Non molto tempo fa, qui a Letteratitudine, abbiamo dedicato un ampio spazio al rapporto tra letteratura e fumetti attraverso un dibattito che si è poi trasformato in una sorta di post permanente (una pagina sempre aperta).
Questo nuovo post può dunque considerarsi come una costola del più ampio dibattito su “letteratura e fumetti, letteratura a fumetti”… ma ci dà anche la possibilità di divulgare la narrazione di una “storia vera”… e di approfondire la conoscenza di un “fenomeno umano” (o “fatto umano”) che – forse – non è sufficientemente noto a tutti (dando peraltro luce a un’arte antica legata all’esperienza del racconto: quella del “cunto”).
Al centro della discussione ci sarà un volume particolarissimo, uscito di recente per i tipi di Einaudi Stile Libero: un libro a fumetti, bello e ambizioso, che si pone come obiettivo quello di raccontare la storia del pool antimafia e, di conseguenza, di quel “fatto umano” di cui parlava Giovanni Falcone (celeberrima, ormai, quella sua frase: La mafia non è invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha avuto un inizio e avrà anche una fine).
Il volume si intitola, per l’appunto, “Un fatto umano. Storia del pool antimafia”. Lo scopriremo in dettaglio nel corso di questa discussione on line a cui parteciperà anche uno degli autori: Manfredi Giffone (che è a vostra disposizione per eventuali domande legate alla realizzazione dell’opera). Gli altri due autori sono: Fabrizio Longo e Alessandro Parodi.
“Avevo tredici anni durante gli anni delle stragi”, ci dice Manfredi. “Quando ho deciso di mettermi al lavoro, mi resi conto che non sapevo nulla. Scrivere è stato un modo per auto-sensibilizzarmi e se siamo riusciti a portarlo in fondo, è stato perché la passione del pool per il proprio lavoro risulta ancora contagiosa”.
Come avremo modo di evidenziare, la peculiarità narrativa di questo volume a fumetti deriva da alcune scelte ben precise: quella di “affidare” il racconto a Mimmo Cuticchio (celebre puparo e cuntista palermitano) e quella di rappresentare i personaggi con sembianze animali.
Ulteriori informazioni, sul sito “un fatto umano”. Inoltre segnalo che il libro è stato pubblicato con il patrocinio della Fondazione Progetto Legalità Onlus in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le vittime della mafia.
Di seguito, il booktrailer del libro (a fine post, invece, troverete una “tavola”)…
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Ciò premesso, questo post ha anche chiari intenti divulgativi e ci consentirà di conoscere un po’ di più alcuni dei protagonisti che hanno combattuto questo “fatto umano”. Al tempo stesso, ancora una volta, avremo modo di interrogarci sulle potenzialità della narrazione a fumetti e sulla sua capacità di raccontare attraverso l’uso di immagini e parole. Infine, mi piacerebbe dare spazio e visibilità a un’antica forma d’arte tipicamente siciliana: quella legata alla cosiddetta “opera dei pupi”.
Nel corso della discussione, avremo modo di sviluppare i suddetti temi.
Intanto, come sempre, ecco a voi qualche domanda volta ad avviare il dibattito…
1. Che tipo di rapporto avete con la narrazione a fumetti?
2. Avete mai letto un “graphic novel”?
3. Quali sono, a vostro avviso, le potenzialità del racconto a fumetti rispetto a quello “ordinario”?
4. Conoscete la storia del pool antimafia? Avete mai avuto modo di approfondirne la conoscenza?
5. Conoscete l’opera dei pupi? Avete mai avuto la possibilità di assistere a una rappresentazione “pupara”?
Come sempre, questa discussione avrà senso e possibilità di sviluppo solo grazie alla vostra collaborazione. Grazie in anticipo, dunque, a tutti coloro che riusciranno a partecipare al dibattito.
Massimo Maugeri
Cari amici, sono molto lieto di invitarvi a partecipare a questo dibattito, incentrato su un libro bello e importante, che spero possa svilupparsi in maniera utile per tutti.
Come ho scritto sul post, il libro protagonista di questo dibattito on line è stato pubblicato di recente per i tipi di Einaudi Stile Libero.
Si tratta, come ho già avuto modo di precisare, di un libro a fumetti che si pone come obiettivo quello di raccontare la storia del pool antimafia.
Il titolo è “Un fatto umano. Storia del pool antimafia”, ispirato dalla nota frase di Giovanni Falcone: La mafia non è invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha avuto un inizio e avrà anche una fine.
Approfondiremo la conoscenza di questo libro anche grazie alla partecipazione al dibattito di uno degli autori: Manfredi Giffone (che è a vostra disposizione per eventuali domande legate alla realizzazione dell’opera).
Spero, però, che possano partecipare anche Fabrizio Longo e Alessandro Parodi.
Come ho accennato sul post la peculiarità narrativa di questo volume a fumetti deriva da alcune scelte ben precise, tra cui quella di “affidare” il racconto a Mimmo Cuticchio (celebre puparo e cuntista palermitano) e quella di rappresentare i personaggi con sembianze animali.
Nei commenti a seguire, qualche informazione in più sul libro e sui tre autori…
La scheda del libro (parte prima)
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Tra gli anni Settanta e l’inizio dei Novanta, Cosa Nostra è l’organizzazione criminale piú potente al mondo, e la Sicilia il crocevia in cui le trame del potere si intrecciano in un nodo scorsoio che prende al collo l’Italia intera. Palermo è il teatro dell’ascesa dei Corleonesi di Totò Riina, che scatena una guerra interna alla mafia e contemporaneamente lancia un assalto frontale allo Stato.
Chiunque provi a ostacolarlo viene annientato.
In questo clima di violenza, nonostante tutto, un manipolo di uomini intraprende una lotta per contrastare la mafia e recidere i legami che l’avviluppano alle istituzioni. Gli effetti di questa lotta si proiettano tuttora nella vita pubblica italiana.
La scheda del libro (parte seconda)
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“Un fatto umano” è la ricostruzione a fumetti di quegli anni, e unisce, nell’inconsueta bellezza delle tavole acquerellate, una vastissima ricerca documentale e una narrazione visionaria.
Le immagini prendono vita grazie alla voce del puparo e cuntista Mimmo Cuticchio, che mette in scena l’epopea del pool antimafia di Palermo – Falcone e Borsellino in testa – sullo sfondo di una Prima Repubblica avviata al tramonto. Nel volgere di appena un decennio, una serie di scandali e di inchieste giudiziarie (dal caso Moro alla vicenda Sindona alla Loggia P2, fino alle stragi di Capaci e via D’Amelio) stravolge gli assetti politici e apre una nuova imprevedibile stagione. Un fatto umano è una storia di vittorie e sconfitte pagate col sangue. È la storia degli anni piú oscuri del nostro Paese, i cui frutti avvelenati subiamo ancora oggi.
La storia della mafia siciliana, e della lotta di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per debellarla, è l’anticamera della Seconda Repubblica. Conoscerla significa capire meglio il paese in cui viviamo oggi.
Nel ventennale della morte di Falcone e Borsellino, l’omaggio piú poetico a chi ha combattuto la mafia nella ferma convinzione che, come ogni «fatto umano», prima o poi avrebbe avuto una fine.
Sono passati vent’anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due tragedie che hanno segnato non solo la nostra coscienza collettiva, ma anche la storia – quella peggiore – del nostro paese. Per oltre un decennio, dalla fine degli anni Settanta all’inizio dei Novanta, Cosa Nostra ha accumulato potere, diventando l’organizzazione criminale più influente al mondo, e contemporaneamente ha dichiarato la propria guerra allo Stato: una guerra sempre meno sotterranea e sempre più violenta, di cui la strage di Capaci e quella di via D’Amelio rappresentarono il culmine.
Questo libro è la storia di chi quella guerra l’ha combattuta dalla parte dello Stato, nel nome della giustizia. È la storia di chi in quelle stragi è morto, di chi ha rischiato ma ha trovato la forza nonostante tutto di proseguire la lotta, nella convinzione che, come ogni fatto umano, anche la mafia prima o poi avrebbe avuto una fine.
Ma come si fa a dar conto di quattordici anni così neri, della violenza, delle morti, dei risvolti economici e politici, e soprattutto, come si fa a raccontare tutto questo attraverso un fumetto?
I tre autori di Un fatto umano ci sono riusciti perfettamente con un libro che sorprende per la sua delicatezza, la poesia e le invenzioni sorprendenti. Prima tra tutte, quella di affidare il racconto a Mimmo Cuticchio, il celebre puparo e cuntista palermitano.
Era necessario immaginare un narratore esterno alla trama che tenesse le fila della storia, – racconta Manfredi Giffone, – ma scegliere un personaggio adatto allo scopo era tutt’altro che facile. Una notte d’estate del 2007 il mio amico Massimo Geraci mi ha portato a vedere uno spettacolo che si teneva al Palazzo D’Aumale di Terrasini: La riscoperta di Troia di Mimmo Cuticchio. La fama di Cuticchio lo precedeva, e vedendolo all’opera ho capito subito che sarebbe stato la voce narrante ideale per questa storia. Quando gliel’ho proposto, Mimmo ha generosamente acconsentito a prestare il suo volto al narratore.
Ma i pupi messi in scena da Cuticchio in questo libro sono piuttosto eccentrici: riprendendo una tradizione che va da Fedro a Orwell a Spiegelman, gli autori hanno infatti deciso di assegnare sembianze animali ai protagonisti della loro storia.
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Abbiamo scelto gli accostamenti volta per volta, – hanno spiegato gli autori, – cercando di coniugare il carattere e i tratti fisici. Così Falcone è diventato un gatto e Borsellino un fox terrier, Riina e Provenzano sono dei cinghiali, Cossiga è un ariete, Andreotti un pipistrello, Dalla Chiesa un bulldog, Vito Ciancimino è un lupo.
Tradizione e invenzione, dunque, ma non solo: c’è una terza caratteristica che rende speciale questo libro, ed è l’accuratezza della ricerca. Come testimoniato dalla lunga bibliografia, ognuna delle splendide vignette acquerellate poggia su basi solide, ognuna è riconducibile a episodi precisi documentati da immagini, registrazioni, documenti.
Un fatto umano è un omaggio poetico di grande bellezza, ma è anche un racconto politico e profondamente «morale», un vero e proprio viaggio nella memoria e nella Storia, per ricordare, imparare, e – come è successo agli autori – auto-sensibilizzarci, lasciandoci contagiare dal coraggio e dalla fiducia nella giustizia che sono l’anima pool antimafia di Palermo.
Manfredi Giffone è nato a Torino nel 1977. Per Einaudi ha pubblicato “Un fatto umano” (2011) con Fabrizio Longo e Alessandro Parodi.
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Fabrizio Longo è nato a Genova nel 1978, si è diplomato in Comunicazione visiva e in Fumetto presso la Scuola Chiavarese, collabora come disegnatore per vari editori di fumetti. Dal 2005 lavora inoltre nel Mon Ame studio, che ha contribuito a fondare.
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Alessandro Parodi è nato a Genova nel 1981, si è diplomato alla Scuola Chiavarese del Fumetto. Nel 2005 ha fondato il Mon Ame Studio, con cui realizza fumetti, illustrazioni e progetti grafici.
Capita a volte con i libri. Li prendi in mano e senti di avere tra le dita qualcosa di speciale. Così è per questo volume a metà tra la graphic novel, la ricostruzione storica e il doveroso esercizio della memoria. […] Gli animali antropomorfi sono un classico dei fumetti. Ma in questa storia del pool, oltre a gratificare il lettore per l’ottima resa delle tavole, la scelta aiuta anche a orientarsi nella selva di trame e personaggi. Davanti ai disegni tutto diventa armonico: le fattezze bestiali si trasformano in contrappunto fondamentale delle vicende. […] Frutto di sette anni di lavoro e ricco di una bibliografia di 70 pagine, Un fatto umano risulta anche un grande atto d’amore.
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(Federico Mello, il Fatto Quotidiano)
Per il momento mi fermo qui con le informazioni sul libro. Nei prossimi giorni inseriremo altre notizie e un po’ di rassegna stampa…
Ne approfitto, intanto, per porre una prima domanda Manfredi Giffone.
@ Manfredi Giffone
Caro Manfredi, mi piacerebbe che tu ci fornissi qualche altra informazione sulla genesi del libro.
Quando e come è nata l’idea? A chi è venuta per prima, tra te Fabrizio e Alessandro?
E in quale occasione voi tre autori vi siete conosciuti?
Come anticipato sul post, mi piacerebbe che la discussione si sviluppasse su tre fronti:
1) Il libro “Un fatto umano” (coglieremo l’occasione anche per conoscere un po’ di più alcuni dei protagonisti che hanno combattuto questo “fatto umano”) e i temi ad esso connessi
2) Potenzialità della narrazione a fumetti
3) Informazioni sulla cosiddetta “opera dei pupi”.
Per stasera mi fermerei qui, ma non prima di aver fatto i più sinceri complimenti ai tre autori di questo libro bello e importante. Davvero bravi!
Infine, rivolgo a tutti le domande del post…
1. Che tipo di rapporto avete con la narrazione a fumetti?
2. Avete mai letto un “graphic novel”?
3. Quali sono, a vostro avviso, le potenzialità del racconto a fumetti rispetto a quello “ordinario”?
4. Conoscete la storia del pool antimafia? Avete mai avuto modo di approfondirne la conoscenza?
5. Conoscete l’opera dei pupi? Avete mai avuto la possibilità di assistere a una rappresentazione “pupara”?
Chiudo qui. A tutti voi una serena notte.
Grazie Massimo,
Ho un ottimo rapporto con i fumetti e l le graphic novel.
La rappresentazione a fumetti meno usata e conosciuta in Italia vive una brillante e coinvolgente vita propria più a nord. La si considera a pieno diritto una della tante forme di scrittura molto incisiva e arricchita dalla sensibilità pittorica.
Apprezzo che sia stata scelta per rappresentare la storia del pool antimafia che anche da lontano ogni persona ha vissuto e sofferto in presa diretta. Complimenti ai tre autori.
Ho assistito solo una volta a uno spettacolo di pupi, che giudico una “grande” tradizione narrativa di spettacolo che ha saputo tramandare tanta storia siciliana
Ottimo articolo. Avevo sentito parlare di questo libro a fumetti sulla storia del pool antimafia. Sono curioso e cercherò di procurarmi il libro. A naso, da quello che leggo, mi sembra un’espressione artistica dotata di grande senso civico.
Complimenti e congratulazioni ai tre autori.
Dimenticavo. Davvero incisivo il book trailer.
Sulle domande.
Non sono un grande lettore di fumetti, ma quando il prodotto è di grande qualità come sembra questo di ‘Un fatto umano’ credo che possa offrire delle buone possibilità di racconto.
Mi piacerebbe saperne di più sulla storia del pool antimafia. E non conosco moltissimo l’opera dei pupi. Mai assistito a rappresentazioni. Sarei curioso di vederne almeno una. Chissà……
La copertina del libro mi ha colpita tanto. E anche il book trailer e la pagina del fumetto messa a fine post.
Complimenti anche da parte mia agli autori!!!
Immagino che comprimere la storia del pool antimafia in un libro a fumetti sia stata operazione tutt’altro che facile.
Rispondo alle domande.
1. Che tipo di rapporto avete con la narrazione a fumetti?
Abbastanza buona. Sono stata una buona lettrice di fumetti e me ne vanto.
2. Avete mai letto un “graphic novel”?
Per la verità no, ma spero di rimediare magari partendo proprio da questo libro.
3. Quali sono, a vostro avviso, le potenzialità del racconto a fumetti rispetto a quello “ordinario”?
E’ chiaro che il fumetto gioca molto anche sull’immagine. Ci sono vignette senza parole che raccontano molto più di un paragrafo di una pagina zeppa di parole.
4. Conoscete la storia del pool antimafia? Avete mai avuto modo di approfondirne la conoscenza?
Ho una conoscenza “generica”. Non molto dettagliata, cioè.
5. Conoscete l’opera dei pupi? Avete mai avuto la possibilità di assistere a una rappresentazione “pupara”?
Sì, la conosco. Ne ho visto un paio da bambina quando scendevo in Sicilia con i miei a trovare i nonni.
Ciao a Tutt*.
@Massimo Maugeri
Salve a tutti e grazie a Massimo per l’ospitalità qui su Letteratitudine.
Ho conosciuto Alessandro Parodi e Fabrizio Longo in occasione di un lavoro a fumetti che abbiamo realizzato insieme ormai quasi una decina di anni fa per una casa editrice indipendente.
Poco tempo dopo l’inizio del nostro sodalizio professionale abbiamo cominciato a ragionare sulla possibilità di realizzare un fumetto di ampio respiro che fosse ambientato in Italia e che raccontasse una storia italiana. All’epoca sentivamo tutti la voglia di fare qualcosa che si distanziasse dal fumetto italiano da edicola e che puntasse i riflettori sul nostro paese. Insomma eravamo più giovani e quindi più ambiziosi.
Dopo aver discusso a lungo e aver scartato numerose proposte, l’idea di un fumetto sul pool antimafia è venuta a me, nel 2005, parlando con la mia compagna che è nata e cresciuta a Palermo e che mi suggerì di raccontare la vita e il lavoro di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e degli altri uomini che hanno contrastato la mafia fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta.
Mi sembrò immediatamente l’idea che stavamo cercando e quando l’ho proposta ad Alessandro e Fabrizio li ho trovati subito d’accordo.
Un saluto a Manfredi Giffone. Ho ricevuto il vostro bellissimo libro per Natale.
buongiorno. collaboro come volontaria con una associazione che lavora a favore dei ragazzi disagiati. trovo che il fumetto sia un’ottima strada per raccontare storie “difficili” come quella del pool antimafia. mi pare perciò un libro doppiamente meritorio, questo.
@ Manfredi Giffone
Complimenti anche da parte mia. Volevo chiedere, come siete riusciti a comprimere una storia complessa come quella del pool antimafia in un solo libro a fumetti? Immagino che questo aspetto vi abbia impegnati non poco.
Buongiorno a tutti i Letteratitudiniani. Provo a dire la mia sulle domande del post.
1. Essendo un ex collezionista di fumetti Marvel e Bonelli direi che il mio rapporto con la narrazione a fumetti è molto intenso.
2. Di graphic novel ne ho letto diverse, non tutte all’altezza della situazione secondo me. Non mi farò mancare “Un fatto umano”. Anche a me sembra un prodotto di alta qualità. E poi ha un valore civico altissimo, come è già stato fatto osservare. Aggiungo i miei complimenti agli autori.
3. Il fumetto coniuga immagine e parola. Devono essere dosate in maniera perfetta, perché la storia risulti fluida ed equilibrata. Con qualche vignetta è possibile condensare l’equivalente di un capitolo di un romanzo ordinario.
4. Conosco la storia del pool antimafia attraverso i giornali. Sono curioso di verificare come è stata raccontata in “Un fatto umano”.
5. Conosco l’opera dei pupi per sentito dire. Mi piacerebbe saperne di più. L’impressione è che sia una forma di spettacolo destinata a perdersi, ma spero di sbagliarmi.
Saluti a tutti.
un saluto a tutti gli appassionati di fumetti e soprattutto agli autori di “un fatto umano”. bravi, credo che siate riusciti a coronare un bel sogno.
Vorrei approfittarne per dare un brutta notizia che riguarda il mondo.
L’artista statunitense John Celardo, disegnatore delle strisce a fumetti di Tarzan dal 1954 al ’67, è morto venerdì scorso in una casa di riposo a New York all’età di 93 anni. Oltre alle avventure dell’uomo-scimmia, Celardo disegnò e sceneggiò numerose serie e personaggi come Davy Jones, Buz Sawyer, Big Ben Bolt, Buck Rogers, Lady Luck e l’agente segreto Corrigan (X-9).
Nato a New York il 27 dicembre 1918 da una famiglia di immigrati italiani, dopo gli studi alla New York School of Industrial Arts, Celardo cominciò a collaborare con la Fiction House. Dopo la seconda guerra mondiale riprese l’attività di collaboratore freelance finché il 18 gennaio 1954 sostituì ufficialmente Bob Lubbers nella realizzazione delle strisce quotidiane di Tarzan, e dal 28 febbraio dello stesso anno firmò anche le tavole domenicali. La sua produzione di strisce (oltre 4.000, dalla numero 4.507 alla n. 8.856) e di tavole (oltre 700, dalla n. 1.199 alla n. 1.922) durò fino alla fine del 1967, quando Celardo passò il testimone a Russ Manning. Complessivamente Celardo pubblicò le sue storie di Tarzan su 225 giornali in 12 nazioni, tra cui l’Italia.
Nel 1970 Celardo scrisse Dark Shadow, una curiosa serie disegnata da Ken Bald, che durò fino alla fine del 1972. Nel 1981 ereditò le strisce quotidiane di Buz Sawyer e le disegnò fino alla conclusione della serie nel 1987.
Conservo gelosamente qualche fumetto di Celardo. Ciao.
Buongiorno a tutti.
Ho letto Un fatto umano non appena è uscito e lo trovo un esercizio alla memoria di grande bellezza e, allo stesso tempo, precisione nella ricostruzione storica.
Sono una lettrice di fumetti e graphic novel da tanti anni (dall’adolescenza credo) e, da palermitana, ho avuto la possibilità di assistere tantissime volte all’opera dei pupi… sopratutto quella del maestro Cuticchio che continuo a seguire anche, e forse soprattutto, da adulta e che vado a sentire ogni volta che torno a Palermo.
Sono cresciuta in una famiglia che ha sempre investito molto (se così si può dire) nello sviluppo di una coscienza della legalità, tolleranza e impegno e sebbene negli anni 80 ero solo un’adolescente ricordo tantissime cose che ho poi studiato e rielaborato da adulta. Ero compagna di scuola delle figlie di Rosario di Salvo (che venne ucciso insieme a Pio La Torre nell’Aprile dell’82) tanto per dirne una. Oppure ancora frequentavo il ginnasio G.Meli quando una delle auto di scorta di Borsellino e Guarnotta perse il controllo andando a sbattere contro la fermata dove Biagio Siciliano e Giuditta Micella aspettavano l’autobus per tornare a casa e invece trovarono la morte. Nel 92 ero già più matura e vissi le stragi di Capaci e via D’Amelio come un lutto familiare. Ciò nonostante quando ho cominciato a leggere Un Fatto Umano non sono riuscita a smettere fino a quando non l’ho terminato e questo mi capita solo con libri o romanzi particolarmente avvincenti. Eppure sapevo già che non poteva esserci un finale a sorpresa.
Non concordo del tutto quando si dice che il grande merito di questo libro è solo quello di saper avvicinare i giovanissimi a un “fatto” tanto umano quanto tragico e complicato (l’ho letto in diverse recensioni del libro ultimamente). La narrazione per immagini consente senz’altro la semplificazione nella comprensione di alcuni passaggi complessi o il riconoscimento delle centinaia di personaggi che questa storia l’hanno, nel bene e nel male, vissuta e determinata ma anche per chi come me ha una conoscenza un pelo superiore alla media leggerlo è stato chiarificatorio di tantissimi punti oscuri. Manfredi Giffone non ha solo ricostruito con grande precisione storiografica i fatti ma ha fatto delle scelte precise ed ha seguito un filo. Sebbene la bibliografia sia incredibilmente precisa e nutrita (per la prima volta in una graphic novel fornita vignetta per vignetta) c’è una scelta, un punto di vista che io ho molto apprezzato.
Mi sono piaciuti molto i commenti di Chiara.
Li sottoscrivo.
non rispondo con ordine né a tutte le domande di massimo. ma credo che ci sia un modo “generazionale” di leggere questo fumetto, almeno per due ragioni: da piccola leggevo (poco) topolino e vedevo Tex in mano ai coetanei maschi, che dicevano “per il mio rifle” per darsi un piglio guerriero. li giudicavo con una supponenza (meglio i libri), insieme ai rotocalchi (giornali per fanciulle oziose e sognatrici), dai presupposti tutti sbagliati. in secondo luogo, nei fatti raccontati dal fumetto “io c’ero”, li ho vissuti da vicino, ne ho subito contraccolpi nella vita politica, sociale, culturale della città dove vivevo (Palermo), teatro e back stage di quegli avvenimenti.
non li apprendo dal fumetto, come accade ai 30enni, ma me li ricordo. l’emozione della lettura è dunque per me più forte, coinvolgente, angosciante.
mi chiedevo allora come era stato possibile sterminare in 15 anni questori e superprefetti, magistrati e giornalisti, presidenti regionali e sindaci, uomini chiave delle forze dell’ordine e professionisti affermati senza che le istituzioni dessero una risposta drastica, ultimativa. l’indignazione cresceva insieme alla critica (fino al disgusto) della politica che ha contribuito a produrre la delegittimazione della politica e la crisi del partiti (rendendo possibile tangentopoli) e il populismo successivo che ha condotto a Forza Italia e alla Lega.
Dunque il fumetto tocca una fase cruciale della storia contemporanea italiana, i suoi nervi scoperti e lo fa con la leggerezza della nuova generazione, che non porta la responsabilità di quanto accaduto, ma che vuole raccontare di quel passato ciò che è ereditabile. La storia del pool, appunto, gli eroi positivi del noir (il colore del fumetto). Una operazione delicata (molti personaggi sono ancora viventi) che si arroga la legittimità di ricostruire una memoria e di tramandarla. Chi sa se gli autori avevano consapevolezza di tutto ciò?
Vado di fretta e sono riuscita solo a leggere il post e non i commenti. Il progetto mi sembra importante. Sono rimasta piacevolmente impressionata dal video: bellissimo!
Tornerò con calma (spero). Bravi gli autori!
Un fatto umano – da Il Corriere della Sera
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CASA DELLE LETTERATURE
«Un fatto umano», in un fumetto la storia del «pool antimafia»
Manfredi Giffone, Fabrizio Longo, Alessandro Parodi presentano alle 18 alla Casa delle Letterature (piazza dell’ Orologio, 3) il loro libro «Un fatto umano. Storia del pool antimafia», Edizioni Einaudi. La storia della mafia siciliana e della lotta di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per debellarla, è l’ anticamera della Seconda Repubblica. Tra gli anni Settanta e l’ inizio dei Novanta, Cosa Nostra è l’ organizzazione criminale piú potente al mondo, e la Sicilia il crocevia in cui le trame del potere si intrecciano in un nodo scorsoio che prende al collo l’ Italia intera. «Un fatto umano» è la ricostruzione a fumetti di quegli anni.
Pagina 16
(22 dicembre 2011) – Corriere della Sera
http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/22/fatto_umano_fumetto_storia_del_co_10_111222036.shtml
Un Fatto Umano. Servizio del tg3 del 17/12/2011
http://www.youtube.com/watch?v=3DTyyqDBQ7k
Raccontare la storia del pool antimafia di Palermo, delle stragi, del rapporto Stato-mafia, di alcune tra le pagine più buie della storia d’Italia. In tanti l’hanno fatto attraverso un libro ma solo tre ragazzi hanno scelto di raccontarlo con i fumetti. Manfredi Giffone, Fabrizio Longo e Alessandro Parodi sono gli autori di Un fatto umano (Einaudi), un’opera che ha richiesto quasi sei anni di lavoro per disegnare l’assalto frontale che la mafia portò allo Stato tra gli anni Settanta e i Novanta. Ogni protagonista è stato riproposto con il volto di un’animale, da Riina e i corleonesi che diventano cinghiali passando per il pappagallo Buscetta e il cane Borsellino.
Nel 2005 nasce l’idea di affrontare la storia della mafia a fumetti, tavole senza limiti di spazio e tempo, acquarelli capaci di raccontare la prima Repubblica dando spunti per comprendere meglio anche il presente. Un progetto ambizioso con l’obiettivo di lasciare una testimonianza storica attraverso una forma d’arte come il fumetto, liberando immaginazione ed interpretazione e trasformando i protagonisti in animali. Sullo stile di “Maus”, il fumetto di Art Spiegelman dove i nazisti erano rappresentati come gatti feroci e gli ebrei come topi inermi, “Un fatto umano” si presenta come una perla per la narrativa disegnata italiana, una storia dove tra i tanti protagonisti Tano Badalamenti diventa una scimmia, Leoluca Bagarella un cinghiale e Antonino Calderone un’iguana: “Non abbiamo scelto gli animali sullo stile di Esopo, associando solamente le caratteristiche morali degli animali ai personaggi. La nostra è stata più che altro una ricerca di somiglianza che fosse più fedele possibile, un lavoro lungo che in alcuni casi ci ha messo molto in difficoltà. Sindona è diventato così una gazza ladra, più facile è stato invece scegliere la tartaruga per il presidente Pertini, la somiglianza era perfetta” spiega Fabrizio Longo, diplomato in Comunicazione visiva e in Fumetto presso la Scuola Chiavarese e cofondatore del Mon Ame studio.
Un’opera lunga che ha richiesto una documentazione precisa e impegnativa.”E’ stato un lavoro lungo ed estenuante. Per rendere al meglio ogni tavola abbiamo dovuto studiare nel dettaglio ogni pagina di storia, ogni ambientazione rielaborando anche le crude fotografie delle stragi. Un lavoro che in qualche modo ci ha sconvolto e toccato nel profondo” aggiunge Alessandro Parodi, a sua volta fondatore del Mon Ame studio con cui realizza fumetti, illustrazioni e progetti grafici. Il libro è uno zoo che regala sfumature oniriche degne delle migliori fiabe ma che in realtà è pura cronaca reinterpretata da artisti: “Abbiamo guardato ore e ore di filmati, rivivendo ogni singolo momento di quegli anni. Mano a mano che il nostro lavoro andava avanti la nostra vita veniva totalmente inglobata da quelle storie, dai percorsi di Borsellino e Falcone, dal caso Moro alla vicenda Sindona, alla Loggia P2, fino alle stragi di Capaci e via D’Amelio. Ci siamo ritrovati a sentirci vicini a questi protagonisti della storia italiana come se in qualche modo fossero diventati nostri cari – aggiunge Alessandro Parodi – Il fumetto è forse l’unica forma d’espressione che non ha nessun limite. Non ci sono argomenti che il fumetto non può affrontare, idee che non si possono ricreare. Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto c’era ancora poco materiale sulla mafia. Non era ancora iniziato il periodo delle fiction tv e ci siamo accorti di come ci fosse un vuoto storico e una mancanza di coscienza reale su quello che era realmente successo in quegli anni”
http://blog.panorama.it/libri/2011/12/05/un-fatto-umano-la-storia-del-pool-antimafia-raccontata-attraverso-i-fumetti/
Chista ca vi cuntu oggi è ‘n’avutru tipo di storia. Una storia di mali cristiani, traditori e assassini. Ma per non fare scantàri i cchiù picciriddi, faciemu finta ca vi cuntu ‘na cosa antica, come una favola con gli animali. E siccome fra gli animali oltre a quelli tinti ci sono quelli buoni, in questa storia pure ci saranno gli uomini giusti. I cchiù granni, però, avissero a sapìri ca chista ca vi cunto non è favola, né storia antica. E ora cominciamo.
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In Maus di Art Spiegelman, il fumetto più premiato degli ultimi trent’anni (e forse di sempre), i nazisti erano rappresentati dalla matita dell’autore come gatti dal ghigno feroce e l’occhio spietato, mentre gli ebrei – destinati ai campi di concentramento – erano disegnati come topolini.
In quell’allegoria terribile, che portava alle estreme conseguenze il principio disneyano di antropomorfizzazione degli animali, fino a sovvertirne le premesse, il destino di prede e predatori era già inscritto nel rispettivo sembiante.
Fu un’illuminazione, che fra l’altro ebbe il merito di portare all’attenzione della critica informata un fenomeno culturale abitualmente ritenuto “basso”.
Maus ha aperto le porte ad un intero filone di narrativa disegnata che si è fatta adulta, ha preso atto che la storia è fatta anche di uomini e topi, con buona pace di Steinbeck e dei supereroi, e oggi alcuni epigoni di Spiegelman hanno fatto propria quella lezione, riuscendo ad applicarla a contesti storici diversi con ottimi risultati.
Partendo dalla celebre dichiarazione di Giovanni Falcone, che ebbe a sostenere come la mafia fosse un fatto squisitamente umano, con un inizio e una fine, un gruppo di autori di fumetti si è imbarcato in un’impresa ciclopica: raccontare con dovizia di particolari la storia del pool antimafia cui appartennero lo stesso Falcone, Paolo Borsellino, Antonino Caponnetto e un manipolo di uomini coraggiosi.
Quando si apre il sipario su questa storia di carta e di china, a presentarci i personaggi e gli eventi che ad essa daranno inizio è Mimmo Cuticchio.
Il più grande cuntista e puparo palermitano, disegnato per l’occasione da Longo e Parodi, presta la sua arte per raccontare una storia lunga vent’anni.
Cuticchio ha acconsentito a prestare il suo volto al narratore di questa storia, e generosamente ha anche voluto dare qualche suggerimento a proposito degli spettacoli e della location ideale per far muovere i primi passi ai lettori nel modo più giusto: piazza Kalsa, uno dei luoghi più incredibili del capoluogo siciliano, e quartiere dove crebbero Falcone e Borsellino.
I pupi cedono presto il passo a uno zoo fantastico, nel quale troveranno il loro spazio scimmie, iguane, coccodrilli, tigri e leoni, elementi di un bestiario che riesce a farci commuovere, indignare, partecipare ad uno dei periodi più tetri della storia repubblicana.
A rendere credibile Tano Badalamenti come scimmia, Leoluca Bagarella come cinghiale, o Antonino Calderone come rettile, non è solo il richiamo puramente fisiognomico, ma anche un’allusione scoperta alle qualità morali (in senso molto lato, ovviamente) che questi boss hanno incarnato nella mitologia mafiosa, e in tutta l’epica che attorno ad essa ha preso forma e ha prosperato.
Ma certo il bestiario di Giffone, Longo e Parodi tocca il suo apice di lirismo nell’immaginare Falcone in guisa di un bel gatto sornione e sorridente, e Paolo Borsellino come un cane a pelo lungo, di quelli ostinati e fedeli.
Cane e gatto, amici per la pelle.
Il racconto è testimonianza dettagliata della guerra di mafia che insanguinò la Sicilia a cavallo fra la fine degli anni settanta e i primi anni novanta, dall’ascesa del clan dei corleonesi fino alle bombe di Capaci e Via D’Amelio che siglarono la proverbiale “trattativa”.
Il legame inconfessabile fra lo Stato e cosa nostra viene squadernato sotto i nostri occhi in modo inedito, e presenta il valore aggiunto (e pedagogico) di una semplicità di fruizione che non si traduce mai in superficialità.
http://www.wuz.it/recensione-libro/6533/fatto-umano-fumetto-mafia-giffone-longo-parodi-einaudi.html
Falcone è un gatto e Borsellino un fox terrier, Riina e Provenzano sono dei cinghiali, Cossiga è un ariete, Andreotti un pipistrello, Dalla Chiesa un boxer, Vito Ciancimino è una moffetta.. “Un fatto umano” da pochi giorni in libreria, è un fumetto, un omaggio poetico di grande bellezza, ma anche un racconto politico e profondamente «morale», un vero e proprio viaggio nella memoria e nella Storia, per ricordare, imparare, e – come è successo agli autori – auto-sensibilizzarci, lasciandoci contagiare dal coraggio e dalla fiducia nella giustizia che sono l’anima pool antimafia di Palermo. – Un fatto umano – Storia del pool antimafia
http://www.afnews.info/wordpress/2012/01/un-fatto-umano-storia-del-pool-antimafia/
Non abbiamo potuto fare a meno di segnalarlo. Perché Un fatto umano, di Manfredi Giffone, Fabrizio Longo, Alessandro Parodi (Einaudi) è un prezioso omaggio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (e non sono mai troppi). Perchè mai come in questo momento storico abbiamo bisogno di speranza. Perché è Natale e questo libro ci sembra uno splendido regalo da fare.
La mole di lavoro di ricerca ha convinto anche i magistrati della Fondazione Progetto Legalità in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime della mafia, che supporta le scuole offrendo loro gratuitamente metodologie, percorsi, materiali per fare educazione alla cittadinanza, alla Legalità, alla convivenza civile, e che ha accordato il suo patrocinio alla pubblicazione del volume.
I numeri: 7 anni di lavorazione complessivi: 7 di ricerche, 4 di scrittura sceneggiatura, 3 di disegni. Approssimativamente 10.000 km di viaggio per ricerche. Una bibliografia di 160 libri, 15 processi di mafia completi dal I al III grado, fra cui il primo maxi-processo di Palermo (10.000 pagine). Una sceneggiatura di 250 cartelle. Circa 200 personaggi. 372 tavole ad acquerello.
http://librisulibri.it/2011/12/17/storia-del-pool-antimafia-a-fumetti-un-fatto-umano-di-manfredi-giffone-fabrizio-longo-alessandro-parodi/
Dal video, dalla tavola a fine post e dalle notizie inserite si direbbe che “un fatto umano” e’ un gran libro. Concordo con l’idea di utilizzare questo post per divulgare notizie sulla lotta alla mafia e sui protagonisti di questa lotta.
Condivisibile anche l’idea di approfittarne per parlare anche del teatro dei pupi. Mi piacerebbe saperne di piu’, dunque rimango in attesa.
Caro Massi,
sono felicissima dell’iniziativa.
Non solo per l’alta professionalità con cui è stata realizzata, ma soprattutto perchè, da magistrato, avverto l’esigenza costante di dare testimonianza delle difficoltà del mondo della giustizia, delle sue fatiche, delle sue lacrime.
E’ importante creare la coscienza dei più giovani anche attraverso un linguaggio che li catturi e possa far loro toccare con mano (dopo tanti anni) quel sacrificio che aprì le strade alle attuali vittorie contro la mafia, alla ribellione del cuore e dello spirito, e a quell’essere (o tornare ad essere) cittadini consapevoli e maturi.
Io allora ero studentessa universitaria.
La decisione di fare il concorso in magistratura maturò da quegli eventi.
Ricordo che d’improvviso le materie che studiavo si fecero vibranti, attuali, colme di senso.
Non più la freddezza meccanica dei codici, le norme recitate a memoria, le ore di studio portate avanti con tenacia, ma senza calore.
I libri presero a vestirsi. Iniziarono a parlare.
E fu allora che dietro ogni legge, e attraverso la regola, imparai cosa voglia dire convivere civilmente e che cosa sia – davvero – la giustizia.
La norma, sì, ma la norma dietro la quale soffri il coraggio dell’uomo solo, la norma sulla quale investi gli occhi e le ore, quella che spendi anche contro le ombre.
Un abbraccio felice per questo nuovo libro.
la tua Simo
…quanto ai pupi, come ben sai, caro Massi, qui a Siracusa (proprio sotto casa mia, nel centro storico, in Ortigia) c’è il delizioso teatrino dei pupi della compagnia Vaccaro- Mauceri.
Le passeggiate con il mio bambino (quando era piccolo) si fermavano sempre a pochi passi da casa, davanti al laboratorio dei pupari e davanti al palco.
Inutile dirti che i sogni che hanno popolato la fantasia di mio figlio si sono innestati tutti sui Paladini di Francia, sulle loro armature, sugli scenari favolosi, sulle spade luccicanti e forgiate ad arte.
Però, da adulta, anche io ho attinto dalla loro tradizione, dalle suggestioni immateriali che evocavano ad ogni posa,e dalla loro duttilità.
Il pupo conserva infatti una capacità comunicativa altissima.
Come ben sai questa estate ho fatto un esperimento proprio con i pupari (miei cari amici) e ho presentato il libro di Elvira Seminara (“Scusate la polvere”, ed e/o) facendolo raccontare …ai pupi.
Ho trascritto il libro per la sceneggiatura teatrale e con i bravissimi attori della compagnia Vaccaro-Mauceri abbiamo dato vita a una rappresentazione a metà tra teatro, gioco, letteratura, musica…
Questo solo per dire quanto sia moderna l’ispirazione dei cunti e della vecchia opera dei paladini e con quanta maestria e abnegazione sia ancor oggi portata avanti.
A dopo!
come sempre, i commenti di Simona Lo Iacono sono interessantissimi. così come e’ molto interessante il libro a fumetti proposto. non solo grande espressione artistica, mi pare di capire, ma anche un’impegnativa attività di studio e ricerca. complimenti ai tre giovani autori.
una cosa che
Ho dimenticato. trovo geniale l’idea di rappresentare la storia come se fossimo in un teatrino dei pupi.
appena possibile proverò a rispondere alle domande dell’indomito maugeri.
scusate i refusi e i salti di riga dovuti alla fretta.
Ringrazio tutti per i complimenti.
@ Luigi
Scrivere la sceneggiatura mi è costato un certo impegno, sia in termini di documentazione, sia di scrittura vera a propria. Alla fine, rispetto al progetto iniziale, il libro si è praticamente raddoppiato di volume.
Questo è successo perché man mano che andavo avanti mi sono reso conto che c’erano degli aspetti della vicenda che, anche se complicavano parecchio la stesura, non volevo ignorare.
Non credo, ad esempio, che si possa capire appieno il lavoro svolto dagli inquirenti in quegli anni (e non solo dal pool antimafia) se si prescinde dalla vicenda Sndona. Ma a sua volta Sindona è strettamente legato alla loggia P2 e così via. Allo stesso modo, a un certo punto, non ho potuto fare a meno di trattare piuttosto nello specifico quanto emerso dal processo Andreotti e la stessa decisione di iniziare il libro con il rapimento di Aldo Moro è il frutto di lunghe riflessioni e diverse riscritture.
Decidere quali avvenimenti inserire e quali escludere è stata ogni volta una scelta ponderata, nel tentativo di mantenere una trama il più possibile coerente e allo stesso tempo gradevole dal punto di vista narrativo, tenendo però sempre un occhio fisso sulle fonti.
Alla fine ho potuto inventare molto poco ma ho provato a fornire una mia versione dei fatti, cercando di non farmi guidare da giudizi a priori.
Grazie per la risposta. E ancora tanti sinceri complimenti.
Buongiorno a tutti. Ciao Massimo. Che bel post. Saluto Manfredi G. e mi complimento con lui e con gli altri autori. Raccontare la storia dell’antimafia in questo modo è senz’altro originale e sono certa che possa contribuire allo sviluppo di quel “senso morale” di cui qualcuno, se non sbaglio, ha già detto.
Mi affascina molto l’accostamento del racconto alla tradizione dell’opera dei pupi che mi ha sempre affascinata (pur non essendo siciliana).
Non so se può essere utile, ma raccogliendo l’invito di Massimo, vi riporto qualcosa che riguarda la storia dell’opera dei pupi. Una tradizione artistico/culturale che se non sbaglio è stata considerata patrimonio dell’umanità dall’Unesco (nella tipologia patrimonio orale e immateriale dell’umanità).
L’Opera dei Pupi (Òpra dî Pupi in siciliano) è un tipo di teatro delle marionette, i cui protagonisti sono Carlo Magno e i suoi paladini. Le gesta di questi personaggi sono trattate attraverso la rielaborazione del materiale contenuto nei romanzi e nei poemi del ciclo carolingio. Le marionette sono appunto dette pupi (dal latino “pupus” che significa bambino). L’opera è tipica della tradizione siciliana dei cuntastori (“cantastorie” in italiano). Si è affermata nell’Italia meridionale e in particolare in Sicilia tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX.
Riccamente decorati e cesellati, con una struttura in legno, i pupi avevano delle vere e proprie corazze e variavano nei movimenti a seconda della scuola di appartenenza in palermitani o catanese. La differenza più evidente stava nelle articolazioni: leggeri e snodabili i primi (comunque difficili da manovrare), più pesanti e con gli arti fissi i secondi (ma più semplici da manovrare).
Il puparo, curava lo spettacolo, le sceneggiature, i pupi, e con un timbro di voce particolare riusciva a dare suggestioni, ardore e pathos alle scene epiche rappresentate. I pupari, pur essendo molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de Roland, la Gerusalemme liberata e l’Orlando furioso.
Ogni pupo rappresentava tipicamente un preciso paladino, caratterizzato per la corazza ed il mantello e gli spettatori usavano parteggiare per uno.
Generalmente si contrapponevano, fra tutti, i sostenitori delle due figure più amate:
Orlando
Rinaldo
altre figure di rilievo:
Carlo Magno
Angelica
Gano di Maganza (il traditore)
i saracini (saraceni):
Rodomonte
Mambrino
Ferraù
Agramante
Marsilio
Agricane
Spesso la rappresentazione, si chiudeva con la farsa, uno spettacolo di marionette di tono licenzioso e buffo, con temi tratti dai personaggi delle tradizioni favolistiche siciliane.
A volte i pupari, per trasmettere contenuti non graditi alle autorità si servivano di un gergo (comune ai malavitosi) detto baccagghiu (baccaglio).
Nell’era della tecnologia e della multimedialità, parlare di pupi siciliani evoca immediatamente immagini d’altri tempi, di spettacoli di piazza, fra il vociare di piccoli e grandi ed il rumore delle armature, di minuscoli teatrini polverosi.
Ancora oggi sopravvivono alcuni pupari che cercano di mantenere viva la tradizione, alcuni proponendo rappresentazioni per turisti e altri hanno una vera e propria rassegna teatrale. Tra le storiche famiglie di pupari troviamo: Mimmo Cuticchio, Argento, Mancuso e Greco di Palermo, Canino di Cinisi, Crimi, Trombetta e Napoli di Catania, Pennisi, Macrì e Grasso di Acireale, Profeta di Licata, Vaccaro-Mauceri di Siracusa, e gli Immesi di Barletta.
I pupi a Palermo
Oggi, la più ricca collezione di Pupi si può ammirare al Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino ed al Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitrè di Palermo. Fra i pupari palermitani in attività si ricordi Mimmo Cuticchio, impegnato anche nell’altra tradizione orale siciliana il cuntu (raccontastorie), apparso fra l’altro nel film Il padrino – Parte III di Francis Ford Coppola.
I pupi a Messina
Di notevole rilievo storico è la Famiglia Gargano, ultima famiglia “oprante” rimasta a Messina (e Provincia). Con le sue cinque generazioni consecutive la Famiglia Gargano è tra le più antiche esistenti e oltre ad una ricca collezione di pupi possiede rari manoscritti di fine ‘800
I pupi a Catania
La compagnia più importante è quella dei fratelli Napoli, fondata a Catania nel 1921 da Gaetano Napoli e oggi, giunta alla sua quarta generazione, senza interruzioni, rappresenta la più significativa realtà del tradizionale teatro dei pupi di tipo catanese. La compagnia aveva sede in via Consolazione, nel quartiere del Borgo, ma si è poi trasferita nei pressi di piazza Federico II.
I pupi a Acireale
Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo dell’Opera dei Pupi Turi Grasso sito in via nazionale nella frazione Capomulini di Acireale. Inoltre in centro città, nella via Alessi è presente un Teatro dell’Opera dei Pupi dedicato a Emanuele Macrì dove si tengono ancora spettacoli.
I pupi a Giarre
A Giarre è presente un museo-teatro dell’Opera dei Pupi nella sede della Pro loco. Gli spettacoli vengono rappresentati su richiesta a cura della compagnia Zappalà.
I pupi a Caltagirone
A Caltagirone ne è un illustre esempio il Teatro-Museo dei Pupi siciliani di via Verdumai. Il Teatro Stabile della Primaria compagnia dell’Opera dei Pupi di Caltagirone nasce in tempi difficili, alla fine del primo conflitto mondiale, per opera di Giovanni Russo. Dopo di lui l’Opra passa in eredità ad altri uomini, i quali superano le difficoltà che un’attività come questa comporta, grazie alla loro tenacia: Gesualdo e Salvatore Pepe, Eugenio Piazza e, oggi, la Società Eliotour. Nel 1978, il Comune di Caltagirone, prendendo spunto dal grande successo di pubblico che la Compagnia aveva riscosso nel corso di una rassegna di Pupi ad Acicastello, le affida il locale di via Verdumai. Restaurato ed adattato all’uopo, il teatro ospita oggi, oltre alla sala per gli spettacoli, una mostra dei pupi siciliani, appartenuti alla collezione di Gesualdo Pepe, ed un’esposizione di locandine e di libri storici.
La collezione di pupi comprende settanta soggetti di dimensioni che variano da 1,20 a 1,45 metri, interamente costruiti in legno, e cinquanta teste di ricambio che consentono di avere a disposizione un gran numero di personaggi. I pupi sono vestiti da abiti in raso e velluto e dotati d’armature in rame e ferro lavorati a mano.
Gli spettacoli, che ripropongono le gesta eroiche dell’epopea cavalleresca rinnovate di volta in volta dalla fantasia e dall’estro degli artisti, si svolgono sul palcoscenico dotato di numerosi fondali intercambiabili dipinti a mano. Manovratori ed oratori danno vita e voce ai pupi mentre gli aiutanti assicurano l’avvicendarsi dei vari personaggi. Affiatamento, bravura interpretativa, esperienza e capacità d’improvvisazione sono gli elementi che concorrono alla buona riuscita dello spettacolo, oltre ad una grande passione per quest’arte.
I pupi a Randazzo
Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo Civico Vagliasindi di Randazzo.
In una sala del Castello Carcere è collocata la collezione di Pupi Siciliani della famiglia Russo composta da 37 marionette che rappresentano i personaggi dell’epopea storica della chason de Roland. La collezione fu realizzata tra il 1912 e il 1915 dallo scultore Emilio Musumeci e utilizzata dal puparo messinese Ninì Calabrese. Collezione di grande valore che è servita per allestire una rappresentazione alla presenza del Re Umberto II.
I pupi a Siracusa
Nel 1885, in uno scantinato di via Mario Minniti, Francesco Puzzo costruì il suo primo pupo. Fu lui a creare il teatrino Eldorado di via Maestranza e poi il Bellini, con un’attività ininterrotta fino al 1917, quando i fratelli Ernesto, Giuseppe, Luciano e Salvatore ne seguirono le orme.
L’incontro nel 1926 con Rosario Vaccaro, giovane apprendista, consolida l’opera di pupi di Siracusa.
A partire da Rosario, la famiglia Vaccaro per molti anni ha dato vita ai pupi nella città aretusea; attivi e collegati ai Vaccaro sono i fratelli Mauceri. La famiglia Vaccaro-Mauceri gestisce un Piccolo Teatro dei Pupi, oltre ad una bottega e ad un museo.
Nella provincia di Siracusa sono presenti altre compagnie, tra cui quella dei Puglisi di Sortino, guidata dall’ultimo discendente dei Puglisi, Ignazio Manlio Puglisi, che effettua rappresentazioni riguardanti episodi tratte dalle più note edizioni cavalleresche popolari del XIX e XX secolo.
Tutto il materiale storico della Famiglia Puglisi è conservato nel Museo Civico dell’opera dei Pupi di Sortino “Fondo Don Ignazio Puglisi”.
Le notizie inserire sono fonte wikipedia. Ciao Massimo. Ciao a tutti.
ben fatto, margie!
Ad Acireale ancora “resiste” l’Opera dei pupi”, ma con grande rammarico devo constatare che appare sempre meno attraente per le nuove generazioni che preferiscono gli orrendi fumetti giapponesi che vengono trasmessi in Tv. Mi chiedo e chiedo a tutti voi come possiamo salvare questa bellissima ed educativa tradizione e nello stesso tempo restituire ai giovani quel gusto per le cose belle senza pensare di “annoiarli” ( “Che noia ‘ste battaglie lente”parole di qualche ragazzino portato lì da genitori illuminati)
Innanzitutto complimenti di cuore agli autori per la splendida idea e per il coraggio di questa scelta . Decidere di raccontare la storia del pool antimafia di Palermo attraverso la graphic novel non è cosa da tutti!
Acquisterò il libro solo solo per la curiosità che mi ha suscitato! Per quanto riguarda il mio rapporto con i fumetti, bè… Sono ferma a parecchi anni fa con Topolino e Paperino e dove i “cattivi” da sconfiggere erano la tremenda Banda Bassotti 🙂
Non ho mai letto romanzi a fumetti, ma si dice “meglio tardi che mai”.Giusto?
Credo sia un genere dalle enormi potenzialità. Anche perchè, forse, c’è in ognuno di noi la necessità di un ritorno alla semplicità e alla leggerezza. Anche in temi, come questo, di una certa serietà. Poco tempo fa ho sentito che l’INDA (l’istituto nazionale del dramma antico) di Siracusa si sta impegnando a rendere a fumetti le tragedie greche e a distribuirle nelle scuole elementari. Certo… La storia di Falcone e Borsellino non è stata creata da autori come Eschilo, Sofocle o Euripide, ma (ahimè) è accaduta nella realtà e fa parte del nostro bagaglio. Penso che libri come questo servono a non ricadere negli stessi errori e a credere con più fervore in valori alti e puri, di cui i due magistrati palermitani sono stati due eccelsi esempi.
“La mafia non è invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha avuto un inizio e avrà anche una fine”. E’ giusto ricordarcelo sempre!
Delle domande a Manfredi Giffone: come mai la scelta di utilizzare la graphic novel? Da dove nasce l’idea di affidare il racconto ai pupi? E’ un ritorno alle origini siciliane, alle proprie radici che debbono essere valorizzate? Che cosa può dare in più oggi la figura del puparo? Grazie
Cari amici, vi ringrazio di cuore per i numerosi commenti pervenuti.
Un saluto e un ringraziamento speciali a Manfredi Giffone che è già intervenuto nel dibattito.
Come sempre ne approfitto per ringraziare tutti gli intervenuti.
Grazie mille a: Patrizia Debicke, Ruggero Nibba, Vale, Elsa, Antonella Rossini, Luigi, Leo…
Grazie mille anche a Raffaele Semenza e a Chiara (benvenuti a Letteratitudine!).
Un ringraziamento speciale a Giovanna Fiume (professore ordinario di Storia moderna presso l’Università di Palermo) per il suo intervento.
Un caro saluto e un ringraziamento per: Anna, Filippo, Giacomo Tessani.
E grazie di cuore anche alla mia ottima socia di scrittura Simona Lo Iacono (ciao, Simo) e a Margherita (grazie per le informazioni sull’opera dei pupi).
@ Pinelda
Grazie mille per il tuo intervento (e benvenuta a Letteratitudine).
Chiedi, riferendoti all’opera dei pupi: “come possiamo salvare questa bellissima ed educativa tradizione e nello stesso tempo restituire ai giovani quel gusto per le cose belle senza pensare di “annoiarli”
–
Credo che un primo importante passo sia parlarne e divulgarne la conoscenza, come stiamo facendo qui.
Portare avanti iniziative come quella descritta da Simona (vedi suo commento precedente).
E credo che un ruolo importante lo stia svolgendo proprio questo libro. Uno dei meriti di “Un fatto umano” è quello di divulgare la conoscenza e promuovere l’opera dei pupi.
Grazie anche ad Alessandra (del blog “pane, cultura e fantasia”) per il suo intervento e per le domande rivolte a Manfredi Giffone (le evidenzio in grassetto… così spiccano di più).
Un paio di ulteriori domande per Manfredi Giffone…
@ Manfredi Giffone
Quali sono state le difficoltà principali che avete incontrato per realizzare l’opera? E come le avete risolte?
@ Manfredi Giffone
Quale è stata, invece, la soddisfazione principale determinata dalla realizzazione dell’opera?
Ribadisco che questo è un dibattito multi-tema… dunque vi ripropongo le domande del post, invitandovi a fornire le vostre risposte (se vi va e se potete)… 😉
1. Che tipo di rapporto avete con la narrazione a fumetti?
2. Avete mai letto un “graphic novel”?
3. Quali sono, a vostro avviso, le potenzialità del racconto a fumetti rispetto a quello “ordinario”?
4. Conoscete la storia del pool antimafia? Avete mai avuto modo di approfondirne la conoscenza?
5. Conoscete l’opera dei pupi? Avete mai avuto la possibilità di assistere a una rappresentazione “pupara”?
Chiudo qui, augurandovi – come sempre – una serena notte…
vorrei rilasciare l’intera citazione di Giovanni Falcone :
« La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni. »
grazie a Manfredi Giffone, Fabrizio Longo e Alessandro Parodi per questo libro.
grazie a letteraritudine per questo post.
@ Alessandra
In questo caso parlo a titolo esclusivamente personale perché Alessandro e Fabrizio sono due disegnatori e fumettisti a tutti gli effetti, quindi il fumetto è il loro mezzo di espressione congeniale, mentre io mi sono occupato di fumetti in modo più sporadico.
Ho scelto di utilizzare il fumetto perché sono convinto che, per sua natura, fra le tante caratteristiche che lo distinguono, coniuga come forse nessun altro mezzo di espressione due possibilità ottimali per trattare una storia tanto articolata e cioè una narrazione per immagini, quindi largamente fruibile, e la capacità di approfondimento di un libro.
Per quanto riguarda la scelta di utilizzare un oprante e nello specifico Mimmo Cuticchio, è presto detto. Quando ho iniziato a lavorare al soggetto mi sono reso conto abbastanza presto che non sarei stato in grado di riportare in modo comprensibile tutti gli avvenimenti che volevo trattare senza adoperare un narratore esterno. In un primo tempo avevo pensato di utilizzare un puparo ma ho scartato l’idea perché mi sembrava una soluzione scontata per raccontare una storia ambientata in Sicilia. Quando però ho avuto la fortuna di vedere Mimmo Cuticchio all’opera sono stato talmente colpito dalla forza del suo lavoro, un’arte radicata nella tradizione ma ancora vibrante, innovativa, da convincermi immediatamente che lui sarebbe stato la voce narrante perfetta per la nostra storia. E quando gli ho presentato il progetto Mimmo è stato tanto generoso da accordarmi il suo aiuto.
Per il resto, ci sono sicuramente persone più qualificate di me per spiegare cosa può offrire la figura del cuntista e dell’oprante ai giorni nostri, fermo restando che credo non ci siano dubbi che si tratti di una forma d’arte preziosa.
Per quanto riguarda la mia esperienza posso dire che raramente mi sono trovato di fronte a una forma di spettacolo che mi abbia trasmesso allo stesso tempo un’intensa emozione, unita alla netta sensazione di trovarmi al cospetto di una tradizione secolare, profonda, ma ancora viva, fresca e con molto da comunicare. Perderla sarebbe un vero peccato.
Gentile Massimo,
questo libro di Giffone, Longo e Parodi lo donerò a mia nipote, poco più che dodicenne.
Avrei piacere che conoscesse, anche lei, non solo la storia – eroica – del pool antimafia ma anche quella dei – mitici – pupi.
Glielo donerò dopo averlo letto, osservandone attentamente i disegni, che rimandano, seppure vagamente, alla “Fattoria degli animali” di Orwell. Penso che mi colpiranno emotivamente, in profondità, in modo diverso ma più incisivo di un classico libro. Appunto perché diverso, fuori dal coro come si usa dire.
—
Ebbene, agli autori vorrei chiedere – però – se, durante la stesura, hanno mai avuto qualche tentennamento/inadeguatezza nel rendere le vicende e soprattutto i personaggi di una storia, una politica, una realtà tanto drammatica quanto brutale, inumana, vergognosa.
Cordialmente, A. B.
ciao. sto leggendo “un fatto umano”. secondo me e’ un fumetto per adulti, dati i temi. forse non e’ consigliabile per i piu’ piccoli. cosa ne pensa l’autore?
Eccomi qui, con un po’ di ritardo. Buongiorno Massimo. Buongiorno Manfredi Giffone.
E buon anno a tutti.
Anche a me questo libro incuriosisce molto per la sua originalità e per gli obiettivi ambiziosi che si è posto. Molto bello ed incisivo il booktrailer.
Vengo alle domande…
Che tipo di rapporto avete con la narrazione a fumetti? Avete mai letto un “graphic novel”?
Come forse avevo scritto in quell’altro post, non sono una lettrice abituale di fumetti e non ho grandi letture alle spalle. Ma al tempo stesso non ho alcuna preclusione. Anzi, credo che legegrò con gusto “Un fatto umano”.
Quali sono, a vostro avviso, le potenzialità del racconto a fumetti rispetto a quello “ordinario”?
Concordo con quanto è stato detto circa la possibilità di raccontare per immagini e parole scritte. Credo sia una peculiarità del fumetto.
Conoscete la storia del pool antimafia? Avete mai avuto modo di approfondirne la conoscenza?
La conosco anche se non l’ho mai approfondita con letture specifiche. Anche da questo punto di vista “Un fatto umano” potrebbe essere un buon inizio
Conoscete l’opera dei pupi? Avete mai avuto la possibilità di assistere a una rappresentazione “pupara”?
No, non mi è mai capitato. Ma sono curiosa, e prima o poi assisterò a qualche spettacolo. Intanto ringrazio Margherita per le notizie postate. Non sapevo che l’opera dei pupi fosse partimonio dell’umanità per l’Unesco
Buona giornata e buona prosecuzione a tutti.
Grazie mille a Manfredi Giffone per la chiara ed esaustiva risposta. Comunque è davvero un piacere leggere questo blog e i suoi commenti. Tutti ricchi di spunti su cui riflettere. Complimenti!
1. Che tipo di rapporto avete con la narrazione a fumetti?
Da piccola il mio rapporto con i fumetti era di certo più forte… ho imparato a leggere su TOPOLINO!
🙂
Anche a scuola ho avuto modo di conoscere e studiare eventi fatti fenomeni tramite i comics… la droga, la storia, tanti argomenti presentati in maniera accattivante in opuscoli che spesso insegnanti ed enti vari ci regalavano.
2. Avete mai letto un “graphic novel”?
Sì… quando LA REPUBBLICA iniziò a pubblicare i classici del fumetto ho comprato un meraviglioso SPIDERMAN realizzato secondo antiche e nuove tecniche come un vero e proprio graphic novel (taglio letterario e cinematografico insieme, effetti al computer e tradizione “a matita”…). Un’esperienza diversa, altra, bella.
3. Quali sono, a vostro avviso, le potenzialità del racconto a fumetti rispetto a quello “ordinario”?
Cattura di lettori deboli, arricchimento visivo… maniera stimolante di presentare opere letterarie, possibilità creativa per opere di nuova concezione.
4. Conoscete la storia del pool antimafia? Avete mai avuto modo di approfondirne la conoscenza?
La mia conoscenza è quella del lettore e cittadino medio – libri, giornali, film, conferenze… MI colpì moltissimo il libro di Marcelle Padovani COSE DI COSA NOSTRA, che vi consiglio caldamente se non l’avete ancora letto.
Conoscenza emotiva. Poesia sui fatti di Palermo.
5. Conoscete l’opera dei pupi? Avete mai avuto la possibilità di assistere a una rappresentazione “pupara”?
Il mio rapporto con l’opera dei pupi è quello di una siracusana appassionata di storie, lette, rappresentate, scritte, cuntate…
Con l’Associazione Vaccaro-Mauceri (ne ha parlato Simona Lo Iacono qui sopra) ho vissuto l’esperienza non solo degli spettacoli ma anche del primo premio di poesia LUCE E CONCEZIONE.
Per dire che le arti si incontrano vivificandosi a vicenda…
Giovanni Falcone (Palermo, 20 maggio 1939[2] – Palermo, 23 maggio 1992) è stato un magistrato italiano. Assassinato insieme alla moglie e alla scorta dalla mafia, è considerato un eroe italiano, come Paolo Borsellino, di cui fu amico e collega.
–
Ha ricevuto la Medaglia d’oro al valor civile con la seguente motivazione
«Magistrato tenacemente impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata, consapevole dei rischi cui andava incontro quale componente del ‘pool antimafia’, dedicava ogni sua energia a respingere con rigorosa coerenza la sfida sempre più minacciosa lanciata dalle organizzazioni mafiose allo Stato democratico. Proseguiva poi tale opera lucida, attenta e decisa come Direttore degli Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia ma veniva barbaramente trucidato in un vile agguato, tesogli con efferata ferocia, sacrificando la propria esistenza, vissuta al servizio delle Istituzioni.»
— Palermo, 5 agosto 1992
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Il 13 novembre 2006 è stato nominato tra gli eroi degli ultimi 60 anni dal Time magazine
Un eroe di “Un fatto umano”: Giovanni Falcone
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Figlio di Arturo Falcone, direttore del Laboratorio chimico provinciale, e di Luisa Bentivegna, aveva due sorelle maggiori, Anna e Maria. Giovanni Falcone studiò al Convitto Nazionale di Palermo, poi al liceo classico “Umberto I” e successivamente, dopo una breve esperienza all’Accademia Navale di Livorno, si iscrisse a giurisprudenza all’Università degli studi di Palermo dove si laureò nel 1961, con una tesi sulla “Istruzione probatoria in diritto amministrativo”.
Un eroe di “Un fatto umano”: Giovanni Falcone
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Falcone vinse il concorso in Magistratura nel 1964 e per breve tempo fu pretore a Lentini. Fu poi sostituto procuratore al tribunale di Trapani per dodici anni. Qui, a poco a poco, nacque in lui la passione per il diritto penale.
Fu trasferito a Palermo nel luglio 1978. Dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova fece domanda ed ottenne di lavorare all’Ufficio istruzione, che sotto la successiva guida di Rocco Chinnici, diviene un esempio innovativo di organizzazione giudiziaria. Chinnici chiamò al suo fianco anche Paolo Borsellino che divenne collega di Falcone nello sbrigare il lavoro arretrato di oltre cinquecento processi[6]. Nel maggio 1980 Chinnici affidò a Falcone le indagini contro Rosario Spatola: un lavoro che coinvolgeva anche criminali negli Stati Uniti e all’epoca osteggiato da alcuni altri magistrati.
Alle prese con questo caso, Falcone comprese che per indagare con successo le associazioni mafiose era necessario basarsi anche su indagini patrimoniali e bancarie. Ricostruire il percorso del denaro che accompagnava i traffici ed avere un quadro complessivo del fenomeno. Notò che gli stupefacenti venivano venduti negli Stati Uniti così chiese a tutti i direttori delle banche di Palermo e provincia di mandargli le distinte di cambio valuta estera dal 1975 in poi. Alcuni telefonarono personalmente a Falcone per capire che intenzione avesse e lui rimase fermo sulle sue richieste. Grazie ad un attento controllo di tutte le carte richieste, una volta superate le reticenze delle banche, e “seguendo i soldi” riuscì ad iniziare a vedere il quadro di una gigantesca organizzazione criminale: i confini di Cosa nostra. Grazie ad un assegno dell’importo di centomila dollari cambiato presso la Cassa di Risparmio di piazza Borsa di Palermo, Falcone, trovò la prova che Michele Sindona si trovava in Sicilia smascherando quindi il finto sequestro organizzato a suo favore dalla mafia siculo-americana alla vigilia del suo giudizio[7]. Nei primi giorni del mese di dicembre 1980 Giovanni Falcone si recò per la prima volta a New York per discutere di mafia e stringere una collaborazione con Victor Rocco, investigatore del distretto est.
Sono anni tumultuosi che vedono la prepotente ascesa dei Corleonesi, i quali impongono il proprio feudo criminale insanguinando le strade a colpi di omicidi. Emblematici i titoli del quotidiano palermitano L’Ora, che arriverà a titolare le sue prime pagine enumerando le vittime della drammatica guerra di mafia. Tra queste vittime anche svariati e valorosi servitori dello Stato come Pio La Torre, principale artefice della legge Rognoni-La Torre (che introdusse nel codice penale il reato di associazione mafiosa), e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Infine lo stesso Chinnici, al quale succedette Antonino Caponnetto.
Un eroe di “Un fatto umano”: Giovanni Falcone
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Il pool antimafia
Caponnetto si insedia concependo la creazione di un “pool” di pochi magistrati che, così come sperimentato contro il terrorismo, potessero occuparsi dei processi di mafia, esclusivamente e a tempo pieno, col vantaggio sia di favorire la condivisione delle informazioni tra tutti i componenti e minimizzare così i rischi personali, che per garantire in ogni momento una visione più ampia ed esaustiva possibile di tutte le componenti del fenomeno mafioso.
Nello scegliere i suoi uomini, Caponnetto pensa subito a Falcone per l’esperienza ed il prestigio già da lui acquisiti, ed a Giuseppe Di Lello, pupillo di Chinnici. Lo stesso Falcone suggerì poi l’introduzione di Borsellino, mentre la scelta dell’ultimo membro ricadde sul giudice più anziano, Leonardo Guarnotta. La validità del nuovo sistema investigativo si dimostra subito indiscutibile, e sarà fondamentale per ogni successiva indagine, negli anni a venire.
Ma una vera e propria svolta epocale alla lotta alla mafia sarebbe stata impressa con l’arresto di Tommaso Buscetta, il quale, dopo una drammatica sequenza di eventi, decise di collaborare con la Giustizia. Il suo interrogatorio, iniziato a Roma nel luglio 1984 in presenza del sostituto procuratore Vincenzo Geraci e di Gianni De Gennaro del Nucleo operativo della Criminalpol, si rivelerà determinante per la conoscenza non solo di determinati fatti, ma specialmente della struttura e delle chiavi di lettura dell’organizzazione definita Cosa nostra.
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Il maxiprocesso
Le inchieste avviate da Chinnici e portate avanti dalle indagini di Falcone e di tutto il pool portarono così a costituire il primo grande processo contro la mafia.
Questa reagì bruciando il terreno attorno ai giudici: dopo l’omicidio di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà nell’estate 1985, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, si cominciò a temere per l’incolumità anche dei due magistrati, che furono indotti per motivi di sicurezza a soggiornare qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell’Asinara (incredibilmente dovettero pagarsi le spese di soggiorno e consumo bevande, come ricordò Borsellino in un’intervista), dove gettarono le basi dell’istruttoria.
Ma il 16 novembre 1987 diventa una data storica e insieme un momento fondamentale per il Paese, che per la prima volta inchioda la mafia traducendola alla Giustizia. Il Maxiprocesso sentenzia 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe da pagare, segnando un grande successo per il lavoro svolto da tutto il pool antimafia.[10]
Nel dicembre 1986, Borsellino viene nominato Procuratore della Repubblica di Marsala e lascia il pool. Come ricorderà Caponnetto, a quel punto gli sviluppi dell’istruttoria includono ormai quasi un milione di fogli processuali, rendendo necessaria l’integrazione di nuovi elementi per seguire l’accresciuta mole di lavoro. Entrarono così a far parte del pool altri tre giudici istruttori: Ignazio De Francisci, Gioacchino Natoli e Giacomo Conte.
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Se lo Stato aveva conseguito una vittoria memorabile, la partita era lungi da considerarsi conclusa. Inoltre, Caponnetto si apprestava a lasciare l’incarico per ragioni di salute, e raggiunti limiti di età. Alla sua sostituzione vennero candidati Falcone, ed Antonino Meli. Nel settembre 1987, dopo una discussa votazione, il Consiglio Superiore della Magistratura nominò Meli. A favore di Falcone, votò anche il futuro Procuratore della Repubblica di Palermo, Giancarlo Caselli, in dissenso con la corrente di Magistratura Democratica cui apparteneva.
La scelta di Meli, generalmente motivata in base alla mera anzianità di servizio, piuttosto che alla maggiore competenza effettivamente maturata da Falcone, innescò amare polemiche, e venne interpretata come una possibile rottura dell’azione investigativa, inoltre rese Falcone un bersaglio molto più facile per la mafia, perché la sua perdita aveva dimostrato che effettivamente non era stimato come si credeva; Borsellino stesso aveva lanciato a più riprese l’allarme a mezzo stampa, rischiando conseguenze disciplinari; esternazioni che di fatto non sortirono alcun effetto.
Meli si insedia nel gennaio 1988 e finisce con lo smantellare il metodo di lavoro intrapreso, riportandolo indietro di un decennio. Da qui in poi Falcone e i suoi dovettero fronteggiare un numero sempre crescente di ostacoli alla loro attività. La mafia intanto non ha abbassato la guardia, ed uccide l’ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, che aveva denunciato le pressioni subite da Vito Ciancimino durante il suo mandato. Tempo dopo, i due membri del pool Di Lello e Conte si dimisero polemicamente. Non ultimo, persino la Cassazione sconfessò l’unitarietà delle indagini in fatto di mafia affermata da Falcone.
Il 30 luglio Falcone richiese addirittura di essere destinato a un altro ufficio, ma Meli, ormai in aperto contrasto con Falcone, e, come predetto da Borsellino, sciolse ufficialmente il pool. Un mese dopo, Falcone ebbe l’ulteriore amarezza di vedersi preferito Domenico Sica alla guida dell’Alto Commissariato per la lotta alla Mafia. Nonostante gli avvenimenti, tuttavia, Falcone proseguì ancora una volta il suo straordinario lavoro, realizzando un’importante operazione antidroga in collaborazione con Rudolph Giuliani, allora procuratore distrettuale di New York.
Un eroe di “Un fatto umano”: Giovanni Falcone
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Il 21 giugno 1989, Falcone divenne obiettivo di un attentato presso la villa al mare affittata per le vacanze; su questo avvenimento, comunemente detto attentato dell’Addaura, ancora oggi non è stata fatta piena luce.
I sicari di Totò Riina e di altri mafiosi ritenuti mandanti, piazzarono un borsone con cinquantotto candelotti di tritolo in mezzo agli scogli, a pochi metri dalla villa affittata dal giudice, che stava per ospitare i colleghi Carla del Ponte e Claudio Lehmann. Il piano era probabilmente quello di assassinare il giudice allorché fosse sceso dalla villa sulla spiaggia per fare il bagno, ma l’attentato fallì. Inizialmente venne ritenuto che i killer non fossero riusciti a far esplodere l’ordigno a causa di un detonatore difettoso, dandosi quindi alla fuga e abbandonando il borsone. Vent’anni dopo, nuove ipotesi investigative avallerebbero invece la ricostruzione che l’ordigno venne reso inoffensivo nelle ore notturne antecedenti dagli agenti Antonino Agostino ed Emanuele Piazza, fintisi sommozzatori. Agostino e Piazza verranno poi assassinati.
Falcone dichiarò al riguardo che a volere la sua morte si trattava probabilmente di qualcuno che intendeva bloccarne l’inchiesta sul riciclaggio in corso, parlando inoltre di “menti raffinatissime”, e teorizzando la collusione tra soggetti occulti e criminalità organizzata, come avvenuto per l’omicidio Dalla Chiesa. Espressioni in cui molti lessero i servizi segreti deviati. Il giudice, in privato, si manifestò sospettando di Bruno Contrada, funzionario del Sisde che aveva costruito la sua carriera al fianco di Boris Giuliano. Contrada verrà poi arrestato e condannato in primo grado a dieci anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, sentenza poi confermata in Cassazione.
Ma al Palazzo di Giustizia di Palermo aveva preso corpo anche la nota vicenda del “corvo”: una serie di lettere anonime (di cui un paio addirittura composte su carta intestata della Criminalpol), che diffamarono il giudice ed i colleghi Giuseppe Ayala, Giammanco Prinzivalli più altri come il Capo della Polizia di Stato, Vincenzo Parisi, ed importanti investigatori come De Gennaro e Antonio Manganelli. In esse Falcone veniva millantato soprattutto di avere “pilotato” il ritorno di un pentito, Totuccio Contorno, al fine di sterminare i corleonesi, storici nemici della sua famiglia.
I fatti descritti venivano presentati come movente della morte di Falcone ad opera dei corleonesi, i quali avrebbero organizzato il poi fallito attentato come vendetta per il rientro di Contorno (e non, si badi, per i decenni di inflessibile lotta senza quartiere che Falcone aveva scatenato contro di loro…). I contenuti, particolarmente ben dettagliati sulle presunte coperture del Contorno e gli accadimenti all’interno del tribunale, furono alimentati ad arte sino a destare notevole inquietudine negli ambienti giudiziari, tanto che nello stesso ambiente degli informatori di polizia queste missive vennero attribuite ad un “corvo”, ossia un magistrato.
Un eroe di “Un fatto umano”: Giovanni Falcone
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Sebbene sul momento la stampa non lo spiegasse apertamente al grande pubblico, infatti, tra gli esperti di “cose di cosa nostra” (come Falcone) era risaputo che, nel linguaggio mafioso, tale appellativo designasse proprio i magistrati (dalla toga nera che indossano in udienza); le missive avrebbero così inteso insinuare la certezza che in realtà il pool operasse al di fuori dalle regole, immerso tra invidie, concorrenze e gelosie professionali.
Gli accertamenti per individuare gli effettivi responsabili portarono alla condanna in primo grado per diffamazione del giudice Alberto Di Pisa, identificato grazie a dei rilievi dattiloscopici. Le impronte digitali – raccolte con un artificio dal magistrato inquirente – furono però dichiarate processualmente inutilizzabili, oltre a lasciare dubbi sulla loro validità probatoria (sia il bicchiere di carta su cui erano state prelevate le impronte, sia l’anonimo con cui furono confrontate, erano alquanto deteriorati).
Una settimana dopo il fallito attentato, il C.S.M. decise la nomina di Falcone a procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica. Di Pisa, che tre mesi dopo davanti al C.S.M. avrebbe mosso gravi rilievi allo stesso Falcone sia sulla gestione dei pentiti che sull’operato, verrà poi assolto in Appello per non aver commesso il fatto.
Molti testimoni diretti dei fatti dell’Addaura morirono in circostanze sospette: Antonino Agostino, agente del SISDE, che si ipotizza lavorasse per proteggere Falcone, venne ucciso insieme alla moglie Ida Castelluccio il 5 agosto del 1989 da un commando in motocicletta; Emanuele Piazza, collega di Agostino al SISDE, venne ucciso per strangolamento dalla mafia il 15 marzo 1990; il microcriminale Francesco Paolo Gaeta, che quel giorno aveva casualmente assistito alle manovre militari intorno alla villa del giudice, venne ucciso a colpi di pistola il 2 settembre 1992; il mafioso Luigi Ilardo, informatore del colonnello dei carabinieri Michele Riccio – e che a questi aveva confidato di sapere che «a Palermo c’era un agente che faceva cose strane e si trovava sempre in posti strani. Aveva la faccia da mostro. Siamo venuti a sapere che era anche nei pressi di Villagrazia quando uccisero il poliziotto Agostino» – venne assassinato il 10 maggio 1996, qualche giorno prima di mettere a verbale le sue confessioni
Un eroe di “Un fatto umano”: Giovanni Falcone
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Nell’agosto 1989 iniziò a collaborare coi magistrati anche il mafioso Giuseppe Pellegriti, fornendo preziose informazioni sull’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, e rivelando al pubblico ministero Libero Mancuso di essere venuto a conoscenza, tramite il boss Nitto Santapaola, di fatti inediti sul ruolo del politico Salvo Lima negli omicidi di Piersanti Mattarella e Pio La Torre. Mancuso informò subito Falcone, che interrogò il pentito a sua volta, e, dopo due mesi di indagini, lo incriminò insieme ad Angelo Izzo, spiccando nei loro confronti due mandati di cattura per calunnia (poi annullati dal Tribunale della libertà in quanto essi erano già in carcere). Pellegriti, dopo l’incriminazione, ritrattò, attribuendo a Izzo di essere l’ispiratore delle accuse.
Lima e la corrente di Giulio Andreotti, erano spregiati dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e tutto il movimento antimafia, e l’incriminazione di Pellegriti venne vista come una sorta di cambiamento di rotta del giudice dopo il fallito attentato, tanto che ricevette nuove e dure critiche al suo operato da parte di esponenti come Carmine Mancuso, Alfredo Galasso e in maniera minore anche da Nando Dalla Chiesa, figlio del compianto generale. Gerardo Chiaromonte, presidente della Commissione Antimafia, scriverà poi, in riferimento al fallito attentato all’Addaura contro Falcone: «I seguaci di Orlando sostennero che era stato lo stesso Falcone a organizzare il tutto per farsi pubblicità».
Un eroe di “Un fatto umano”: Giovanni Falcone
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continuate a leggere la biografia di Giovanni Falcone da qui http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Falcone
“Un fatto umano” non si legge in un pomeriggio, come un normale fumetto. E nemmeno in un giorno. Mentre lo sfogli, ti soffermi sulle immagini, mediti sulle parole. Rifletti sui fatti. E’ un lavoro di grande fattura. Che è stato faticoso ed impegnativo lo so vede lontano un miglio.
Scusate l’intromissione, ma si dice il graphic novel (al maschile) o la graphic novel (al femminile)?
non saprei. mi sa che è come per il sesso degli angeli.
comunque sto seguendo il dibattito con vivo interesse.
@ Massimo Maugeri
1) La pubblicazione di Un fatto umano è stata il frutto di un lungo travaglio. Durante il cammino ci siamo confrontati con ogni tipo di difficoltà per la maggior parte non preventivate all’inizio. Dalla ricerca preliminare è scaturita una storia molto più complessa di quello che avevamo immaginato e abbiamo sudato parecchio per la stesura della sceneggiatura, l’uso del dialetto, la caratterizzazione dei personaggi, il lavoro sull’iconografia, la scelta di utilizzare l’acquerello, fino al lettering.
Sulla carta sembrava tutto facilmente gestibile ma è stato l’esatto contrario.
Non avendo avuto, però, per molto tempo, una scadenza da rispettare, abbiamo avuto anche la possibilità di metabolizzare i problemi che si sono man mano presentati a ogni fase della lavorazione, trovando ogni volta una soluzione che convincesse appieno tutti e tre noi autori.
2) Banalmente la prima cosa che mi viene in mente è che la soddisfazione è stata quella di avere il libro fra le mani dopo anni di lavoro e di vedere che, almeno dal nostro punto di vista, corrispondeva alle aspettative. Ma direi che la soddisfazione principale – e mi rendo conto di non essere originale neanche in seconda battuta – è sapere che ci sono dei lettori che apprezzano il libro. E’ bello sapere che ci sono delle persone che si sono appassionate a un’opera alla quale noi autori vogliamo un gran bene.
@ Valerio
Sono d’accordo. Non credo che un bambino leggerebbe una storia tanto lunga, cruda in alcuni passaggi, e di cui gli sfuggono i riferimenti. Il «lettore tipo» me lo immagino dai dodici anni in su.
@ Ausilio Bertoli
La risposta è: sì. Durante tutta la lavorazione abbiamo avuto ciclici tentennamenti, dubbi, ripensamenti e ci siamo sentito spesso inadeguati. Ma ogni volta alla fine ci siamo convinti a proseguire. Ritengo che questa sensazione ricorrente sia stata tutto sommato salutare e ci abbia costretto, per quanto possibile, a muoverci con più attenzione e consapevolezza.
Grazie. Mi fa piacere che le notizie da me inserite sull’opera dei pupi siano state gradite. Se posso, in mattinata, cercherò di fornire ulteriori contributi.
Dalle parole di Manfredi Giffone si evince un grande amore per il lavoro che i tre autori hanno compiuto per realizzare l’opera. La dimostrazione che il talento vero, insieme all’impegno, prima o poi danno frutti.
Qualche altro piccolo contributo sull’opera dei pupi.
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Filmato tratto dallo spettacolo: Agricane assedia il castello di Angelica, messo in scena dall’ass.La compagnia dei pupari Vaccaro Mauceri.
Teatro stabile sito in Via della giudecca 17/19 (nel centro storico di Ortigia)
http://www.youtube.com/watch?v=IGiM25l0ZYg
Dal teatro Cuticchio – Caltagirone
http://www.youtube.com/watch?v=xhVtHzZHUWU
Spettacolo realizzato dalla Marionettistica fratelli Napoli di Catania
http://www.youtube.com/watch?v=Y9oVTjcrNH4
Da TEATROARTE – CUTICCHIO premiata compagnia di Teatro dell’Opera dei Pupi Siciliani
http://www.youtube.com/watch?v=sjCeyaCxpjk
Ed ecco a voi MIMMO CUTICCHIO, presente anche in “Un fatto umano”
http://www.youtube.com/watch?v=vAdwEB5G2HQ&feature=related
Che bello, eh?
Guardateli questi video, amici. E’ cultura!
Magari nei prossimi giorni vi propongo altri link.
Ciaoooo! 🙂
Brava Margherita. Anche questi link sono utili. Una buona occasione per far conoscere il teatrino dei pupi a chi non ha mai potuto assistere a uno spettacolo dal vivo. Grazie.
Ciao a tutti. Volevo segnalare che, nel nuovo volume di Vittorio Spinazzola “Tirature 2012, ventunesima edizione” (autorevole annuario del mondo editoriale italiano in uscita ogni fine gennaio dal Saggiatore/Fondazione Mondadori) si parla in termini molto lusinghieri di «Graphic novel». Per descriverlo si parla di «età adulta del fumetto» salutata. Per il critico Goffredo Fofi, è «l’unica forma d’arte figlia del nostro secolo». Ci sono tanti dossier.
non ho letto il pezzo di g. fofi su tirature 2012, ma quella sua frase riportata da mirko mi pare un tantino esagerata.
belli i link di margherita, ribattezzata come margie. abbiamo anche conosciuto mimmo cuticchio. ben fatto!
Va bene, visto che vi è piaciuto vi somministro altri link….. da cliccare prima o dopo i pasti, non importa 🙂
Altro spettacolo dell’opera dei pupi messo in scena dall’ass.La compagnia dei pupari Vaccaro-Mauceri di Siracusa
http://www.youtube.com/watch?v=doUTHPerppE
un minidocumentario sui pupi siciliani
http://www.youtube.com/watch?v=R9KuTbtfNHU
la parte seconda del documentario
http://www.youtube.com/watch?v=gI3fhN5Vff0
Passo e chiudo. Ciao.
Margie.
Margherita, sommando tutti i link che hai messo qui ne viene fuori un ricco e bel documentario.
Per chi possiede il talento di matite e pennelli, ovvero l’arte del disegno, è davvero difficile tradurre le parole in immagini: significa fissare qualcosa che nel pensiero narrativo si muove velocemente, in un certo senso il passo è molto vicino alla sequenza di un film, si racconta una storia con una sequenza di immagini dove s’identifica uno stile, un tratto, per esempio nel caso de “Un fatto umano” dei bravi genovesi, il colpo di genio è la caratterizzazione dei personaggi attraverso l’animalità dei volti; anche il bianco e nero si presta alla drammaticità dei toni.
Trovo un pò inquetante il passaggio dalla storia di mafia all’opera dei pupi siciliana: il manovratore delle storie, il puparo che, nelle rappresentazioni scaniche, non appare quasi mai, ogni tanto si scorgono mani che azionano i fili dall’alto. Non me ne vogliate, so bene che l’analogia fra l’antica tradizione siciliana (le vicende di questi personaggi vengono persino dipinte sui carretti dipinti a mano) e l’orrendo fenomeno di mafia sono due aspetti differenti della mia regione, ma in un certo senso sto puparo mi inqueta….
saluti
Rossella
Per chi possiede il talento di matite e pennelli, ovvero l’arte del disegno, è davvero difficile tradurre le parole in immagini: significa fissare qualcosa che nel pensiero narrativo si muove velocemente, in un certo senso il passo è molto vicino alla sequenza di un film, si racconta una storia con una sequenza di immagini dove s’identifica uno stile, un tratto, per esempio nel caso de “Un fatto umano” dei bravi genovesi, il colpo di genio è la caratterizzazione dei personaggi attraverso l’animalità dei volti; anche il bianco e nero si presta alla drammaticità dei toni.
Trovo un pò inquetante il passaggio dalla storia di mafia all’opera dei pupi siciliana: il manovratore delle storie, il puparo che, nelle rappresentazioni scaniche, non appare quasi mai, ogni tanto si scorgono mani che azionano i fili dall’alto. Non me ne vogliate, so bene che l’analogia fra l’antica tradizione siciliana (le vicende di questi personaggi vengono persino dipinte sui carretti dipinti a mano) e l’orrendo fenomeno di mafia sono due aspetti differenti della mia regione, ma in un certo senso sto puparo mi inqueta….
saluti
Rossella
Cari amici, ringrazio ancora una volta tutti voi per la vostra partecipazione.
Ancora una volta, un grazie speciale a Manfredi Giffone per le sue risposte.
Ne approfitto per ringraziare e salutare i nuovi intervenuti: Loretta, Ausilio Bertoli, Valerio, Amelia Corsi, Alessandra…
E grazie anche a: Maria Lucia Riccioli, a Margherita (per i suoi link “pupari”), a chi ha introdotto la biografia di Giovanni Falcone (ma ci sono anche altri protagonisti di “Un fatto umano”…
Saluti e ringraziamenti anche per: Ricky, Valentina Farina, Giacomo Tessani.
Grazie anche a Rossella Grasso per la sua opinione (Rossella è una pittrice e, dunque, una profonda conoscitrice dell’ “arte dell’immagine”).
@ Manfredi Giffone
Altre due domande, caro Manfredi…
1. Data la vastità della storia, avete mai pensatodi realizzare una versione ad episodi (con tavole e vignette in più) con pubblicazioni periodiche (da vendere nelle edicole e librerie)?
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2. Stai lavorando a un nuovo progetto?
@ Ricky
Domandi: “Scusate l’intromissione, ma si dice il graphic novel (al maschile) o la graphic novel (al femminile)?”
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Caro Ricky, ti rispondo riportandoti quanto scritto su Wikipedia Italia sull’argomento…
“Il termine graphic novel nell’uso italiano viene comunemente flesso al femminile per assonanza con novella; in realtà l’inglese “novel” è un termine neutro la cui traduzione corretta è romanzo, per cui la traduzione letterale in italiano risulta “romanzo grafico” (anche se è più diffusa l’espressione “romanzo a fumetti”). Di conseguenza, “graphic novel” andrebbe flesso al maschile come indicato dall’Accademia della Crusca. Ma non tutti gli studiosi di fumetto condividono la posizione dell’Accademia della Crusca, in particolare Daniele Barbieri scrive che «L’espressione graphic novel è entrata nell’italiano attraverso il suo uso al femminile: la graphic novel. Ci sarà anche un errore alla base di questo uso, ma è l’uso che fa la regola, e non viceversa.».”
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Trovi dettagli qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Romanzo_grafico
A proposito di “graphic novel”, utilizzando sempre Wikipedia, riporto questo passaggio sulla storia del cosiddetto “romanzo grafico” (meglio “graphic novel”, secondo me).
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“Una tra le prime storie a fumetti ad autodefinirsi romanzo a fumetti fu Contratto con Dio, pubblicata da Will Eisner nel 1978 (la prima ad usare il termine “graphic novel” è però Bloodstar di Richard Corben del 1975), ma la nascita vera e propria del genere è da farsi risalire a tempi più lontani, considerando solo che nel 1967 Hugo Pratt già aveva pubblicato Una ballata del mare salato, opera prima della serie delle avventure di Corto Maltese, considerata un vero e proprio “romanzo a fumetti”. Autori di graphic novel possono considerarsi, ad esempio, Alan Moore e Jiro Taniguchi.
Nel corso degli anni molti stilemi di questo genere, come lo spessore narrativo e la caratterizzazione psicologica dei personaggi, hanno profondamente influenzato tutto il panorama fumettistico, segnandone la crescita artistica. È una tipologia di fumetto molto curata e lavorata, in cui viene utilizzata tipologia di carta più pregiata rispetto ai classici fumetti. La sua distribuzione avviene in genere nelle librerie e non (o non solo) nelle edicole”.
http://it.wikipedia.org/wiki/Romanzo_grafico
A questo punto vorrei allargare la discussione sui (o sulle, come preferite) “graphic novel” invitando a partecipare alla discussione gli autori di altri due libri…
Il primo libro si intitola “Psicometrica” ed è pubblicato dalla casa editrice Verbavolant.
Trovate informazioni qui: http://letteratitudinenews.wordpress.com/2012/01/10/fausta-di-falco-e-verbavolant/
So che, a partire da lunedì prossimo, interverrà l’editrice Fausta Di Falco (in questi giorni impegnata in una fiera del libro).
Spero che riusciranno a partecipare anche i due autori: Simone Brusca e Giacomo Pilato.
Mi piacerebbe che ci raccontaste la storia (la “genesi”) di questo vostro libro…
http://www.ibs.it/code/9788889122280/pilato-giacomo-brusca-simone/psicometrica-memorie-da-un.html
…e qual è la vostra opinione sui (o sulle) “graphic novel”.
L’altro libro si intitola “L’elmo e la rivolta” (edito da Comma 22). I due autori sono Giuseppe Palumbo e Luciano Curreri.
Trovate informazioni qui: http://letteratitudinenews.wordpress.com/2012/01/10/lelmo-e-la-rivolta-di-giuseppe-palumbo-e-luciano-curreri/
So che dovrebbe partecipare alla discussione Giuseppe Palumbo.
Anche a Giuseppe chiedo di raccontare qualcosa su “L’elmo e la rivolta” (come nasce… qualche info ulteriore sui contenuti)…
http://www.ibs.it/code/9788865030752/palumbo-giuseppe-curreri-luciano/elmo-e-la-rivolta.html
… e l’opinione sui (o sulle) “graphic novel”.
Per il momento chiudo qui, augurando a tutti voi una serena notte.
Ciao. Ho seguito il dibattito con vivo interesse. Secondo me “Un fatto umano” bisognerebbe farlo circolare molto nelle scuole, magari con qualche progetto. Chiedo a Manfredi Giffone se è stato fatto qualcosa in tal senso.
Un eroe di “Un fatto umano”: Paolo Borsellino
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« Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore solo una volta. »
(Paolo Borsellino)
Paolo Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano, vittima della mafia. È considerato un eroe italiano, come Giovanni Falcone, di cui fu amico e collega.
Un eroe di “Un fatto umano”: Paolo Borsellino
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Figlio di Diego e di Maria Lepanto, Paolo Emanuele Borsellino nacque a Palermo nel quartiere popolare La Kalsa, in cui vivevano tra gli altri anche Giovanni Falcone e Tommaso Buscetta. La famiglia di Paolo era composta dalla sorella maggiore Adele (1938-2011), il fratello minore Salvatore (1942) e l’ultimogenita Rita (1945).
Dopo aver frequentato le scuole dell’obbligo Borsellino si iscrisse al liceo classico “Giovanni Meli” di Palermo. Durante gli anni del liceo diventò direttore del giornale studentesco “Agorà”. Nel giugno del 1958 si diplomò.
L’11 settembre 1958 si iscrisse a Giurisprudenza a Palermo con numero di matricola 2301. Dopo una rissa tra studenti “neri” e “rossi” finì erroneamente anche lui di fronte al magistrato Cesare Terranova, cui dichiarò la propria estraneità ai fatti. Il giudice sentenziò che Borsellino non era implicato nell’episodio. Proveniente da una famiglia con simpatie politiche di destra, nel 1959 si iscrisse al Fronte Universitario d’Azione Nazionale, organizzazione degli universitari missini di cui divenne membro dell’esecutivo provinciale, e fu eletto come rappresentante studentesco nella lista del FUAN “Fanalino” di Palermo.
Il 27 giugno 1962, all’età di ventidue anni, Borsellino si laureò con 110 e lode con una tesi su “Il fine dell’azione delittuosa” con relatore il professor Giovanni Musotto. Pochi giorni dopo, a causa di una malattia, suo padre morì all’età di cinquantadue anni. Borsellino si impegnò allora con l’ordine dei farmacisti a mantenere attiva la farmacia del padre fino al raggiungimento della laurea in farmacia della sorella Rita. Durante questo periodo la farmacia fu data in gestione per un affitto bassissimo, 120.000 lire al mese e la famiglia Borsellino fu costretta a gravi rinunce e sacrifici. A Paolo fu concesso l’esonero dal servizio militare poiché egli risultava “unico sostentamento della famiglia”.
Nel 1967 Rita si laureò in farmacia e il primo stipendio da magistrato di Paolo servì a pagare la tassa governativa.
Il 23 dicembre 1968 sposò Agnese Piraino Leto, figlia di Angelo Piraino Leto, a quel tempo magistrato, presidente del tribunale di Palermo. Dalla moglie Agnese ebbe tre figli: Lucia, Manfredi e Fiammetta.
« L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati. »
(Paolo Borsellino, Istituto Tecnico Professionale di Bassano del Grappa 26/01/1989)
Nel 1963 Borsellino partecipò al concorso per entrare in magistratura; classificatosi venticinquesimo sui 171 posti messi a bando, con il voto di 57, divenne il più giovane magistrato d’Italia. Iniziò quindi il tirocinio come uditore giudiziario e lo terminò il 14 settembre 1965 quando venne assegnato al tribunale di Enna nella sezione civile. Nel 1967 fu nominato pretore a Mazara del Vallo. Nel 1969 fu pretore a Monreale, dove lavorò insieme ad Emanuele Basile, capitano dei Carabinieri. Proprio qui ebbe modo di conoscere per la prima volta la nascente mafia dei corleonesi.
Il 21 marzo 1975 fu trasferito a Palermo ed il 14 luglio entrò nell’ufficio istruzione affari penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con Chinnici si stabilì un rapporto, più tardi descritto dalla sorella Rita Borsellino e da Caterina Chinnici, figlia del capo dell’Ufficio, come di “adozione” non soltanto professionale. La vicinanza che si stabilì fra i due uomini e le rispettive famiglie fu intensa e fu al giovane Paolo che Chinnici affidò la figlia, che abbracciava anch’essa quella carriera, in una sorta di tirocinio. Nel febbraio 1980 Borsellino fece arrestare i primi sei mafiosi tra cui Giulio Di Carlo e Andrea Di Carlo legati a Leoluca Bagarella. Grazie all’indagine condotta da Basile e Borsellino sugli appalti truccati a Palermo a favore degli esponenti di Cosa Nostra si scopre il fidanzamento tra Leoluca Bagarella e Vincenza Marchese sorella di Antonino Marchese, altro importante Boss. Il 4 maggio 1980 Emanuele Basile fu assassinato e fu decisa l’assegnazione di una scorta alla famiglia Borsellino.
Leggete il resto della biografia di Paolo Borsellino su wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Borsellino
@ Massimo Maugeri
1) Quando il lavoro era ancora in fase di progettazione e non avevamo un editore eravamo entrati in contatto con una rivista che aveva intenzione di pubblicare la storia a puntate ma alla fine non se ne fece nulla per cause di forza maggiore.
Al momento non abbiamo ricevuto proposte per una eventuale pubblicazione a puntate e credo che la cosa sarebbe difficile da realizzare ora che la storia è stata concepita in un volume unico.
2) Per adesso tutti e tre noi autori ci stiamo dedicando il più possibile alla promozione del libro ed è un’attività che ci tiene abbastanza impegnati. Personalmente la voglia di rimettermi al lavoro non manca ma non ho ancora le idee abbastanza chiare per sapere a cosa mi dedicherò da qui a qualche mese e credo che molto dipenderà anche dalle sorti editoriali di Un fatto umano.
@ Jessie
Sì, stiamo lavorando anche per cercare di portare il libro nelle scuole e in questo siamo coadiuvati dalla Fondazione Progetto Legalità che si occupa di educazione alla legalità e che ha concesso il patrocinio alla pubblicazione del volume.
però l’idea della pubblicazione a puntate non è male. magari invece di una rivista si potrebbe pensare ad un editore di fumetti, tipo sergio bonelli. “un fatto umano” potrebbe essere una miniserie con un numero di uscite predefinite. qualcosa alla ken parker, per fare un esempio.
io ci penserei.
Buonasera, saluto Massimo Maugeri e lo ringrazio per l’invito a partecipare a questo significativo e nutrito forum, a nome mio e di Luciano Curreri. E salutiamo entrambi tutti i partecipanti che vorranno dialogare (e criticare) il nostro libro: “L’elmo e la rivolta” edito da Comma22. Per incuriosire chi non lo abbia ancora letto, vorrei provare a definirlo: è uno dei pochi esperimenti di “saggio grafico” o graphic essai per affiancarlo e distinguerlo allo stesso tempo dai graphic novel, oggetto di questa discussione.
Ringrazio Jessie per il suo intervento e Manfredi per le sue risposte.
Ne approfitto per dare il benvenuto a Giuseppe Palumbo.
Caro Giuseppe, nei commenti sopra ho inserito un link a un post contenente qualche informazione sul vostro “L’elmo e la rivolta” e su voi autori.
Ti inviterei a fornirci qualche altra informazione sia sulla genesi del libro, sia sui contenuti.
Inoltre… c’è la possibilità di visionare qualche tavola on line?
@ Giuseppe Palumbo
A proposito di graphic essai (o “saggi grafici”)… scrivi che è uno dei pochi esperimenti di “saggio grafico” o graphic essai.
Ci sono altri casi, che tu sappia, qui in Italia? E all’estero?
E a chi è venuta per prima l’idea di realizzarlo? A te o a Luciano?
Insomma, raccontateci qualcosa…
Per oggi devo chiudere qui.
Ne approfitto per augurare a tutti una buona serata!
Un eroe di “Un fatto umano”: Francesca Morvillo
http://it.wikipedia.org/wiki/Francesca_Morvillo
Un eroe di “Un fatto umano”: Cesare Terranova
http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Terranova
Un eroe di “Un fatto umano”: Boris Giuliano
http://it.wikipedia.org/wiki/Boris_Giuliano
@Massimo Maugeri
Buongiorno. Scusate per l’interruzione di ieri, ma i miei post non venivano salvati… strano. Altri esempi di “saggio grafico” potrebbero essere “Capire il fumetto” di Scott McCloud, che però resta nello specifico “fumetto”, o “Kafka” disegnato da Robert Crumb su testi di David Zane Mairowitz, che attraversa l’opera e la vita di Kafka attraverso testi illustrati e sequenze a fumetti. Ma esempi di ricostruzioni biografiche a fumetti ce ne sono a bizzeffe, per non parlare di fumetti di ricostruzione di eventi storici. Qui abbiamo tentato qualcosa di diverso. Già nel 2005, con il collettivo Action30 (www.action30.it/blog), che indaga sulle nuove forme di razzismo e di fascismo dei nostri giorni, avevo avviato un esperimento, tuttora in corso, di mix tra filosofia e politica, fumetto e video, musica e fotografia, che avevamo definito graphic essai, per le edizioni, e performance-dibattito nella sua versione live. Nel 2006, Luciano Curreri ci invita al CIPA, Centre Interdisciplinaire de Poétique Appliquée, per presentare la nostra prima performance-dibattito e le nostre prime edizioni. Fu l’occasione per rinnovare il sodalizio che già si era creato tra me e Luciano e gettò le basi di una duratura collaborazione, sfociata poi nella proposta, fattami nel 2010, da Luciano, di rendere a fumetti il suo saggio storico-critico “L’elmo e la rivolta”. L’idea era di incrociare le competenze e la passioni e di mixarle, non di sovrapporle l’una all’altra: un autore di fumetti e un autore di saggi, nel pieno rispetto dell’uno e dell’altro…
@Massimo Maugeri
Tavole OnLine: no per adesso nessuna pagina del libro è leggibile in rete, ma mi sto attivando per farlo magari su Issuu. Giusto un estratto di cui poi vi darò link.
I contenuti: Scipione e Spartaco e il surplus mitico, creatosi tra Otto e Novecento, potrei dire con la nascita del sistema economico industriale, intorno a queste due figure della storia romana. Un surplus che permette ai due, se vogliamo, protagonisti del libro, di raccontarci molto di noi e della nostra storia. E Luciano, e io con lui, lo ha fatto attraverso scorribande tra fonti storiche, letteratura critica e di invenzione, tra cinema e danza. Quando ho letto per la prima volta il testo, ho capito che poteva essere una grande prova di traduzione per immagini, che mi avrebbe permesso di disegnare nello stesso libro una enorme varietà di situazioni, di costumi e di personaggi. Quasi un sogno, come essere al cinema. Come vedere “Uccellacci e uccellini” di Pier Paolo Pasolini. E infatti è stato quel film il motore: nella struttura di quel film, ho trovato la chiave di lettura per immagini del nostro libro.
Gentile Giuseppe Palumbo, faccio tanti auguri a lei ed a Luciano Curreri per questo vostro lavoro che pare davvero molto interessante. Nemmeno sapevo che esistessero le graphic issue.
Ci dica qualche altra cosa in più sul modo in cui avete lavorato insieme.
@ Manfredi Giffone
Credo sia importantissimo andare in giro per le scuole e svolgere attività di sensibilizzazione nei confronti dei ragazzi.
Da cittadina mi sento tanto di ringraziarti, e di ringraziare il Progetto Legalità per il supporto e il patrocinio.
@Amelia Corsi
Cara Amelia, il fare fumetti è un mestiere per lo più solitario. Si passano intere settimane al proprio tavolo a confrontarsi con un testo scritto, quasi come se fosse un copione di cui tu devi sviscerare la regia, capire come far recitare gli attori, interpretare quei ruoli, immaginare le scenografie, il design, i costumi… Tutto in solitario e intimamente. Così è stato anche con Luciano; lui ha scritto il testo e poi io l’ho visualizzato. Solo dopo lui è intervenuto a correggerlo in alcuni punti, a verificarne le funzionalità e soprattutto, poi, a redigere la Postilla Bibliografica, che dopo tante immagini rivela tutto lo spessore della ricerca che sta dietro il suo testo e apre nuove possibilità di indagine e riflessione. Come in “Uccellacci e uccellini”, anche ne “L’elmo e la rivolta” c’è un corvo narratore. Così ne parla il Curreri stesso, in una intervista: “Se volete, l’autore di fumetti ha creduto in quel corvaccio che è l’autore del saggio ma ha usato, per l’appunto, un corvo, pasoliniano, che è il racconto, certo, ma anche il saggio, perché il saggio è il racconto. Poi, come corvo, a me è toccato morire, come è giusto che sia, mentre i personaggi continueranno a vivere. La vendetta dell’autore di saggi, se volete, è postuma, ed è la Postilla bibliografica: 5 fitte pagine in cui il corvo saccente torna a parlare, in un certo senso.” In ogni caso questo entrambi lo consideriamo un esperimento che magari in futuro, potrà rivoluzionare anche il mio/nostro modo di lavorare in funzione di esso.
Grazie tante per la risposta e i migliori in bocca al lupo per questo vostro lavoro.
per chi voglia sfogliare qualche pagina del libro:
http://issuu.com/giuseppepalumbo/docs/elmorivoltalow
Molto bello. La ringrazio. 🙂
Buona sera. Forse intervengo un po’ tardi, dato che la discussione è già partita da qualche giorno, però ci tenevo a fare tanti complimenti a Manfredi Giffone ed agli altri coautori di “Un fatto umano”.
Ho visto i link della parte finale del thread sui gli altri due libri : “Psicometrica” e “L’elmo e la rivolta”. Complimenti anche a loro.
Spero di intervenire in maniera più copiosa nei prossimi giorni e di rispondere alle domande di Massimo, che saluto.
@ Giuseppe Palumbo
Disegni anche Diabolik, o sbaglio?
(Diabolik è una mia vecchia fiamma fumettistica).
Buon sabato.
@Leo
Sì disegno Diabolik da 10 anni… Mi interessa il linguaggio dei fumetti in tutta la sua gamma di espressioni.
Diabolik è uno dei classici del fumetto italiano. A me piace davvero tanto.
E sì che sei uno dei disegnatori. Nell’elenco wikipedia ci sei anche tu http://it.wikipedia.org/wiki/Diabolik_%28fumetto%29
Complimenti!
Ringrazio ancora una volta Manfredi Giffone per le sue risposte…
E ringrazio pure Giuseppe Palumbo per le sue risposte e per il link segnalato (complimenti per le belle tavole!).
@ Manfredi Giffone e Giuseppe Palumbo
Vi invito (se vi va) a fornire ulteriori informazioni sulle vostre rispettive opere.
Inoltre, sarebbe bello se poteste interagire.
Ma è solo un invito (dunque, sentitevi liberi… ovviamente). 😉
@ Leo
Grazie per la tua partecipazione. Le tue risposte saranno le benvenute!
@Massimo Maugeri
Buonasera, sono pronto a interagire. Speravo di aver destato un po’ di curiosità e di domande come quelle di Amelia… In ogni caso, ecco un altro spunto che da l’idea di come è strutturato il libro:
intorno al testo scritto da Curreri, ho inserito elementi narrativi che vanno a costruire una struttura, un teatro dentro il quale il saggio si muove, entra ed esce, tenendo avvinghiato il lettore anche lì dove il testo si fa più speculativo, errante. Per ottenere ciò, il linguaggio dei fumetti, se vogliamo arte sequenziale, come Will Eisner e Scott McCloud l’hanno definita, offre le sue potenzialità, in particolare la sua capacità di organizzazione del saggio critico in sequenze visive e testuali, vere e proprie catene di senso in cui alle volte sono le immagini a illustrare il testo, alle volte tocca alle parole illustrare le immagini. Spartaco e Scipione (e Annibale) diventano due attori di questo teatro e il corvo guida il viaggio, corvo in cui Curreri si è riconosciuto dicendo “Se volete, l’autore di fumetti ha creduto in quel corvaccio che è l’autore del saggio ma ha usato, per l’appunto, un corvo, pasoliniano, che è il racconto, certo, ma anche il saggio, perché il saggio è il racconto. Poi, come corvo, a me è toccato morire, come è giusto che sia, mentre i personaggi continueranno a vivere. La vendetta dell’autore di saggi, se volete, è postuma, ed è la Postilla bibliografica: 5 fitte pagine in cui il corvo saccente torna a parlare, in un certo senso.”
@ Giuseppe Palumbo
Questo tuo ulteriore post dà notizie importanti sull’opera. Mi chiedevo infatti come fosse possibile tracciare un saggio attraverso il fumetto.
@Leo
grazie Leo; adesso poi che qualche pagina del libro l’hai vista, puoi capire anche meglio il senso del mio post e dell’intero volume. Se hai altre curiosità, chiedi pure…
Grazie ancora a tutti per i complimenti. Su Un fatto umano mi pare si sia detto abbastanza e non mi sento di aggiungere altro di mio, anche se resto comunque disponibile a rispondere a qualsiasi intervento. E naturalmente sono prontissimo a interagire con l’ottimo Palumbo.
@ Manfredi Giffone e Giuseppe Palumbo
Sarebbe bello se vi poneste domande sulle vostre opere, magari confrontando le “modalità operative”.
Io ci provo. 🙂
@Manfredi Giffone, Amelia Corsi
Provo, allora, a lanciare un tema, non avendo letto il libro del mio collega. In questa, come in precedenti situazioni, per esempio presentando i graphic novel realizzati in coppia con Massimo Carlotto (“Tomka”, Rizzoli) e con Giancarlo De Cataldo (“Un sogno turco”, BUR), mi sono trovato a confrontarmi con un pubblico non abituato a leggere fumetti, che addirittura non aveva mai letto fumetti, e che si accostava alla lettura di quei fumetti o graphic novel essendo, magari, lettori abituali di Carlotto o De Cataldo. Molti mi hanno comunicato la loro difficoltà nella lettura, la loro inadeguatezza a quel tipo di lettura. Avevano scoperto un nuovo modo di leggere i loro scrittori preferiti; io avevo scoperto un pubblico vergine. Insomma, mi chiedevano consigli su come leggere. Io ho proposto in quelle occasioni e lo ribadisco ancora più fortemente con Curreri presentando “L’elmo e la rivolta”, tre momenti di lettura: uno dedicato al testo, in cui magari il disegno scompare; uno dedicato al disegno, scorrendo soltanto il testo, già noto; solo alla terza lettura, il libro si rivelerà nella sua complessa struttura, contemporaneamente. Molti pensano che i fumetti siano una lettura per ragazzi; leggere i fumetti può diventare anche una bella avventura per menti adulte. Che ne pensate?
Mi pare una bellissima proposta, Giuseppe (e passo a darti del tu). 🙂
Credo che io stessa utilizzerò questo tipo di approccio, non essendo una lettrice di fumetti.
Sottoscrivo le parole di Amelia (delle 4:14 pm), con l’invito rivolto a Manfredi e a Giuseppe. 😉
L’anonimo si chiama Margherita. Ciao 🙂
Ottimo il metodo proposto da Giuseppe Palumbo.
Cari Manfredi e Giuseppe,
grazie per aver accolto il mio invito a interagire.
Ho rilanciato su facebook la metodologia di lettura dei graphic novel proposta da Giuseppe.
@ Giuseppe Palumbo
Potrei invitare Massimo Carlotto per farci raccontare (in breve) come è stata la sua esperienza con “Tomka”.
Che ne dici?
@ Giuseppe Palumbo, Amelia Corsi, Massimo Maugeri
Penso che da bambini quasi tutti abbiano letto almeno un fumetto. E’ probabile che una poca confidenza con il mezzo crei delle difficoltà di lettura, anche se mi è capitato di sentire alcune persone che, pur non avendo mai letto un fumetto (almeno dai Topolino della loro infanzia, appunto), si sono trovati a leggerne senza lamentare alcuna.
Insieme ai coautori Fabrizio e Alessandro ci siamo posti questo problema in fase di lavorazione.
Personalmente ho insistito molto perché i testi, le famose nuvolette, fossero sistemati in modo tale da agevolare il più possibile il normale verso di lettura. Il nostro un fumetto abbastanza classico come struttura, senza particolari invenzioni della composizione della pagina, e dunque il bilanciamento testo-disegni è stato abbastanza gestibile.
Nella maggior parte delle tavole, anzi, la prima cosa che è abbiamo definito è stato il posizionamento dei testi e in base a quello Alessandro e Fabrizio hanno poi creati poi i disegni. Non ho però conferme se questa attenzione abbia prodotto un fumetto più o meno fruibile per un lettore non abituale.
Come lettore in un fumetto mi piace che la lettura sia scorrevole, che il ritmo della storia non abbia intoppi dovuti a una eccessiva verbosità o a una gratuita dimostrazione di talento nel disegno; insomma, che ci sia un equilibrio, un’armonia delle parti che ti fa arrivare fino in fondo senza che l’attenzione si concentri su un aspetto piuttosto che un altro.
@Manfredi Giffone, Massimo Maugeri, Amelia Corsi
Il suggerimento sulla modalità di lettura che ho suggerito lo considero applicabile solo in casi particolari, nel caso di lettori non “fumetto-alfabetizzati” (ce ne sono moltissimi ed è gente che legge molto) o nel caso di letture “difficili”, impegnative, come nel caso del nostro “saggio grafico”. Per il resto, la regola è quella tracciata da Manfredi. Se Diabolik o altri miei fumetti, non la rispettassero sarebbe un disastro. Stiamo invece parlando di esperimenti o nel migliore dei casi di testi e di immagini di particolare complessità, che richiedono un lettore sempre vigile, magari disposto a fermarsi nelle lettura per approfondirla.
@Massimo Maugeri
Puoi provare con Carlotto; ha accumulato, tra me, Igort e altre produzioni, una certa esperienza col mondo dei fumetti. Se ha tempo…
Ho letto il dibattito un po’ a saltare. Bello.
Mi piace anche questa parte finale con lo scambio di battute tra Giffone e Palumbo.
Penso che mettere insieme parole ed immagini non è facile. Bisogna avere un grande equilibrio. Dosarle in maniera perfetta.
Penso di inviare un ordine di acquisto per ‘Un fatto umano’, ‘L’elmo e la rivolta’ e ‘Psicometrica’. Scorpacciata di parole ed immagini. Ciao.
@ Riccardo Sanno
Grazie per i tuoi commenti, Riccardo.
E grazie, ancora una volta, a Giuseppe Palumbo e Manfredi Giffone.
Non ho ancora avuto il tempo di contattare Massimo Carlotto, ma spero di riuscire a farlo…
Spero pure che questo dibattito abbia ancora qualcosa da offrire.
Vedremo!
In ogni caso, grazie di cuore a tutti coloro che sono intervenuti finora. 😉
Oggi ricorre il giorno della nascita di Paolo Borsellino. Mi sembra giusto ricordarlo qui.
Lo scrivo meglio.
Il 19 gennaio 1940, a Palermo, nasceva Paolo Borsellino.
it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Borsellino
http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Borsellino
http://www.youtube.com/watch?v=NL0trFpyxOA
Grazie, Viviana!
Ci tenevo a segnalare che la puntata di Fahrenheit (Radio Rai Tre) del 20/01/2012 è stata dedicata a “Un Fatto umano” (nello spazio “libro del giorno”): http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_libro.cfm?Q_EV_ID=327279
Sono uno sceneggiatore a fumetti all’esordio, e, anche se la cosa non è automatica, sono anche un cultore del fumetto dagli albori (Little Nemo) a oggi. Ho un ottimo rapporto quindi con i fumetti e i Graphic Novel, che hanno una straordinaria forza di coinvolgimento del lettore e quindi si prestano bene a temi di grande umanità come questo. Il vantaggio del fumetto rispetto alla narrazione in generale è appunto il coinvolgimento, quindi la complicità con la storia del lettore, chiamato a integrare ciò che gli autori non mostrano tra una vignetta e l’altra con la propria fantasia. Il lettore viene dunque invitato a completare la storia e a parteciparvi, a prendervi parte, personalmente, caratteristica peculiare e unica del fumetto, definito per questo da Eisner, Arte Sequenziale. Mi unisco anch’io ai complimenti per l’opera di Giffone, Longo e Parodi. Mi è caro ricordare anche il fumetto di Claudio Stassi, “Per questo mi chiamo Giovanni”, tratto dall’omonimo libro. Vorrei fare inoltre una domanda a Manfredi: da cosa è scaturita la scelta di disegnare personaggi teriomorfi, non vi ha spaventato il confronto con Maus, in cui la scelta degli animali era limitata a poche specie?
Per concludere, conosco abbastanza bene la storia del pool antimafia e sono un amante dell’opera dei pupi grazie a mia madre, che mi portava al festival di Morgana quando ero piccolo.
Ringrazio Manfredi della risposta che spero mi darà,
un saluto a tutti,
Simone Brusca
Eccomi, scusate il ritardo…
Io ho cominciato da poco a “farmi una cultura” di fumetti. E’ pur vero che ho imparato a leggere con “Topolino”…
Ho una piccola casa editrice, la VerbaVolant edizioni, e abbiamo deciso di aprire una collana dedicata al graphic novel. L’idea è nata dalla mia amicizia con Simone Brusca che invece di fumetti ne sa un bel po’ e che ha sceneggiato il nostro primo fumetto, “Psicometrica”.
Ho deciso di lanciarmi in questo mondo appassionante per due ragioni.
I fumetti uniscono due mie passioni: arte e letteratura;
Puoi raccontare a fumetti storie importanti e impegnative rendendole accessibili anche a un pubblico più giovane e magari meno abituato a letture impegnative. L’ho visto perfettamente con Psicometrica: dei ragazzi di 15/16 anni difficilmente leggerebbero 150 pagine di un saggio sopra lo sfruttamento dei lavoratori, ma il fumetto lo leggono e anche volentieri!
Per questo l’operazione condotta da Einaudi mi sembra interessante. Il graphic non l’ho ancora letto comunque.
@ Simone Brusca
Grazie a te per essere intervenuto nella discussione.
L’antropomorfismo è stata una scelta dettata da diverse esigenze. Da una parte avendo circa duecento personaggi da gestire, fra principali e secondari, avevamo la necessità di renderli molto riconoscibili per evitare che il lettore fosse disorientato. Ma soprattutto utilizzare degli animali ci ha permesso di rendere chiaro a un primo sguardo il carattere base dei vari personaggi man mano che entrano in scena.
Non abbiamo avuto timori reverenziali nei confronti di Spiegelman perché, pur essendo un punto di riferimento naturale, non avevamo la pretesa di realizzare un Maus italiano. Se abbiamo usato una soluzione del genere è stato possibile solo perché, oltre a essere una caratteristica classico dei fumetti fin dagli esordi, è stato usato in modo diffuso ed efficace da molti autori, da Dave Sim fino a Canales e Guarnido. Quindi, da questo punto di vista, ci siamo buttati al lavoro a cuor leggero e speriamo di aver fatto del nostro meglio.
@ Fausta
Benvenuta su Letteratitudine, cara Fausta. Grazie per il tuo intervento.
Ne approfitto per dare il benvenuto anche a Simone Brusca (disegnatore di “Psicometrica”).
Grazie per il tuo intervento, Simone…
E grazie anche a Manfredi per la risposta che ha dato alla tua domanda.
A tutti voi, una serena notte.
Dopo la guerra il teatro ritornò a villa Magnesia con “l’Opera dei Pupi”. Ricordo Morgante in battaglia al campo nemico circondato dai Saraceni:
“E tutto il campo a furia sollevossi,
ognuno addosso al gigante cacciossi…”
Sulla trama del Morgante si trascinava al patibolo, dopo Mussolini, anche Stalin. La scena era quella di Astolfo del Cap.XI:
“Ma il manigoldo tuttavia punzecchia
ed or col piede, or col pugno lo picchia
quando nel volto e quando nell’orecchia”….
Non mancavano gli sviluppi elagiaci le nostalgie , le speranze ,gli amori:
“Guardava Antea quei cavalieri armati…”
Non so se sugli adulti, l’Opera dei Pupi avesse un effetto catartico, è certo però che attraverso essa si potevano depurare le gelosie, i tradimenti, le invidie…..”
(Da” Alla corte del nonno masticando liquirizia” ed. Agemina Firenze)
Quello che da piccoli si è visto all’Opera dei Pupi non si dimentica mai.
A tutti ed a te, Massimo e famiglia, Auguri di una buona e lieta Pasqua 2012.