Si è conclusa la 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica organizzata dalla Biennale di Venezia. Si è svolta al Lido di Venezia dal 28 agosto al 7 settembre 2019. L’attrice Alessandra Mastronardi ha condotto la serata di chiusura. Di seguito: tutte le informazioni, il video integrale della cerimonia di premiazione e i commenti “speciali” di Nicola Lagioia.
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In questi giorni abbiamo seguito i principali eventi legati a Venezia 76 in questa pagina speciale di Letteratitudine Cinema.
Nel corso della cerimonia di premiazione, che si è svolta nella serata del 7 settembre, sono stati celebrati i vincitori delle varie sezioni.
Il Leone d’oro per il miglior film è andato a “Joker” di Todd Phillips (Usa).
All’italiano Luca Marinelli, protagonista di “Martin Eden” di Pietro Marcello, la Coppa Volpi maschile (premio per il miglior attore).
Coppa Volpi per la miglior attrice a: Ariane Ascaride per la sua interpretazione nel film “Gloria Mundi” di Robert Guédiguian (Francia, Italia).
Gran Premio della Giuria a “J’accuse” di Roman Polanski (Francia, Italia).
Leone d’Argento per la migliore regia a: Roy Andersson per il film “Om det oändliga (About endlessness)” (Svezia, Germania, Norvegia).
Di seguito: il commento di Nicola Lagioia, i video della premiazione e le informazioni su tutti i premiati
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VENEZIA 76: il commento di Nicola Lagioia
Con perfetta scelta di tempo drammaturgico , una pioggia sottile sottile comincia a scendere sul Lido a fine Mostra, l’estate è finita, un altro anno inizia, io domani parto per la Croazia, mentre il 10 sono già a Torino dove (con Jonathan Safran Foer, Bret Easton Ellis, Isabel allende, Salvatore Scibona, Samanta Schweblin, David Grossman e tanti altri) comincia la stagione autunnale – devo dire magnifica – del nostro Salone.
Cosa dire di Venezia76? Sono felice per Luca Marinelli, sono felice per Franco Maresco, felice per Polanski e Seigner, spero che il magnifico “Joker” riceva la lettura (profondamente politica) che merita alla sua uscita.
Ma soprattutto una cosa. Chi ha visto (come ogni anno) i film della Mostra (tutti: Concorso, Orizzonti, Fuori Concorso) può solo onestamente prendere atto di una cosa: in giro per il mondo – in contrasto a tanto orrore – si continuano a fare cose belle, a volte bellissime, chi con produzioni stratosferiche, chi con pochissime risorse. Come del resto si continuano a fare grandi libri, anche qui, chi con tirature da capogiro, chi con poche copie uscite, cosa importa, ma è la forma di resistenza – a mio parere – più nobile che ci sia.
Lo dico soprattutto ai giovani che vogliano consacrarsi al cinema o alla letterautra: lottate per la vostra opera, solo quella conta, e a meno che la vostra opera non sia “Eros e Priapo”, come impegno politico vale mille volte quello che silenziosamente state cercando di portare a termine (inattuale o meno) che 1.000 tweet ammiccanti e spiritosi sulla situazione politica italiana o internazionale. Da una parte le scorciatoie che portano alla lunga in un intrico di rimpianti (a scavare neanche troppo a fondo nel vostro cuore, lo sapete che è così). Dall’altra il sentiero che vi terrà davvero in vita.
“Martin Eden”, di Pietro Marcello
Avevo visto “La bocca del lupo” e “Bella e perduta”, e speravo che Pietro Marcello provasse a fare prima o poi qualcosa del genere. Passare – per intenderci – dall’astratto al figurativo, dalla libera associazione alla narrazione. Dico una cosa probabilmente discutibile, non è ovviamente valida per tutti ma credo sia valida in tanti casi: e cioè che molti dei nostri migliori autori rischino meno a cimentarsi con Breton che con Jack London, che si stia più comodi sotto l’ombra di Man Ray che sotto quella di Orson Welles.
Giunti a un certo punto, un certo sperimentalismo può diventare un rifugio e non un modo per mettersi in gioco, quindi sono felice che Pietro Marcello l’abbia fatto nel migliore dei modi e al momento giusto.
In “Martin Eden” c’è il melodramma e il romanticismo, la storia sociale e l’esaltazione dell’individuo (cioè puro London), una struttura narrativa solida e tradizionale, ma impiantata (è pur sempre un film di Pietro Marcello) su una linea cronologica totalmente non convenzionale e aliena rispetto a quel modulo narrativo. Gli anni Venti mescolati con agli anni Cinquanta, il XXI secolo piombato all’improvviso negli anni Quaranta del Novecento. C’è il popolare e una potente autorialità, ma ben oltre l’insopportabile “miscuglio di alto e basso” che è ormai una maniera. Luca Marinelli molto a suo agio, tra immersione nel personaggio e straniamento. E poi: un film che scava molto nel corpo (estetico, prima ancora che tematico) dell’Italia.
“Joker” di Todd Philips
Le élites hanno reso il popolo mostruoso. Il popolo renderà ancora più mostruose le élites.
“Joker” di Todd Philips. Uno dei film politici più potenti, disturbanti e violenti che ho visto negli ultimi anni. Ieri sarebbe stato un film distopico, oggi è quasi cronaca.
Esclusione sociale. Ultraviolenza. La malattia mentale consustanziale all’inno tatcheriano secondo cui non esiste la società ma solo gli individui. L’impossibilità di empatizzare con chi sta peggio di noi. Il bisogno ipocritamente condiviso dello psicopatico totale. Il caos che viene. L’ombra di Pumpkin (“Re per una notte” di Scorsese) diventata mostruosa. De Niro a ruolo invertito con quel film. Echi anche da “Taxi driver”, da “Shining”, da Frank Miller, Alan Moore. Joaquin Phoenix gigantesco.
Immagino qualche imbarazzo tra i palati fini. Vedere in lingua originale.
“J’accuse” di Roman Polanski
In pillole:
1) Si tratta chiaramente di un film sull’inizio del XXI secolo ambientato alla fine del XIX.
2) E’ sì un film sul coraggio di lottare per la verità e sui crimini del potere (magistrati, ufficiali, professionisti, membri del governo corrotti o reticenti o omertosi) ma è ancora di più un film sulla stupidità e sul conformismo criminale della folla, di noi, quando accettiamo di ingrossarne le fila, la folla così manipolabile, così amorale, così violenta, così spietata, così divorata dal bisogno di giudicare, così infallibilmente capace di sbagliare sempre il proprio bersaglio. Del resto, basta andare più indietro nel tempo e riesaminare l’affaire Barabba.
3) Picquart, Zola, e naturalmente Dreyfus, non lottano per l’eversione, ma per difendere un’istituzione.
4) Se sei un maestro del cinema, se sei di quelli che hanno scritto la storia del cinema, nessuno potrà strappartelo di dosso, indipendentemente da che tipo di uomo sei. Ma poi: chi, tra chi vuole giudicare, ritiene di poter dire con certezza che tipo di uomo sei?
“La mafia non è più quella di una volta” di Franco Maresco
Franco Maresco non se l’è sentita di venire a Venezia, facendo saltare (è la prima volta che succede per un film in concorso nella storia della mostra) la conferenza stampa de “La mafia non è più quella di una volta”. C’era invece una delle protagoniste del film, la fotografa Letizia Battaglia, alla quale è stata tributata una lunga e meritata ovazione.
Il problema è che Franco Maresco è a suo modo un genio. E il suo film (sempre a suo modo, per come può farlo un film di Maresco) è una vera lezione di educazione civica. Oltre che una lezione di cinema per come lo si può praticare in modo artisticamente sensato tra XX e XXI secolo. Alcuni dei miei ragazzi (i ragazzi a cui qui faccio da tutor per dei saggi che scriveranno sulla Mostra, accompagnandoli in archivio e in biblioteca, e sorvegliando il loro lavoro) non avevano mai visto un film di Franco, è stato gratificante leggere negli sguardi di alcuni di loro l’ammirazione se non la meraviglia per il fatto che oggi, in Italia, ci siano artisti in grado di portare a termine opere del genere.
Chi scrive ritiene che alcuni film realizzati con Ciprì, “Totò che visse due volte” su tutti, non siano meno belli dei migliori film di Pasolini, e che con la sua produzione più recente (a fianco sempre il meritorio Rean Mazzone) Franco stia ora esplorando un altro territorio, gli auguro che il viaggio sia il migliore possibile.
Sul perché poi alla fine Maresco non è venuto a Venezia (non venne, se è per questo, pur dopo mille telefonate in cui si cercava di convincerlo, anche quando vinse un premio a Orizzonti per “Belluscone”). Qui si vocifera molto. Alcuni dicono che non è venuto perché la parte finale su Mattarella ha sollevato un casino, spingendo gli investitori istituzionali a ritirare firma e marchio dal film. Chi dice che non è venuto perché gli sono scoppiati dei casini con Ciccio Mira (co-protagonista insieme a Letizia Battaglia del film). C’è anche il fatto che Maresco si mescola a fatica con il mondo ufficiale del cinema che combatte e sbertuccia da una vita, ricambiato dall’odio di molti (ma non di tutti, per fortuna, ed è grazie anche a questo spiraglio che continua a fare film).
Ora: i professionisti della coerenza altrui potrebbero dire che non si attacca il cinema mainstream e poi si manda il proprio film in concorso a Venezia, che di quel mondo è tra le massime espressioni. A questa obiezione si può rispondere col Pasolini che, nel 1968, proprio qui a Venezia, al giornalista che gli contestava di aver boicottato prima il proprio stesso film (“Teorema”) salvo poi cambiare idea per convenienza, ribatteva: “lei pretende da me la coerenza a tutti i costi per pulirsi la sua di coscienza”. A un artista come Maresco l’incoerenza non è perdonata ma è dovuta, se gli consente di guardare il mondo dalla posizione che gli consente di fare quel che fa. Ah. Dimenticavo: aggiungeteci una dose di autolesionismo e malcelato desiderio di sentirsi ai margini.
Sulle polemiche col Presidente della Repubblica. Ho visto che oggi addirittura è stata diramata una nota ufficiale dal Quirinale. Se serve a sollevare un polverone che faccia bene al film, benissimo. Ma altrimenti: il Presidente non deve sentirsi offeso, davvero. “La mafia non è più quella di una volta”, è un film antiretoricamente civico (cioè nell’unico modo in cui forse oggi è possibile fare professione di civismo su certi temi, in certe forme) così come “Totò che visse due volte” (attaccato per vilipendio alla religione cattolica) era un film antiretoricamente religioso, e quindi, oggi, un film religiosissimo.
Ultima. Non è vero che l’Italia è un deserto. Non lo è affatto. Chi lo rivendica sta solo inaffiando il proprio desertino interiore con la pisciata del nacro-narcisismo nazionale. Continuo a dirlo. Non siamo in un deserto. Pensate a Franco Maresco, a Letizia Battaglia, a quelli come loro. Celebrateli e sosteneteli adesso, non quando sarà tardi!
(Nicola Lagioia)
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Il video integrale della cerimonia di premiazione
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La sintesi della cerimonia di premiazione
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Premi ufficiali della 76. Mostra
Assegnati dalle cinque giurie internazionali nel corso della Cerimonia di premiazione (sabato 7 settembre, ore 19.00)
La Giuria di Venezia 76, presieduta da Lucrecia Martel e composta da Stacy Martin, Mary Harron, Piers Handling, Rodrigo Prieto, Shinya Tsukamoto, Paolo Virzì, dopo aver visionato tutti i 21 film in concorso, ha deciso di assegnare i seguenti premi:
LEONE D’ORO per il miglior film a:
JOKER
di Todd Phillips (USA)
LEONE D’ARGENTO – GRAN PREMIO DELLA GIURIA a:
J’ACCUSE
di Roman Polanski (Francia, Italia)
LEONE D’ARGENTO – PREMIO PER LA MIGLIORE REGIA a:
Roy Andersson
per il film OM DET OÄNDLIGA (ABOUT ENDLESSNESS) (Svezia, Germania, Norvegia)
COPPA VOLPI
per la migliore interpretazione femminile a:
Ariane Ascaride
nel film GLORIA MUNDI di Robert Guédiguian (Francia, Italia)
COPPA VOLPI
per la migliore interpretazione maschile a:
Luca Marinelli
nel film MARTIN EDEN di Pietro Marcello (Italia, Francia)
PREMIO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a:
Yonfan
per il film JI yuan tai qi hao (no.7 cherry lane) di Yonfan (Hong Kong SAR, Cina)
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a:
LA MAFIA NON È PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA
di Franco Maresco (Italia)
PREMIO MARCELLO MASTROIANNI
a un giovane attore o attrice emergente a:
Toby Wallace
nel film BABYTEETH di Shannon Murphy (Australia)
Orizzonti
La Giuria Orizzonti della 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, presieduta da Susanna Nicchiarelli e composta da Eva Sangiorgi, Álvaro Brechner, Mark Adams, Rachid Bouchareb, dopo aver visionato i 19 lungometraggi e i 13 cortometraggi in concorso, assegna:
il PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR FILM a:
ATLANTIS
di Valentyn Vasyanovych (Ucraina)
il PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE REGIA a:
Théo Court
per il film BLANCO EN BLANCO (Spagna, Cile, Francia, Germania)
il PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA ORIZZONTI a:
VERDICT
di Raymund Ribay Gutierrez (Filippine)
il PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE FEMMINILE a:
Marta Nieto
nel film Madre di Rodrigo Sorogoyen (Spagna, Francia)
il PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIOR INTERPRETAZIONE MASCHILE a:
Sami Bouajila
nel film BIK ENEICH – UN FILS di Mehdi M. Barsaoui (Tunisia, Francia, Libano, Qatar)
il PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIOR SCENEGGIATURA a:
Jessica Palud, Philippe Lioret, Diastème
per il film REVENIR di Jessica Palud (Francia)
il PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR CORTOMETRAGGIO a:
DARLING
di Saim Sadiq (Pakistan, USA)
il VENICE SHORT FILM NOMINATION FOR THE EUROPEAN FILM AWARDS 2019 a:
CÃES QUE LADRAM AOS PÁSSAROS (DOGS BARKING AT BIRDS)
di Leonor Teles (Portogallo)
Venezia Classici
La Giuria presieduta da Costanza Quatriglio e composta da 22 studenti – indicati dai docenti – dei corsi di cinema delle università italiane, dei DAMS e della veneziana Ca’ Foscari, ha deciso di assegnare i seguenti premi:
il PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR DOCUMENTARIO SUL CINEMA a:
BABENCO – ALGUÉM TEM QUE OUVIR O CORAÇÃO E DIZER: PAROU (BABENCO – TELL ME WHEN I DIE)
di Bárbara Paz (Brasile)
il PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR FILM RESTAURATO a:
EXTASE (ECTASY)
di Gustav Machatý (Cecoslovacchia, 1932)
Premio Venezia Opera Prima
La Giuria Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” della 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, presieduta da Emir Kusturica e composta da Antonietta De Lillo, Hend Sabry, Terence Nance e Michael Werner, assegna il:
LEONE DEL FUTURO
PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS” a:
YOU WILL DIE AT 20
di Amjad Abu Alala (Sudan, Francia, Egitto, Germania, Norvegia, Qatar)
GIORNATE DEGLI AUTORI
nonché un premio di 100.000 USD, messi a disposizione da Filmauro, che sarà suddiviso in parti uguali tra il regista e il produttore.
Venice Virtual Reality
La Giuria internazionale della sezione Venice Virtual Reality, presieduta da Laurie Anderson e composta da Alysha Naples e Francesco Carrozzini, dopo aver visionato i 27 progetti in concorso, assegna:
il GRAN PREMIO DELLA GIURIA PER LA MIGLIORE OPERA VR IMMERSIVA a:
THE KEY
di Céline Tricart (USA)
il PREMIO MIGLIORE ESPERIENZA VR IMMERSIVA PER CONTENUTO INTERATTIVO a:
A LINHA
di Ricardo Laganaro (Brasile)
il PREMIO MIGLIORE STORIA VR IMMERSIVA PER CONTENUTO LINEARE a:
DAUGHTERS OF CHIBOK
di Joel Kachi Benson (Nigeria)
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