Come nasce un romanzo? Per gli Autoracconti d’Autore di Letteratitudine: VIOLA ARDONE racconta il suo romanzo “Grande Meraviglia” (Einaudi)
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di Viola Ardone
Grande Meraviglia nasce dopo un incontro molto particolare, quello con i ragazzi del Regina Margherita di Torino. Due anni fa sono stata “adottata” nell’ambito del programma “Adotta uno scrittore” del Salone del libro da una classe molto speciale: i giovani che facevano scuola all’interno del reparto di psichiatria dell’ospedale torinese. Erano ragazze e ragazzi in tutto e per tutto uguali ai miei alunni ma che in quel momento della loro vita dovevano fare i conti con un dolore insostenibile, un malessere fortissimo che impediva loro di proseguire la routine che avevano fatto fino a quel momento: famiglia, amicizie, scuola, sport. Qualcosa in loro si era bloccato, un crollo improvviso, una tristezza indicibile, un male senza nome. In ospedale quei ragazzi e quelle ragazze venivano seguiti, curati, gli veniva inoltre permesso di continuare a studiare, nei tempi e nei modi che era loro possibile, grazie ai docenti di ruolo distaccati presso l’ospedale. Anoressia, depressione, disturbo bipolare, gravissimi problemi di socializzazione. Come farò, mi sono chiesta, a portare i miei libri, i discorsi sulla letteratura, sulla scrittura e la lettura lì dentro? Con quale coraggio affronterò il loro dolore? (Leggi tutto… clicca qui)
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Come nasce un romanzo? Per gli Autoracconti d’Autore di Letteratitudine: ALESSANDRA SELMI racconta il suo romanzo “Al di qua del fiume. Il sogno della famiglia Crespi” (Nord)
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Questo romanzo è un dono d’amore, un sussurro dall’aldilà, un consiglio ascoltato troppo tardi o, più probabilmente, al momento giusto.
Saranno passati dieci anni, forse quindici da allora. La mia nonna Piera – donna fatta di tungsteno, su cui la vita si è accanita invano – è sempre stata una grande amante dei viaggi, che si vantava di aver girato tutto il mondo senza conoscere una parola d’inglese, usando il dialetto brianzolo. Quando non poteva andare lontano, viaggiava leggendo, frequentando cineforum e circoli culturali, o si concedeva qualche gita fuori porta. Fu così che andò a Crespi d’Adda: forse era con il circolo bandistico locale o con l’associazione tal dei tali o con il club di non so cosa. Un pomeriggio, di molti, molti anni fa.
Tornata a casa, come ogni volta, venne a ragguagliarmi.
«Devi andare a vederlo» mi disse. «Vedessi che posto!». Poi si perse nel racconto delle casette tutte uguali stese davanti alla fabbrica ormai silenziosa, la chiesa, il cimitero…
Non era un consiglio. Mia nonna non consigliava: ordinava e basta, tu dovevi solo obbedire. (Leggi tutto… clicca qui)
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“Un giorno e una donna. Vita e passioni di Christine de Pizan, prima scrittrice europea” di Nicoletta Bortolotti (Harper Collins Italia): incontro con l’autrice
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Christine de Pizan, nata Cristina da Pizzano (Venezia, 1364 – Monastero di Poissy, 1430 circa), è stata una scrittrice e poetessa italiana alla corte dei re di Francia.
È riconosciuta in Europa come la prima scrittrice di professione e, quattro secoli prima di Madame de Staël, la prima storica laica.
Con Un giorno e una donna Nicoletta Bortolotti ha scritto un romanzo importante, che è al tempo stesso un’opera di grande valore letterario in grado di far rivivere le passioni e i sentimenti di un’epoca, un’opera di grande valore storico nella ricostruzione perfetta, per quanto immersa nell’immaginazione romanzesca, della vita e dell’opera di Christine de Pizan, e di valore etico, perché l’esempio di Christine possa servire da guida in questi anni non sempre facili.
Abbiamo chiesto a Nicoletta Bortolotti un contributo per farci conoscere qualcosa su questo suo libro e sulla sua genesi…
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Storia della genesi di un romanzo in forma di missiva
Caro Carlo,
Ecco finalmente le prime 90 pagine di prova di Christine de Pizan. Il titolo provvisorio lo propongo perché mi era stato chiesto da Feltrinelli librerie di raccontare insieme ad altre scrittrici donne nascoste per l’8 marzo e il titolo della rassegna era Un giorno, una donna. Ma naturalmente vedete voi.
Metto in copia anche Valentina Balzarotti che ora mi seguirà come agente e a cui avevo parlato del progetto. (Leggi tutto… clicca qui)
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“Arrocco siciliano” di Costanza DiQuattro (Baldini + Castoldi)
di Emma Di Rao
L’esergo del nuovo romanzo di Costanza Di Quattro, “Arrocco siciliano”, edito da Baldini+Castoldi, è affidato a Jorge Luis Borges, chiamato in causa per fissare i tratti essenziali del gioco, e a Fedor Dostoevskij, che ci mette in guardia sulla presunta casualità di esso; infine, a sorpresa, a Gigi Proietti, chiamato a rammentarci le dolci amarezze del sentimento d’amore. Bastano già queste citazioni in apertura per comprendere che la penna raffinata e schietta della scrittrice racconterà le sfide raccolte dall’uomo per imporsi sul destino che sta in agguato o sul caso che scompiglia le carte o, più semplicemente, su quel labirinto intricato che è il nostro animo.
Il contesto del dispositivo narrativo è, ancora una volta, la terra natale dell’autrice, l’amatissima Sicilia, con i suoi assolati paesaggi immersi nella fissità di un tempo che sembra immobile e con i suoi incantevoli e misteriosi notturni, ma soprattutto con le sue inquietudini e con le sue contraddizioni. Pur radicate in un preciso spazio geografico e temporale, esse rimandano a una più ampia dimensione di carattere universale che vede l’uomo in lotta contro il fato o contro sé stesso, perennemente diviso fra slanci e ripiegamenti, vittorie e rinunce, in un groviglio di contrasti inestricabili. [Leggi tutto (clicca qui)…]
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“Tempesta in giugno” di Irène Némirovsky (Adelphi)
[Traduzione di Laura Frausin Guarino, Teresa Lussone. A cura di Teresa Lussone, Olivier Philipponnat]
Il sogno della disfatta torna in libreria. Pubblicata la versione inedita di Suite francese, il capolavoro della scrittrice ebrea morta ad Auschwitz
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di Francesca Coppola
«La Primavera, con le sue notti luminose, si faceva beffe della prudenza umana. Mentre la Senna pareva concentrare su di sé ogni sparso chiarore, catturarlo e farlo danzare nei suoi flutti. Dall’alto doveva sembrare un fiume di latte». Ma nel solco della stagione del risveglio a farsi strada è anche la guerra. Si insinua rapidamente, a ogni passo, disposta a profanare persino gli equilibri più saldi nel mezzo di una Tempesta in giugno (Adelphi, 2022) che non concede scampo. La nuova edizione di Suite francese, capolavoro di Irène Némirovsky pubblicato nel 2005, è di recente tornata in libreria in una veste filologicamente elaborata, arricchita da quattro capitoli inediti, riproponendo una Parigi oramai perduta nelle pieghe della storia.
Il caotico giugno del 1940 è difatti un esodo di anime – borghesi, intellettuali, cortigiane, madri eroiche – alla disperata ricerca del proprio destino e, in ultima istanza, della salvezza. Non poche sono le differenze tra le vicende di questi personaggi e i protagonisti della prima stesura manoscritta della Suite, quella che le figlie dell’autrice di Kiev trascinarono amorosamente con sé, nello spazio angusto di una valigia, durante la fuga dall’invasione nazista. In questa nuova Tempesta – magistralmente riscoperta da Teresa Lussone (ricercatrice in letteratura francese presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”) presso l’IMEC (Institut Mémoires de l’édition contemporaine), curata insieme a Olivier Philipponnat e Laura Frausin – l’affresco brutale, ma al contempo ironico e dolce della «disfatta» restituisce al lettore l’ultimo dono di Némirovsky e il sogno, coltivato instancabilmente, di un romanzo corale, che doveva comporsi di cinque parti ma che rimase, come è noto, incompiuto. Rileggere queste pagine, la cui genesi è travagliata tanto quanto la vita di chi le scrisse – strappata alla famiglia perché ebrea l’autrice morì di tifo, ad Auschwitz – è un’esperienza a metà strada tra l’epifania e il déja vu. Ma è anche, come osservato da Lussone nella postfazione al testo, un modo per attraversarlo, coglierne gli spazi interstiziali, capire «come e perché Tempesta in giugno è stato riscritto». (Leggi tutto… clicca qui)
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“Nel furor delle tempeste. Breve vita di Vincenzo Bellini” di Luigi La Rosa (Piemme) – recensione
Una partitura di parole e musica, di incontri e amori sconvolgenti, di amicizia e striscianti ostilità, di gloria e bruciante solitudine, di affanni interiori e silenzi, in parallelo allo scolorire della salute in un corpo squassato dalla tosse, dalle febbri, dal tormento interiore. E’ tutto questo ed altro il romanzo di Luigi La Rosa, «Nel furor delle tempeste Breve vita di Vincenzo Bellini», edito da Piemme, 2022. Dopo la pittura, con «L’uomo senza inverno. Storia di un genio dimenticato dell’Impressionismo» dedicato alla figura di Gustave Caillebotte, ora è la musica, con l’animo del suo migliore compositore, Vincenzo Bellini, a fare da motivo ispiratore nel nuovo libro del raffinato scrittore siciliano. Una felice opera giocata tra immaginazione e ricerca bibliografica sul musicista, che ha il pregio di ricreare attraverso una scrittura elegante ed armoniosa, i luoghi, le atmosfere, i personaggi che accompagnarono la vita e l’opera creativa di Bellini. Da Catania che gli diede i natali il 3 novembre 1801, a Napoli dove arrivò diciottenne per seguire gli studi presso il Real Collegio di Musica che la benevolenza del duca di San Martino e il Decurionato catanese avevano voluto, alla città scaligera, Milano, dove il genio musicale del compositore siciliano si dispiegava con i successi e qualche crudo disappunto nelle rappresentazioni delle sue opere alla Scala. Leggi tutto (clicca qui).
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“La lezione” di Marco Franzoso (Mondadori): incontro con l’autore e un brano estratto dal romanzo
Marco Franzoso è nato nel 1965. Da alcuni suoi romanzi (Tu non sai cos’è l’amore e Westwood dee-jay) sono stati realizzati spettacoli teatrali. Da Il bambino indaco (Einaudi, 2012) è stato tratto il film di Saverio Costanzo Hungry Hearts, interpretato da Alba Rohrwacher e Adam Driver (entrambi premiati con la Coppa Volpi al Festival di Venezia del 2014). L’innocente è uscito per Mondadori nel 2018 e ha vinto il premio Mondello. Nel 2020 è stato pubblicato, sempre per Mondadori, Le parole lo sanno, che diventerà un film per la regia di Peter Webber.
Il nuovo romanzo di Marco Franzoso si intitola La lezione (Mondadori).
Abbiamo chiesto all’autore di parlarcene…
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«Da dove nascono le storie?», ha detto Marco Franzoso a Letteratitudine. «E qual è la vera esigenza per cui proprio quella storia ti richiede di essere scritta, e proprio quel personaggio, nella tua mente ancora vago e poco più indistinto che una sagoma nella nebbia, necessità per te di essere raccontato?
Si possono riuscire a comprendere i meccanismi con cui una storia può essere scritta al meglio, ma tu stesso che scrivi non riuscirai mai a comprendere da dove origina per te la necessità di mettere su carta proprio quella storia e quel personaggio. Fa parte del mistero dello scrivere. Leggi tutto (clicca qui)
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“Il cannocchiale del tenente Dumont” di Marino Magliani (L’Orma): incontro con l’autore e un brano estratto dal romanzo
“Il cannocchiale del tenente Dumont” è nella dozzina dei libri finalisti all’edizione 2022 del Premio Strega
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Marino Magliani è nato in una valle ligure e ha trascorso gran parte della vita fuori dall’Italia. Oggi vive tra la sua Liguria e la costa olandese, dove scrive e traduce.
È autore di numerosi libri tra cui ricordiamo: Quella notte a Dolcedo (Longanesi 2008), L’esilio dei moscerini danzanti giapponesi (Exòrma 2017) e Prima che te lo dicano altri (Chiarelettere 2018).
Al romanzo Il cannocchiale del tenente Dumont ha lavorato per vent’anni.
Abbiamo chiesto all’autore di parlarcene…
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«Mi sono sempre chiesto come fosse giunto l’hascisc a Baudelaire e ai suoi amici», ha detto Marino Magliani a Letteratitudine, «immaginavo una rotta antica, e invece venni a sapere che in una certa quantità l’hascisc l’avevano portato dall’Africa i reduci della campagna d’Egitto, circa cinquant’anni prima. Aveva altri nomi, e se ne faceva uso in maniera diversa, ad esempio non si fumava ma si consumava attraverso infusi. Un po’ Il cannocchiale dev’essere nato così, rifacendo fare il viaggio dell’hascisch a tre consumatori nel 1799, i quali, senza saperlo, diventano a tutti gli effetti i primi narcotrafficanti moderni. Leggi tutto… (clicca qui)
“Fame blu” di Viola Di Grado (La nave di Teseo): la nostra recensione
“Fame blu” di Viola Di Grado (La nave di Teseo)
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Il nuovo romanzo di Viola Di Grado. Metafora del corpo, del linguaggio, dell’amore.
Era appena uscito Attraversando il Bardo e Franco Battiato nell’afa estiva della vecchia Tonnara di Marzamemi parlava al pubblico del nostro né nascere né morire, della molteplicità che fa immensa la dimensione dell’esistenza, della reincarnazione come una freccia di corpi puntata verso il cielo. A Shanghai nel distretto di Hongkou negli anni Trenta fu costruito un mattatoio, dove oggi si possono visitare negozi alla moda e centri culturali. In questo “tortuoso labirinto modernista. Fuori una grazia modernista, dentro una psicosi di astrazioni e di cemento” due ragazze tracciano il confine tra l’eros e la morte. Sul pavimento c’è il corpo vivo di una di loro, una ragazza romana volata in Cina a insegnare italiano mentre l’altra, Xu, la morde: un’ostia, un agnello offerto al confine non troppo netto tra qui e l’altrove. Sarà un attrito della memoria o un’eco di visioni ma la tonnara e il mattatoio, luoghi dove si scannavano innocenti e ora offerte di svago per i vivi, le due ragazze scannano in due l’io come Battiato lo raccontava lì quell’estate: “questo aggregato di processi psichici pauroso, disperato, aggressivo opportunistico manipolante e troppo di rado gioioso”. Due ragazze (che sono una o forse tre o quattro: ci sono anche Kelly e, da qualche parte, Ruben) pronte a dilaniarsi, amarsi, violarsi, rifiutarsi, cercarsi, afferrarsi, affamarsi e divorarsi. Per le strade e i vicoli, dentro le case e i bar, all’ombra dei grattacieli di una Shanghai blu. Nel mattatoio di Shanghai si consuma la rasposa metafora che è il nuovo romanzo di Viola Di Grado “Fame blu”. Metafora del corpo, del linguaggio, dell’amore. Leggi tutto…
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“Oliva Denaro” di Viola Ardone (Einaudi Stile Libero)
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«La femmina è una brocca: chi la rompe se la piglia, così dice mia madre». Su questa, che è ad un tempo sentenza e condanna riguardo alla “verginità” da custodire e mantenere, ruota il bellissimo romanzo di Viola Ardone, Einaudi Stile libero 2021. Protagonista una ragazza di quasi sedici anni di nome Oliva Denaro e con lei tutte le altre coetanee, imprigionate dalle regole che vigono in paese e dalle ossessive raccomandazioni delle madri per mantenersi “pulite“ e difendersi dalle maldicenze della gente, loro che erano nate femmine, diverse dai fratelli maschi. Come per Oliva. «Mia madre, tra noi due, preferisce Cosimino perché lui è chiaro di pelle e di capelli, come mio padre, e invece io sono nera, come il corvo. Non è una brocca, lui. Non si rompe. E se si rompe si rimette insieme». Siamo negli anni Sessanta, vige il codice Rocco e il delitto d’onore e per non rimanere ‘svergognate’ le femmine non devono camminare in strada da sole, non devono portare le gonne sopra al ginocchio, non devono parlare a tu per tu con gli uomini. Meglio stare in casa e tenere gli occhi bassi e, una volta sposate, servire il marito, fare figli ed essere pazienti. Queste erano le usanze e su queste vigilavano gli sguardi occhiuti della gente, intenta ad osservare, scrutare, sparlare. Leggi tutto…
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“La materia alternativa” di Laura Marzi (Mondadori): incontro con l’autrice
Laura Marzi ha un dottorato in Studi di Genere conseguito all’università “Paris 8”. Collabora con “il manifesto”, “Il Tascabile”, “Leggendaria” e “LetterateMagazine”. Ha insegnato per diversi anni materia alternativa. Vive a Roma.
Per Mondadori ha appena pubblicato il romanzo intitolato La materia alternativa. Abbiamo chiesto all’autrice di parlarcene…
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«Ho scritto il romanzo La materia alternativa mentre insegnavo materia alternativa alla religione cattolica in una scuola pubblica della periferia di Roma», ha detto Laura Marzi a Letteratitudine. «Avevo bisogno di dare un senso a quella esperienza e di lasciarne traccia: mi confrontavo con un insegnamento che non ha un programma predefinito, non ha un’aula, che si è rivelato uno spazio di confronto con alunne e alunni stranieri, per lo più musulmani o cinesi, in Italia da sempre oppure appena arrivati. Si tratta di un romanzo corale, quindi, nel quale si incontrano molti personaggi adolescenti. Ho cercato di dare a ognuno di loro un suo tratto definito, riconoscibile. Leggi tutto…
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