Una casa editrice musicale: RueBallu
Conversazione con Gae Pisani
In collegamento con il forum di Letteratitudine dedicato a “Letteratura e musica“
a cura di Claudio Morandini
RueBallu è una piccola e coraggiosa casa editrice palermitana che dal 2007 pubblica testi di letteratura musicale, inseriti in collane dedicate a biografie, testimonianze, didattica o narrativa anche per ragazzi, e presenta un bel catalogo di titoli per niente ovvi. Abbiamo chiesto agli amici della redazione di rueBallu di illustrarci il loro progetto editoriale. Gae Pisani, a nome della redazione, ha risposto così ad alcune nostre domande.
– RueBallu Edizioni prende il nome dalla via parigina in cui si trovava lo studio di Nadia Boulanger. Si tratta di un riferimento forte a un’esperienza umana, didattica e artistica centrale nel Novecento. Che cosa è rimasto di quell’esperienza? Che cosa ci può ancora insegnare il magistero della Boulanger?
La forza del magistero di Nadia Boulanger è rimasta intatta nelle sue parole e nell’insegnamento trasmesso. In un filmato molto bello – Mademoiselle – di Bruno Monsaingeon, girato in occasione del novantesimo compleanno di Nadia Boulanger, è possibile entrare in relazione con il mondo di questa didatta straordinaria e sentirne in prima persona la profonda attualità per chiunque viva di musica e per la musica.
– L’Italia è una nazione di vasta tradizione musicale, ma, ahimè, di scarsa educazione e di scarsissima attenzione da parte delle istituzioni. Come si muove un editore come rueBallu in questo contesto poco favorevole, almeno all’apparenza, al discorso musicale?
La domanda è particolarmente pertinente, ciò che lei dice è profondamente vero, il progetto rueBallu non si muove in un contesto poco favorevole alla musica non solo apparentemente, ma nella sostanza. Il percorso della casa editrice, totalmente indipendente nelle scelte editoriali e nella ricerca delle risorse finanziarie, è ardito se si riflette con attenzione alla struttura dell’intera filiera editoriale. Un ruolo dominante, come è noto, viene esercitato dai grandi gruppi di distribuzione direttamente collegati alle grandi librerie, trovare degli spazi di visibilità non è un lavoro semplice, né tanto meno ricevere un’attenzione mediatica che ordinariamente viene riservata ai grandi gruppi editoriali. Il nostro lavoro, come quello di altre realtà analoghe, è un cammino controcorrente; anche se non amiamo molto parlare degli aspetti pratici del lavoro che stiamo portando avanti, né delle “evidenti assurdità” in cui siamo totalmente immersi. Preferiamo dar voce con dedizione e rispetto a chi ha manifestato qualcosa di veramente straordinario nella vita e nell’arte, mescolarlo con altro riteniamo non sia utile.
– Secondo lei, che cosa può fare la letteratura per aiutare (diciamo così) la musica colta a superare lo scollamento drammatico con il grande pubblico di questi ultimi decenni e tornare ad allacciare un rapporto di reciproca curiosità?
La letteratura in generale ha sempre svolto nel corso del tempo una funzione di elevazione culturale. Nelle sue massime espressioni ha sempre dato la possibilità di attivare uno sguardo non ordinario sulle cose. Noi stiamo cercando di prestare attenzione anche al pubblico più giovane; riteniamo infatti auspicabile che possa avvenire l’incontro, anche in tenera età, con donne e uomini straordinari, che si possa contribuire a nutrire il sentimento e la mente dei giovani lettori alla ricerca di qualcosa di più profondo e autentico. In generale, comunque, quando usiamo la parola “musica”, lo facciamo nel senso etimologico. Ci riferiamo al concetto di musica nell’antichità classica, dove la musica, l’arte delle Muse, comprendeva poesia, musica e danza.
– All’estero (in Francia, in Gran Bretagna, in Germania, negli Stati Uniti…) sembra esserci una maggiore attenzione alla letteratura musicale. Che cosa possiamo imparare da quanto viene da altre tradizioni culturali, in questo senso?
La maggiore attenzione alla letteratura musicale nei paesi che lei cita non è casuale. Germania, Francia, Stati Uniti, ad esempio, hanno una solida tradizione musicologica, la musicologia è disciplina molto feconda in questi paesi. Il resto, secondo noi, è una conseguenza.
– “Raccontare” la musica è sempre una scommessa: due linguaggi si confrontano, si incontrano, talvolta si inseguono. Si va dall’approccio biografico o autobiografico a quello filosofico, da quello più propriamente musicologico a forme ibride di contaminazione narrativa o poetica tra i due linguaggi. Quale può essere il modo più proficuo di incontrarsi delle due discipline artistiche? Qual è quello privilegiato da rueBallu edizioni?
Pensiamo che, al di là dei linguaggi, ci siano delle opere letterarie o musicali che portano con sé una grande forza che rimane intatta nel tempo. E ci siano uomini e donne che questa forza riescono a trasmettere, qualunque sia poi il veicolo che scelgono di privilegiare. Il nostro compito, l’obiettivo che ci siamo prefissi, è dare spazio alla straordinarietà.
– Oltre alla Boulanger, un altro punto di riferimento forte, e non solo musicale, mi sembra essere Yehudi Menuhin, di cui avete pubblicato “Musica e vita interiore”: la sua idea della musica come forma di dialogo e di conoscenza, come garanzia di universalità, suona particolarmente urgente in questi anni.
– Ciò che lei dice è profondamente vero. Condividiamo a pieno le parole di Moni Ovadia che ha curato la prefazione del volume che lei cita, quando dice che la visione universalista di Menuhin si manifesta particolarmente nella sua grande apertura alle diversità culturali sentite come ricchezza e opportunità. Nel suo pensiero, la musica, nella vastità delle sue molteplici espressioni, è linguaggio e interiorità che deve costruire una relazione di comprensione intima fra gli uomini. Menuhin ha incarnato mirabilmente la figura dell’artista intellettuale ebreo cosmopolita, figura paradigmatica della migliore cultura europea e occidentale dall’incorruttibile fibra morale, ma alieno da ogni moralismo, che ha saputo essere simultaneamente il migliore interprete della cultura nazionale in cui ha avuto la ventura di crescere e, al tempo stesso, ha saputo esprimersi come pensatore e cittadino universale nutrito da un irrinunciabile umanesimo, dalla passione per la dignità dell’uomo, per i suoi diritti, e da una vocazione radicale per la pace.
– Quale libro di ispirazione musicale vi piacerebbe pubblicare? Quali titoli avete in mente come prossime uscite?
Sicuramente sarebbe interessante e bello pubblicare qualcosa su Mstislav Rostropovich, Sviatoslav Richter, Rosalyn Tureck, personaggi che hanno fatto della musica un mezzo per raggiungere qualcosa di straordinariamente importante. Figure emblematiche al servizio di qualcosa più grande. Prossimamente pubblicheremo un volume di Jacques Chailley, musicologo, fondatore della prima cattedra di Storia della Musica alla Sorbona, allievo tra l’altro di Nadia Boulanger. Il titolo del volume è Storia della musica medievale. I primi passi della musica moderna. Il libro spezza alcune salde certezze di chi vede nel Medio Evo semplicemente l’età oscura di transizione tra l’Antichità e i tempi moderni; per Chailley, invece, lo stesso termine Medio Evo è un non senso, frutto di orgogliosa ignoranza di un periodo storico che è un immenso laboratorio, in cui le solide tradizioni della teoria musicale ellenica e i maestosi monumenti della musica gregoriana sono uniti da solidi ponti. Un libro in cui si parla di musica, ma emerge anche l’importanza del Medio Evo negli altri ambiti della conoscenza umana.
E poi ci saranno ancora dei libri, secondo noi preziosi, dedicati ai ragazzi, che avranno al centro protagonisti come Fryderyk Chopin, Gioacchino Rossini, Emily Dickinson. Questi lavori li abbiamo condivisi con autori sensibili e straordinariamente preparati: Matteo Corradini, Lina Maria Ugolini, Beatrice Masini.
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