La nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri)“ è dedicata al romanzo Una volta l’estate di Ilaria Palomba e Luigi Annibaldi (Meridiano Zero).
Ecco, di seguito, il tandem letterario offerto dai due autori.
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UNA VOLTA L’ESTATE: 1 +1 + il loro incontro
il tandem letterario di Ilaria Palomba e Luigi Annibaldi
Ilaria: Luigi, tu sei uno scrittore di racconti fantareali brevissimi, come ti sei trovato a scrivere un romanzo, quindi un testo lungo, che non è propriamente fantastico come genere, anzi piuttosto thriller psicologico, direi?
Luigi: Era impensabile per me scrivere romanzi, per via della pigrizia. Grazie a te ci sono riuscito. Anche se abbiamo usato una metodologia da racconto, l’idea iniziale era: scrivere tanti incipit, come piccoli pezzi di un puzzle che alla fine vanno a formare una visione più grande. A livello di scrittura l’ho vissuta come tanti racconti incastonati uno nell’altro, anche perché era l’unico modo per scrivere in due, due persone che stanno insieme e che sono molto diverse. C’era anche il rischio di arrivare troppo in profondità e sfasciare qualcosa, come mi sembra abbiamo fatto noi. Tirare fuori delle verità che magari neanche riveli a te stesso, ma quando scrivi devi farlo, devi rivelare l’irrivelabile, è stato duro, faticoso, ma anche elettrizzante.
Considerando che sono molto pigro e tu invece sei molto prolifica, hai scritto già diversi romanzi anche in tempi abbastanza brevi, uno dopo l’altro, come ti sei trovata a scrivere con un pigro?
Ilaria: C’è da dire che quando vai molto veloce nella scrittura c’è sempre il rischio di una caduta di stile, infatti tra i miei primi libri c’è un po’ di differenza, Fatti male l’ho scritto in quattro mesi, Homo homini virus in tre anni quindi, ecco, chi li ha letti entrambi avrà notato che in HHV la tenuta stilistica è molto più accurata. Devo dire che nel nostro, Una volta l’estate, a parte l’ansia per la tua lentezza, l’attesa ha fatto tantissimo. La mia idea iniziale era di fare un guazzabuglio di frammenti, una cosa sperimentalissima, senza punti e virgole (maledetto Joyce letto troppo presto!), in cui ci avrei capito qualcosa solo io. Devo dire che la lentezza cui mi hai costretto mi ha insegnato a fare ordine, prima di tutto a pesare ogni singola parola. Poi, diciamolo, alla drammaturgia e all’intreccio ci hai lavorato soprattutto tu. Non era facile rendere Una volta l’estate comprensibile…
Luigi: Ricordi? Avevamo inizialmente l’idea di fare una sorta di romanzo che si poteva cominciare da qualsiasi punto del libro. Abbiamo lavorato leggendo classici moderni dopo pranzo e per esercitarci e divertirci facevamo un esercizio in cui leggevamo Joyce, Virginia Woolf, Carver, e ci davamo venti minuti di scrittura sulla base delle suggestioni del racconto. Per diversi mesi ogni giorno abbiamo fatto questa cosa. E man mano venivano fuori dei personaggi che avevano a che fare l’uno con l’altro. Abbiamo iniziato a notare delle somiglianze di storie, di trame, in alcuni dei nostri esercizi di scrittura. Lì ci è venuta l’idea del romanzo scritto insieme. Continuando questo gioco, ma pensando a un romanzo vero, la storia è venuta dopo. C’erano tanti flash che piano piano costruivano da soli una drammaturgia e abbiamo capito solo dopo quale fosse la storia: una postina ruba il figlio appena nato di una coppia in crisi. Lei è un’ex artista formattata dal rigore di suo marito militare che si trova in missione all’estero. Nel romanzo è descritta la vita parallela di queste due persone, Maya ed Edoardo, e poi diverse altre. Quanti personaggi erano e quanti ne abbiamo portati avanti, eh?
Ilaria: Ne abbiamo uccisi parecchi… si sono salvati (forse) il Professor Curci, medico curante, che è il personaggio buffo e grottesco della situazione perché parla solo con termini medici e scientifici e ha sempre bisogno di confermare quanto si dice. C’è lo psichiatra lacaniano, il dottor Traversi, che cerca di trovare il bandolo della matassa. C’è la madre di Maya, una disperate housewife. C’è Maya che vede il mondo come un dipinto. C’è Edoardo che, dal suo punto di vista marziale, crede che Maya cerchi nell’arte degli alibi per non confrontarsi con la vita vera. C’è Anya, la postina, personaggio molto misterioso. È la chiave di volta, lei è l’incidente scatenante, porta la lettera del comando militare che annuncia l’imminente missione di Edoardo. C’è Di Girolamo che è una specie di sergente Hartman di Full metal Jacket, devo dire che, seppur nella tragedia, alle volte ci siamo proprio divertiti a creare situazioni grottesche. C’è anche un personaggio molto comico che stempera la tragicità della guerra in cui Edoardo si trova immerso: il sottufficiale Salicetti, una specie di Groucho Marx militare, che non prende sul serio neanche le bombe all’uranio impoverito.
Che dici, prima o poi qualcuno ci chiederà cosa abbiamo a che fare noi con la guerra?
Luigi: Be’, non parliamo certo di guerra tra stati, ma di guerra tra uomini! Questa la conosciamo bene: c’interessa la guerra che c’è tra le persone che hanno la stessa appartenenza e vivono insieme. La guerra, il disagio, il disastro, si percepisce ma fa da sfondo perché la cosa fondamentale, nella mia parte di romanzo, è la guerra tra Edoardo e l’aiutante Di Girolamo che lo metterà sotto torchio, perché è il comandante della sua stazione e ha qualcosa per cui risentirsi. Quindi gli farà fare delle cose molto umilianti per vendicarsi del fatto che Edoardo, in passato, avesse cantato su un furto in caserma. Mi interessa questa guerra tra persone della stessa squadra. Poi nel macrocosmo abbiamo quello che sta succedendo ora e come risultato il terrorismo. Qui c’entra anche il discorso sull’assoggettamento, la prevaricazione, la dimostrazione di potere. Anche Edoardo fa una cosa del genere con Maya una volta che se la mette in casa. Vuole cambiarla, disciplinarla. L’idea per me base del romanzo è: se ti sei innamorato di una persona per quello che era, perché poi la vuoi cambiare?
Certo, ora che ci penso, questo è il mio tema portante del romanzo. Quando si scrive un romanzo di solito ogni autore ha un suo tema, ma quando si scrive in due non è detto sia lo stesso, qual è il tuo tema per Una volta l’estate?
Ilaria: Anche per me è quello dell’assoggettamento e della libertà. Il personaggio in cui mi sono più immedesimata è chiaramente Maya, la protagonista. Lei ha un passato pesante. Ha perso il padre da bambina in una circostanza che ha del surreale, per cui si è sempre in qualche modo sentita in colpa. Ah! Mi ero dimenticata di Arturo, il misteriosissimo padre di Maya…
Luigi: Non te lo sei dimenticata, è che l’abbiamo messo tra i personaggi morti…
Ilaria: Tornando al mio tema, c’è molto il discorso delle costellazioni famigliari, ciò che è successo ai genitori può succedere ai figli. C’è anche il tema della mancanza e del non sentirsi adatti a gestire la vita.
Luigi: Una volta l’estate ha cambiato il modo di vedermi?
Ilaria: Parto da quel che io stessa ho compreso scrivendolo. L’amore non è nell’imposizione, nelle convenzioni, nella coppia, ma è nell’intensità, deleuzianamente parlando, e nella libertà reciproca di essere fino in fondo ma anche e soprattutto di divenire. E per divenire, per fluire con la vita, per essere pienamente immanenti, non si può consegnare la propria esistenza, il proprio corpo, a una persona. L’amore esiste solo fuori dalla coppia, fuori dal matrimonio, fuori dalle convenzioni. E così è cambiato il mio modo di vederti, non ti concepisco più come mio.
Luigi: Me stai a dì che mi ami così tanto che mi doni al mondo?
Ilaria: Scemo. Voglio dire quello che abbiamo scritto nel romanzo: che 1 + 1 non fa 2, ma fa 1 + 1 + il loro incontro.
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Il libro
Maya cerca nell’arte un sentire lontano dalle convenzioni. Edoardo parte per una feroce missione in Medio Oriente lasciando sola sua moglie incinta. Mentre una postina ribalta ogni cosa, uno psichiatra lacaniano tenta di ricomporre il caleidoscopio. L’estate dell’umanità scompare. Ma c’è ancora qualcosa che Maya ed Edoardo possono fare per salvarsi.
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Ilaria Palomba è scrittrice e collaboratrice della Scuola Omero. Ha pubblicato i romanzi Fatti male (Gaffi), tradotto in tedesco per Aufbau-verlag, Homo homini virus (Meridiano Zero), vincitore del Premio Carver e terzo al Premio Nabokov e il saggio Io sono un’opera d’arte, viaggio nel mondo della performance art (Dal sud). Alcuni suoi racconti sono tradotti in francese e inglese. Ha curato l’antologia di racconti e disegni Streghe Postmoderne (AlterEgo).
Luigi Annibaldi è scrittore, editor e docente della Scuola Omero. I suoi racconti sono stati pubblicati dalle riviste Linus e Les Cahiers européens de l’imaginaire. Da un suo racconto è stato tratto il cortometraggio Sushi pin-up, vincitore del premio Miglior Film al festival di cortometraggi “Campo Lungo” di Roma. Sushi pin-up è anche la sua opera prima pubblicata da Omero Editore. Conduce corsi di narrativa in diverse scuole e biblioteche di Roma.
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