quella che sconvolge carne e anima, che fa ridere di gioia e ululare di dolore, quella che ti mette in mano un filo elettrico scoperto.
La differenza principale tra Mari e Moccia?
Moccia è uno scrittore truffaldino, anche se non sa usare gli strumenti del grande artificio letterario.
Mentre Mari è uno scrittore onesto (anche se impiega tutte le astute e indispensabili disonestà di un artista).