MariaGiovanna Luini, ‘Una storia ai delfini’ (Edizioni Creativa all’interno della collana ‘Declinato al femminile’ diretta da Francesca Mazzucato).
Il primo romanzo di MariaGiovanna Luini è la storia di una donna.
Una donna tratteggiata da subito come ‘la pazza’ per le bizzarrie della sua attuale vita, quella che, nel momento in cui racconta, è diventata routine necessaria, stacco dal resto del mondo e dalla gente. Perchè questo romanzo è il racconto di Lucia, che vive sola in barca e ha disimparato a parlare. Viaggia e scrive. Finchè una pinna. Poi due, tre e così via. Un branco di delfini la segue e “sembrava che sapessero dove stavo andando, che lo sapessero meglio di me e volessero ricordarlo al povero cervello liquefatto dal tempo” (pag.17). Inizia così il viaggio, questo racconto che è in realtà il diario della protagonista con un intento ben preciso: “raccontare la mia storia non significa dirvi cose che non interessano più neanche a me. Significa forse spiegare ai delfini […] perchè vivo su una barca bianca ormeggiata in un porto qualsiasi, perchè ho perso la voglia di parlare e ascoltare, perchè non sono più io.” (pag.20)
Sono dunque gli occhi di una donna che narrano il passato arrivando a spiegare un presente all’apparenza solitario ma che cela profondi solchi, cicatrici indelebili di un’esistenza vissuta a due velocità. La scelta di un io narratore in prima persona diventa un espediente necessario per permettere al lettore di entrare nella vita della protagonista assaporandone odori e colori amplificati. Percepiti intensamente. La lunghezza stessa del romanzo facilita a mio avviso questo processo in quanto non stanca il lettore anzi, lo guida verso un viaggio pieno. Un assolo semplice ed efficace. Allo stesso tempo le descrizioni che fa Lucia dei luoghi che ama costeggiare, dove si ferma per visite veloci sono il tratteggio che serve al lettore per inserire la trama in un ambiente preciso tra il mare e Ponza, in netto contrasto con gli appartamenti milanesi sempre piccoli dove ha vissuto in passato. “Ponza è l’isola che placa il mio cuore” (pag.59) spiega Lucia.
La storia destinata ai delfini è dunque il viaggio di una donna tormentata. Contradditoria. Fragile e fiera. Una donna che vive molti anni nell’apatia, nell’accettazione di avvenimenti avvertiti nel profondo come sbagliati e disumani. Errori per sua stessa ammissione ai quali, però non si ribella, chiude gli occhi e ne aspetta la fine nel disperato quanto fallimentare tentativo di non perdere l’uomo che crede di amare. Da qui i silenzi, i pensieri abbandonati e “il lungo e freddo buio” (pag.44) che la porterà a disimparare il piacere fisico pur di non contraddire il marito. “Mio marito mi amava e io lo assecondavo in tutto. Proprio in tutto” (pag.47) chiarisce Lucia che arriverà fino a sprofondare in un’ “apatica accettazione della realtà” (pag.49) quando il marito tanto venerato si innamorerà di un’altra. Sarà una circostanza drammatica a scuoterla, a riportarla alla vita con la ferocia tipica delle malattie destinate ad annullare tutto, a spazzare via tempi e pause. Lucia prova a ignorare i segnali, si trincera dietro a finzioni sporadiche, blandi tentativi di congelare una realtà che non vuole, non accetta. Poi l’inevitabile, una ripresa lenta e nuove gioie. Fino al crollo finale e a un equilibrio fragile ma stabile che le permette di raccontarsi ai delfini con occhio critico ma consapevole. Perchè questo libro racconta un’intera esistenza e lo fa denudandosi, senza risparmiarsi niente, dando in pasto al lettore ogni emozione senza filtri e, come spesso accade nella realtà quotidiana, tracciando quelle rotte che mutano e ci portano ad amare e a perdere.
In tutto questo sentire e trasmettere, i delfini appaiono in distanza; sbucano in punta di piedi e sembra quasi che sorridano rassicuranti a Lucia che è l’unione di frammenti della MariaGiovanna scrittrice donna e medico. “Scriverò la mia storia e la regalerò a loro, insieme al ricordo straziante della mia felicità. Del senso perduto della mia esistenza.” (pag.71) E’ tutto riassunto in questa frase. Una felicità che strazia e un’esistenza perduta ma comunque vissuta, a due velocità come accennavo poco fa, ma pur sempre assaporata fino in fondo. Perchè Lucia è un personaggio mutevole, che passa dall’immobilità dell’accettazione passiva alla forza per riappropriarsi dei colori, di quegli aromi mai assaporati fino in fondo che diventano per lei linfa vitale. Lucia smette di operare e si dedica anima e corpo agli affetti e alla scrittura che diventa per lei valvola di sfogo, strumento di esternazione emozionale.
Credo che in questo libro si sentano i respiri dell’autrice in molti angoli. Non è un testo autobiografico per sua stessa ammissione però racchiude frammenti della MariaGiovanna Luini medico e della donna che in barca scrive, entra nei sentimenti altrui e li scava. Accoglie le gioie ma sopratutto i dolori come parte integrante di un vivere a pieno ogni giornata.
Ed è proprio l’accettazione del dolore la parte che più mi ha colpita. Un finale che vuole essere anche un messaggio senza la pretesa di insegnare o imporsi ma con l’intento delicato di lasciare addosso qualcosa al lettore che ha seguito fin lì i delfini.
“Quando fuggivo dallo strazio della disperazione le mie gambe correvano veloci e la ricerca affannosa dell’oblio consumava ogni energia […] Poi qualcosa ha rallentato i miei passi e l’andatura più lenta ha permesso al dolore di raggiungermi.” (pag.95). Ecco dunque l’essenza dello scrivere questa storia. Ma prima ancora del riflettere. Dell’accettare l’onda dolorosa e traziante perchè il dolore non si annulla né si può mescolarlo con altro nella speranza che la sua voce sia meno graffiante, “è inutile combatterlo” (pag.95).
La prefazione di Umberto Veronesi è straordinariamente pulsante. C’è l’uomo di scienza che osserva le sofferenze umane ogni giorno e cerca di alleviarle non senza fallimenti e “l’impotenza di fronte alla loro invasione nel nostro sottile e fragile filo esistenziale” (pag.11). Ma c’è anche l’uomo che si immerge nell’universo femminile e ne condivide fragilità e punti di forza.
‘Una storia ai delfini’ apre il cuore di una donna e lo mostra così com’è. Pulsante. Scalfito. Sincero e silenzioso. Immobile quanto frenetico. Innamorato e apatico. E’ una storia che si potrebbe etichettare ‘come tante’ ma sarebbe un tentativo ridicolo di sminuirla. E’ un romanzo che scava nelle profondità degli avvenimenti cercandone i nodi. Le emozioni più forti e nascoste.
La scrittura della Luini è scorrevole, la scelta delle parole è accurata. E la struttura narrativa lineare permette una lettura fluida e immediata. Per chi fosse interessato, segnalo i blog dell’autrice dove periodicamente vengono pubblicati piccoli racconti, flash narrativi:
http://mariagiovannaluini.splinder.com/, http://mariagiovanna.typepad.com/.
Altri riferimenti web: Il sito della casa editrice, il blog della collana ‘Declinato al femminile’.
Barbara Gozzi
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Una storia di delfini di MariaGiovanna Luini
Edizioni Creativa, 2007
collana Declinato al femminile
pagg. 110, euro 10
Intanto ringrazio Barbara per la bella recensione.
Poi invito MariaGiovanna a farsi viva in modo tale che ci racconti qualcosa sulla storia di questo libro.
Anzi, Barbara… intervieni anche tu così ci racconti qualcos’altro ancora
E poi, voi tutti, fate i vostri auguri a MariaGiovanna (ooops, si dice in bocca al lupo).
C’è per caso qualcuno che l’ha letto, questo libro?
Poi invito le Edizioni Creativa a concederci un brano del libro o, in alternativa, la prefazione di Veronesi (Umberto, non Sandro).
Per oggi ho chiuso (ho postato anche troppi commenti).
‘Notte gente! 😉
Grazie a te per l’opportunità!
Intanto vi lascio alcuni link a racconti flash scritti da MariaGiovanna che hanno toccato le ‘mie corde’ (ne potete trovare molti altri nei due blog che ho segnalato alla fine della recensione), premetto che sono short stories secondo me molto adatte alla rete perchè scivolano giù in fretta ma scavano, lasciano qualcosa addosso:
L’atrio di afa e granito: http://mariagiovannaluini.splinder.com/post/13170824/l'atrio+di+afa+e+granito
Pezzi di me: http://mariagiovanna.typepad.com/maria_giovanna_e_poi/2007/06/pezzi-di-me.html
Alessandra:
http://mariagiovanna.typepad.com/maria_giovanna_e_poi/2007/07/alessandra.html
Due passi storti in una mattina controllata:
http://mariagiovannaluini.splinder.com/post/13309777/due+passi+storti+in+una+mattin
I delfini sono animali che amo particolarmente. Mi piace l’idea di una storia scritta o raccontata per loro. Un enorme in bocca al lupo a MariaGiovanna.
Ciao a tutti e GRAZIE di cuore a Barbara e Massimo! Lacrima di commozione…
La storia di questo romanzo, dunque. Navigavo con mio marito al largo di Riva Trigoso e ho incontrato un branco di delfini. Era la prima volta che vedevo i delfini in mare, liberi di giocare e saltare ed emozionarci oltre ogni possibile descrizione. Sono comparsi mentre pensavo alla scrittura, a una storia che speravo nascesse e che non veniva: capitano momenti così, sento una tensione pazzesca e so che qualcosa deve uscire. Ma non ce la fa. E non so nemmeno che cosa sia! Insomma. I delfini hanno giocato con noi per almeno mezz’ora, giravano introno alla barca e saltavano e si immergevano sotto la prua. Poi, così come sono comparsi, se ne sono andati, rimettendoci sulla nostra rotta. In porto ho preso la penna e uno dei miei taccuini neri, e la storia è nata.
Non ho mai l’idea di ciò che scrivo: non programmo niente, assisto alle storie così come vengono fuori. Lascio che i personaggi vivano e muoiano e piangano e giochino. Scrivo, finché qualcosa dice che ho finito. E allora è uno strappo tremendo.
In “Una storia ai delfini” ho visto comparire la mia storia e anche molta fantasia. Ho visto persone reali (Antonietta, Massimo, e in fondo anche Emilio l’uomo tanto amato… per fortuna ancora vivo nella realtà) e persone che sono metafore di me e di altri, persone nate da invenzione…
Ho riletto e modificato il manoscritto alcune volte nel corso di un anno, poi Francesca Mazzucato l’ha letto e… il miracolo! Non so se sarò mai capace di dirle che emozione mi ha regalato. Lei e Gianluca Ferrara, l’editore che è una persona fantastica.
Molto bello il tuo commento, Maria Giovanna. Spesso le storie nascono per magia. Tanta fortuna a questo tuo libro.
Un’altra piccola cosa. In questi giorni ho ricevuto lettere meravigliose. Da persone che non conosco, da amici, da colleghi, da “pazienti” (che brutta parola: sono donne, donne, donne! e qualche volta anche uomini). Parole che mi hanno straziato di sorpresa ed emozione. Sono esperienze indescrivibili. Una donna mi ha raccontato la propria vita in una lunga lettera perché qualcosa dentro di lei ha “risuonato” leggendo il romanzo. Un uomo ha detto che ha capito moltissimo di me grazie alle poche pagine di Una storia ai delfini. Uno scrittore ha detto “vaff… (censura) che bello l’ho perfino comprato”, e mi ha fatta ridere di gusto.
Poche pagine. Perché una critica è stata che il romanzo tratta tanti eventi drammatici in pochissime righe. Avrebbe dovuto essere più lungo, almeno un po’. Forse è vero. O è vero senza forse. Spero che chi l’ha letto mi dia il suo parere.
Io non ho ancora letto il libro (che comprerò) però ho visto i delfini! Guizzanti , curiosi, oserei dire sorridenti! Sarà per quella piega della bocca, sarà perchè la vita del mare dev’essere allegra. Sta di fatto che ho trovato che avessero un’affinità misteriosa con l’essere donna. Forse per quella loro facilità ad offrirsi all’altro. O per quella resa incondizionata – d’amore direi – all’uomo e al suo mondo.
Creature d’acqua e di scoglio, ma soprattutto di cuore. Complimenti a Maria Giovanna per averli scelti.
Da quella sera i delfini sono comparsi altre tre volte. Sempre in momenti molto speciali. Importanti. Domenica scorsa un gruppo di delfini ci ha incantati fuori da Camogli. Mio marito ha fatto fotografie bellissime, ne metterò alcune sui miei siti.
Auguri maria Giovanna, sono davvero contenta di questa novità! Ci voleva proprio!
Eccomi! Io l’ho letto e non condivido la critica sulla brevità.
Secondo me non è breve, è asciutto. E questo è in linea con la vita che la protagonista, che è anche l’io narrante, ha scelto per sè. Poche cose, una barca, il mare, nessun contatto con il mondo esterno, pochi oggetti cari.
Lucia non si crogiola nell’autocommiserazione, e, dato che è sua, la voce che il lettore sente, è giusto, secondo me, che sia così, asciutta, secca quasi, che non ci giri attorno, che vada dritto al nocciolo degli eventi. E’ la voce di una donna che ha deciso di non girare attorno al dolore ma di accoglierlo come un amante crudele, o come un tumore. Maligno ma innegabilmente, drammaticamente, parte di sè.
Per il resto, ho già detto molto su questo piccolo prezioso libro, e lo trovate qui:
http://balenebianche.splinder.com/post/14188554/Una+storia+ai+delfini
consiglio a tutti di leggerlo e auguro a Maria Giovanna tutta l’attenzione che merita.
Ah, e complimenti a Barbara Gozzi per la sua acuta lettura, e grazie a Massimo Maugeri, per queste segnalazioni di libri belli. 🙂
sabrina
Tanti auguri sopraffini
a “una storia ai delfini”
scritta per grandi e bambini
dalla fervida Luini.
Smile
Non è agevole, e nemmeno corretto parlare o ipotizzare su un libro che non si è letto.
A prescindere da questo, auguro a Maria Giovanna Luini una valanga di soddisfazioni per il suo romanzo. Nella sua spiegazione, peraltro, ho trovato qualcosa che mi accomuna a lei. Mi sono trovato anche io alle prese con una storia che “non riesce a uscire”. Poi, una visione, una parola, una scena quotidiana, all’improvviso mettono in moto la fantasia e scatenano la scrittura. E’ una sorta di liberazione. E i risultati, in fondo, hanno un’importanza quasi marginale.
In bocca al lupo…..anzi, al delfino 🙂
Non so, forse compariranno due commenti simili perché non vedo il commento appena scritto. Dicevo che la rima in “INI” è proprio bellina (INA), ma ai bambini (INI) darei preferibilmente le fiabe!
Un commento sulla prefazione di Umberto Veronesi. E’ LUI, proprio lui con la sua enorme sensibilità che accoglie e comprende a fondo il dolore umano. E lo ringrazio con un abbraccio.
Libro molto bello anche se letto da un uomo. Complimenti MariaGiovanna.
Questa presentazione mi ha incuriosito e stimolato. Comprerò il libro . Quanto ai delfini, mi hanno sempre affascinato: li considero una parte di ingenuità (scil. libertà assoluta di spirito, spontaneità innocente e incondizionata) che dobbiamo assolutamente recuperare. La letteratura e l’aneddotica sui delfini si perdono nella notte dei tempi. Melicerte, poi chiamato Palemone, fu portato a riva da un delfino e poi morì sulle rive dell’istmo di COrinto, come ci ricorda Pausania nel secondo libro delle sue “Periegesi”, e a lui ritto sul delfino furono erette statue che ricodavano la generosità di questo “animale umano”; per rimanere in ambito antico, il delfino nell’aneddotica è da sempre amico dei poeti, visto che si dice abbia tratto in salvo Arione il citaredo. Oggi sui delfini fiorisce una letteratura dai toni vagamente edificanti, legati a tematiche care a Paulo Coelho e al suo “guerriero della luce” che combatte per realizzare la sua “leggenda personale”
. Quello che appare il più diretto epigono di Coelho, cioè Sergio Bambarèn, ne ha fatto l’argomento di un libro sul coraggio di uscire dal branco (“Il delfino”, appunto), che secondo me non rende giustizia alla profonda semplicità di queste creature.
Il libro della Luini , a quanto ho capito, ne fa un confidente dell’essere umano, e perdipiù di una donna, e queste prospettive rendono interessantissimo per me questo libro.
Ne parleremo quando lo avrò comprato e letto.
Ciao
Mi inserisco sul discorso della lunghezza.
Da lettrice la brevità l’ho avvertita come una necessità. Il romanzo, come ho spiegato, è narrato interamente in prima persona (scelta coraggiosa) e un’eccessiva lunghezza rischiava, secondo me, di stancare il lettore. Di rendere lento e pesante il viaggio. Lucia parla di se e per quanto abbia da dire non può e non deve dettagliare. Vuole arrivare ‘al succo’. Vuole colpire il lettore. Tenta di farlo riflettere. Da qui la relativa brevità del testo che confesso di averlo letto tutto d’un fiato. Ma era necessario per me in quel momento. Non credo più da anni che la lunghezza sia sinonimo di spessore o bollino di qualità. Poi certo, ognuno ‘percepisce’ un testo a modo suo per cui può anche essere che per la sensibilità di un’altro lettore servissero più spiegazioni, più parole insomma. Può essere.
Tanti auguri a MariaGiovanna per questo libro. So che i delfini portano bene!
Grazie a tutti!
Quanto alla brevità, qualche volta ho riletto il manoscritto con in testa l’idea di aggiungere. Parole, frasi, pagine, capitoli. Altri miei manoscritti nel cassetto sono più lunghi, uno addirittura molto lungo. Eppure ogni volta con “Una storia ai delfini” ho avuto la sensazione di snaturare il silenzio di Lucia nel tentativo di aggiungere pagine. Mi rendo conto che la mia visione è totalmente parziale: dico ciò che ho provato, non immagino neanche da lontano che sia “giusto così” (che cosa è giusto????). Percepivo Lucia come donna ferita, stanca di eccessi di parole e ragionamenti, incapace di abbellire la propria storia per renderla più interessante. Per i suoi lettori, i delfini.
Ringrazio Gianluca Ferrara, direttore delle edizioni Creativa, per avermi inviato uno stralcio della prefazione di Veronesi.
La inserisco come commento di seguito a questo.
Umberto Veronesi:
“Le storie a volte nascono dal niente, dalla danza leggera di un delfino o da una mente che ricorda silenziosa. Dolore e gioia, amore, perdita e rinascita: il cuore di una donna racconta il lungo cammino del vivere”. Quando si scatena il travolgente, caotico baratro del dramma qualcuno si perde e qualcuno deve riportare l’ordine, semplice e meraviglioso, grazie al quale la vita ripete i cicli del suo disegno biologico: nascere, riprodursi, lasciare la scena a nuove vite. Quasi sempre questo qualcuno è donna, come Lucia in questo lungo racconto, che dentro di sé nasce, muore, rinasce, dà vita, muore di nuovo per dare ancora vita sotto altre forme, diverse da quelle umane, come il mare e i delfini. E poi ci sono dolori “declinati al femminile” di fronte ai quali l’uomo si sente escluso, a volte persino indispettito, comunque inadeguato. Sono quelli legati al bisogno di amare”.
Ciao Maria Giovanna, che piacere leggere questa recensione e i tuoi commenti che traspirano gioia.
Acquisterò presto il romanzo e ti farò sapere (per quel che contano 🙂 ) le mie opinioni.
Quanto la lunghezza del romanzo anche se è corto che ti importa, l’importante è che sia scritto bene (come penso che sia).
In bocca al lupo.
Un’ultima cosa hai scritto “Altri miei manoscritti nel cassetto sono più lunghi, uno addirittura molto lungo” ci vuoi parlare di questi manoscritti?
Il primo manoscritto che abbia mai portato a termine ha il titolo “Cadono i sogni” ed è firmato insieme a Jacques Charmelot, giornalista AFP che attualmente lavora a Bagdad. E’ il più lungo, quello in cui abbiamo messo anima cuore mente e tanti, tantissimi sforzi in tempi non facili della nostra vita. La trama è piuttosto complessa e inizia con l’assassinio di un giudice antimafia e della sua scorta. Un altro manoscritto è nato l’estate scorsa, in barca, e si chiama “La valle quieta di niente”: sta riposando, dorme in attesa che lo riprenda per rileggerlo e lavorarci ancora. Racconta la storia di un rapporto d’amore intensissimo, morboso, con molto erotismo. Altri due manoscritti dormono, e sono senza titolo: risalgono ad almeno un anno e mezzo fa, aspettano il loro momento.
Jacques Charmelot marito di Lilli Gruber?
Sì. Jacques ha scritto un romanzo molto bello, si chiama “L’ombre de Bagdad” (ed.Zinedi, è in lingua francese), scrive racconti ed è uno sceneggiatore in gamba. Abbiamo scritto insieme “Cadono i sogni”, entrambi teniamo molto a quel manoscritto.
I miei auguri più sinceri a Maria Giovanna!
Leggerò sicuramente il suo libro.
Anche io ho già pubblicato e pubblicherò con Edizioni Creativa.
Confermo: Gianluca Ferrara è una persona fantastica!
Un applauso per Gianluca! Grazie Susanna,grazie grazie!
MariaGiovanna, ma quante belle cose che si scoprono su di te.
Sono contento che stai acquisendo nuovi lettori/lettrici.
Lettori/lettrici di pregio… perché trattasi, nella maggior parte, dei casi di gente che scrive (e bene).
Li ringrazio molto anch’io.
Il dibattito continua. Se avete domande da porre a MariaGiovanna fate pure. Come si dice… tartassatela!
😉
mariagiovanna, quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro?
La prima stesura circa dieci giorni. Poi l’ho riletto alcune volte, lasciando qualche mese tra una lettura e l’altra. L’ho mandato a Francesca Mazzucato circa un anno dopo la nascita del manoscritto.
dieci giorni? mi verrebbe da dire caz..; ma dico accidempolina, prima che maugeri s’arrabbia.
facendo un rapido calcolo tu saresti capace di produrre 36 manoscritti l’hanno. ammazza! se lo scopre stephen king ti manda la pazza di misery per pura gelosia.
sta’ attenta. 🙂
Gennaro, hai fatto bene a usare “accidempolina”. Complimenti da parte mia a MariaGiovanna anche per la velocità. Si vede che la storia le era entrata dentro ed è sgorgata in maniera repentina ( che nessuno mi prenda in giro per quest’ultima frase, eh? )
P.s. MariaGiovanna, va a guardare la posta elettronica, please.
Scrivo moltissimo, in effetti. Alcune cose poi restano lì e basta, ma la quantità di scritti è notevole. Ogni giorno ho bisogno di scrivere. Diari, racconti, lettere, manoscritti, pezzi sparsi…
MariaGiovanna, modifico i versi. Vediamo se così ti piacciono di più.
* * *
Un bel brindisi al Martini
a “una storia ai delfini”
scritta per lettori fini
dalla fervida Luini.
* * *
Smile
Elektra, sei stata ufficialmente nominata compositrice ufficiale di filastrocche nei miei siti internet. I lettori fini mi piacciono moltissimo.
Incarico accettato, MariaGiovanna (con il permesso di Massimo).
Smile
Gennaro, apriamo un dibattito su invidia e gelosia? Mai provata la sensazione che arrivino tanti coltelli affilatissimi a infilzarti in ogni centimetro di pelle, per le ragioni più futili?
Caro Massimo, come la vedi se dico anche io “accidempolina?”. Mi riconosci? 🙂
In effetti sono anche io abbastanza colpito dal tempo di stesura impiegato da Maria Giovanna. Ma è anche vero che trattiamo di una materia che, secondo me, non ha regole. Una storia ti si può dipanare nella mente di botto e quindi hai esigenza di metterla subito “nero su bianco”, oppure ha bisogno di una naturale gestazione. Non è insomma, come il brasato. Quello ha un tempo fisso di cottura, altrimenti brasato non è.
Ho avuto esperienze personali con la tempistica della scrittura. Ma chi non ne ha avute?
In effetti “Cadono i sogni” è nato in più di un anno. Dipende molto da che cosa succede nella mia testa. Ed è la testa che scrive? Non so. La pancia, forse.
cara mariagiovanna, su invidia e gelosia si potrebbe dire molto. e credo che sia stato scritto molto. contro i coltelli affilatissimi che ti infilzano ogni centimetro di pelle propongo un training presso un fachiro indiano. hai presente quelli che dormono sui letti di chiodi? così ci tempriamo.
ciao
caro gennaro, non so di quale parte dell’Italia tu sia. Ma i romani come me hanno una paroletta magica nei confronti di chi prova invidia e/o gelosia. Trattasi di “cicciarcùlo”. Che ne pensi?
Alla lunga invidie e gelosie intossicano chi le prova, così come la maldicenza. Io mi diverto tantissimo a vedere il colorito giallognolo di chi prova invidia e gelosia nei miei confronti. Se posso, anzi, faccio del mio meglio per esasperare la situazione. Mi pare contegno consono.
Le cose, poi, possono degenerare con effetti pratici. Ma allora lì, come dicono quelli che parlano moderno, è un altro step.
L’altra settimana, per la prima volta in vita mia sono andata all’Oratorio. Si parlava di adolescenti e di come rapportarsi con loro. Da cosa nasce cosa, e così sul finire della serata il discorso si è aperto sull’invidia. Invidia, come quella delle allegorie fiamminghe? Quella dei romanzoni ottocenteschi, la stessa che agita e muove le trame delle fiction? Sembra, a parola di prete, che l’invidia sia il peccato più confessato. Non più il sesso, o altri pensieri (peccati), ma l’invidia. La rabbia rancorosa per chi ha di più; più soldi, più fortuna, più coraggio. L’invidia si riconosce a colpo, come per i funghi che si mostrano solo “a quelli pratici”, è una muffa, è parassitaria. Riconoscerla è grave come praticarla, perchè è un sentimento castrante, che condiziona le scelte e i pensieri: una manifestazione oscena (priva di grazia) ma anche ridicola e infantile. E’ come l’aceto per l’insalata, un po’ ci vuole ma se si abbonda ci viene la gastrite.
@ Enrico Gregori, step sta per passo? un altro passo?
“cicciarcùlo”? accidempolina!
si miriam, sta per passo. è un’altra pregevolezza del modernariato 🙂
ps: per come la vedo io, ci vogliono più attributi a provare ammirazione piuttosto che invidia. erro?
@ Elektra:
permesso accordato!
–
@ Enrico:
Non ti ci vedo con “accidempolina”. Non ti riconoscerei. Per te andrebbe meglio “perdindirindina”.
Ciao cara Miriam,
come stai? sei un po’ più libera?
Molto interessante questo aneddoto che ci hai raccontato sull’invidia. Grazie.
MariaGiovanna, desideravo ringraziarti pubblicamente per la dolcissima mail che mi hai mandato.
Perché non ci racconti un po’ più di te?
Sei una scrittrice e sei un medico. Sono tanti gli scrittori/medici nella storia della letteratura.
Domanda per te.
Quanto la tua attività professionale influenza le tue storie e la tua scrittura?
Sono buddhista, anche. Ho una sorella e due fratelli che amo molto.
La mia professione è per me preziosissima: non si tratta solo di storie da ricordare e ricreare, ma di occhi mani sentimenti emozioni che ricevo, doni enormi da persone che mi insegnano che soffrire è scoprire priorità diverse, amori più intensi, pianti più profondi. Sorrisi più veri.
Penso che difficilmente scriverò storie interamente ambientate in ospedale (Marco Venturino, mio amico e collega, l’ha fatto e ha pubblicato il bellissimo “Cosa sognano i pesci rossi”, Mondadori): le storie delle persone che incontro mi segnano dentro, ritrovo tratti impressioni drammi e gioie. Li ritrovo mentre scrivo. Oppure dedico a queste persone i miei scritti, come sarà per “I racconti delle bacche rosse” in uscita nel 2008 (fiabe). Ho ricevuto in questi giorni lettere di donne che hanno letto “Una storia ai delfini”, commoventi. Incredibili davvero.
Anche la morte esiste. E a volte è forte, più forte di ogni altra cosa. La guardo e la ricordo. Fa parte dell’esistenza. E nei miei scritti probabilmente si vede.
Grazie MariaGiovanna!
Ho letto che sei consulente della casa cinematografica taodue (ris, distretto di polizia?). Che cosa fai esattamente?
Taodue ha realizzato diverse fiction molto belle (http://www.taodue.it). Sono consulente in una serie “medica” che penso esca nel 2008. Insieme a sceneggiatori bravissimi (cito Giorgia Mariani e Dante Palladino perché ho lavorato moltissimo con loro e sono diventati miei amici) abbiamo “costruito” puntate di questa prossima fiction con casi clinici, chirurgici e… errori medici.
La MariaGiovanna delle sorprese!
La mia segreta perversione e’ il tenente Colombo, pero’ la fiction medica mi viene meglio. Trattandosi di errori medici, veri o presunti, sara’ un po’ diversa dalle serie che esistono al momento. La cosa più affascinante e’ imparare a lavorare dagli sceneggiatori, hanno una creativita’ pazzesca.
Complimenti per il libro, lo cerchero` nelle librerie Feltrinelli. Sono un loro cliente affezionato.
volevo pero` a proposito dei delfini sottoporre una piccola riflessione. avevo di loro una opinione acriticamente positiva, sino a quando non ho letto Orcynus Orca di Stefano D`Arrigo, ebbene nel suo romanzo fiume c`era l`opinione che i pescatori avevano dei delfini : li chiamavano Nga` Nga` e li consideravano dannosi sia per la pesca, che inaffidabili, in breve erano gli unici abitanti del mare che uccidevano per piacere e divertimento. A loro preferivano il pescecane: vorace se affammato ma innocuo a stomaco pieno.
La mia piccola riflessione e` questa : puo` un libro cambiare la nostra percezione della realta`? puo` alterare cio` che noi consideravamo immutabile sino a qualche tempo prima ?
Puo’ darci un altro punto di vista. E che meraviglia quando si scopre che esistono letture totalmente diverse di una stessa realta’. La mia percezione dei delfini non cambia, ma ascolto con curiosita’ e interesse esperienze diverse dalla mia.
Un saluto ad Outworks.
E grazie per aver citato una delle più importanti opere letterarie del Novecento: “Horcynus Orca” del grande Stefano D’Arrigo.
Prima o poi ne parleremo.
Un saluto anche a te Massimo.
Mi devi scusare se fantozzianamente ho citato una grande opera sbagliando la trascrizione del titolo eh eh eh eh eh
Horcynus Orca, una delle più importanti opere letterarie del Novecento…….a parere di chi?
A parere di diversi esponenti autorevoli della critica letteraria contemporanea italiana, Enrico: Elio Vittorini in primis, ma anche T. Iermano e I. Baldelli.
”Orcynus orca” (1975) e’ un romanzo di milleduecento pagine circa che ha fatto e fa tutt’ora discutere ma che anche rappresenta un unicum della nostra produzione artistica, soprattutto per la sconfinata creativita’ linguistica dell’autore: agglutinamenti di diverso tipo, adattamenti presi da altre lingue, forme intensive, neoformazioni ecc.
S.
Stiamo andando fuori argomento (mi scuso con MariaGiovanna).
Ai nomi citati da Sergio aggiungo senza dubbio quelli di Mario Grasso, Walter Pedullà e Stefano Lanuzza.
Gia’: stavamo andando fuori argomento e quindi la finiamo qui, vero Massimo? Pero’, insieme alle mie addizionali e personali scuse alla Mariagiovanna, aggiungerei un nome: quello di M. Cesarini Sforza.
E per adesso basti.
S.
Ehi a me piacevano questi argomenti “nuovi-vecchi-in tema- fuori tema”!
Conosco abbastanza bene struttura, genesi e sviluppo di “Orcynus Orca”, così come so bene di quella sorta di innovazione linguistica “ideata” da D’Arrigo. Se uno stuolo di illustri critici e/o letterati lo ritengono un capolavoro sono orientato a ritenere che possa essere considerato tale, ci mancherebbe! Non mi convince però che a questo riconoscimento contribuisca il concetto di “unicum”. In una vita precedente fui critico di musica “rock”. Ricordo un manager discografico che, tentando di promuovere un nuovo gruppo, mi disse “queste cose le fanno solo loro!”. Risposi: “grazie a Dio!”. 🙂
Leggerò il libro, comprato al volo. Però. Per quale ragione la definizione di “bello” deve per forza comprendere l’unicità? Non credo a ciò che è unico, soprattutto in letteratura. Se è vero che tutto è già stato scritto cosa mai potrebbe essere unico? E se non è vero, se esiste qualcosa ancora da scrivere… E’ necessario che si scriva l’UNICO per creare bellezza?
In effetti mi è capitato di leggere un libro di qualche autore e poi sorprendermi a dire “speriamo che sia l’unico”. ma questo è un altro discorso 🙂
Ritorno sull’Horcynus Orca di D’Arrigo. È senza dubbio un libro mastodontico e difficile da leggere. Un libro che ha molto fatto discutere. Non sono stati pochi i critici (anche di peso) che all’inizio l’hanno dileggiato o considerato in maniera negativa. Solo in questi ultimi anni l’opera di D’Arrigo è stata rivalutata in maniera adeguata.
In Horcynus Orca il delfino (dispregiamente indicato con il termine “fera”) è descritto in maniera negativa. I pescatori li odiavano, perché i delfini attaccavano le reti spesso distruggendole e compromettendo gli esiti del pescato.
Riporto qui quanto scritto in altro post.
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Fera è una forma dialettale per delfino, diffusa sulla costa ionica della Sicilia e in altre zone costiere del Meridione. Fere o delfini, quindi, si sono contese l’onore del titolo prima dell’orca e non certo per caso: in tutto il romanzo non c’è un paesaggio marino che non sia invaso dalle fere, tanto da indurre a pensare che siano le vere protagoniste del romanzo, dal momento in cui cominciano a marcare, sulla spiaggia, il ritorno a casa di ‘Ndrja, fino all’ultima grande impresa: lo scodamento dell’orca che la porta alla morte. Una delle poche se non l’unica scena di mare libera dalle fere è lo specchio d’acqua in cui si consuma la morte di ‘Ndrja, alla fine del libro.
Per i pescatori di Acqualatroni, le fere, astutissime e crudeli nemiche dell’uomo, sono molto lontane dall’idea comune del delfino, termine che in quel mondo non è mai usato. Emblematica è la risposta che il padre di ‘Ndrja dà al caporione fascista, nell’episodio del primo “casobello” fera-delfino: “Questa… noi la chiamiamo fera e fera effettivamente è. E fera vuole dire bestino, tutto una fetenzìa che non vale un soldo, ma ruba, rovina, fa assassinaggio”. E qualche pagina dopo il Signor Broggini replica: “Non parli mica del delfino, caro? No, non puoi parlare del delfino in questi termini”.
Caro Massimo, ti ribadisco la mia convinzione che il romanzo di D’Arrigo possa essere un capolavoro inarrivabile. Ma non mi vergogno di affermare che, giunto a pagina 5, dissi “non è per me”. E ciò non fu affatto per la difficoltà del linguaggio o per la pesantezza. A liceo terminato, per esempio, mi è piaciuto moltissimo leggere diffusamente Lucrezio in lingua originale. E ciò, per me, fu una specie di scamagnata.
Orcynus Orca “non è per me”. Ma la buonanima di D’Arrigo può tranquillamente commentare con un bel “chissenefrega” dato che il suo romanzo (giustamente) “è stato” ed “è”per tanta gente.
@ Enrico Lucrezio Gregori.
Come ha scritto laconicamente Daria in altro post: “che ognuno legga quel che gli pare”!
😉
amen
Detto ciò, a quando la presentazione del libro di MariaGiovanna Luini a Roma? Ho visto notizie sul Tirreno della presentazione a Pontedera, ma Milano e Roma? Editore, ci dici qualcosa?
caro luca, venerdì26 ottobre a Roma c’è la presentazione del mio…..ovemai 🙂
A Roma il libro aiuterà, spero, alcuni bambini indiani il 30 ottobre: il ricavato della vendita nel contesto di una cena a scopo benefico andrà alla costruzione di un ospedale in India. Poi ci sarà una festa di presentazione vera e propria, credo nel mese di novembre. Ne darò notizia nei miei blog.
Cara MariaGiovanna, ti invito a segnalare qui tutte le presentazioni che farai del libro. Mi raccomando: data, luogo, relatori.
Ciao e grazie!
Ok capo! Grazie!
Cara MariaGiovanna, io non sono un capo… solo un umile servitore!
😉
“Cara MariaGiovanna, ti invito a segnalare qui tutte le presentazioni che farai del libro. Mi raccomando: data, luogo, relatori.
Ciao e grazie!”
Baciapile. Servitore delle gonnelle! Ruffiano! Io ogni volta che devo annunciare qualcosa che riguarda il mio libro devo far la prefica (che non è l’ombelico in quanto viene prima della….) e piangere e implorarti fino a estenuarmi. Codardo!
Il fatto è che io odio chi implora! MariaGiovanna non mi ha mai chiesto nulla… per esempio.
Ora via di qui (pussa via!), torna sul “tuo post” a pubblicizzare ciò che devi.
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Questo, una volta, era un blog serio.
Scusaci MariaGiovanna.
Sì certo, scusaci tanto Maria Giovanna. E se per caso non gradisci le tinte di questo blog, diccelo pure. Domattina la prima cosa che Maugeri farà sarà passare una mano di indaco e terra di Siena per renderlo più gradevole. Ti andrebbe bene, Maria Giovanna?. O per caso vorresti anche che all’apertura del sito ci allietasse una musica? Non conosco i tuoi gusti. Però ipotizziamo: vuoi il Te Deum? I Led Zeppelin? “Rosina dammela”? Non c’è problema, tu ordina e sarai esaudita. Maugeri scarica i brani da eMule e ti accontenta come vuoi. O, e quelli che intervengono ti stanno bene? Non so, l’hai visto Sergio Sozi? Può andare moro e con la barba? Sennò non c’è problema. Domani pomeriggio gli facciamo i colpi di sole e una ciocca alla Malgioglio. Gradisci?
ps: confermo. una volta era un blog serio. prima che il “tenutario” (parola consona perché ormai qui è un bordello), annegasse nei gorghi formati dai delfini.
Che desolazione! 🙂
SI, TI PREGO!!! I COLPI DI SOLE!!!!!
MariaGiovanna… anche tu?
Se diamo corda a questo “loco” non se ne esce più!
😉
p.s. partecipi al post su Eco?
Io i colpi di sole ve li darei in testa a entrambi, Enrico e MariaGiovanna… con rispetto parlando. Va be’ che sono brutto, ma, insomma, e porca miseria, su! Abbiate pieta’!
Sergio Lo Spiritoso
(ultima mia apparizione in veste goliardica: andatevi a leggere il ”post” su Eco, che si spera non sia mai un ”pre” del suo ultimo respiro)
Siamo seri, dai… Ci si trova da Eco!
Scusa Massimo, ma qui mi trovo veramente tra amici. Mi fa piacere condividere con te e con i tuoi tantissimi lettori la gioia della piccola recensione che “Una storia ai delfini” ha avuto dal settimanale L’Espresso questa settimana (pagina 185). E’ un’emozione grandissima. Grazie per lo spazio, un abbraccio.
MariaGiovanna, ma davvero?
Questa è una notizia bellissima! Complimenti a te, alle edizioni Creativa e a Francesca Mazzucato che è direttrice di collana.
A questo punto, però, devi copiarci qui il testo di questa piccola recensione apparsa su L’Espresso.
OK ci provo, occhio che le mie capacità informatiche sono limitatissime… Prima di farlo però ringrazio di cuore Gianluca Ferrara, mitico editore!Senti, lo copio che faccio prima tanto è brevissimo. In “L’Espresso cultura, freschi di stampa” pag. 185, 1 novembre:
“Una donna prova l’ebbrezza di un grande amore e la gioia di diventare mamma. Ma all’improvviso un incidente distrugge tutto. Per quanto devastata, Lucia, che è medico, sa che deve continuare a vivere e aiutare gli altri. L’autrice è assistente di Umberto Veronesi che firma la prefazione“.
E foto della copertina. Edizioni Creativa, 100 pagine, 10 euro. Ecc ecc
Ottimo, MariaGiovanna.
Mi sono permesso di evidenziare in grassetto il testo della mini recensione.
‘Notte.
😉
Congratulazioni care a MariaGiovanna!
Sergio
P.S.
L’Espresso, sotto le sembianze della penna di Lucio Caracciolo, recensi’ diversi anni fa anche la mia rivista ”I Polissenidi”. Il sottoscritto in persona pero’ mai, nix, niet, nihil! Sono felice per te!
Grazie Sergio, grazie Massimo! Abbracci e notte serena!
Scusa, spero di non abusare della tua ospitalità. Segnalo un’altra recensione a “Una storia ai delfini”. Mensile OK Salute, mese di novembre, pagina 171. Ringrazio di cuore la redazione di OK Salute e il direttore, Eliana Liotta!
Un bacio a tutti!
Cara MariaGiovanna, non abusi affatto. Anzi (scusate se parlo per tutti), riporta pure qui questa nuova recensione se puoi.
Un bacio a te!
Cara Maria Giovanna, congratulazioni e (come si dice) ad majora!
Io sono stato recensito da Messaggero, Panorama, Corriere della Sera, blog di Massimo e blog di Lipperini. Sono in trattative con “Tuttouncinetto”, “Mani di fata” e “Pornodelirio sadomaso”. Vuoi che spenda una parola anche per te? 🙂
Mani di fata! Sì ti prego, a Mani di fata! E Pornodelirio sadomaso a me ha detto no, uffa.
“Quando la morte delle persone care cambia la vita.
Un’oncologa scrittrice che scrive di un’oncologa scrittrice: dove la finzione? Gioco inevitabile in questo duro romanzo di MariaGiovanna Luini, che lavora in un istituto oncologico milanese e ha scritto “una storia ai delfini”. E’ una sorta di racconto lungo, la vicenda tragica di una dottoressa che prima perde, per un tumore, una cara amica e poi vive un lutto ancora più grave. Un libro sul dolore, ma, come scrive Umberto Veronesi nell’introduzione, anche sull’amore e sull’incredibile capacità delle donne di riacciuffare i fili tranciati dalle tragedie e ritessere la vita”.
Bella recensione, MariaGiovanna, lapidaria ma concisa e stimolante. Quasi quasi manderei il mio ”Maniaco” a ”OK Salute”! Me lo consigli, Emmegi’?
Sergio
N.B.
Intendo il libro, non Enrico, eh!
Sì te lo consiglio senz’altro.
Sognare è gratis. Quindi vagheggio di una cena a quattro: io, Sergio Sozi, Maria Giovanna Luini e il povero Maugeri a fare da arbitro. A furia di contaminazioni e bottiglie di vino si potrebbe verificare che Sergio spari parolacce e volgarità alla Gregori. Che il medesimo Gregori reciti soavi liriche ispirate ai delfini o ad altre creature marine. E che infine Maria Giovanna ci racconti, in stile Sozi, dell’ultimo libro da lei letto: “Apologia del licheno nella letteratura minimalista slovena”. Che serata imperdibile! 🙂
ci sto
@ Sergio ed Enrico:
non mi rovinate MariaGiovanna! Guai a voi.
E soprattutto… non fate i cascamorti.
–
@ MariaGiovanna:
Può essere sconveniente dire “ci sto” a un Enrico Gregori qualunque.
😉
depravata!
Come volevasi dimostrare!
Va bene, abbiamo capito. Maria Giovanna è la “Dulcinea” di Massimo. Ma che palle, tutte le femmine appresso a lui! E’ intelligente, colto, educato, erudito…insomma non ha un pregio ‘sto Maugeri! 🙂
E’ un uomo di fascino, confermo.
Confermo il fascino malefico di Maugeri, e gli dedico una lirichetta or ora vergata:
Stava Maugger in tanta gioia e festa,
mentre Carlo in travaglio et Agramante,
di cui l’istoria io non vorrei per questa
porre in oblio, ne’ lasciar Bradamante,
che con travaglio e con pena molesta
pianse piu’ giorni il desiato amante,
ch’avea per strade disusate e nuove
veduto portar via, ne’ sapea dove.
Sergiato Basso
Mai poesia fu più diletta
e azzeccata alla bisogna,
or che Sergio ce l’ha detta
sono pieno di vergogna.
Sì perché la trovo bella
come fulgida ragazza,
ma la mente s’arrovella
non capendoci una mazza
🙂
Nota a pie’ di porco:
…che, per caso qualcuno potrebbe sostituire i nomi dei protagonisti di tal beata visione in ottava con quelli di alcuni apparenti in questo scampolo di ”post”? Potrebbe? Be’ non lo faccia, se no il poeta si offenderebbe a morte!
Caro Enrico io qui or ti priego
se vuoi trovar da quanto scritto t’ho
qualcosa di simil ad un sollievo
di aprire il Tassesco menabo’
e riveder il Furioso ch’io devo
sperar non mi fulmini dove sto!
Sergio
P.S.
Eh si’ una bella seratina come quella da te prospettata bisognerebbe concedersela, prima o poi.
Ier sera bevuto avevo un po’:
confusi l’Ariosto col Tasso si pero’
perche’ ambedue rileggendo li sto!
Sergio
per non essere da meno
e per non sembrare tardo
quasi quasi in un baleno
io mi leggo un po’ il Boiardo
ma che gioia che diletto
questo ameno circoletto
di parole siam cultori
e cerchiamo recensori
questo post è diventato un fantastico rifugio per menti assetate di limpida ispirazione… a quando la cena? vi raggiungo dove volete!
allora, sergio sta confinato in slovenia, massimo a due passi dall’africa :-), io a roma e tu, se non ho capito male, a milano. A occhio e croce potremmo vederci ad Ancona 🙂
Roma è a due passi, meta molto frequente per la fiction di Taodue che sto seguendo e altre varie cose. Sarò lì anche venerdì prossimo. La Slovenia non è nelle mete abituali ma si può fare. La terra di Massimo mi sta nel cuore quindi prontissima a partire. Altrimenti raggiungo Ancona, ormai le ferrovie non hanno più segreti per me. Come vedi non esistono ostacoli!
tengo presente 🙂
Per MariaGiovanna
–
Non lasciarti circuire
da due tipi così strani
sono bravi ad adulare
ma hanno modi un po’ da cani
Ma se tu li vuoi incontrare
per cenare insieme a loro
cercherò di presenziare
perché non manchi il decoro.
Messer Maugger,
i miei (un po’ acidi) complimenti per l’ottava di perfetti ottonari!
Adesso la attendiamo a plural tenzone con le ottave endecasillabiche. Giocare, prego, messere. Io rilancero’ dopo la Vostra esibizione nel medesimo loco.
Sergio
bravi bravi, con maria giovanna fate i poetici. il prosaico lo farò io 🙂