Rimetto in primo piano questo post dedicato alla blogger cubana Yoani Sánchez e – contestualmente – ne approfitto per presentare il nuovo romanzo di Gordiano Lupi (che è anche il traduttore del volume “Cuba libre” della Sánchez): “Una terribile eredità” (Perdisa Pop, 2009, p. 128, € 12).
Mi piacerebbe che Gordiano ci aggiornasse sulle condizioni di Yoani e che ci raccontasse qualcosa su questo suo nuovo libro (molti di voi ne avranno già sentito parlare… magari l’avranno anche letto). Anticipo che si tratta un romanzo a metà strada fra horror e reportage, che attinge a Cuba, ma anche alle inquietudini più profonde della natura umana.
La storia nasce nel cuore della guerra in Angola: i soldati cubani sono costretti a vivere un tormento assurdo e privo di logica, nel cuore di un’Africa selvaggia, tra mangiatori di scimmie, ritualità macabre e violenza efferata. Tra quei soldati c’è il protagonista del libro: un cittadino comune che si ritrova immerso in un incubo, mentre la moglie incinta lo aspetta a casa… all’Avana… insieme a un destino di follia. Un incubo che dura cinque anni, il suo (che tocca perfino l’esperienza del cannibalismo), e che si trasforma in un rinnovato incubo allorquando l’uomo torna a casa: la spersonalizzazione causata dalla guerra e le tragedie vissute, sommate alla crudeltà del regime, faranno di lui un disumano assassino.
Rimasto vedovo, l’uomo brancolerà tra le strade povere dell’Avana per dare la caccia alle vittime innocenti della sua mente devastata; eppure, paradossalmente, non verranno meno la sua sensibilità di base, l’amore per il figlio, il senso di colpa.
Una storia che si alterna tra macabro, follia, amore e morte in una terra che resta ancora da scoprire.
Questo libro di Gordiano offre vari spunti di riflessione. Uno di questi è quello della fragilità dell’uomo resa “estrema” di fronte alla guerra.
Per favorire un possibile dibattito, ho pensato di proporvi la seguente domanda: le devastazioni della guerra – a vostro avviso – agiscono più a livello collettivo o più a livello individuale? E con quali conseguenze?
Ne approfitto per evidenziare che “Una terribile eredità” è edito dalla piccola, ma prestigiosa, casa editrice Perdisa Pop nell’ambito della collana Walkie Talkie diretta da Luigi Bernardi. Il volume sarà presentato a ROMA, venerdì 15 gennaio 2010 – ore 16,30 – presso la SALA DEL CARROCCIO – CAMPIDOGLIO. Con Gordiano Lupi ci sarà Giovanni De Ficchy.
Vi ringrazio in anticipo per la partecipazione.
Segue il post originario dedicato a Yoani Sánchez.
Massimo Maugeri
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CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana, di Yoani Sánchez
(18 aprile 2009)
Avevamo già avuto modo di parlare di Yoani Sánchez. Ne parliamo nuovamente in occasione dell’uscita in Italia del suo “CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana“, appena edito da Rizzoli, collana 24/7 (p. 237, euro 17), e tradotto e curato da Gordiano Lupi.
Yoani Sánchez è un strana dissidente – leggiamo nella scheda del volume – : non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba.
Il suo blog è stato oscurato, ma – nonostante tutto – è riuscito a sopravvivere all’estero grazie a Internet. “Per noi che viviamo in questa Isola, nella quale per molti anni l’informazione è stata monopolio esclusivo dello Stato, Internet ha prodotto una crepa nel muro della censura che sembra molto difficile da chiudere“, racconta Yoani. “Anche se Cuba ha uno degli indici di connessione più bassi del pianeta, le persone cercano il modo di accedere alle notizie che compaiono in rete. Come abbiamo un mercato nero per gli alimenti, che ci fornisce tutto ciò che non possiamo comprare nel mercato razionato o nel mercato in pesos convertibili, così esiste un rifornimento illegale e alternativo di informazione. Con la creatività che ci caratterizza abbiamo imparato a distribuire le pagine web su memory flash e in dischi a centinaia di persone interessate, che non sono mai potute entrare su Internet. Con questo identico sistema circolano il mio blog e altri siti che si producono sull’isola, oltre ad altri siti web che vengono amministrati all’estero“.
Il blog di Yoani ha fatto il giro del mondo. E questa coraggiosa ragazza, che ha pure un figlio da crescere, continua la sua battaglia pacifica raccontando ciò che vede… ciò che vive.
Mi piacerebbe discutere con voi del caso di Yoani Sánchez, del suo blog e di questo libro. Ma anche di come Internet abbia “rivoluzionato” la possibilità di essere dissidenti in contesti di altissima censura.
Parteciperà alla discussione Gordiano Lupi, che è il traduttore italiano di Yoani (oltre che un esperto sulla realtà cubana).
Renzo Montagnoli mi darà una mano a moderare e animare la discussione.
Di seguito troverete la scheda del libro, un articolo di Gordiano Lupi e un’intervista rilasciata dalla Sánchez.
Massimo Maugeri
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CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana – Rizzoli – p. 237 – euro 17 – traduz. Gordiano Lupi
La scheda del libro
Yoani Sánchez è un strana dissidente: non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba: la difficoltà di fare la spesa e la fame cronica, l’arte di ripararsi gli elettrodomestici guasti, la lotta per leggere le vere notizie tra le righe del giornale di partito, la paura del ricovero in ospedale dove manca anche il necessario per sterilizzare, la convivenza forzata con la propaganda che si insinua nei media, nelle piazze e nelle scuole, il panico quando arrivano le convocazioni della polizia, la preoccupazione per gli amici in carcere, la nostalgia per i tanti che sono fuggiti e la delusione per tutti quelli che hanno smesso di credere al futuro. Ma soprattutto sfata il falso mito dell’efficienza castrista e descrive, tra tenerezza e rabbia, la frustrazione per le potenzialità inespresse e i sogni perduti di chi, come lei, è nato nella Cuba degli anni Settanta e Ottanta e si ritrova rinchiuso in un’utopia che non gli appartiene. Di questa generazione Yoani è diventata l’inconsapevole portavoce, e il suo blog, che ha fatto il giro del mondo è ora un libro.
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La vita di Yoani
di Gordiano Lupi
Yoani è laureata in filologia, vive all’Avana, è appassionata di informatica e lavora nella redazione telematica della rivista indipendente Desde Cuba. Il suo blog fa discutere perché racconta le frustrazioni quotidiane e le ordinarie mancanze di una Cuba al di là delle ideologie. L’autrice definisce Generación Y come “un blog ispirato a gente come me, con nomi che cominciano o contengono una y greca. Nati nella Cuba degli anni Settanta – Ottanta, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione”.
Yoani nasce a Cuba nel 1975. Nel 1995 si specializza in letteratura spagnola, filologia ispanica e letteratura latinoamericana contemporanea, nonostante la nascita di un figlio. Dimostra un caratterino niente male discutendo una tesi incendiaria dal titolo Parole sotto pressione. Uno studio sulla letteratura della dittatura in Latinoamerica. Terminata l’università, comprende che il mondo degli intellettuali e dell’alta cultura non è cosa per lei, ma soprattutto non ha la minima intenzione di fare la filologa. Nel 2000 si impiega presso la Editorial Gente Nueva e comprende che con il salario di Stato non può mantenere una famiglia. Decide di continuare il lavoro statale ma si mette dare lezioni (illegali) di spagnolo ai turisti tedeschi che visitano L’Avana. Non è la sola. Molti ingegneri preferiscono guidare un taxi che fare il loro mestiere, alcune maestre tentano di impiegarsi negli alberghi e nei negozi per turisti puoi essere servito da un neurochirurgo o da un fisico nucleare. Nel 2002 Yoani decide di emigrare in Svizzera, ma dopo due anni torna in patria, forse per la nostalgia della sua terra, anche se amici e familiari sconsigliano il rientro. Nel 2004 fonda, insieme a un gruppo di cubani che vivono sull’isola, la rivista di cultura e dibattito Consenso. Tre anni dopo lavora come webmaster e giornalista del portale Desde Cuba. Yoani vive all’Avana insieme al giornalista Reinaldo Escobar e con lui divide la sua esistenza da oltre quindici anni. Può dirsi più informatica che filologa, ma la sua cultura letteraria è molto utile nel 2007, quando comincia l’avventura del Blog Generacion Y, definito come “un esercizio di codardia”, perché è uno spazio telematico dove può raccontare la sua realtà e dire ciò che è vietato sostenere nella vita di tutti i giorni.
I suoi brevi racconti sono dei bozzetti a metà strada tra la metafora e il realismo più crudo, immersi nella vita quotidiana delle due anime di Cuba, ricchi di riferimenti a scrittori del passato dimenticati dalla cultura ufficiale, come Padilla, Cabrera Infante, Arenas e Lima. Yoani sogna una Cuba trasformata in un luogo dove ci si possa fermare a un angolo e gridare: “In questo paese non c’è libertà di espressione!”. Perché vorrebbe dire che le cose sono cambiate e si può cominciare a pronunciare la parola libertà. Si dichiara disponibile a scambiare gli alimenti somministrati con la tessera del razionamento alimentare per una cucchiaiata di diritti civili, una libbra di libertà di movimento e due once di libera iniziativa economica. Percorre le strade di due città diverse, quella dei membri del partito, dei generali, dei dirigenti di Stato e quella della povera gente che vive nella desolazione dei quartieri periferici, nelle casupole cadenti e nei rifugi costruiti per i senza tetto. Vive un’utopia che non è più la sua e non vorrebbe lasciarla in dote ai suoi figli, analizza le contraddizioni di chi fatica a mettere insieme il pranzo con la cena ma sogna vestiti di marca e profumi. Assiste alle fughe di personaggi famosi e di semplici cittadini esasperati, critica il governo per le promesse disattese, ricorda il passato e analizza lo stato deplorevole della cultura di regime. Yoani si scaglia contro il doppio sistema monetario e narra la realtà del mercato nero, unica fonte di sostentamento, perché la maggioranza dei cubani vive di ciò che i venditori informali portano nelle loro case. L’informazione di regime è un altro bersaglio da colpire, perché non è vero che tutto è sotto controllo e che i problemi vengono sempre superati da una rivoluzione solida e forte. Il libro – blog di Yoani Sánchez è uno spaccato di vita che rappresenta con realismo la Cuba contemporanea, lontano da condizionamenti ideologici, ma dalla parte del cittadino che giorno dopo giorno è costretto a inventare il modo per sopravvivere.
Yoani Sánchez è un’eroina della nuova Cuba, esponente di una generazione Y che può dar vita a un nuovo esercito ribelle del cyberspazio, zona franca sicura e inaccessibile che può trasformarsi in una nuova Sierra Maestra. La guerra delle idee può dare buoni frutti, perché i dittatori temono chi pensa con la propria testa e non possono rinchiudere le idee in una galera.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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INCONTRO CON YOANI SÁNCHEZ
Una piccola blogger che mette in crisi i fratelli Castro
di Gordiano Lupi
con la collaborazione di Fabio Izzo
Yoani Sánchez rischia di far tremare il trono dei fratelli Castro, perché questa ragazza di appena 33 anni (l’età di Cristo, che pericolosa analogia!) lancia critiche ironiche e veritiere da un blog molto frequentato come Generacion Y. Yoani è laureata in filologia, vive all’Avana, è appassionata di informatica e lavora nella redazione telematica del portale Desde Cuba (http://www.desdecuba.com/), rivista indipendente ostacolata dal regime. Il suo blog (www.desdecuba.com/generaciony/) – adesso tradotto pure in italiano (http://desdecuba.com/generaciony_it/) – fa discutere perché è controcorrente. Si autodefinisce “un blog ispirato a gente come me, con nomi che cominciano o contengono una y greca. Nati nella Cuba degli anni Settanta – Ottanta, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione”.
Yoani nasce a Cuba nel 1975. Si specializza in letteratura spagnola, filologia ispanica e letteratura latinoamericana contemporanea, nel 1995, nonostante un figlio nato nello stesso anno. Dimostra un caratterino niente male discutendo una tesi incendiaria dal titolo Parole sotto pressione. Uno studio sulla letteratura della dittatura in Latinoamerica. Yoani termina l’università, comprende che il mondo degli intellettuali e dell’alta cultura non fa per lei, ma soprattutto non ha la minima intenzione di fare la filologa. Nel 2000 si impiega presso la Editorial Gente Nueva e si convince – come la maggior parte dei cubani – che con il salario di Stato non può mantenere una famiglia. Decide di continuare il lavoro statale ma comincia a dare lezioni (illegali) di spagnolo ai turisti tedeschi che visitano L’Avana. In quel periodo (come ancora oggi!) molti ingeneri preferiscono guidare un taxi che fare il loro mestiere, alcune maestre tentano di impiegarsi negli alberghi, e nei negozi per turisti ti può servire un neurochirurgo o un fisico nucleare.
Nel 2002 Yoani decide di emigrare in Svizzera, ma nel 2004 torna in patria, forse per la nostalgia della sua terra, anche se amici e familiari sconsigliano il rientro. Scopre la professione di informatica, lavoro che fa ancora oggi, si rende conto che il codice binario è più trasparente di quello intellettuale e spera di avere maggior fortuna con il linguaggio html di quanta ne ha avuta con il latino. Nel 2004 fonda insieme a un gruppo di cubani che vivono sull’isola la rivista di cultura e dibattito Consenso. Tre anni dopo lavora come webmaster, articolista e editorialista del portale Desde Cuba. Nell’aprile del 2007 comincia l’avventura del Blog Generacion Y, definito come “un esercizio di codardia”, perché è uno spazio telematico dove può dire quello che è vietato sostenere nella vita di tutti i giorni. Yoani vive all’Avana insieme al giornalista Reinaldo Escobar, con il quale divide la sua vita da quindici anni, e adesso può dirsi più informatica che filologa.
Yoani è un’eroina della nuova Cuba, esponente di una generazione Y che può dar vita a un nuovo esercito ribelle del cyberspazio, senza bisogno di nascondersi tra le montagne della Sierra Maestra. La guerra delle idee può dare buoni frutti, perché i dittatori temono chi pensa con la propria testa e poi non possono rinchiudere le idee in una galera.
Abbiamo avvicinato Yoani Sánchez per sentire dalla sua voce alcune impressioni sull’attuale situazione di Cuba e sulle prospettive future.
Nel mondo esiste ancora la censura e la libertà di stampa non è un diritto acquisito. Tu hai la tua libertà su internet ma l’hai pagata a caro prezzo. Sappiamo che il tuo blog vive all’estero. Non puoi vederlo quando scrivi ma continui ad aggiornarlo. Come vivi questa condizione di blogger cieca?
Dall’ultima settimana di marzo 2008, il governo cubano ha inserito un filtro che impedisce l’accesso a tutto il portale Desdecuba – dove è inserito il mio blog – dalle connessioni a internet nei cyber caffè, dagli hotel, dai centri di studio e dalla maggior parte dei centri di lavoro. Quando è accaduto questo ho pensato che sarebbe stata la fine del mio sito e che non mi sarei ripresa dal colpo di non poter amministrare Generación Y. Tuttavia, attorno al mio blog si era prodotta una vera comunità virtuale ed è proprio da quella che è nata l’idea di aiutarmi a pubblicare ogni nuovo testo.
Grazie alla solidarietà cittadina di persone che vivono in diversi paesi, posso inviare i miei post per e-mail e loro si occupano di pubblicarli nella pagina web. Al tempo stesso sono usciti fuori molti amici virtuali che traducono in quattordici lingue ciò che scrivo e altri mi inviano, tramite posta elettronica, i commenti che lasciano i lettori. In questo modo Generación Y è diventato una rete cittadina nella quale ognuno di noi ha una piccola responsabilità e ci unisce il desiderio di espressione, la necessità di dibattito e un certo tema chiamato Cuba. Nel mio blog non cala mai il sole, perché durante le ventiquattro ore del giorno c’è sempre gente che discute e il fatto di essere censurato a Cuba lo ha reso ogni volta più attraente per i miei compatrioti.
Internet è uno strumento per la libertà di pensiero?
Per noi che viviamo in questa Isola, nella quale per molti anni l’informazione è stata monopolio esclusivo dello Stato, Internet ha prodotto una crepa nel muro della censura che sembra molto difficile da chiudere. Anche se Cuba ha uno degli indici di connessione più bassi del pianeta, le persone cercano il modo di accedere alle notizie che compaiono in rete. Come abbiamo un mercato nero per gli alimenti, che ci fornisce tutto ciò che non possiamo comprare nel mercato razionato o nel mercato in pesos convertibili, così esiste un rifornimento illegale e alternativo di informazione.
Con la creatività che ci caratterizza abbiamo imparato a distribuire le pagine web su memory flash e in dischi a centinaia di persone interessate, che non sono mai potute entrare su Internet. Con questo identico sistema circolano il mio blog e altri siti che si producono sull’isola, oltre ad altri siti web che vengono amministrati all’estero.
Raúl e Obama sono i leader del presente. La storia può cambiare senza Fidel e Bush? Abbiamo qualche speranza?
Sono d’accordo che Obama è un leader del presente, ma Raúl Castro per me rappresenta il passato. Si tratta di un uomo che ha ereditato il potere per diritto di sangue e sta tentando di mantenerlo senza compiere cambiamenti significativi. Mi rattrista che i cubani abbiano riposto le loro speranze in ciò che può fare il presidente nordamericano, nella influenza che la sua gestione possa avere a Cuba. Questo significa che la gente qui si rende conto che dall’interno non è possibile provocare cambiamenti. Avrei preferito che la speranza venisse riposta in ciò che possiamo fare dall’interno dell’Isola, ma purtroppo la società civile cubana è eccessivamente frammentata e censurata per aver la forza di abbattere il muro.
A Cuba non possono leggere il tuo blog, ma tu parli di Cuba al mondo. Secondo te com’è il mondo?
Anche se sono nata e ho vissuto in un’Isola, sento di appartenere a una nazionalità più ampia che mi fa essere abitante di questo pianeta. Cerco di mantenermi informata su ciò che accade in ogni parte del mondo. Grazie ai giornali che mi portano amici che vengono a Cuba, riesco a tenermi aggiornata su quel che succede. Anche quando mi collego a Internet cerco di copiare pagine informative e le distribuisco a decine di amici. Questo è un lavoro importante, perché a volte noi cubani ci sentiamo l’ombelico del mondo e ciò è dovuto – in parte – all’ignoranza di come sono gli altri paesi e le altre culture.
Grazie a Internet il mondo si è trasformato in un villaggio che possiamo visitare senza alzarci dalla sedia. Nonostante questo ho molto desiderio di poter uscire dal mio paese e arricchirmi con altre esperienze. Il periodo che ho vissuto in Svizzera è stato uno dei più intensi di tutta la mia vita, perché ho potuto interagire con persone di molti paesi. Noi cubani avremmo molto bisogno di questo incontro di diverse culture, lingue e religioni per alimentare e beneficiare la nostra stessa identità.
Non ti hanno lasciata venire in Italia per il Pisa Book Festival. Il regime cubano vuole mantenere cieca la tua scrittura. Il tuo blog – tradotto da Gordiano Lupi – in Italia ha sempre più lettori. Quale idea ti sei fatta della situazione italiana?
So che in Italia molte persone applaudono ogni azione che compie il governo cubano. Per loro questa Isola è un paradiso dove regna l’eguaglianza e la speranza. Mi spiace deluderli, ma non è così. Credo che persino molti di coloro che pensano che noi cubani abitiamo nel miglior sistema possibile, non sopporterebbero due settimane di code, mercato razionato e proibizioni. Il grande problema è che molti di coloro che sostengono l’attuale situazione cubana, vengono qui solo come turisti e da un hotel sembra tutto molto gradevole. Raccomando loro di fermarsi a vivere come un cubano, con la moneta nazionale che non serve per comprare la maggior parte delle cose necessarie, il trasporto collassato e i periodici che non rispecchiano la realtà. Forse dopo una terapia come questa comincerebbero a pensare in un altro modo.
Com’è cambiata la tua vita dopo aver acquistato notorietà?
Per un verso è cambiata molto ma per altri aspetti continuo a essere più o meno la stessa. Ora mi sento più responsabile delle cose che dico, perché so che il mio blog è letto da centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. Ho sempre meno tempo durante la giornata, perché molte persone vogliono intervistarmi o filmare qualcosa sul mio lavoro. Tuttavia, ho cercato di mantenere la mia famiglia al riparo da tutte queste agitazioni della stampa e di continuare a dedicare alla mia casa, a mio marito e a mio figlio il tempo necessario per conservare l’affetto. Molte persone mi riconoscono per strada e mi salutano, ma i mezzi informativi ufficiali del mio paese tacciono sulla mia persona. Continuo a vivere nella stessa casa, non ho un’auto, il mio ascensore è rotto da tre mesi, non ho dei collaboratori che mi aiutano a rispondere alle migliaia di mail che ricevo ogni settimana, né posso uscire dal mio paese. Continuo a essere una cittadina e questo mi rallegra.
Come ti piacerebbe il futuro di Cuba? Hai un’idea politica?
Quello che mi piacerebbe di più per la mia Isola è che un giorno potesse riunire tutti i cubani, senza segregazioni di carattere politico o ideologico. Una Cuba pluralista e tollerante, nella quale i miei nipoti non vengano classificati con epiteti come “vermi” solo per il fatto di avere opinion critiche. Questo è il mio sogno. Bada bene, questo agognato paese non è dietro l’angolo, dovremo lavorare molto per ottenerlo. Il disastro economico, l’apatia generalizzata, l’emigrazione costante e la sfiducia che esiste in ogni membro di questa società, sono molto difficili da superare. Ci attendono anni molto duri e per uscirne fuori dovremo tornare a sentire che l’Isola ci appartiene e che non è un feudo di poche persone chiamate a decidere tutto per noi. Io cercherò di svolgere il mio ruolo dalla società civile, non da una tribuna.
A Cuba esiste un movimento di opinione per il cambiamento?
Mi piacerebbe pensare di sì, ma ancora la gente sta molto attenta a dire in pubblico ciò che pensa realmente sulla situazione politica, economica e sociale. Nella intimità delle case e tra amici, si ascoltano voci di cambiamento, desideri che lo status quo in cui viviamo lasci il posto a una società più partecipativa. Sebbene a Cuba il risveglio della società civile proceda lentamente, posso assicurare che negli ultimi due anni ha fatto passi più lunghi che nelle trascorse decadi. L’assenza di Fidel Castro ha significato la fine di un’ipnosi collettiva realizzata dalla sua figura. Dal giorno in cui codesto grande ipnotizzatore non ha più potuto prendere il microfono e fare un discorso di tre ore, la gente ha cominciato lentamente a risvegliarsi e a parlare.
Ci sono molti giovani blogger cubani. Questo fenomeno può portare qualcosa di positivo?
La blogosfera prodotta dall’interno dell’Isola è ancora a uno stadio embrionale. Cospirano contro la sua crescita sia la difficoltà di accesso a internet che il timore di esprimere opinioni. Nonostante tutto, negli ultimi mesi abbiamo visto nascere nuovi siti e – cosa più sorprendente – i loro autori non si nascondono più sotto uno pseudonimo. Non credo che la blogosfera possa fare da sola ciò che dovrebbe essere compito di tutta la società: riscattare il diritto alla libera espressione. Questo fenomeno virtuale deve essere accompagnato anche dal lavoro dei giornalisti indipendenti, degli intellettuali, che con la loro opera mostrino la realtà senza il trionfalismo che caratterizza i periodici ufficiali, e dei cittadini che abbiano il coraggio di indicare a voce alta le cose che non vanno. Se la necessità di esprimere opinioni non è sentita da tutti, la blogosfera cubana non può cambiare da sola l’atmosfera di censura imposta durante questi cinquanta anni.
Una domanda letteraria. Il tuo blog è molto interessante e presto diventerà un libro. Non pensi di scrivere romanzi, racconti o poesie sulla Cuba di oggi?
Il vortice che rappresenta il mio blog mi assorbe molte energie e tempo, tuttavia trovo sempre un momento di pace per scrivere racconti o intraprendere progetti letterari di maggior importanza. Sinceramente, dico che scrivere per la rete è un’esperienza incredibile e credo che poco a poco la cyber letteratura si imporrà anche nei gusti dei lettori. Mi piacciono quelle pennellate impressioniste, molto brevi, che posso pubblicare su Generación Y.
Cosa credi che succederà il giorno che morirà Fidel Castro?
Se mi avessero fatto questa domanda tre anni fa, avrei detto che sarebbe cambiato tutto. Malgrado ciò, nel tempo trascorso da quel 31 luglio 2006 – quando è stata annunciata la malattia di Fidel Castro – fino a oggi, il governo cubano si è dato da fare per preparare i cittadini alla notizia della sua morte. Abbiamo visto spegnersi la figura dell’“invincibile” Comandante in capo, come in uno di quei film dove il protagonista si allontana per un lungo cammino fino a perdersi dalla nostra vista. In questo periodo sono in molti a pensare che sia già morto e che ha perso molta importanza nella vita politica del paese. Nonostante tutto, alla scomparsa del simbolo che rappresenta la sua persona, moti cubani penseranno che è terminata un’intera epoca.
Alcuni si sentiranno alleviati e forse le vendite di rum andranno alle stelle in tutta Cuba, mentre altri piangeranno in pubblico e davanti alle telecamere. Entrerà nel nostro passato e un giorno quando i miei nipoti mi sentiranno parlare di Fidel Castro, non sapranno se si trattava di un politico, di una stella della musica tradizionale o di un giocatore di baseball. Quel giorno, sentirò che finalmente avremo superato il suo enorme peso verde olivo sulle nostre vite.
In attesa di quel giorno continuiamo a seguire il blog di Yoani Sánchez e i suoi commenti ironici, graffianti, malinconici, ma soprattutto critici e calati nella realtà quotidiana. Il vero volto della nuova Cuba si può trovare soltanto tra le pagine telematiche di una Generación Y che è destinata a dare soltanto buoni frutti.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
con la collaborazione di Fabio Izzo
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AGGIORNAMENTO DEL 20 APRILE 2009
Aggiorno il post segnalando il sito 24/7 della Rizzoli che ha linkato il nostro dibattito.
Di seguito troverete la scansione a un paio di articoli pubblicati nei giorni scorsi sul quotidiano Repubblica.
Massimo Maugeri
Faccio i miei personali complimenti a Yoani per l’uscita del suo libro anche qui da noi in Italia. Estendo i complimenti a Gordiano Lupi che è il traduttore del libro e del blog della Sanchez (e – nei fatti – il suo portavoce nel nostro paese).
Yoani Sánchez ha già, di per sé, un suo fascino: è giovane, è una donna, è una madre. Ed è diventata una sorta di simbolo dell’ essere dissidente, oggi, nell’era di Internet.
La Sánchez è un strana dissidente – si diceva – : non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba.
Eppure dà fastidio.
Il suo blog viene oscurato, ma attraverso le email, è riuscito a farlo sopravvivere all’estero… con una diffusione globale.
Come ho scritto sul post, mi piacerebbe discutere con voi del caso di Yoani Sánchez, del suo blog e di questo libro.
Ma mi piacerebbe discutere anche su come Internet abbia rivoluzionato “l’essere dissidenti” in contesti di altissima censura.
Renzo Montagnoli mi darà una mano ad animare e moderare la discussione (che auspico si sviluppi in maniera serena, come siamo soliti fare qui a Letteratitudine).
@ Gordiano Lupi
Gordiano, intanto vorrei chiederti di fornirci qualche informazione in più su questo libro.
E poi… come è stata la tua esperienza di traduttore?
Per il momento sono costretto a chiudere qui.
Auguro a tutti voi buon pomeriggio e buon sabato sera.
I regimi dittatoriali o anche quelli che aspirano a diventarlo hanno una caratteristica comune: soffocare lo spirito critico dei cittadini, dare impulso alla retorica, mai sincera, e infine contare molto sull’apparenza per nascondere la verità.
Cuba presenta queste caratteristiche e concordo con Yoani sul fatto che se Obama è giovane, Raul è vecchio. Cosa vuol dire ciò? Che è impossibile pensare che il fratello di Castro, che ha sempre utilizzato il pugno di ferro da quasi mezzo secolo, ora che è avanti con gli anni possa diventare un democratico.
complimenti a yoani per il libro. le auguro tanta fortuna.
certo che internet offre molte più possibilità rispetto a un tempo
Avevo già letto della storia della Sanchez sul sito di Repubblica. Il fatto che il suo blog sia vivo e l’uscita di questo libro mi sembrano segni di speranza.
Molto bella ed esaustiva l’intervista.
Chi è l’uomo al computer accanto alla Yoani?
Mi ha colpito questa frase ‘Per noi che viviamo in questa Isola, nella quale per molti anni l’informazione è stata monopolio esclusivo dello Stato, Internet ha prodotto una crepa nel muro della censura che sembra molto difficile da chiudere.’
Mi piace l’immagine di Internet come crepa nel muro della censura.
So che anche in Cina il web è sottoposto a rigidi controlli. Spero che queste crepe si allarghino sempre più.
comunque mi pare che la situazione a cuba sia migliorata in questi ultimi anni. o no?
Il mondo ha bisogno di donne coraggiose. Forza Yoani!!!!
Non so se Yoani Sanchez potrà rispondere, per cui mi rivolgo a Gordiano Lupi.
Cosa avrebbe fatto Yoani se non ci fosse stata Internet?
In che modo avrebbe esercitato il suo ruolo di dissidente?
Oppure avrebbe rinunciato…………..
Credo che Yoani Sanchez, anche senza Internet, avrebbe fatto lo stesso.
Pensiamo alla Resistenza, alle staffette partigiane, ai dissidenti anticomunisti… manifestini ciclostilati, segnali in codice alla radio… la comunicazione trova il mezzo. La libertà trova il mezzo. Puoi abbattere tutti gli alberi, ma chi può fermare la primavera?
Auguro a Yoani di trovare ogni giorno linfa ed entusiasmo per questo suo importante lavoro.
La parola ha una forza che nessuna dittatura può abbattere. La teme proprio perché non può controllarla.
Pensate alla censura fascista e alle opere che venivano lette e diffuse clandestinamente…
Internet è un medium meraviglioso, che ha ampliato le possibilità di farsi ascoltare.
Secondo me rischiamo di esaltare un po’ troppo le potenzialità di Internet. I regimi, come quello cinese, riescono a esercitare la censura benissimo anche sulla Rete. Comunque, che ben vengano iniziative come quelle della Sánchez a cui vanno tutti gli auguri.
ammiro molto il coraggio di questa ragazza. mi domando come riesce a contemperare il grande impegno politico-sociale del suo blog, con quello della famiglia. complimenti anche da parte mia.
letizia
@ Massimo.
plaudo alla nuova stimolante iniziativa, alla coraggiosa Yoani Sànchez.
Bella, brava, determinata. Attraverso la sua vita possiamo toccare con
mano le mille difficoltà quotidiane che affonta per acquisire uno scampolo di sofferta libertà. A pelle si avverte il senso di profonda frustrazione che lei e altri come lei provano.
Infatti, sussistono molti elementi negativi che trapelano dalle pagine, per il pessimo stato finanziario, per un mercato limitato e razionato, per non poter esprimere come la Sàchez vorrebbe, su tutte quelle situazioni ambientali che ostacolano e ritardano l’armonica crescita di una Nazione.
@ Gordiano Lupi,
grazie per aver tradotto un libro così importante e illuminante, per aver dato voce e credibilità ad una persona veramente speciale.
Ho trovato ottima ed esauriente anche l’intervista.
Sono andata a scuriosare sul sito cubano, ma conosco un numero troppo limitato di parole spagnole e mi risulta difficile controllare continuamente il vocabolario. Che cosa significa il titolo – ” La Bitàcora de la Bitàcora?
Grazie per la cortesia che mi userà e complimenti vivissimi per il prezioso lavoro svolto.
Tessy
Scusate per il ritardo. Il post è stato pubblicato mentre mi trovavo a Gardland con i miei due figli! Sono giustificato? Tiro il fiato e rispondo. Sono rientrato adesso.
Gordiano
Comincio dalla bitacora. Sta per blog. Il titolo l’ho tradotto Il blog dei blog. Per chi è interessato c’è il sito italiano che traduco e che adesso cambierà look.
Gordiano
Alla domanda iniziale di Massimno rispondo:
Il libro di Yoani rappredsenta una scelta dei migliori post scritti durante due anni di GENERACION Y. Yoani fa letteratura e al tempo stesso racconta la Cuba che vive, giorno dopo giorno. Non la definirei una DISSIDENTE. Non lo è, almeno in senso stretto, perchè non fa politica, fa cultura e trasmette idee. Non saprebbe costruire attorno a sè un soggetto politico e non vorrebbe neppure. Non è il suo ruolo. Yoani è una scrittrice, una cittadina che parla.
Gordiano
Come sono diventato traduttore? Bene. Non sono un traduttore. Mi sono improvvisato traduttore per amore di Yoani. Non fraintendetemi. Si tratta di un innamoramento esclusivamente letterario. E’ stata una mia amica cubana a farci conoscere su internet. Un giorno mi arriva una mail con il racconto Le due Avana e il suo commento: non è brava? Sì, era molto brava. Quella fu la mia prima traduzione e adesso sono due anni che la traduco. Non sono un traduttore, perchè un traduttore lo fa per mestiere e traduce ogni cosa gli viene passata. Io no. In vita mia ho tradotto solo pochi scrittori cubani perchè li ho amati. Tra questi: Heberto Padilla, Virgilio Pinera, William Navarrete, Felix Luis Viera e Alejandro Torreguitart.
Ecc o la mia prima traduzione di Yoani.
Scusate, il titolo era L’altra Avana, non ricordavo bene.
L’altra Avana
C’è una città che scorre accanto a noi senza toccarci. Un’Avana che parla di “formaggio parmigiano” di “centimetri di prato” e di “fine settimana a Cancún”. Quest’altra città si mescola appena con la nostra e non assomiglia per niente allo scenario di distruzioni e mancanze che costituisce il nostro ambiente.
Le due “Avane” coabitano e al tempo stesso si negano. Chi vive in una non può immaginare – in tutta la sua estensione – l’altra città che la completa. Una scorre velocemente sopra le ruote, mentre la nostra invecchia nelle fermate, aspettando l’autobus. La dolce Avana dell’opulenza si espande a ovest specialmente nella zona di Miramar, Cubanacán, Atabey e Jaimanitas. La mia, la vera Avana, cresce saltuariamente verso San Miguel, Diez de Octubre, El Calvario e Fontanar.
Quando entrambe le città si trovano e si scontrano non possono comprendersi perché vivono realtà troppo lontane. Mentre una si lamenta dei suoi vecchi mobili Ikea e delle difficoltà per trasportare “il container della permuta dal porto”, l’altra si culla nelle logore sedie a dondolo ereditate dai nonni e si tuffa nel mercato nero.
La mia deteriorata Avana compra contando gli spiccioli, parla sotto voce e profuma di acqua di fogna, mentre la città abitata da ministri, alti funzionari e diplomatici, si muove tra divani, ricevimenti ed emana un delicato aroma di crema idratante.
Preferisco, tuttavia, la capitale decrepita che torna sui propri passi ogni giorno, ma almeno è coerente e trasparente con ciò che conserva al suo interno. L’abbiamo fatta a nostra immagine e somiglianza, o, per meglio dire, siamo noi che la imitiamo nella sua rassegnazione e nella sua miseria.
L’Avana, 27 novembre 2007
La lettura di questo articolo, che traduco letteralmente cercando di lasciare il più possibile intatte le espressioni spagnole, conferma che i principi comunisti sono soltanto aria fritta per giustificare una spietata dittatura. Yoani Sánchez rischia sulla propria pelle a diffondere sul web un pensiero pericoloso, ma conferma l’esistenza delle classi sociali e delle differenze economiche in una Cuba dove i dirigenti del partito hanno dimenticato l’insegnamento di Ernesto Guevara. Nessuno rinuncia ai privilegi e se il popolo non ha il pane, vale il detto di Maria Antionietta, può sempre comprare le brioches…(Gordiano Lupi).
Mancava una risposta. La persona accanto a Yoani è il marito: Reinaldo Escobar. Grande persona pure lui, anche se lavora nell’ombra. E’ un ex giornalista, espulso da Juventud Rebelde per motivi politici. Adesso gestisce un blog personale e aiuta la moglie nel suo lavoro.
Lupi
Rispondo a un’ultima questione. La dissidenza. Senza internert si può fare dissidenza, o meglio, si può cercare di dire la nostra, ma è molto difficile far arrivare i messaggi. Oswaldo Payà fa dissidenza seria e politica (cattolica) da anni, ma viene messo in condizione di non nuocere. Beatriz Roque pure, ma anche lei viene tenuta in disparte. Nonesiste libertà di stampa, non esistono televisioni libere. Non esistono spazi dove parlare e farsi ascoltare, a meno che non siano spazi rubati (vedi Yoani alla Fiera del Libro con una presentazione fatta fuori dalla fortezza). Internet è una grande novità, ma serve solo per comunicare all’esterno. I cubani non hanno internet in casa e pure negli alberghi certri siti sono oscurati.
Lupi
Aggiungo un’ultima cosa. Da quando è uscito il libro di Yoani il sito italiano di GENERACON Y che trovate a questo link: http://desdecuba.com/generaciony_it/ è invaso da mail castriste. Crdete che siano sincere? Purtroppo molte non lo sono. Il regime cubano è ben attrezzato… Se qualcuno di voi ha tempo, mi farebbe piacere che scrivesse la sua opinione su quel blog. Ovvio, un’opinione libera e sincera. Se credete che a Cuba ci sia il migliore dei regimi possibili, scrivetelo pure!
Lupi
Ultima nota per stasera. Yoani Sanchez non può rispondere, per ovvi motivi. Non ha accesso a internet. Dovrete accontentarvi di Gordiano Lupi, il suo umile traduttore.
Yoani è la classica rappresentante (a)politica di quest’epoca: ha superato tutte le contrapposizioni e le lotte (roba passata di moda, vecchiume) e si è ritrovata senza una Identità. Come quasi tutti. Ho conosciuto molti cubani in Italia, gente che è scappata dall’isola: tutta gente che -guarda caso- ammira incondizionatamente berlusconi (e se potesse lo voterebbe) e ammira il penoso stile di vita occidentale, a cominciare dalla volontà fi farsi distruggere il cervello dai realities. La dittatura neurologica occidentale e italiana non ha nulla da invidiare a quella cubana.
Yoani non è così. Glielo asicuro. Ho conosciuto pure io tanti cubani scappati in Italia che votano Berlusconi e su di loro ha perfettamente ragione. Sono come lei li descrive. Persone senza idee che ritengono la società capitalista il miglior mondo possibile. Yoani – invece – è una cubana che era scappata in Svizzera per rifarsi una vita e a un certo punto si è detta: “no, questo non è il mio posto, il mio posto è a cuba per lottare e per costruire una cuba libera”. A me questo pare coraggio. Yoani è una cubana intelligente, è una scrittrice dotata, è una donna in gamba. Non sarei al suo fianco se non lo fosse. Aggiungo che pure io ho sposato una cubana intelligente dieci ani fa e che anche lei (come me)non ha mai votato Berlusconi.
Dato che siamo in argomento, mi sembra che la mossa di apertura di Obama sia intelligente, perchè in questo modo inchioda i leader cubani alla loro responsabilità. In pratica, il discorso è questo: io, Stati Uniti, tendo la mano, riduco l’embargo, ma tu dimostrami che sei disponibile ad aperture. In questo modo, Raul Castro non può più trincerarsi dietro il pretesto dell’embargo per giustificare la disastrata economia e la conseguente necessità di limitare la libertà nell’interesse nazionale.
Non credo che cambieranno le cose, proprio perchè, come ha rilevato giustamente Yoani, Obama è giovane e Raul è vecchio, e le riforme in senso progressista non vengono mai da chi è al potere da decenni.
Mi sono avvicinato a Yoani grazie all’entusiasmo di Gordiano-
Non sono un esperto di Cuba e la su vicenda all’inizio mi ricordava quella di Biljana Srbljanovic,e il suo Diario da Belgrado, altra donna coraggiosa che ha lottato per far conoscere una parte di realtà attraverso internet( e penso che le similitudini tra le due finiscano qui), solo che per Biljana si trattava di una realtà quotidiana sconvolta dalla guerra mentre quella di Yoani è un vissuto quotidiano presentato come normale.
Adesso , dopo aver collaborato alla realizzazione di Gordiano, ho preso il libro e mi accingo ad approfondire questo quotidiano di Yani che ci appare così lontano
Faccio i complimenti a Yoani perché è una vera rivoluzionaria.
Ha il coraggio mite e terribile della ragione.
Ma vorrei salutare anche Gordiano Lupi… che col suo eccellente lavoro di traduzione e divulgazione presenta da anni la questione Cuba per come la si dovrebbe raccontare, libero da condizionamenti politici.
Il quotidiano di Yoani l’ho raccontato pure io dal 1999 a oggi in decine di racconti e diversi romanzi ambientati a Cuba, ma pure in alcuni saggi. Mi fa piacere ritrovare le mie idee su Cuba in una cubana. Per questo sono stato entusiasta di fare questa traduzione. Sono stato il primo in Italia a scoprire Yoani – grazie alla mia amica cubana, certo, ma pur sempre il primo “letterato”. Sono convinto che sia un grande talento e che possa scrivere ben altro che un blog. Spero che lo faccia presto…
Gordiano
Leggete questo racconto, per esempio…
Miopia e astigmatismo
Mi metto gli occhiali dell’ottimismo e lancio un’occhiata sulla scalcinata città in cui vivo. Con quelle lenti, vere e proprie da cartine di tornasole della speranza, il mio cuore batte più tranquillamente, senza sussulti. Grazie a loro comprendo che non salgo faticosamente quattordici piani di scale per colpa dell’inefficienza statale – incapace di montare un ascensore dopo cinque mesi – ma perché sono un’indomita ecologista disposta a consumare solo il mio combustibile umano. Con queste nuove lenti con le quali osservo tutto, percepisco che nel mio piatto manca la carne, non per colpa di un prezzo esorbitante sul mercato, ma perché amo gli animali e faccio in modo che non soffrano il sacrificio.
Mi manca una connessione Internet in casa, ma le lenti rosee mi nascondono che il servizio è riservato a funzionari e stranieri residenti. Forse vogliono proteggermi dalle “perversioni” della rete, mi dico, così come farebbe il ridicolo Candido di Voltaire. Così ho provato, per un brevissimo periodo, a vedere palazzi invece che distruzioni, comandanti che ci conducono alla vittoria, mentre in realtà ci portano verso il precipizio e uomini affascinati dalla mia capigliatura, anche se so che mi seguono per controllarmi.
Il problema comincia quando mi tolgo gli occhiali del candore e guardo le cose che mi circondano, con i colori reali della crisi. Torna il dolore ai polpacci, come risposta alle faticose rampe di scale; comincio a sognare una bistecca e, sbattendo le palpebre, un modem si trasforma in un desiderio quasi erotico. Lancio dal mio balcone gli occhiali dell’ottimismo, forse là sotto c’è qualcuno che preferisce ancora utilizzarli per distorcere la realtà.
Traduzione di Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi
Únicamente desear lo mejor para Yoani Sánchez, y para la entrañable República de Cuba, la Perla de las Antillas, a la que tanto queremos los españoles.
Libero da condizionamenti politici è la parola giusta. Grazie Massimo.
Gordiano
Rieccomi. Scusate il ritardo della mia ri-apparizione:-))
Intanto vi ringrazio tutti per i nuovi commenti.
A ogni post pubblicato constato la presenza di nuovi commentatori… e questo mi rende felice.
Un caldo benvenuto letteratitudiniano a chi scrive qui per la prima volta!!!
Gordiano,
grazie per essere intervenuto… e scusami. Non ti avevo anticipato della pubblicazione di questo post per farti una sorpresa. Sono lieto che tu e la tua bella famiglia abbiate trascorso qualche giorno di vacanza.
@ Gordiano
Hai tradotto un sacco di libri, indi… sei (anche) un traduttore:-)
Gordiano mi ha inviato un paio di articoli su Yoani pubblicati in questi giorni su Repubblica.
Ora è un po’ tardi, li inserirò domani.
La discussione continuerà nei prossimi giorni.
Ci tenevo a ringraziarvi per i vostri interventi.
Grazie, dunque, (oltre a Gordiano) a:
Renzo Montagnoli, Silvana, Antonio, Marco Vinci, Mauro, Manuela, Sebastiano Valli, Maria Lucia Riccioli, Valerio, Letizia Manganaro, Tessy (sempre dolcissima), Barbara X, Fabio Izzo, Massimo (gli omonimi sono sempre i benvenuti), Filomeno.
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Buon inizio settimana a tutti!!!
Gordiano Lupi è un editore illuminato, e un traduttore che si è messo a disposizione di una nobile causa, quella della libertà.
Dar voce ad un blog di cui non avremmo mai saputo l’esistenza è la maniera più immediata per coinvolgere e far comprendere una realtà che, come spiega bene Yoani, è fatta soprattutto di acquiescenza a un regime che ha addormentato le coscienze, e ipnotizzato le menti.
Credo che si debba molto a questo mezzo informativo che è la rete, è stupefacente rendersi conto di quello che si può ottenere attraverso la gestione di un blog. Il fatto stesso che non ci sorprenda più di tanto, è testimonianza di quanto sia efficace.
http://cristinabove.splinder.com/post/20359292/Yoani+Sanchez
Non ho ancora letto il libro di Yoani Sanchez ma conosco Gordiano Lupi da anni e da anni leggo tutto ciò che scrive su Cuba. Leggete il suo Mi Cuba, libro fotografico dove racconta l’isola nelle sue sfaccettature e denuncia un ritardo sul mondo reale di decenni voluto dal regime castrista. Così come ha fatto Alejandro Torreguiart, giovane autore tradotto da Lupi.
Per chi non lo sapesse, Gordiano è stato dichiarato indesiderabile dal regime cubano per la sua attività letteraria, e sua moglie, deliziosa figlia di quella Cuba che il regime impacchetta e vende ad un turismo miope e perverso, non può mettere piede da anni a casa sua e abbracciare i familiari, perchè ha sposato un detrattore di Fidel ieri e di Raul oggi.
E non dimentichiamo che se oggi conosciamo Yoani in Italia è sopratutto grazie a questo toscanaccio dal carattere pepato e la lingua lunga, erede di quel tal Montanelli che raccontava e votava turandosi il naso.
Un pensiero vola anche a Yoani, confinata nella sua meravigliosa isola che conosco sol perché i miei amici ci vanno per fare le corna alla moglie con le bellezze esotiche dell’isola.
Questa giovane donna è il Roberto Saviano di Cuba: racconta quello che è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno vede o fa finta di non vedere. Ed è questa la vera rivoluzione a riprova di quanto sia importante scrivere e parlare.
Viva la libertà in tutte le sue forme ed espressioni.
Ciao Gordiano.
Ti aspettiamo in Italia Yoani.
E’ bello entrare in questo sito – mi vergogno ad affermarlo – conosciuto per caso da me, che vivo e lavoro a Catania, durante una visita domenicale ad una sorella che vive e lavora in un paesino dell’entroterra, Sortino. Mi si è aperto un mondo, interessante, intelligente, vivo, nell’impressione generale di decadimento offerto dai media e in particolare dalla TV qualunquista e confusionaria. E consideravo che è una grande e nuova opportunità dei nostri tempi vivere in una dimensione raccolta di un piccolo villaggio, con i suoi tanti vantaggi umani e affettivi e ambientali e non perdere di vista il villaggio globale, in cui persone simili per sensibilità e interessi si cercano, si trovano e si parlano, finalmente per comunicare. Credo che diventerò proprio una visitatrice frequente, anche se forse spesso silenziosa. Ma chi l’ha detto che il silenzio è una forma di comunicazione? Grazie. Livia
Com si vive male a Cuba. La Cuba quotidiana che in pochi conoscono.Questa meravigliosa donna confinata sta facendo parlare di sé coni suoi racconti crudi.Ogni giorno Yoani racconta al mondo intero i soprusi di un sistema attraverso la vita che accade.Questoè un modo straordinario per minare il castrismo e le sue forme illiberali.Ho sempre detto a Gordiano che il suo lavoro su Cuba è prezioso, soprattutto in Italia dove sono ancora in molti a difendere il regime dei fratelli Castro.Dove c’è un collega giornalista che continua a parlare di Cuba come un vero paradiso di libertà.Ma lui quando si reca a Cuba viene ospitato nel lusso delle stanze del potere. Yoani sogna un’ altra Cuba.Anche noi insieme a lei.
sinceramente non conoscevo yoani sanchez. ne sono rimasto affascinato e rapito. ringrazio maugeri e letteratitudine per questa ulteriore opportunità
Porgo i miei complimenti a Yoani per il coraggio, la tenacia e la resistenza che dimostra. Nonché a tutti coloro che l’aiutano e la sostengono nella sua difficile “missione”. E’ grazie alle persone come lei se “certi regimi” vengono smascherati e combattuti, anche grazie al sostegno internazionale. Ed internet, in questi casi, ha funto da “volano” per il motore dell’opposizione.
Devo, purtroppo tuttavia, rilevare che non sempre internet consente quella libertà tanto agognata. Parlo del Sudan (nazione in cui trovasi il Darfur) in cui, stando a quanto prospettato, presto sarà oscurato il sito di Facebook (e, forse, ogni collegamento a internet). Questo in quanto il Sudan è un Paese sotto embargo USA e Facebook – nel proprio regolamento – ha introdotto la regola che nessun abitante di tali Paesi può utilizzare il servizio.
Questo comporterà l’ostacolo a tutti coloro che tentano di divulgare la situazione di tale stato e a coloro che tentano di opporsi al regime dittatoriale di quel Paese.
Sarà la vittoria di ogni nazione in cui vige la dittatura.
Glie lo vogliamo permettere? Io (e, credo che Yoani sarebbe d’accordo con me) dico NO.
Grazie.
Grazie a tutti. Ma non fate solo complimenti. Attendiamo critiche, rimproveri, dimenticanze… e curiosità su Yoani e su Cuba!
Gordiano
Una curiosità. Yoani, quante ore al giorno dedica al suo blog?
Complimenti anche da parte mia.
Cara Grazia, credo che in questo periodo Yoani dedichi gran parte della sua vita al blog. Per lei è molto complesso aggiornare e fare modifiche. Scrive i testi a casa sul suo pc portatile. Scatta le foto. Salva tutto su memory card e su CD. Invia il materiale agli amministratori che vivono in Canada e loro pubblicano. Noi che traduciamo il blog in varie lingue facciamo tutto da soli. Io ho un amico che mi aiuta nelle questioni tecniche (Sacha Naspini) ed è lui che pubblica i testi tradotti. In questo periodo il blog sta rifacendosi il look ed è fermo come aggiornamenti. Yoani ha anche una famiglia, un figlio che frequenta la scuola primaria, un marito. E’ pure una donna di casa, che per le ragazze cubane è cosa molto importante.
Gordiano
Tutto questo fa ulteriormente onore a Yoani. Credo che possa essere di esempio a tutte le donne che credono nella libertà e nella possibilità di portare avanti un impegno civile così gravoso senza rinunciare ai figli e alla famiglia. Tutto il sostegno a Yoani e un grazie a lei per avercela fatta conoscere qui in Italia.
Una domanda per Gordiano:
Fidel è stato ormai messo da parte, ma anche Raul è avanti con gli anni e quindi è prevedibile che fra non molto si ponga il problema della successione. Fra i delfini, o papabili, c’è la speranza che ci sia qualcuno deciso a un’inversione di rotta?
Caro Renzo, non confido molto nella lungimiranza dei giovani del partito comunista, soprattutto se sono gente dello spessore di Perez Roque (messo da parte). Nell’apparato del governo, ma con compiti non politici, c’è una persona come Mariela Castro che pare una donna intelligente (sessuologa, ha fatto molto per i diritti dei gay). Non resta che attendere. Il problema è che la dittatura cubana è una dinastia. La repubblica è soltanto un’apparenza. Raul si regge al potere grazie al suo collegamento con esercito e polizia.
Lupi
A questo punto la mia paura è che qualcuno tenti di oscurare questo libro così vero e così importante. In un certo senso sarebbe la medesima operazione che qualcuno ha sempre fatto con i miei. Questa volta è ancora più importante oscurare il libro, perchè è una cubana coraggiosa che parla e soprattutto parla vivendo a Cuba. Era dai tempi di Padilla che non accadeva. La prima mossa del regime è quella di non farla uscire, la seconda è quella di diffodnere menzogne, scatenando i suoi uomini (le brigate di risposta cibernetica) a gettare fango su di lei e a riempire la rete di menzogne. La terza mossa sarebbe quella di non far parlare del libro. Molti lo stanno già facendo. Vi faccio un esempio. Gianni Minà è uno dei più grandi conoscitori di Cuba che vivono e lavorano in Italia. Avete mai letto un suo articolo (pure critico) su Yoani Sanchez?
Gordiano
@Gordiano: Yoani ha alle spalle un grosso editore e quindi penso che si darà da fare pubblicizzando il libro e magari rintuzzando eventuali attacchi politici e non critici.
è vero, come sentii in un documentario, che a Cuba molte persone, per sopravvivere, si vendono litri di sangue?
che sparino addosso a chi cerca di emigrare, questo è sicuro. che la prostituzione sia un fenomeno di massa, alimentato dalla povertà, mi è stato raccontato da tutti imiei conoscenti che colà si son recati.
sono in totale disaccordo, quindi, con tutti coloro che dicono che a Cuba il popolo vive bene, perchè ci sono gli ospedali e vincono medaglie nello sport: anche in Germania Est si vincevano molte medaglie…
Mi congratulo con la Rizzoli per aver dato spazio e opportunità a una testimonianza così importante.
come sono in totale disaccordo con quanti dicono che Ceausescu non era comunista perchè ara cattivo, Milosevic non era comunista anzi era fascista, Kim Il Sung non è comunista perchè affama il suo popolo, Castro non è tanto comunista perchè ha abdicato in favore del fratello…
vorrei che lo spazio che generosamente mi viene concesso per esprimere un opinione vada a yoany sancehez ;ma so che anche lei vorrebbe che io lo dedicassi a tutte le yoani sanchez del mondo ! sono tante, sono sole, sono forti ! esse sono la dicotomia tra il bene e il male che sempre c’e’ e sempre esistera’ ! esse sono la rabbia della non rassegnazione ! usano parole nel vento, che volano e a volte cadono su un foglio di carta che puo diventare un libro o forse nulla ! ma esse vanno per la loro coraggiosa strada ,che ci sia il libro o che non ci sia! temerarie , curiose guardandosi intorno ! noi poi leggiamo le loro parole! ce ne abbeveriamo , comprendiamo appieno il concetto che esiste qualcuno che al posto nostro lotta ! ma abbiamo mai pensato di prendere a braccetto una di queste donne coraggiose e lottare con lei in prima persona ? forse i blog sarebbero talmente tanti da creare un ponte universale che collega questi questi buchi neri del mondo con il mondo libero !! forse l’ ammirazione potrebbe diventare movimento , azione ! forse ella ” yoani ” ne sarebbe incantata !
Caro Massi, caro Gordiano, cara Yoany,
sono felice della pubblicazione di questo post perchè da anni (come Massimo sa bene) curo un archivio di uomini e donne di lettere perseguitati a causa della parola (il cui elenco ho talvolta postato a Letteratitudine, ma in modo incompleto e che in parte ripropongo). Un archivio dei lamenti, in cui ora viaggia anche Yoany.
Ma tra le tante voci di miei amici esiliati, tra le parole scompaginate da poteri arroganti e privi d’amore ( e credendo – con tutto il cuore – che la parola deve provocare essendo l’incarnazione della libertà), quella di Yoany si leva per mitezza e, a tempo stesso, ardore. Quel fuoco della quotidianità che disarma proprio perchè narra i gesti semplici, le case senza ascensore, le donne senza macchina e internet, i figli marchiati come vermi.
E’ dalla piccolezza del reale che la grandezza dell’ingiustizia reclama una voce, ed è questa crepa silenziosa, struggente, nascosta, che la letteratura deve interpretare. Con un blog o con un libro.
Grazie a tutti e tre,
un bacio e – di seguito- alcuni dei miei autori perseguitati, per adesso inscatolati in un cassetto del cuore e in attesa di trasformarsi in un saggio…
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-Orhan Pamuk, scrittore turco sotto processo per aver scritto del genocidio degli armeni.
-Salman Rushdie nel 1989 si guadagna una fatwa di Khomeini per i suoi “versetti satanici”.
-Ayaan Hirsi Ali autrice somalo-olandese di “Non sottomessa” vive sotto scorta per per difendersi da minacce di fondamentalisti islamici.
-Anna Politkovskaja è una tra i pochi giornalisti russi che hanno raccontato con indipendenza di giudizio cosa capitava sul fronte ceceno.
-Xu Zerong (storico) e Shi Tao (poeta) condannati a 10 anni di prigione in Cina per “rivelazione di segreti di stato”.
-Predrag Matvejevic 5 mesi di carcere in Croazia per diffamazione nei confronti di un poeta, Mile Pesorda, inquadrato tra gli intellettuali che avevano fomentato la guerra civile nei Balcani.
-Alì Mohaqiq Nasab direttore di una rivista sui diritti delle donne arrestato il 21 dicembre in Afghanistan e condannato per 6 mesi.
-Kamal Sayid Qadir scrittore recentemente incarcerato in Iraq per le sue critiche al partito Democratico Curdo.
durante il regime sovietico, ricordo l’agenzia Interfax, che diramava comunicati e diffondeva un canale di notizie alternativo tramite appunto fax. con internet, in grande, avviene una cosa simile.
Che malinconia, se penso alla storia. Chissà, nel ’58 ’59, in Sierra Maestra, questi uomini che poi hanno creato una dinastia e una dittatura pensavano davvero e, forse generosamente, di combattere per la libertà del popolo cubano… e poi? Cosa è andato storto? Dove hanno sbagliato? L’utopia non regge allo scontro con la realtà. Le situazioni cambiano, le generazioni si avvicendano, altri bisogni subentrano. Ora è la generazione Y che analizza criticamente, usando gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie, il presente e costruirà il futuro: questo è certo, in questa direzione va la storia. Cosa voglio dire? Non conoscevo Yoani, né il suo blog, né il suo libro ma quello che ho letto sopra ( le due Havana, il mercato nero, l’apatia… ) già le conoscevo da testimonianze dirette e in queste condizioni un popolo genera sempre un gruppo di audaci e di coraggiosi che riescono prima o poi a modificare la situazione. In questa dialettica tra le generazioni intanto: morti, sofferenze, tragedie. Auguro che il cambiamento verso un vivere democratico avvenga questa volta in maniera pacifica e mi conforta sentir dire che Yoani, più che una dissidente, è una intellettuale che, attraverso la scrittura, riesce a risvegliare le coscienze.
franca
Per Simona Lo Iacono: facciamolo quel libro!
Lupi
Ci tengo a dire che la faccenda dei litri di sangue venduti per sopravvivere non è assolutamente vera. Il regime castrista è un dittatura che non concede libertà di pensiero e movimento. Esiste un doppio sistema monetario iniquo. Il popolo deve arrangiarsi… ma non dipingiamo il mostro peggiore di come è nella realtà.
Lupi
Ciao Gordiano,
ho già avuto modo di dichiararti il mio apprezzamento per il tuo impegno civile in favore dei cubani. Castro ha ridotto un popolo gioioso per indole in un popolo di straccioni e prostitute. Ogni turista che va a Cuba può comprare una ragazzina per una manciata di dollari o usufruire dei servizi di qualche tassista con una macchina sgangherata che si metterà a sua completa disposizione. La polizia è corrotta, dura e intransigente con i poveri diavoli del luogo, morbida e accondiscendente con lo straniero che gli passa una banconota sottobanco. Che tristezza! Uno dei posti più suggestivi del mondo nelle mani di una misera banda organizzata, che se ne è impadronito. E gli americani stanno a guardare. Hanno preferito liberare l’Iraq.
Per Franca Canapini. Il discorso sarebbe lunghissimo e qui rischiamo di semplificare al massimo. Nulla quaestio sulla bontà delle idee che spinsero i cubani alla Rivoluzione, che fu una lotta di popolo, unì il partito autentico ai comunisti, i borghesi ai braccianti, i contadini agli operai, i professionisti agli insegnanti. Il problema – come sempre – è l’attuazione dell’utopia. La rivoluzione divenne prima comunista e subito dopo fidelista, un modo come un altro per prendere il potere e non mollarlo più. Mi piacerebbe, però, parlare anche del contenuto letterario dlel ibro, perchè a mio parere Yoani sanchez è un talento naturale della letteratura ispanica.
Lupi
Salvo, non concordo molto nei toni, però. Lungi da me sperare in una “liberazione” USA. I cubani devono liberarsi davvero e devono farlo da soli!
@Gordiano: sìììììììììì, lo farò quel libro!
Rivoluzione, dittatura, democrazia, ade?
Libertà di azione e pensiero, scandisce un popolo, attraverso i suoi più coraggiosi e motivati rappresentanti. Un grido unisono che riecheggia come un desiderio, di svincolarsi da un sistema nato da una rivoluzione e trasformatosi poi in una dittatura, nell’intento di conservare gli alti ideali rivoluzionari di libertà e solidarietà.
Due principi che di per sé abbisognano di una coscienza preparata e coraggiosa nell’azione, fatto difficilmente riscontrabile anche nelle più sviluppate democrazie in questo mondo.
Da uno stato di sottomissione e discriminazione nascono le rivoluzioni; i popoli uniti dal bisogno comune di libertà formano una massa omogenea e forte, capace di distruggere ogni potere totalitario.
Dopo, solo dopo, si nota la mancanza di capacità di governarsi e così i capi rivoluzionari cercano di mantenere l’ottenuto con la forza dell’autorità per il bene comune.
Gli anni passano, la letargia dell’immaturità popolare appesantisce le coscienze, rimaste quelle di prima.
Solo un gruppo d’intellettuali mostra coraggio e disposizione al sacrificio per un nuovo tentativo rivoluzionario, con il quale portare nuovamente libertà e benessere al proprio popolo, senza tener conto se esso abbia imparato e capito cosa significhi veramente libertà, che solitamente viene intesa nella forma opposta al senso di solidarietà e unità.
E così avviene, che dittatura, rivoluzione e democrazia siano passaggi di uno sviluppo storico seguente il principio delle cause ed effetti; un principio che non conosce sosta, fino all’annullamento dimensionale.
Una dittatura, stabilitasi per motivi idealistici, ha la sua autorizzazione di reggersi solo fino a quando il popolo abbia dimostrato di potersi governare democraticamente.
Due concetti fondamentali si oppongono alla realizzazione di armonia e pace tra gli uomini.
Il primo, il suo senso innato di libertà che lo spinge a rischiare la sua vita per conseguirla e il secondo, la realtà che attesta la sua incapacità, di governarsi nella massa per il bene della massa stessa.
Lodiamo però gli idealisti coraggiosi che credono nel successo dei principi buoni, cioè che credono nella capacità del popolo di governarsi in libertà, senza essere sfruttato di nuovo.
Analizzando le caste che formano la massa popolare, noto quella che pensa solo ai suoi profitti, seguita da quella più numerosa che, per racimolare qualche guadagno anche per se stessa, la sostiene e si mette al suo servizio in uno stato di totale dipendenza, e infine quella degli onesti, ingenui, timidi che credono ogni volta negli annunci elettorali della prima casta e vota sempre di nuovo i suoi rappresentanti.
Un gruppo speciale è quello degli idealisti, ma la storia c’insegna che anche essi, una volta arrivati al potere, lo servono nella stessa forma se non in una ancora peggiore.
È anche vero che, senza gli sforzi continui per il rinnovamento, la società stagnerebbe, fino a diventare amorfa e arretrata e infine annullarsi.
A ognuno la sua scelta: vivere al servizio del potere, o cercare di crearsi uno spazio dove ritrovarsi con le sue idee e progetti, o fare nulla di proprio ed essere sempre preda dei furbi faccendieri.
L’attuazione delle utopie, giuste o distorte che siano, – aihmé – scade quasi sempre nei soprusi. Ce lo insegna la storia.
@Gordiano:I cubani devono liberarsi davvero e devono farlo da soli!
-:-:-:-:-
Vero, sai del resto che l’ho sempre sostenuto. Gli interventi di terzi non sono mai disinteressati e inoltre un’unione di popolo che voglia riscattarsi è la premessa indispensabile per il futuro di un paese.
Rizzoli – 24/7 in stretto collegamento con Letteratitudine.
http://www.24sette.it/contenuto.php?idcont=1672
@ Lorenzo: il tuo sembrerebbe cinismo, ma purtroppo è la realtà. Nel mondo ci saranno sempre dittature, rivoluzioni, democrazie, pseudo democrazie. Fino a quando l’uomo avrà una visione della vita come realizzazione di se stesso attraverso il potere, queste cose e questi avvicendamenti di regimi ci saranno sempre. Del resto, che si tratti di leggenda o di realtà, il periodo dittatoriale di Cincinnato, fissato da lui, si concluse con le sue dimissioni, un caso non raro, ma unico.
@ gordiano lupi
che differenza c’è, a livello di contenuti, tra il blog della sanchez e questo suo libro?
ovvero……… nel libro ci sono testi inediti?
perché di dovrebbe acquistare il libro se si può leggere gratis il blog?
auguri comunque alla splendida sanchez anche da parte mia………… ce ne fossero come lei………..
Lorenzo dice una grande verità. Vi consiglio un film di Tinto Brass a questo proposito. “Ca ira – il fiume della rivolta”. E’ il suo primo film, un lavoro di montaggio girato in pieno periodo sessantottino. Brass – trasgressivo come sempre – asseriva che le rivoluzioni per vincere devono fallire. Una rivoluzione che va al potere crea nuovi soprusi, crea una nuova forma di potere…
A parte le utopie, qui non si chiede a Cuba di diventare il Paradiso in terra, ma semplicemente di garantire le più comuni libertà individuali, che anche nel nostro vituperato sistema berlusconiano sono abbastanza garantite.
Per Alberto Trovato. Il blog è un racconto giorno dopo giorno, frammentario, dispersivo, sono due anni di post, alcuni poco letterari, altri ottimi. Il libro ha un’introduzione completamente nuova ed è disposto per argomenti. Raccoglie il meglio del blog. C’è un buon inserto fotografico. E poi volete mettere la comnodità del libro e la scomodità del blog? E’ un oggetto culturale da possedere e da promuovere…
Lupi
http://www.infol.it/lupi/pubblicazioni_cuba_libre.htm
Qui trovate un po’ di rassegna stampa sul libro e alcuni articoli su Yoani.
Lupi
grazie. penso di acquistare il libro………… un’altra curiosità, un po’ prosaica…….. la sanchez ci guadagnerà dalle vendite?nel senso……. si riuscirà a farle arrivare i soldi a cuba?
Non sono autorizzato a parlare degli affari privati di ordine economico di Yoani. Mi pare logico che verrà pagata. Rizzoli è un grande editore e dal suo libro guadagnerà bene perchè ha i diritti per tutti i paesi di lingua non spagnola. Logico che l’autrice del libro guadagni in proporzione. Posso dire che io come piccolo curatore ho preso 1800 euro netti.
Mi piace questa donna coraggiosa e le sue idee che non ha mai abbandonato. Mi piace che sia ritornata da una Svizzera troppo neutrale e troppo di capitale occulto perchè potesse starle comoda.
Ha preferito tornare dove si sente appartenere e perchè i cieli della Sua Isola un giorno possano essere cieli in cui i suoi figli potranno “volare”.
Sono le dittature che impongono di vivere di solo pane. A volte nemmeno quello.
La leggerò.
Bellissima questa segnalazione, grazie.
Sono molto felice di questo libro unico della sanchez e del suo traduttore che non a caso è un esperto di Cuba , che su Cuba ha scritto libri eccellenti e che a Cuba ha dedicato non senza rischio e difficoltà gran parte della sua vita per affermare il valore enorme della libertà.
Ho letto e recensito tutti i libri di Lupi sull’argomento e non ne ha sbagliato uno dal contenuto allo stile e, tradurre in realtà significa trasmettere non solo parole ma la vitalità e l’importanza del contenuto. Diversamente chi avrebbe saputo della lotta di questa grande donna?
A Ferrara ti aspettiamo tutti per la presentazione dell’11 giugno.
patrizia garofalo
Patrizia ha anticipato una bella notizia. Presenteremo il libro a Ferrara in data 11 giugno. Prima ci sarà la presentazione a Torino – Salone del libro (15 maggio). Peccato che Yoani non possa essere presente!
Lupi
Vi ringrazio tutti per i nuovi commenti pervenuti.
Ringrazio chi scrive qui per la prima volta, come Livia da Sortino (saluta tua sorella da parte mia, Livia), o Silvia (qui sopra) e tanti altri.
Un ringraziamento a Gordiano per i ripetuti interventi e agli amici di 24/7 per il link.
24/7 è una bella collana della Rizzoli. Vi invito a dare un’occhiata qui: http://www.24sette.it/
@ Simona
Ma quanti libri devi scrivere!!!:-)
Ho aggiornato il post inserendo i due articoli pubblicati su Repubblica che mi ha inviato Gordiano.
La visualizzazione, purtroppo, non è ottimale.
Per leggerli vi consiglio di cliccare sull’immagine degli stessi articoli: si aprirà una pagina con il loro ingrandimento.
@ Patrizia e Gordiano
In bocca al lupo per la presentazione dell’11 giugno a Ferrara.
@ Gordiano
Pensi possa essere possibile pubblicare qualche altro stralcio (magari chiedendo l’autorizzazione alla Rizzoli)?
Per il momento chiudo qui.
Vi auguro una serena notte e una buona prosecuzione.
“I cubani devono liberarsi davvero e devono farlo da soli!”
Grazie per questa frase caro Lupi,
è quello che volevo sentire. La mia paura sta’ tutta nella fine della dittatura: cosa succederà? Cosa è successo all’Iran, all’Urss, Alla Romania? Cosa è successo quando i sovietici hanno lasciato Kabul?
Con questo non giustifico le dittature, ma ho paura, sono poche le nazioni con antidoti culturali forti, come lo furono la Spagna di Franco e il Portogallo di Salazar.
Che Dio aiuti Cuba.
Parlano di Yoani anche qui
http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/esteri/cuba-usa/ravelli-reportage/ravelli-reportage.html
Su come Internet abbia “rivoluzionato” la possibilità di essere dissidenti in contesti di altissima censura…
mah! avrei qualche perplessità, in merito.
Internet ha aperto molte porte, ma non sempre nella direzione giusta
Tanto per fare un esempio….
cito la rubrica CONTRAPPUNTO che Chiaberge tiene sul Domenica del Sole24Ore: ‘È vero che in Ucraina, in Birmania o in Zimbabwe, oppositori e attivisti dei diritti civili hanno usato questi strumenti per organizzare rivolte e denunciare soprusi, tanto che qualcuno ha parlato di «smart mobs» («masse intelligenti»). Ma è pure vero che i governanti cinesi assoldano commentatori online per fare propaganda al regime e nella Russia di Putin una compagnia privata legata al Cremlino filtra e manipola le notizie su Internet. E se i blogger iraniani o sauditi che scrivono in inglese rassicurano gli occidentali con i loro inni alla democrazia, quanti altri difendono in parsi o in arabo le idee degli Ayatollah e dei Fratelli Musulmani?’
Comunque, complimenti per il post e per il libro. E tanti in bocca al lupo a Yoani Sanchéz e a Gordiano Lupi.
Yoani Sànchez su Aetnanet:
http://www.aetnanet.org/modules.php?name=News&file=article&sid=15212
(Maria Allo)
I timori di Francesco Di Domenico Didò sono legittimi e in parte sono anche i miei, ma non è che per timore di quel che potrebbe accadere dobbiamo augurarci l’immobilismo…
Gordiano Lupi
Uno s’immagina che la dissidente più temuta dai fratelli Castro sia una cospiratrice di lungo corso che da Miami tesse le fila di una improbabile sollevazione nell’isola. Sbagliato. Yoani Sanchez, eletta nel 2008 dal Time come una delle cento personalità più influenti del mondo, è una ragazza havanera di 34 anni che, alle ipotesi armate, preferisce l’ironia, e alle cospirazioni, la tastiera di un laptop. Dal 2007 anima un blog, Generacion Y, che è diventato il simbolo delle nuove generazioni democratiche che guardano con speranza al dialogo tra Usa e Cuba inaugurato al summit delle Americhe. Per la gerontocrazia comunista, però, la Sanchez è una pericolosa “agente della Cia” che attacca le conquiste della Revoluciòn. Lei, per rispondere, sceglie l’ironia: “L’unica cosa che hanno ottenuto per ora è far aumentare il numero dei lettori del mio blog”.
Leggi il resto del servizio su Panorama.it: http://blog.panorama.it/mondo/2009/04/21/la-blogger-cubana-yoani-sanchez-obama-ha-fatto-un-passo-ora-tocca-a-castro/
Complimenti per la discussione
a G. Lupi.
Secondo lei c’è qualcosa da salvare del regime di Castro o è tutto negativo?
Per Ignazio. Il discorso sarebbe lungo e complesso. Ho affrontato questo argomento in diversi libri e articoli. La risposta è giocoforza sintetica. Cuba ha frisolto il problema dell’analfabetismo e ha un buon sistema sociale. Non condivido gli entusiasmi di molti sull’istruzione perchè ha il limite di essere orientata ideologicamente. Faccio un esempio: Cabrera Infante è uno scrittore vietato ed è uno dei più grandi autori in lingua spagnola. La sanità è a livelli sufficienti, ma non è come la propaganda vorrebbe farla apparire. Per rendersene conto è sufficiente entrare in un ambulatorio cubano o leggere cosa scrive Yoani. Ci sono cose importanti che il governo ha fatto: una scuola in ogni villaggio, per esempio. Il problema alimentare non è a livelli di guardia come in altri paesi del Sudamerica e del Centro America, ma non è vero che non esiste. Teniamo conto che Cuba ha 10 milioni di abitanti e che è molto più facile risolvere i problemi alimentari dei cubani rispetto ai brasiliani che popolano quasi un continente. La risposta è deficitaria per motivi di spazio e di tempo. Si potrebbe scrivere un libro su questo argomento.
A mio parere Internet ha cambiato il mondo ed è una vera spina nel fianco delle dittature. Tant’è vero che il governo cubano ha organizzato le Brigate di Risposta Cibernetica e ha oscurato i siti pericolosi. Come possiamo dire che le cose non sono cambiate? Yoani Sanchez è il nemico più difficile da combattere per i fratelli Castro. Cosa possono fare contro di lei? Oscurare l’hanno oscurata. E lei continua a scrivere e a pubblicare. Le notizie trapelano. E il muro si riempie di crepe…
Lupi
Ciao a tutti,
io sono una cubana che vive in italia da qualche mese, e chiedo scuse in anticipo per gli errori ortografici e gramaticali che eventualmente commenterò…
per me leggere yoani sanchez non è affatto facile, anzi…mi viene il voltastomaco, non perche non condivido quello che dice, non perche penso che non siano storie vere, ma perche la realtà che ci dipinge con la sua prosa fresca e pura mi riporta a casa mia, ai miei sogni e desideri rotti, strappati da tanti anni di oscurità che ho visuto nel mio proprio paese. a cuba i cubani siamo stranieri, siamo ebrei, siamo isolati, e pure convinti di essere felici. è triste ma è così…gli occhiali del ottimismo che describe yoani nel suo racconto esistono anche, ce l’abbiamo tutti quanti, ci siamo costruiti questi magnifici occhiali fin da piccoli, a scuola, a casa, perche è un modo molto comodo per uscirne della quotidianità crepata, quasi crollata che ci tocca vivere. leggere yoani sanchez per un italiano deve essere anche un po’ piacevole, immagino…sono cartoline diverse di quelle turistiche più tipiche che ci bombardano solitamente…ma non lo è per me, non è piacevole riconoscermi nella mansa disperazione del “dìa a dìa” cubano, nei liquidi acidi dove noi giovani tutti nuotiamo spesso, dividendoci tra el “andarsene via” o “rimanere”, tra speranza e delusione, tra essere o esistere..non è così grato trovarmi ogni volta con la bocca secca, piena dell’amarezza che mi provocano i suoi racconti, della tristezza acuta che mi punge nel profondo…ed è giusto che sia così. cuba non è gradevole, piacevole, dolce, allegra, da molto tempo fa per le persone come yoani sanchez o come me. ma lei ha scelto far qualcosa, io me ne sono solo andata, ecco perche la leggo ogni settimana: mi ricorda col voltastomaco che tutto continua uguale a cuba, sperando che lo provochi ogni singola volta che mi specchia nelle sue cartoline.
ildiana.
http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/esteri/cuba-usa/ravelli-reportage/ravelli-reportage.html
Articolo interessante
Ringrazio Ildiana per il suo splendido commento. Assicuro che anche a me leggere Yoani fa soffrire, ma questo perchè è una vera scrittrice che comunica emozioni. E Cuba è per me una ferita aperta…
Gordiano
Vorrei chiedere a Gordiano cosa scrive Yoani a parte il blog: racconti? Romanzi?
Puoi parlarci delle risorse positive di Cuba? Secondo te quale potrebbe essere una strada per un “risorgimento” cubano?
Per quanto riguarda il libro: credo che sia un po’ come per “Letteratitudine”. Il libro raccoglie due anni di blog, rappresenta un po’ il punto della situazione e rimane come oggetto fisico. Il libro di Yoani sarà un po’ questo e se andrà nelle mani di tante persone potrà sensibilizzarle alla questione cubana.
Ildiana, capisco che per te sia come per i siciliani emigrati: spesso si sentono in colpa verso chi è restato a combattere contro un sistema difficile.
Da cubana, cerca di fare qualcosa qui in Italia: sensibilizza chi sta accanto a te…
Cara Maria Lucia, in realtà io non credo molto ai libri che nascono dai blog. L’ho detto pure a Massimo e lui ha capito la mia posizione. A mio parere Letteratitudine è bello così, come spazio per dibattere, se diventa libro non aggiunge molto alla sua funzione, anzi, paradossalmente, forse perde qualcosa. Nel caso di Yoani è diverso. I suoi post sono veri e propri racconti che vivono senza il dibattito, sono pezzi di letteratura, di vita quotidiana. Il loro posto è tra le pagine di un libro, non solo in un blog. Yoani scrive di tutto. Ho letto un suo bel racconto ispirato a Lezama Lima e ho letto diversi articoli di attualità. Per il momento ha deciso che la sua letteratura deve passare attraverso il meccanismo del blog. Ritiene che deve esprimersi con i post, ma non credo che lo farà per sempre. Può dare ben altro!
Questo è un brano che mi ha inviato una ragazza cubana che vive in Italia. Lascio anonimo, perchè non so se vuole comprarire con il suo nome. A me pare un bel pezzo di prosa, intriso di nostalgia e tristezza, rimpianto, memoria del passato… in una parola: letteratura fatta con il sangue di chi scrive…
Me tocò, por este desvìo de la Ciconia Ciconia, crecer en una isla donde impera una versiòn tropicalizada del socialismo, donde los hèroes no cometen errores, y desde chiquito tienes que gritar cada mañana que seremos como el Chè, que ese es el modelo a seguir…Basta y sobra para minimizarte, para que siempre te sientas inferior, indigno de tal punto de referencia, que te mira inquisitoriamente desde las paredes, los murales y los pullovers. Me tocò crecer en una isla que te regala lo que en tantos lugares que comparten el Tres en la Categorìa parece imposible; y que al mismo tiempo te niega vivir al ritmo que todos viven; que te occidentaliza la mente, pero te encarcela el alma, y las ganas de crear y de creer; que ese es el precio de vivir en el paraìso terrenal. Me tocò crecer escuchando musica alegre, bailando, aligerando la pesadumbre, construyendo una filosofìa de vida instintiva, simplìsima: cantar para no llorar, no hay mal que por bien no venga, barriga llena corazòn contento. Era precisamente eso lo que me pasaba, a mì y a los que como yo no les bastaba para ser felices alimentarse a niveles bàsicos. Porque no basta, eso nunca podrà bastar. Me tocò vivir en una isla Sìmbolo, una isla Faro, una isla donde todos somos iguales, igualìsimos, y la opciòn primera es la Patria, y la aternativa ùnica es la Muerte, asì de sencillo… Y crecer asì no es fàcil, educarse para ser una persona comprometida, integral, con sentido de pertenencia, inmune a la diversidad de las ideas, que en mi isla se llama diversionismo, a prueba de proyectil contra el consumismo, porque una màxima martiana dice que “Quien lleva mucho fuera tiene poco dentro”, vacunado contra el virus de la curiosidad, y donde siempre, absolutamente, debes ser o de izquierdas o de zurdas. No es fàcil, de veras que no.
Yoani Sanchez – 10 aprile 2008
La utopia impuesta
Habito una utopía que no es mía. Ante ella, mis abuelos se persignaron y mis padres entregaron sus mejores años. Yo, la llevo sobre los hombros sin poder sacudírmela.
Algunos que no la viven intentan convencerme –a distancia- que debo conservarla. Sin embargo, resulta enajenante vivir una ilusión ajena, cargar con el peso de lo que otros soñaron.
A los que me impusieron –sin consultarme- este espejismo, quiero advertirles, desde ahora, que no pienso heredárselo a mis hijos.
La utopia imposta
Abito un’utopia che non è la mia. Davanti a essa, i miei nonni si sacrificarono e i miei genitori consegnarono i loro migliori anni. Io, la porto sopra le spalle senza potermela scrollare di dosso.
Alcuni che non la vivono tentano di convincermi – da lontano – che devo conservarla. Senza dubbio, risulta alienante vivere un’illusione estranea, accollarsi il peso di ciò che altri sognarono.
A coloro che mi imposero – senza consultarmi – questo miraggio, voglio avvertirli, da subito, che non penso di lasciarlo in eredità ai miei figli.
Traduzione di Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi
Le rivoluzioni sfociano sempre nelle caratteristiche del regime precedente: guardate quella francese con Napoleone imperatore e quella russa con Stalin ancor più rigido dello zar. E’ forse una naturale conseguenza quando gli eventi sono traumatizzanti e mi sembra perfino troppo ovvio che alla rapidità, ma anche alla violenza della rivoluzione, sia preferibile la lentezza e l’equilibrio dell’evoluzione. Questi regimi non durano, o soffocati nel sangue, oppure si estinguono da soli. Penso che la nuova generazione a Cuba sia nel complesso consapevole di vivere una realtà che dei vecchi ideali non ha più nulla; sta solo a loro proporre un’idea di esistenza in cui la libertà sia il faro che li guidi. Quanto alla nomenklatura castrista, è troppo vecchia per cambiare, ma anche per continuare.
Non ho letto tutto il post per ragioni di tempo, ma ho letto un breve brano di Yoani, forse proprio quello che fa tanto male alla sua connazionale. Provo una grande ammirazione per questa scrittrice: il suo coraggio e la sua moralità mi fanno pensare alle “anime belle” dantesche. E’ così importante la voce della libertà, in qualunque paese essa sia soffocata. E poi è sempre la scrittura espressione del libero pensiero, alla fine, quella che è più difficile far tacere.
Ringrazio tutti per i nuovi commenti. E scusate il mio solito ritardo.
Un ringraziamento particolare a Ildiana per la sua preziosa testimonianza.
@ Gordiano
Scrivi: “Cara Maria Lucia, in realtà io non credo molto ai libri che nascono dai blog. L’ho detto pure a Massimo e lui ha capito la mia posizione. A mio parere Letteratitudine è bello così, come spazio per dibattere, se diventa libro non aggiunge molto alla sua funzione, anzi, paradossalmente, forse perde qualcosa.”
–
Caro Gordiano, è vero me l’avevi detto (a pubblicazione avvenuta, però… prima avevi mostrato un certo entusiasmo).
Pur capendo e rispettando la tua posizione ovviamente non sono d’accordo (altrimenti non avrei pubblicato questo libro perdendoci mesi e sottraendo tempo alla scrittura della mia fiction).
I motivi che mi hanno indotto a fare di Letteratitudine un libro (un biannuario) sono molteplici (e li ho rivelati pubblicamente più di una volta):
1. Intanto perché sono legato all’oggetto libro e in fondo Letteratitudine non fa altro che promuovere il libro.
2. Perché sentivo l’esigenza di lasciare una traccia “alternativa” di questa esperienza bellissima e arricchente; una testimonianza a chi verrà dopo di noi di cosa è accaduto in questi anni in ambito letterario, culturale, editoriale; la testimonianza di un incrocio di voci, di pensieri, di sguardi che si uniscono creando un movimento unico. Questo libro è considerato nuovo, innovativo da molti addetti ai lavori ed è oggetto di studio in diverse università. Ci sono studenti che ci stanno facendo la tesi.
3. Ancora, la mole di informazioni che gravita su Internet è enorme. Gli studiosi del web dicono che la maggior parte dei contenuti che si trovano oggi, nel tempo, si perderanno. Insomma, da questo punto di vista, paradossalmente, il libro cartaceo (oggi… domani magari ci saranno altri supporti) garantisce maggiori possibilità di durata nel tempo.
4. Il libro contiene testi inediti, rispetto al blog, tra cui la voce narrante dello stesso blog (che ho scritto io stesso) che mi prende in giro… una forma di autoironia.
5. Il libro fornisce a chi non è un abituale frequentatore del web (e a chi non si connette del tutto) la possibilità di conoscere questa realtà.
C’è anche un sesto motivo:
Il blog è frammentario, dispersivo, sono due anni di post, alcuni poco letterari, altri ottimi. Il libro raccoglie il meglio del blog. E poi volete mettere la comodità del libro e la scomodità del blog? E’ un oggetto culturale da possedere e da promuovere… (sintesi del commento postato Lunedì, 20 Aprile 2009 alle 6:45 pm da Gordiano Lupi)
😉
Però adesso direi di tornare a parlare di Yoani e di CUBA LIBRE e di chiudere questa finestra aperta su “Letteratitudine-libro”.
D’altra parte prima o poi mi deciderò a organizzare un dibattito su questo libro… pubblicato a dicembre 2008.
(Chi mi rimprovera di dare troppo spazio ai libri degli altri e troppo poco ai miei non ha tutti i torti).
@Massimo
Non riprendo il discorso sul libro Letteratitudine…, ma giusto due righe per ricordare a Gordiano Lupi che il tuo libro sostiene anche una casa famiglia, nel senso che il ricavato delle vendite andrà là. Mi sembra molto importante.
Massimo, lo sai, anch’io penso che vorremmo leggere di più sui tuoi libri.
Io ti ringrazio sempre e ti seguo con infinito affetto::))
@Gordiano Lupi
Col tuo permesso, vorrei inserire nello spazio dedicato alle traduzioni i due brani di Yoani che hai inserito qui.
Se tu ne avessi il tempo, vorrei anche chiederti di commentare, sempre in quello spazio, lo “stile” della scrittrice, così potremmo renderci conto della sua arte anche nella lingua originale, oltre che apprezzare le tue traduzioni.
Grazie
Roberta
Scusa, forse c’è solo un brano di Yoani. Se vuoi, potresti inserirne un altro+ la tua traduzione, sempre là.
A me è molto piaciuto il parallelo che ha fatto Maria Lucia tra “Letteratitudine, il libro” e “Cuba Libre” di Yoani.
E trovo che le assonanze siano sorprendenti.
Un blog non è mai solo uno spazio. E’ il riflesso di un mondo interiore nell’unico luogo – in certi momenti – possibile.
Nasce sempre – come la scrittura – da una necessità.
Yoani racconta giorno per giorno, mentre impasta sughi o sfida inceppi di elettrodomestici guasti. E anche i frequentatori di letteratitudine narrano, e lasciano traccia, impronta, testimonianza.
Credo che il valore DOCUMENTALE di queste esperienze (tanto di Massimo quanto di Yoani) sia altissimo.
Perchè fotografano come istantanee, nel momento in cui l’arte e la vita accadono, e lo fanno con impianto narrativo.
A differenza di quanto possa sembrare, infatti, il testo Letteratitudine non è una semplice raccolta dei post più interessanti susseguitisi in questi due anni.
E’ piuttosto un lungo colloquio, un viaggio in sè e fuori di sè, in cui l’io narrante (l’uomo con la camicia celeste) prende per mano il lettore e lo conduce a compiere un viaggio. Una storia, dunque, o forse un’epopea, perchè niente è più narrativo del viaggio.
Due esperienze, a mio avviso, assolutamente LETTERARIE, se è vero, come è vero, che la letteratura raccoglie l’uomo, da qualunque angolatura, in qualunque momento, nelle sue privazioni e nella sua pienezza.
Umile, sonora, bassa, alta. O ancora spezzata, ferita, rimarginata…Massimo e Yoani : …bravissimi entrambi, nell’avere intuito che è proprio dalla vita che bisogna partire.
Yoani non può venire in italia perche a cuba ancora la Terra è piatta… basta sedersi al malecon dell’avana un pomeriggio per accorggersi. La Terra è piatta, piattissima, proprio come credevano le antiche civilizzazioni, il limite lo si vede chiarissimo a occhio nudo: all’orizonte le linee del cielo e il mare si confondono delimitando il nostro piccolo pianeta cuba, che finisce priprio lì per la stragrande maggioranza dei cubani, che si spiegano il loro mondo in modo semplicissimo: quello che si vede è tutto quello che c’è…provare ad andare al di là dell’efetto ottico che provoca il bacio blu fra cielo e acqua comporta prendere il grosso rischio di cadere nel vuoto…il governo cubano non fa che proteggerla, datemi retta…
Bravissima Ildiana. Non sai il piacere che mi fa trovare un’altra cubana coraggiosa in Italia… Sì, perchè i cubani all’estero non parlano mai del loro paese perchè temono la reazione negativa nei loro confronti, temono la revoca del PRE – il permesso di soggiorno all’estero – e la conseguente impossibilità di rientrare a Cuba. Ci vorrebbero molte cubane come te, Ildiana…. non solo come Yoani. Tra parentesi a mia moglie hanno revocato il PRE e io per loro sono giornalista non gradito.
Gordiano
Caro Massimo, brevemente su Letteratitudine libro. Non ho detto che hai sbagliato a farlo. Ogni autore è libero di fare i libri che crede. Sai quanti libri sbagliati ho fatto io secondo gli altri e invece a me piacciono da morire? Magari amo meno i libri che hanno venduto molto (vedi Serial Killer), ma non i miei figli prediletti che non hanno venduto una mazza ma sono sangue del mio sangue (Nero tropicale, Orrori tropicali, Cattive storie di provincia…). Certo che non sei d’accordo con la mia opinione, altrimenti cosa l’avresti pubblicato a fare? A mio parere Cuba Libre e Letteratitudine libro sono due cose diverse e in ogni caso anche da Yoani avrei preferito qualcosa di totalmente nuovo, un romanzo, una raccolta di racconti… è stata lei a decidere così e io la rispetto. Cuba libre ha un potere deflagrante pari a FUORI DAL GIOCO di Heberto Padilla (1969) che potete leggere qui: http://www.infol.it/lupi/Racconti.htm. E’ un libro necessario.
Gordiano
IL POST DI OGGI:
Parole pronunciate per fuori
Ieri è terminato il vertice delle Americhe e non pare che sarà convocata una seduta urgente del Parlamento, né una riunione straordinaria del Comitato Centrale del Partito per analizzare le proposte fatte da Obama. “Un nuovo inizio con Cuba” ha detto il presidente nordamericano a Trinidad e Tobago, anche se oggi le riflessioni di Fidel Castro alludevano soltanto al lungo discorso di Daniel Ortega. I giornalisti del Notiziario Nazionale non sono usciti per strada a raccogliere le impressioni del popolo e in compenso il mio vicino è stato arruolato per l’Operazione Caguairán, in vista di una possibile invasione dal Nord.
Vista l’importanza di quel che sta succedendo, la riunione condominiale che oggi si terrà nel mio edificio avrebbe dovuto essere dedicata alle nuove relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Tuttavia, il delegato preferisce parlare dei vicini indisciplinati che gettano la spazzatura fuori dagli appositi bidoni invece di conoscere la nostra opinione sulla fine delle ostilità. Nella scuola di mio figlio, qualche professore ripete che “Obama è come Bush, ma dipinto di nero” e nelle strade ci sono ancora i cartelloni che richiamano alla lotta contro l’imperialismo.
Non so cosa pensare di fronte alla diversità tra ciò che si dice all’estero e il solito discorso che ci somministrano ogni giorno. Persino lo stesso Raúl Castro sembra disposto a parlare con Obama di temi che non ha mai voluto discutere con il suo popolo. Non posso fare a meno di chiedermi, allora, se tutta questa storia del “ramo di olivo” e della predisposizione ad affrontare ampie tematiche, non siano soltanto parole pronunciate per fuori, frasi dette lontano dalle nostre orecchie.
Traduzione di Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi
@ Roberta e Simona
Vi ringrazio e vi mando un bacio.:-)
@ Gordiano
Per te niente baci, solo una vigorosa stretta di mano.:-)
io chiamo spesso a casa mia, quando l’economia mi permette di farlo. quando obama ha vinto l’elezioni ero contentissima, e parlando con la mamma li commentavo, hai visto chi è il nuovo presidente americano?, mia mamma mi ha risposto, eh si, quel “negrito bonito”…ahahah…voglio dire, a cuba la gente se ne frega…
IL POST DEL 24 APRILE:
Rintocco di padella
Quando serve i vecchi attrezzi di cucina si trasformano nella scheda che non possiamo inserire nell’urna e nella mano che non osiamo alzare durante l’assemblea. Qualunque oggetto va bene, se si tratta di reclamare spazi: un telo esposto al balcone, un giornale brandito in pubblico o una casseruola percossa insieme ad altre come un tamburo. Questo primo maggio, alle 20 e 30, il gran coro metallico prodotto da cucchiai e padelle, potrebbe rappresentare la nostra voce per esprimere una protesta a lungo repressa.
Le restrizioni per entrare e uscire da Cuba sono durate troppo tempo. Per questo suonerò la pentola per i miei genitori, che non hanno mai potuto attraversare quel tratto di mare che ci separa dal mondo. Intonerò anche per me stessa la sinfonia delle casseruole, visto che negli ultimi due anni sono stata costretta a viaggiare solo virtualmente. Intensificherò il ritmo dei colpi di cucchiaio pensando a Teo, che verrebbe condannato all’uscita definitiva se provasse a salire su un aereo prima di aver compiuto diciotto anni. Tamburellerò i cucchiai per Edgar, che ha iniziato lo sciopero della fame dopo aver ricevuto sette rifiuti alla sua richiesta di ottenere un permesso di uscita. Alla fine del concerto dei metalli dedicherò un paio di note a Marta, che non ha ottenuto la “carta bianca” per andare a conoscere la nipotina nata in La Florida.
Dopo aver colpito la casseruola così intensamente, forse non potrò utilizzarla neppure per friggere un uovo. Per il necessario “alimento” di viaggiare, muoversi liberamente, uscire di casa senza chiedere permesso, sono disposta a rompere tutte le stoviglie della mia cucina.
Grazie per l’aggiornamento, Gordiano.
Ho letto solo ora il post sul libro “Cuba libre” della Sànchez, tradotto da Gordiano Lupi, e mi son fatto finalmente un’idea precisa della vita che la gente trascorre quotidianamente a Cuba o a L’Avana. Una vita che, però, non corrisponde affatto a quella descritta entusiasticamente da parecchi viaggiatori/viaggiatrici italiani incallidi e dal “cuore cubano”, come amano definirsi. Ma a quelle descrizioni francamente non ho mai creduto: ho sempre pensato fossero il frutto di un’esaltazione romantica infarcita di avventura e perversione sensuale e sessuale, specie verso i giovani cubani, femmine e maschi a seconda. Che, per mangiare eventualmente un piatto di fagioli o qualcosa di simile, devono vendere il loro corpo, considerata la povertà in cui la povera gente è costretta a vivere. Dico “costretta”, perché il sogno di Castro si è rivelato un fallimento o un’illusione, sapendo come l’America avrebbe reagito. E qui sta il punto. E’ stata l’America a costringere Castro alla dittatura o è stato Castro che, invece di avvicinarsi o cedere politicamente qualcosa all’America, ne ha “approfittato” per imporre la propria, di dittatura? Violenta, corrotta e corruttrice come ogni dittatura.
La domanda vorrei porla a Gordiano Lupi e/o a Renzo Montagnoli, i cui interventi hanno – tra l’altro – fatto piena luce sull’opera coraggiosa della Sànchez. Naturalmente se avranno il tempo o l’opportunità di una risposta.
A proposito, chi sono, cosa pubblicano e come vivono gli intellettuali cubani benvoluti dal regime? Suppongo non raccontino né l’autentica realtà cubana né la speranza di un cambiamento foriero di giustizia e di progresso …
Un saluto cordiale, A. B.
@ ausilio bertoli,
ciao, io ti rispondo per acconsigliarti un autore cubano, che vive ancora nell’isola, scrive della nostra realtà, quella vera in forma straordinaria secondo me, e si, viene pibblicato: 500 copie 🙂 / 🙁 ..io ho dovuto fare una coda di tutta una notte per essere delle prime a entrare in libreria la mattina che vendevano i suoi libri. si chiama leonardo padura fuentes, e lo trovi anche nelle librerie italiane, tradotto all’italiano. il suo più reciente romanzo, la nebbia del passato, c’è nella feltrinelli e la mondadori.
in quanto a come siamo veramente i cubani, non ti rispondo io…sono cubana, e per tanto parziale in questo argomento, ti dico solo che la realtà cubana ha tante verità quanto tante persone la raccontano.
saluti.
@ Ildiana
Ho preso buona nota. Grazie di cuore, A. B.
Sono cubano e vi giuro che nonostante viva in Italia da molto, ho ogni giorno l’amaro in bocca al pensiero di non’essere rimasto a fare qualcosa.Come me in fondo molti non’hanno avuto l coraggio che ha avuto questa ragazza,non solo di rimanere, ma di poter restare fuori di Cuba e invece lei e tornata a prendersi quello che per diritto naturale abbiamo tutti…la libertà!!!su quel che sucede in Cuba la sinistra Italiana dovrebbe fare una profonda riflessione. A tutti voi faccio i miei complimenti per questo interesante dibbatito e mi auguro che un giorno a Cuba questo possa accadere. un Abrazo
Ildiana ha ragione. Leonardo Padura Fuentes racconta abbastanza la Cuba vera. Non è un autore così poco pubblicato, però.Io ho letto tutti i suoi libri in italiano. Lo trovi bene edito da marcos y Marcos. Ce ne sono altri, comunque. Pedro Juan Gutierrez (E/O), Alejandro Torreguitart (Il Foglio, Acar, Stampa Alternativa), Abilio Estevez (Adelphi), Zoé Valdés (Frassinelli). L’elenco non è esaustivo. Scrittori cortigiani ce ne sono molti ma non vale la pena parlare di gente come l’Indio Naborì e neppure di Miguel Barnet…
Gordiano
@ Gordiano Lupi
Grazie anche a te per la risposta, esauriente. A.B.
Leonardo Padura, Pedro Juan Gutièrrez, Alejandro Torreguitart, Abilio estèvez, Amir Valle, ecc, sono autori cubani che vengono molto pubblicati all’estero…a Cuba invece pochissimo, poche coppie, como spiegavo prima, per comprare un loro libro il lettore deve farsi la notte di vigilia davanti alla porta della libreria…in Italia ovviamente no, basta farsi un giretto e trovi questi libri ,addormentati sugli scafali, ahahah…io avevo suggerito Padura Fuentes a Ausilio, perche lui voleva leggere un autore cubano che vive a cuba, e Padura è perfetto..Pedro Juan è troppo sordido, troppo crudo e troppo legato al sesso(non dico che non sai bravo, anzi, a me piace tantissimo) e la Valdès no vive a cuba da molto moltissimo tempo, nè Abilio, nè Alejandro, nè Amir Valle…invece Padura è ancora lì, come yoani.
Voglio condividere una bella notizia che mi giunge da Rizzoli. CUBA LIBRE di Yoani Sanchez è al venticinquesimo posto tra i libri di saggistica più venduti in Italia. Subito dopo Carlo Lucarelli… Ed è in ascesa, perchè è uscito da pochissimo. A me fa un certo effetto. Sono abituato a vendere 1000 copie, massimo 5000…
Una bellissima notizia!
Tanti complimenti, caro Gordiano
cari amici,
sono stato a Cuba quattro anni or sono e l’ultima volta ho promesso di ritornare dopo la morte di Fidel. Spero che avverrà allora un cambiamento del dramma che subisce il popolo cubana. Il bloqueo è una scusa per continuare l’oppressione di un intero popolo. A Cuba comanda la casta dei militari che speculano sul turismo d’élite e sulla zona franca.
Non dimentichiamo che Fidel ed amici sono stati compromessi nel traffico della droga (vedere il libro della Del Monte).Ci sarebbe ancora altro da dire ma quello che è più grave è vedere gli utili idioti italiani che inneggiano ancora a Fidel.
Cordiali saluti.
Ferdesi
L’Unità di ieri ha dedicato la copertina a una foto di Yoani Sanchez. All’interno c’è un fondo di Concita Di Gregorio e ci sono 3 pagine di intervista alla blogger. Mica male. L’Unità si scarica in pdf su http://www.unita.it. Il 15 maggio ore 13 e 30 presentazione di CUBA LIBRE al Salone del Libro di Torino. Ci sarò pure io e (forse) ci sarà Yoani al telefono…
Lupi
Ottimo, Gordiano.
Ci vedremo a Torino.
Ti ho letto su Che libri, Massimo. Complimenti!
Lupi
Grazie, Gordiano. In effetti devo ringraziare Che Libri, che ha voluto dedicare una pagina intera a un’intervista che ho rilasciato loro (sul web e su Letteratitudine-libro).
Sabato 16 maggio
Torino, Fiera del Libro – ore 13.30 – Arena Piemonte
Raccontare Cuba: incontro dedicato a Yoani Sanchez
autrice di Cuba libre
Intervengono Erick de Armas e Gordiano Lupi
Introduce e modera Omero Ciai
Interverrà telefonicamente da Cuba Yoani Sanchez
RASSEGNA STAMPA:
http://www.infol.it/lupi/Pubblicazioni_Cuba_Libre.htm
Da venerdì GENERACION Y di YOANI SANCHEZ diventa un BLOG de LA STAMPA, curato e tradotto da GORDIANO LUPI: http://www.lastampa.it.
I migliori post saranno pubblicati sul quotidiano cartaceo.
Gordiano Lupi
Ottimo, Gordiano! Complimenti!
Yoani Snchez, mi sembra che insegni a ciascuno di noi che le ri voluzioni cominciano dalla riflessione sulle difficoltà quotidiane e dagli oggetti di uso comune .Forse, anche, dal prendere atto della differenza tra il numero di parole che il cubano possiede e quelle che invece possiede il turista americano che va a farsi il giro dell’isola accompagnato dall’ingegniere tassista , il quale guadagna in fabbrica 20 euri al mese e facendo il tassista ne guadagna invece duecento.
Siamo stati abituati da secoli di storia a fare prima la rivoluzione o la guerra e poi aspettare che le cose si modifichino da sè per diventare compatibili con il diritto all’umanità ovvero alla libertà.L’esperienza tecnologica di Yoani mi pare voglia dire che anche un segno come una “Y” può contenere l’inizio della fine di un sistema oppressivo ma ci dice anche che non esistono più rivoluzioni private,carbonare e silenziose ma che ai processi formativi della coscienza vi partecipano tutti gli abitanti della terra.
Certo un problema resta ed è quello del CORAGGIO.
Grazie Yoani sei la speranza per tanti popoli che vivono la dittatura o si sentono minacciati da un potere che si delinea assolutista ed antidemocratico.
Un elogio a Gordano Lupi per il modo con cui ha presentato il caso ai bloggisti.
Grazie per il commento sopra pubblicato. Il mio merito è solo quello di aver scoperto la Sanchez, grazie alla mia amica cubana GaviotaZalas, blogger pure lei. Tutto il resto del merito è di Yoani. In Italia sono in pochi a saperlo, ma i blogger cubani sono una realtà importante. Yoani è la punta di un iceberg che vuol far affondare la dittatura. LA STAMPA sta facendo un grande lavoro conoscitivo di Yoani, grazie al suo abile direttore Mario Calabresi, sia sul sito http://www.lastampa.it che su carta. Ieri è uscito sul giornale un post di Yoani da me tradotto.
Gordiano
Ancora complimenti, Gordiano.
Scusami se non mi è stato possibile essere presente alla presentazione, ma nello stesso orario ero già all’aeroporto di Torino per rientrare a casa.
Come è andata?
Sono passato dallo stand Rcs ed era pieno di poster su Yoani…
Messaggi La cubana Yoani Sánchez: racconto la vera isola, non sono una dissidente tradizionale
La blogger censurata arriva in Fiera via Skype
TORINO – Quando la voce di Yoani Sánchez arriva finalmente a Torino, sia pure attraverso un fortunoso collegamento Skype, il pubblico la accoglie con un applauso forte, emozionato. Ad assistere alla presentazione del libro Cuba Libre. Vivere e scrivere all’ Avana (Rizzoli) c’ era l’ affollata platea del sabato in Fiera ma anche esuli cubani, attratti dal carisma crescente della blogger alla quale non è permesso uscire dall’ isola, e dalla presenza del medico scrittore Erick de Armas, autore di Elena è rimasta… y papà también (Epochè), che vive ormai a Barcellona. Yoani, 34 anni, linguista, sposata con due figli, ha vissuto fuori da Cuba, in Svizzera, ma a differenza di Erick è tornata in patria perché «ho capito che per me la vita non è da un’ altra parte, ma in un’ altra Cuba». In un’ altra Cuba per esempio i blogger non sarebbero «ciechi»: «Non vedo i miei post su Generación Y, non ho idea del risultato finale se non per i racconti degli amici – racconta Yoani -. I filtri imposti dal regime impediscono a chiunque, anche a me, di connettersi al mio blog, io riesco a tenerlo aggiornato copiando i miei testi su foglietti, Cd, chiavi Usb che poi distribuisco alla mia rete di corrispondenti volontari. È un esempio dell’ arretratezza, dell’ ottusità e del continuo paradosso in cui siamo costretti a vivere a Cuba». La notorietà di Yoani Sánchez è crescente: è la terza volta in un anno che le viene impedito di andare all’ estero. Le è stato negato il visto di uscita per andare in Spagna a ritirare il premio Ortega y Gasset nella categoria giornalismo online, poi non ha potuto partecipare a un convegno sulla libertà di stampa in Brasile, infine il rifiuto del passaporto per Torino. L’ atteggiamento delle autorità cubane ne sta facendo un personaggio di riferimento della giovane dissidenza cubana. «Eppure io non mi sento né una politica né una dissidente nel senso classico del termine, non ho fondato un partito né un movimento anticastrista e non svolgo attività antigovernativa. Tutto quello che voglio fare con il mio blog è raccontare come si vive a Cuba, con semplicità e onestà, al di fuori dei miti e dei pregiudizi». In una dittatura, la libertà di espressione è però un lusso. E i brevi, fulminanti post di Yoani le sono valsi il costante interesse della polizia, che spesso le fa visita a casa o semplicemente si lascia scorgere in strada, sotto il suo appartamento, nella zona povera dell’ Avana, dove la gente normale vive per davvero la realtà magnificata a parole da ministri e funzionari che invece possono permettersi le ville dei quartieri alti. «Capisco bene che il mio blog possa dare fastidio – ha detto ancora la Sánchez durante l’ incontro, moderato dal suo traduttore italiano Gordiano Lupi e Omero Ciai di “Repubblica” -; l’ ho aperto senza chiedere l’ autorizzazione a nessuno. È una mia piccola forma di ribellione alla nevrosi che tocca quasi tutti i cubani, bambini abituati a chiedere il permesso per qualsiasi cosa. Io voglio comportarmi da adulta». Mentre rimane aperta la sottoscrizione della lettera-appello a Raul Castro affinché conceda a Yoani e agli altri cubani la libertà di viaggiare, il suo blog Generación Y viene ora ospitato da “La Stampa.it”. «Yoani Sánchez è ormai un idolo per i giovani cubani anche negli Stati Uniti – ha spiegato il direttore Mario Calabresi -, perché non si lascia imprigionare dalla vetusta contrapposizione tra castristi e anticastristi. Yoani è importante per capire il futuro di Cuba».
Montefiori Stefano
Pagina 27
(17 maggio 2009) – Corriere della Sera
Salve, ritengo il libro cuba libre estremamente utile per eliminare una volta per tutti miti che ancora resistono su Cuba dipingendola come un posto dove tutto funziona.
Vorrei solo indicare che c’è una frase che probabilmente a causa della traduzione contiene un controsenso:
“Vi sfido a trovare in questa città un orologio pubblico funzionante che indica l’ora precisa anche solo approssimativamente”. (p.201)
O l’orologio è preciso oppure è approssimativo: le due opzioni si elidono a vicenda.
Caro Marco,
grazie per il tuo commento. Mi fa piacere che reputi utile questo libro.
La frase che citi credo si possa intendere in senso ossimorico, ovvero: Vi sfido a trovare in questa città un orologio pubblico funzionante che si approssima all’ora precisa.
Non necessariamente precisione e approssimazione debbono elidersi.
Esistono “morti viventi” (come nel caso dei vampiri) e “precisioni (anche solo) approssimative” (come quelle agognate, nella fattispecie, da Yoani).
Ma saprà dirci meglio Gordiano 🙂
@ Gordiano
Caro Gordiano,
come ha precisato il buon Marco qui sopra, questo di Yoani è un libro estremamente utile. Per cui ho deciso di inserirlo tra i post permanenti di Letteratitudine.
Lo trovi nell’elenco della colonna di destra del sito. E in alto a sinistra, alla voce: “post più commentati e post permanenti”.
No Marco, non è colpa della traduzione. L’originale spagnolo dice proprio così. I cubani non sono persone troppo precise. Yoani invita a trovare un orologio che all’Avana indichi l’ora precisa, ma si accontenterebbe che lo facesse anche e soltanto in maniera approssimativa. I cubani non sono inglesi, per loro l’o clock non ha molto senso. Sono il popolo del mas o meno.
Gordiano
Massimo, sei un grande! Hai dato una spiegazione più che esauriente. Grazie per la decisione del post permanente. Se fate un salto su http://www.lastampa.it e spulciate tra i commenti al blog di Yoani, vi rendete conto che il mito comunista di Cuba è ben lontano da essere morto e sepolto. Delle due l’una: “o sono o ci fanno…”
Cuba libre di Yoani Sanchez è al 27simo posto tra i più venduti su IBS!
Lupi
Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea di FERRARA
giovedì 11 giugno, alle ore 16.30
Gordiano Lupi (curatore e traduttore) presenta il libro
di Yoani Sánchez Cuba libre Vivere e scrivere all’Avana (Rizzoli, 2009)
Intervengono: Anna Quarzi e Patrizia Garofalo
Il libro della trentaquattrenne Yoani Sánchez si intitolaCuba libre , come il noto romanzo di Elmore Leonard ambientato nel 1898, alla vigilia della guerra ispano americana, ma anche come il noto drink che i turisti sorseggiano alla Bodeguita del Medio all’Avana. Non è un romanzo e nemmeno un saggio, bensì una raccolta estemporanea di osservazioni e riflessioni sulla realtà cubana, quasi un diario di appunti apparsi in rete su un blog, teso a sfatare il mito dell’efficienza castrista e a restituire, tra tenerezza e rabbia, la frustrazione per le potenzialità inespresse e i sogni perduti di una generazione, la sua, rinchiusa in un’utopia che non le appartiene.
Yoani Sanchez si può leggere in ITALIA su LA STAMPA – http://www.lastampa.it/generaciony e su http://www.tellusfolio.it
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Yoani Sánchez
CUBA LIBRE
Vivere e scrivere all’Avana
Traduzione e cura di Gordiano Lupi – http://www.infol.it/lupi
Yoani Sánchez è un strana dissidente: non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba: la difficoltà di fare la spesa e la fame cronica, l’arte di ripararsi gli elettrodomestici guasti, la lotta per leggere le vere notizie tra le righe del giornale di partito, la paura del ricovero in ospedale dove manca anche il necessario per sterilizzare, la convivenza forzata con la propaganda che si insinua nei media, nelle piazze e nelle scuole, il panico quando arrivano le convocazioni della polizia, la preoccupazione per gli amici in carcere, la nostalgia per i tanti che sono fuggiti e la delusione per tutti quelli che hanno smesso di credere al futuro. Ma soprattutto sfata il falso mito dell’efficienza castrista e descrive, tra tenerezza e rabbia, la frustrazione per le potenzialità inespresse e i sogni perduti di chi, come lei, è nato nella Cuba degli anni Settanta e Ottanta e si ritrova rinchiuso in un’utopia che non gli appartiene. Di questa generazione Yoani è diventata l’inconsapevole portavoce, e il suo blog, che ha fatto il giro del mondo è ora un libro. Yoani Sánchez si definisce una semplice cittadina, ma in realtà è una vera rivoluzionaria, una donna che lotta con tutte le sue forze per far conoscere le se idee all’interno di una società che non ammette anticonformismo. Le sue parole sono frecciate ironiche che danno vita a un blog molto frequentato come Generación Y e servono da stimolo per inaugurare un nuovo corso per l’ultimo baluardo comunista. Purtroppo i suoi commenti vengono letti soltanto all’estero, perché a Cuba il blog risulta oscurato ed impossibile collegarsi.
PER ACQUISTARE SU INTERNETBOOKHOP.IT:
http://www.ibs.it/code/9788817030526/s-aacute-nchez-yoani/cuba-libre-vivere-e.html?shop=3391
RASSEGNA STAMPA:
http://www.infol.it/lupi/Pubblicazioni_Cuba_Libre.htm
COMMENTO SITO RIZZOLI
http://www.24sette.it/contenuto.php?idcont=1672
RECENSIONE – DIBATTITO SU LETTERATITUDINE
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/18/cuba-libre-vivere-e-scrivere-allavana-di-yoani-sanchez/
VALENTINA NUCCIO:
http://www.facebook.com/l/4280b;www.irisbooks.it
http://www.facebook.com/l/4280b;www.lavitaleggera.splinder.com http://www.facebook.com/l/4280b;http://net.essenzialeonline.it/valenuccio/2009/05/05/vivere-a-cuba-ce-lo-spiega-yoani-sanchez/ http://www.facebook.com/l/4280b;www.oblo.it.
Il blog di Yoani Sanchez su LA STAMPA – http://www.lastampa.it/generaciony conta circa 100 – 120 interventi per post. Ora, il bello è che sono quasi tutti castristi italiani che si firmano con sigle ridicole: CDR, GERD, CUBALIBRE e via dicendo.Lo fanno come se fosse un lavoro, a tempo pieno. Chi c’è dietro?
Lupi
Forza, Gordiano!
Il bello è che Minà scrive che dietro a Yoani Sanchez ci sono “mandanti occulti”: El Pais, la Cia… Dietro il dittatore, invece, chi c’è?
Lupi
Ho acquistato il libro alla Fiera di Torino e c’ero anch’io fra il pubblico che ha ascoltato con emozione la voce di Yoani quel sabato, emozionata come tutti. Il libro devo ancora leggerlo, ma lo farò al più presto. Di qualunque colore sia il regime di uno stato che nega la libertà di espressione al suo popolo, non posso che provare ripugnanza. Anche se, e forse la mia è una contraddizione permanente, la mia anima sarà sempre rossa. Ma sono un’idealista…
Complimenti a Gordiano Lupi, per tutto.
Milvia
Yoani è più rossa di tutti perchè sta dalla parte del popolo.
In ogni caso grazie!
Gordiano
Sangue Habanero
Gordiano Lupi, ci riporta con questo noir “habanero” in una Cuba
struggente quanto crudele.
Nell’ambiente delle prostitute, avviene questa volta una serie di
efferati omicidi. Un serial killer?
La polizia brancola nel buio, ma la verità verrà a galla grazie alla
tenacia e al coraggio della protagonista, una donna sola, alle prese
con un crudele destino.
Ci sono i colori e le atmosfere di una Cuba a metà tra il vecchio
regime e il nuovo incombente progresso. Anche con questo romanzo,
Gordiano Lupi si conferma uno dei più importanti conoscitori di
Cuba.
Gordiano Lupi (Piombino, 1960). Direttore Editoriale delle Edizioni Il
Foglio. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz:
Machi di carta (Stampa Alternativa, 2003), La Marina del mio
passato (Nonsoloparole, 2003), Vita da jinetera (Il Foglio, 2005),
Cuba particular – Sesso all’Avana (Stampa Alternativa, 2007), Adios
Fidel (Il Foglio/A.Car., 2008). I suoi lavori più recenti di argomento
cubano sono: Nero Tropicale (Terzo Millennio, 2003), Cuba Magica,
conversazioni con un santéro (Mursia, 2003), Un’isola a passo di son.
Viaggio nel mondo della musica cubana (Bastogi, 2004), Orrori
tropicali. Storie di vudu, santeria e palo mayombe (Il Foglio, 2006) e
Almeno il pane Fidel. Cuba quotidiana (Stampa Alternativa, 2006).È
uscito a settembre 2008 Avana killing, thriller cubano da edicola,
Rimetto in primo piano questo post dedicato alla blogger cubana Yoani Sánchez, autrice di “Cuba libre” (Rizzoli – traduzione di Gordiano Lupi)…
Chiedo, intanto, a Gordiano di aggiornarci sulle condizioni di Yoani…
Come sta? È successo qualcosa di rilevante in questi ultimi mesi?
Contestualmente ne approfitto per presentare il nuovo romanzo dello stesso Gordiano Lupi: “Una terribile eredità” (Perdisa Pop, 2009, p. 128, € 12).
Mi piacerebbe che Gordiano ci raccontasse qualcosa su questo suo nuovo libro (molti di voi, scrivevo sul post, ne avranno già sentito parlare… magari l’avranno anche letto).
La storia nasce nel cuore della guerra in Angola: i soldati cubani sono costretti a vivere un tormento assurdo e privo di logica, nel cuore di un’Africa selvaggia, tra mangiatori di scimmie, ritualità macabre e violenza efferata. Tra quei soldati c’è il protagonista del libro…
Questo romanzo offre vari spunti di riflessione.
Uno di questi è quello della fragilità dell’uomo resa “estrema” di fronte alla guerra…
Per favorire un possibile dibattito, ho pensato di proporvi la seguente domanda: le devastazioni della guerra – a vostro avviso – agiscono più a livello collettivo o più a livello individuale? E con quali conseguenze?
Prima di chiudere (stasera riapro con “toccata e fuga”) ne approfitto per evidenziare che “Una terribile eredità” sarà presentato a ROMA, venerdì 15 gennaio 2010 – ore 16,30 – presso la SALA DEL CARROCCIO – CAMPIDOGLIO. Con Gordiano Lupi ci sarà Giovanni De Ficchy.
–
Be’, presentare il libro in Campodiglio sarà senz’altro una bellissima esperienza. Complimenti, Gordiano!
–
Ne approfitto per fare gli auguri di buon anno a te, a Yoani e a tutti coloro che interverranno.
Buon anno a tutti, e buona serata!
Auguro tutto il successo che merita a Gordiano Lupi per il suo libro, e a Yoani Sanchez per l’anelito di libertà che rappresenta.
Ammiro la forza di entrambi.
Yoani Sanchez continua la sua lotta da libera cittadina senza appartenenza politica, come lo sono anch’io e come lo siamo tutti i volontari pacifisti che la appoggiamo senza scopo di lucro. In Italia – ma credo pure altrove – è in atto una campagna mistificatoria volta a screditare Yoani. Il metodo è vecchio quanto il mondo, Cuba lo conosce bene sin da quando ha appreso la lezione di Stalin. Lo fecero con Heberto Padilla. L’hanno ripetuto con Cabrera Infante. Ci sono caduti dentro Huber Matos, Armando Valladares, Raul Rivero. E’ toccato anche a Yoani… La verità è un’altra e le persone libere la conoscono bene. Yoani è una letterata, una giornalista, una cubana che lotta per una Cuba davvero libera. Non altro. Il mio ultimo libro è meno importante della lotta che questa ragazza sta conducendo, ma si inserisce nel medesimo solco. Non mi è mai interessato fare narrativa di genere fine a se stessa. Ce ne sono fin troppi che la scrivono molto meglio di me. Io uso le armi del genere (horror, noir, thriller) per dire altro… credo che chi ha letto un solo mio libro l’avrà capito.
Il post odierno di Yoani Sanchez dimostra che non fa politica, ma racconta i problemi del quotidiano (che confermo, per averlo vissuto):
Isola con eccesso di bagaglio
Privi di qualsiasi protezione, i cubani entrano passando per la Dogana Generale della Repubblica dove sono costretti a pagare il prezzo del ritorno. Un segno di gesso sulla valigia indica coloro che devono passare dal patibolo della tassazione e dall’assalto istituzionale delle imposte su determinate mercanzie. Gli impiegati dell’aeroporto hanno un fiuto incredibile per individuare i concittadini che rientrano, perché sanno che arrivano carichi degli oggetti più svariati e incredibili. Fuori, nella sala d’aspetto, le famiglie sognano di abbracciare i loro emigrati e fantasticano sui possibili regali, mentre al viaggiatore pesano il bagaglio e subito dopo presentano un’esosa fattura da saldare.
In un paese dove mancano tanti prodotti e risorse si potrebbe pensare ad agevoli procedure doganali per importarli in maniera personale; ma non è così. Accade proprio il contrario, visto che abbiamo un rigido “Elenco di valutazione interna” (http://www.desdecuba.com/generaciony/wp-content/uploads/2010/01/regulacionesaduanales-01enero2010.pdf) che obbliga a pagare ancora una volta il contenuto delle valige, sia che includano un sapone, una scatoletta di sardine o un computer portatile. Tutto diventa ancora più complicato se a un illuso visitatore salta in mente di portare un elettrodomestico o una macchina fotografica digitale per i suoi parenti. Se vuole far entrare questi oggetti così moderni dovrà tirar fuori di tasca una somma che può variare dai 10 agli 80 pesos convertibili. Sembra quasi di dover pagare un riscatto ai “sequestratori” di cose altrui, per fare in modo che l’oggetto possa giungere nelle mani dei legittimi destinatari.
Come un’industria della rapina, le dogane cubane ingrossano ogni giorno di più il numero delle cose confiscate, così come aggiungono alla cassa contabile migliaia di dollari riscossi a titolo di imposte. I grandi magazzini doganali sono pieni di asciugacapelli, Play Station, forni elettrici e computer trasportati dai viaggiatori. Non conosciamo la sorte di tali mercanzie, ma tutti sappiamo che vengono confiscate dal governo, come accade per molti altri beni. Se guardiamo le molte restrizioni di ingresso, l’Isola sembra sul punto di affondare per eccessiva abbondanza e prosperità. In realtà sappiamo bene che i suoi centoundicimila chilometri quadrati di estensione sono sul punto di andare alla deriva, per colpa di improduttività e carenze.
Traduzione di Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi
“una terribile eredità” è uno dei migliori libri di Gordiano Lupi.
Cerco di rispondere a Massimo che saluto caramente.
La guerra in Angola con le sue atrocità è metafora di un follia storica, fisica e coscienziale che diventa paradigma di tutte le guerre sempre volute da pochi e subite da molti.
Il dramma del protagonista è seguito passo passo dall’autore con uno stile fotografico e paratattico che reifica i ritmi dell’orrore e del dolore.” dove esiste la fame non esiste la vita” ” qualcuno comprenda che non c’è fine all’orrore” scrive Lupi
Nel testo che si snoda per analessi la follia del raccontarsi mentre il mondo lo crede un povero pazzo , appare l’unica via di libertà per chi sta marcendo dietro le sbarre. E’ chiaro che in questo romanzo in parte verissimo purtroppo la guerra come sempre permane nell’individuo e nella sua lacerazione e malattia. quindi finisce l’ evento storico e si amplia quello coscienziale della persona , del reduce che in questo caso coniugherà insania e pena, capacità di uccidere e nel contempo di amare ed in tal senso Gordiano Lupi riesce ad entrare negli interstizi dell’umana psicologia quale buio perenne. Nel protagonista più che ad un inaridimento spirituale si assiste al pronunciamento della sovrana indissolubilità di amore e morte. Patrizia Garofalo
Su FACEBOOK hanno messo su un gruppo per proporre Yoani Sanchez al Nobel per la Pace!
http://www.facebook.com/n/?group.php&gid=271116374096&mid=1a46350G61b3a0c1Gf48663G40
Grazie Patrizia! Con te lo abbiamo pure presentato a Ferrara. Non per fare sviolinature, ma la tua lettura del libro è stata una delle più profonde in assoluto. Chi si ferma al massacro delle scimmie e ai rapporti con le puttane in Angola dimostra che non ha compreso il messaggio del libro. Ma va bene lo stesso. Il romanzo è scritto con uno stile volutamente semplice e si presta alla doppia lettura.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/generaciony/hrubrica.asp?ID_blog=272
LA STAMPA ospita il blog di Yoani Sanchez da maggio 2009, con mia traduzione.
ogni libro ha un singolo lettore e una propria recezione ma quello di cui parliamo va letto e riletto, senza fretta, non è importante aver letto un libro se non ci si entra dentro.
Volevo dire altre due cose:
a parte la parte romanzata , il cannibalismo è fenomeno di innaturale sopravvivenza ,quello che ne deriva è un vita senza voce e parola, di incubo e mattanza mai destinata a finire che qualche volta terribilmente per usare un tuo termine, si coniuga con sentimenti ai quali si deve persino rinunciare. Il protagonista proprio per amore lascerà la donna che incontrerà dopo Clara
seconda cosa importante:
La sala del Carroccio a Roma non è solo l’importante sala del Campidoglio ma il luogo dove sono stati sempre presentati e letti testi di grande rilevanza sociale. Da sempre , negli anni settanta e ottanta tutte le battaglie sociali e sui diritti umani si sono svolte alla sala del Carroccio.
patrizia
la sala del carroccio del campidoglio credo che rappresenti un momento importante, ma si è verificata una casualità che esula dai miei meriti, non credo di essere così importante… in ogni caso sono contento di poter parlare di cuba ovunque mi chiamano e non lo faccio per scopi personali! sono andato a pesaro alcuni mesi fa e ho parlato davanti a 200 persone… andrò a castrovillari nelle scuole insieme a william navarrete per parlare di cultura cubana… ovunque mi rimborsano le spese di viaggio e mi garantiscono l’alloggio e il vitto vado e parlo di cuba…. è una sorta di missione, ormai.
Commento su “UNA TERRIBILE EREDITà” a cura di Matteo Mancini (alias Giurista81)
Romanzo dato alle stampe nell’estate del 2009, ma nato da un racconto (“Il sapore della carne”) che Gordiano Lupi aveva già proposto nell’antologia “Nero Tropicale”.
Siamo alle prese, molto probabilmente, con il miglior lavoro di Lupi. “Una terribile eredità” è una storia drammatica che riassume in sé molti dei temi cari all’autore (dal gusto per i B-Movie alla critica al regime di Fidel Castro), con uno stile che si avvicina, in più parti, al pulp.
Diviso in due parti ben definite, il romanzo propone nel dettaglio l’orrore della guerra di Angola e, dopo, le conseguenze psicologiche che essa crea in un soldato cubano ritornato nella sua terra di origine.
Dunque si ripropone quel binomio (guerra/devianza psicologica) proposto varie volte anche al cinema (“Rambo”, “Apocalypse Domani”, “Hannibal Lecter le origini del male”), ma qui raccontato con un taglio tale da sembrare cronaca vera (aspetto amplificato dalla casistica criminologica che conferma storie del genere). Ne deriva un testo crudo (si parla di cannibalismo), che non lesina a colpire il lettore con stilettate davvero crudeli. Particolarmente disturbanti alcuni passaggi (penso allo scuoiamento delle scimmie nella giungla africana o al primo omicidio a Cuba), potrebbero invece disturbare i più puritani alcune descrizioni di rapporti sessuali tra il protagonista e alcune prostitute (forse si sarebbe potuto evitare di tornare più volte su questi rapporti, ma ciò non determina affatto ricadute sulla bontà del testo).
Ottimo lo stile, con un taglio molto brillante e veloce che non appesantisce mai la lettura.
Il libro è molto curato e si presenta con una discreta confezione.
Lettura consigliata. Voto: 8
“le devastazioni della guerra – a vostro avviso – agiscono più a livello collettivo o più a livello individuale? E con quali conseguenze?”
.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Come tutti gli eventi che colpiscono una collettività, gli effetti si ricaricano prima sul singolo e poi, per effetto indotto, assumono un parossismo collettivo. Mia madre, che nel corso della seconda guerra mondiale ha assistito a dei bombardamenti aerei, mi ha raccontato che prima la gente nel rifugio stava zitta, quasi non respirava, poi bastava che uno si mettesse urlare e tutti lo seguivano.
Per quanto riguarda le conseguenze queste sono invece individuali e determinate da origini diverse. Qualcuno impazzisce, senza più rinsavirsi, altri danno di testa per un po’ e poi recuperano la normalità.
Nel caso del romanzo di Gordiano i fatti di cannibalismo non sono rari e famosi sono stati quelli durante l’assedio di Leningrado e, successivamente, di quell’aerreo precipitato sulle Ande, i cui superstiti sono riusciti a sopravvivere cibandosi dei cadaveri degli altri passeggeri. Esperienze del genere non possono che segnare la psiche in modo indelebile, perchè è ormai atavico il rifiuto di alimentarsi con carne dei propri simili e, se esservene venuti meno è frutto di una necessità spinta al parossismo, è evidente che dopo quei mangiatori di carne umana non saranno più loro, con sensi di colpa profondi e con il disgusto per se stessi, caratteristiche entrambe che denotanto un’alterazione mentale, magari in quiescenza, ma che può esplodere da un momento all’altro in modo violento.
Quanti a Yoani Sanchez penso che si comporti come qualsiasi essere umano che aneli alla libertà, diventando così il portavoce, non politico peraltro, di un popolo che sogna la libertà da tempo quasi immemorabile. Sono voci indispensabili all’umanità, perchè rivendicano, al di là di qualsiasi ideologia politica, la dignità che dovrebbe essere propria di tutti.
Ringrazio Massimo per aver pubblicato questo post affiancando il nuovo libro di Gordiano Lupi a questo di Yoani Sanchez. Sono in tema perché entrambi riguardano Cuba, e Gordiano Lupi traduce pure Yoani. Però non conoscevo così bene la realtà Yoani Sanchez, per questo ringrazio Massimo. Ecco un’altra donna che combatte per la libertà delle proprie idee e del proprio mondo. Scusatemi se faccio notare questo punto, ma proprio l’altro giorno ho avuto una fastidiosa discussione con amici di vecchia data. Qualcuno di loro sosteneva che chi combatte per libertà sono quasi sempre uomini. Non è così. Grazie dunque a Massimo e naturalmente in primis a Yoani ed a Gordiano.
@ Gentile Gordiano, Le avevo espresso a suo tempo la mia ammirata simpatia per la generosa dedizione che ha dimostrato di possedere.
Scrivere con semplicità è un dono di pochi autori. Così il suo mirato messaggio sulla difficile vita di Cuba è stato ovunque conosciuto e recepito, per la sua costanza e per l’indubbio merito.
Con il volume ” Una terribile eredità”, ha voluto nuovamente portarsi in trincea, per solcare una terra colma di insidie, terrori e ferocia.
Mi sembra encomiabile, riuscire far capire alla dolente umanità, gli orrori e l’insensatezza di una assurda guerra, anche se lontana.
Un massacro privo di speranze e redenzione, porta ad una progressiva
bestialità, ad una mattanza senza fine, spesso senza uno scopo apparente, se si gnorano le dinamiche scatenanti.
Ma, un cittadino indaffarato, distratto e per cause contingenti persino
inbarbarito e nervoso, cosa potrebbe fare? Come contribuire a lenire la portata di un tale macello?
Al missionario laico… per eccellenza, auspico un succcesso sociale e globale, come quello ottenuto per la traduzione di Yoani Sànchez, in attesa di sapere tutti i minimi particolari dell’evento, nella Sala del Carroccio in Campidoglio. Ad Maiora.
Tessy
Correggo questa frase….. Però non conoscevo così bene la realtà DI Yoani Sanchez.
Mancava “di”.
Non ho letto ‘Una terribile eredità’, faccio tanti auguri a Gordiano Lupi, ma il tema degli effetti della guerra è affascinante.
Alla devastazioni della guerra – a vostro avviso – agiscono più a livello collettivo o più a livello individuale? E con quali conseguenze?
Secondo me più a livello collettivo perché si tratta di una tragedia collettiva che influisce poi anche nei singoli. Difficilmente accade il contrario. Difficilmente, cioè, una tragedia individuale diventa collettiva. Dunque il ‘livello collettivo’ secondo me è più forte.
una domanda per Gordiano Lupi. ho letto che secondo qualche commentatore questo romanzo è il suo migliore. lei, in quanto autore, cosa ne pensa?
Ringrazio tutti per aver posto domande e inviato commenti. Rispondo a Vichi. Pure secondo me Una terribile eredità è il mio miglior lavoro di narrativa, ma pure Sangue habanero – in uscita a giorni per Eumeswill – non è da meno.
La guerra. Nel romanzo ha una funzione scatenante: “il sonno della ragione genera mostri”, ha detto qualcuno più importante di me. La guerra d’Angola ha prodotto reazioni negative contro il regime, madri in lutto, follia di uomini e fughe di reduci. Mi interesava parlare del Vietnam cubano e della sporca guerra di Castro, perchè nessuno ne parla, anzi, spesso si racconta in modo assurdamente positivo (può una guerra essere giusta?) come una lotta internazionalista. La seconda parte del romanzo mi è servita per racontare la Cuba del periodo speciale e un mondo fatto di privazioni. Sangue habanero, invece, non ha bisogno di guerre, ma entra nel vivo dell’azione con le gesta di un serial killer di jineteras (le prostitute per turisti). In questo nuovo romanzo parlo della Cuba che soffre in presa diretta e delle mancanze del periodo speciale.
X Gordiano Lupi.
Auguri e complimenti per le sue attività. Una curiosità: da dove deriva il suo interesse per Cuba? Perchè Cuba e non altri luoghi?
Caro Marcello, è una domanda alla quale ho risposto tante volte. Cuba mi ha salvato la vita tredici anni fa. Io gliela rendo un po’ alla volta.
Vorrei domandare a Ildiana qual è la situazione della chiesa cattolica a Cuba e perché, secondo lei, Giovanni Paolo secondo andò a far visita
a Fidel.
A Ildiana? Non credo che segua questo blog… partecipò al tempo di Yoani Sanchez perchè è una mia amica cubana, ma adesso è molto che non la sento. Io ti posso dire che Giovanni Paolo II andò a Cuba per far sì che “il mondo si aprisse a Cuba e Cuba si aprisse al mondo”. Purtroppo la seconda cosa non si è verificata, non certo per colpa del Papa. Da quella visita abbiamo avuto nuove persecuzioni e arresti nei confronti dei cattolici e del movimento democristiano di Payà (Primavera Nera). A Cuba la parola democristiano non è un’offesa…
Non conoscevo Yoani Sanchez come non conoscevo fino in fondo la realtà cubana. Sono stato a Cuba da ragazzo, nel 97 per la precisione, ero poco più che ventenne e il mio interesse per quest’isola caraibica era legato alle leggende di cui ero venuto a conoscenza: sulle belle donne attratte dagli italiani e dai loro soldi, sulle aragoste pagate con due lire, marja e bamba a buon mercato, la vita da signori che per un secondo illusorio potevamo dedicarci anche noi piccoli proletari. E poi c’era pure il Che di cui avevo letto molto durante le occupazioni studentesche e per di più avevo una bella maglietta rossa con il suo faccione disegnato che insomma, vuoi mettere, nessuno poteva dire che non ero un comunista vero io.
Una vacanza da sogno! Di tutto di più e a buon mercato per giunta!
Non bastarono neppure gli interminabili racconti del nostro autista-guida sulle privazioni, sul sentirsi in gabbia in un isola dalla quale non potevi neppure fuggire e su questa democrazia strana, figlia della rivoluzione.
Neppure quelle due lacrime che fece guardando gli aerei in partenza per chi sa dove, all’aereoporto, mi fecero cambiare idea sul mio Ideale Cubano.
Poi forse sono un po cresciuto, forse è stato l’incontro con Gordiano e le letture della Sanchez, di questa donna che dal niente ha incominciato a dire quello che pensa, agli attacchi, alle difficoltà nel potersi esprimere…ho cominciato a conoscere una Cuba diversa, non più a portata di turista e ho cominciato a comprendere meglio chi invece ci vive e ci deve fare i conti.
Il mio percorso di riscoperta di Cuba è iniziato da poco e lo sto portando avanti con il Blog e con i libri di Gordiano, un passettino alla volta.
Sì, anch’io credo che “Una terribile eredità” sia il miglior libro, che ho letto finora, di Gordiano. E’ leggibile a vari livelli ma quello che traspare è la passione e l’amore che legano l’autore a quella terra.
Lo consiglio a tutti in attesa a quanto pare di Sangue Habanero!
Credo che una guerra sconvolga a livello collettivo ed individuale allo stesso modo. Per fortuna appartengo a una generazione che ha visto la guerra sono nei film.
Complimenti a Lupi per il suo impegno e auguri per il suo libro.
solo nei film (correggo il refuso)
Ammiro di Gordiano Lupi oltre alle qualità editoriali, quelle letterarie. Ho letto alcuni suoi libri e ho iniziato a leggere “Una terribile eredità”, che già mi intriga moltissimo. Inoltre, alla piacevolezza della sua scrittura si aggiunge l’originalità delle tematiche. Ho potuto notare, infatti, la sua abilità di far confluire considerazioni esistenziali anche in ambiti che generalmente sono circoscritti, come il giallo o il noir.
C’è poi l’impegno accanto a Yoani Sanchez, che me lo fa stimare ancora di più.
Intanto consiglio anch’io a tutti la lettura dei suoi libri.
Buona giornata a tutti. Grazie per i vostri commenti, e scusatemi se mi riaffaccio solo adesso…
Grazie a tutti gli intervenuti, dicevo. E grazie a Gordiano per la sua disponibilità a interagire.
Un saluto e un ringraziamento a Patrizia Garofalo, Cristina Bove, Matteo Mancini, Renzo Montagnolo, Giulia, M.Teresa Santalucia Scibona (Tessy), Vichi, Marcello Comatti, Franca Maria Bagnoli, Simone, Sebi…
@ Giulia
Sì, Giulia… ci tenevo a ridare spazio a Yoani Sànchez e all’impegno di Gordiano di rendere le parole di Yoani leggibili anche qui da noi in Italia. E l’attività di Gordiano come narratore è in gran parte strettamente connessa a questo impegno… e alla sua necessità di far conoscere in tutti i modi possibili la realtà cubana.
Necessità che deriva – come ha detto lui stesso – dal grande amore che ha per quella terra.
@ Gordiano
Hai confermato che (anche dal tuo punto di vista) “Una terribile eredità” è il miglio romanzo che hai scritto fino a questo momento.
Ti chiedo – se possibile – di inserire (qui tra i commenti) uno o più brani tratto/i dal libro (a tua scelta)…
Mi dà un dolore atroce ricordare quella maledetta guerra.
Però è cominciato tutto là. Ed è colpa di quei negri se sono finito
qua dentro a marcire. Di quei negri e di Fidel, che Dio se lo porti.
Tanto ormai non mi fa più paura. Per tutti sono solo un povero pazzo
e posso dire quello che voglio. Nessuno mi fa caso. Nessuno mi ascolta.
Finirò la mia vita al Mazorra, questo è certo. In ogni caso meglio che un
plotone d’esecuzione. Meglio che andare sotto qualche metro di terra al
Cementerio Colón.
Il giudice ha detto che non sapevo ciò che facevo. Infermo di mente,
è stata la sentenza. In realtà ho avuto solo un bravo avvocato, perché io
non sono pazzo. No che non lo sono. Sono soltanto uno che ha dato gli
anni più belli della sua vita per una maledetta guerra. Uno dei tanti che
non gliene importava un cazzo di quei fottuti negri e che pure è dovuto
andare a combattere insieme a loro. Come non me ne fregava niente del
comunismo e l’ho difeso di là dall’oceano. Ho perso una moglie e ho
conosciuto mio figlio che era già un bambino di cinque anni. E la mia
vita è cambiata, laggiù. Purtroppo.
Ricordo quando lasciai Clara nel solar di Casablanca, una casa di una
sola stanza attaccata ad altre venti, con un tetto in comune e una sottile
parete in cemento a fare da separazione. Rammento che si sentivano
i rumori di tutti, persino i sospiri e i pianti dei bambini, i gemiti di
chi faceva l’amore prima di addormentarsi e il brusio della televisione.
Eravamo poveri. Andare in Angola mi avrebbe portato qualche soldo in
tasca, pensai. E poi non potevo fare diversamente. Mi avevano detto che
la guerra sarebbe durata poco, il tempo di ammazzare qualche negro e
sarei tornato a rivedere L’Avana e il Cristo gigantesco di Casablanca che
si affaccia sulla baia.
«Alberto, lo sai che sono incinta?» disse Clara prima della partenza.
«Lo so, ma che posso farci?» le risposi. «Se rifiuto di partire mi sbattono
in galera e resti sola lo stesso».
Clara pianse davanti alla nave da guerra che partiva per l’Africa dal
porto dell’Avana. Mi salutò con un’espressione stupita e addolorata che
le ricordo ancora. Fu l’ultima volta che la vidi.
Nel suo bel corpo da mulatta s’intuiva che stava crescendo un bambino,
ma io non lo avrei mai visto nascere.
Salutavo L’Avana e un triste Malecón dove correvano come sempre
vecchie carcasse d’auto. Le onde del mare si frangevano sul muro in
granito, screpolato e distrutto in più punti. Dove si faceva più forte il
sapore di mare i palazzi colorati di rosa e giallo mostravano alla forza del
vento un antico splendore. E l’acqua entrava in strada mentre bambini
giocavano a rincorrersi, fingendo di evitare di bagnarsi. Lasciai la capitale
in una mattina d’estate, portando fissa negli occhi l’immagine d’un
mare nero che si gettava in strada allagando un marciapiede semidistrutto
da tempo e salmastro.
La nave prendeva il largo per un lungo viaggio, io pensavo a Clara e
a quel figlio che sarebbe nato senza padre. Pensavo a lei, alla guerra che
mi attendeva. Una guerra che non capivo, in una terra lontana, dove
dei maledetti negri si ammazzavano tra loro. Sapevo solo che qualcuno
mi ci aveva spedito e dovevo cercare di tornare a casa prima che potevo,
possibilmente vivo.
Mi destinarono alla guarnigione di Namibe, in mezzo alla steppa e al
deserto, in una regione sperduta nel sud, dove non era difficile ricordare
con tristezza L’Avana. L’avrei rimpianta comunque, mi dicevo. Ma in
quel posto spettrale, dove una città con pochi abitanti era l’unica cosa
viva nel raggio di molte miglia, mi sentivo morire giorno dopo giorno.
Vedevo palme frondose dal fusto esile e pensavo alle palme reali, lasciate
davanti alla statua del Cristo di Casablanca che faceva da sentinella di
marmo alla baia dell’Avana. Nei momenti di disperazione era lui che
pregavo, sperando che mi proteggesse. Non sono mai stato religioso, in
vita mia. Però quando un uomo si trova in difficoltà cerca di aggrapparsi
a qualcosa di soprannaturale. Mi restava solo Dio, in mezzo a quei negri
e ai loro strani riti che mi ricordavano le cerimonie santére. Alla mattina
ci svegliava una tempesta di bombe che scendeva da un cielo colore
rosso fuoco. Un’assurda benedizione calava sui nostri giorni. Le bombe
seminavano morti e distruzione, pianti di madri disperate, bambini
falciati nel fiore degli anni. La guerra si nutriva di sangue innocente e
noi eravamo là per fare qualcosa, perché quello scempio finisse prima
possibile. Ma sapevamo che era difficile. Le strade delle città erano piene
di morti che si moltiplicavano come erba di campo sotto la pioggia. La
terra non ce la faceva più a sopportare il peso dei suoi morti e quasi rifiutava
di ingoiarli e di dare sepoltura. Non si faceva in tempo a sotterrare
una salma che ne uscivano fuori altre dieci. Le ambulanze correvano
avanti e indietro in questo oceano di morti e cercavano di svuotarlo. Ma
era un’impresa disperata.
Namibe era un città moderna costruita nel deserto. Sabbia e caldo,
un caldo secco, asfissiante, specialmente d’estate. Alcuni compagni di
guarnigione dicevano che l’Angola non era tutta così, c’erano anche
foreste tropicali e vegetazioni selvagge, però nell’interno, molto lontano
da noi. È stato là che la mia vita è cambiata. E adesso dicono che sono
pazzo e mi tengono rinchiuso in quest’ospedale, dove gente strana vaga
da una stanza all’altra con sguardi allucinati ed espressioni inebetite e
spente. Loro sono pazzi. Non certo io. Io sono solo un soldato che ha
fatto una sporca guerra. E di quella regione dell’Africa che non avrei mai
voluto vedere ricordo soltanto un deserto infinito.
Ritorno all’Avana
Sono cinque anni che non vedo L’Avana e tutto mi sembra stupendo,
persino la puzza fastidiosa che viene dalla raffineria di Guanabacoa,
addirittura i gas di scarico delle vecchie auto che ammorbano il centro
cittadino e il Malecón. Anche i poliziotti, con quelle divise grigie e celesti
un po’ stinte e la loro alterigia da orientali che si trovano un po’ di
potere tra le mani dopo una vita passata in mezzo ai campi. Anche le
puttane e i froci sul lungomare che abbordano i passanti. Questa città
che ho sognato così a lungo in quel fottuto deserto non è cambiata, penso
d’un tratto. E io sono di nuovo ad assaporare il profumo della notte e
lo squallore dei postriboli a cielo aperto. Questa città di finocchi, truffatori,
ruffiani e puttane che ti regalano un amore fasullo, provinciali che
cercano una via di fuga, mi è così mancata che adesso mi sento un leone
mentre ne percorro ancora una volta le strade sconnesse.
Sono arrivato all’Avana con un aereo militare in compagnia di altri
reduci d’Angola. Mi sono sembrate interminabili le dieci ore di volo.
Mi hanno sbarcato al José Martí nella zona commerciale dell’aeroporto,
quella riservata ai voli militari. Poi ho preso questo taxi che mi deve portare
a casa. C’è di buono che adesso ho un po’ di pesos per le tasche, a
qualcosa è servita quella maledetta guerra. Guardo fuori dal finestrino e
assaporo il caldo umido della mia estate tropicale, vedo la baia, l’immagine
del Cristo che si specchia nelle acque tranquille, mentre la lancita di
Regla porta passeggeri d’ogni colore da un punto all’altro della capitale.
Di nuovo L’Avana. E io che a volte ho pensato che non l’avrei più
rivista. Mi accorgo che una lacrima mi bagna gli occhi mentre oltrepassiamo
la Rampa e percorriamo un breve tratto di autopista sino al bivio
che si inerpica fino a Casablanca.
Quando arrivo a Casablanca scopro perché non ho mai ricevuto notizie
da Clara. Non era che lei scriveva e nessuno mi portava la posta.
Purtroppo no. Magari fosse stato quello. In Angola accadeva che non
consegnavano la posta quando c’erano notizie che potevano preoccupare
i soldati, però non era il mio caso. La verità è che a Casablanca
non c’è più la famiglia che ho lasciato cinque anni fa. Vedo Esperanza
sulla porta di casa. La mia casa, il mio solar che mi sembra una reggia
dopo tanta lontananza. Lei mi guarda come se vedesse un fantasma, un
morto vivente che torna dall’oltretomba. Mi corre incontro piangendo.
Mi abbraccia forte. Per quella donna sono come un figlio. Lo so che mi
ha sempre voluto bene. Dietro di lei c’è un bambino scalzo dai capelli
riccioli e gli occhi scuri che ricordano lo sguardo della mamma. Sono gli
occhi che in sogno ho sempre immaginato. E poi è un mulatto chiaro,
proprio come me. Sorride e non comprende. Soprattutto non sa chi
sono.
«È tuo figlio», dice la madre di Clara.
Intorno a noi si raduna una piccola folla di curiosi. Accade sempre
così nei quartieri popolari dell’Avana, se c’è una novità importante
va condivisa con tutti gli amici del barrio. E questa volta la notizia è
di quelle che contano. Un reduce della guerra d’Angola, uno che tutti
credevano morto, che non aveva più dato notizie da tempo, è tornato
a casa. Bisogna far festa. I bambini non giocano più a rincorrersi e si
fermano come ammaliati dalla novità, le comari interrompono i lavori
di casa e intuiscono che c’è qualcosa di nuovo da sapere.
Accarezzo i capelli del bambino che mi guarda sorpreso.
Per lui sono solo un estraneo. È normale.
«E Clara?» chiedo preoccupato.
Non la vedo tra quella folla di gente ed era la prima persona che avrei
voluto abbracciare. Clara che ho sognato ogni notte in quell’inferno di
guerra contando le ore che ci separavano da un nuovo incontro. Clara
che mi ha sempre dato la forza per continuare a sperare. Quando mi
sentivo disperato e privo di forze era la sua foto che tenevo con me che
mi rincuorava. Lei sorrideva come per dire: «Ci sono qua io».
D’un tratto mi assale un brutto presentimento.
Esperanza sospira. Ha ancora gli occhi gonfi di pianto.
«Alberto, non abbiamo avuto il coraggio di fartelo sapere. Tu eri là
che combattevi. Non avresti potuto fare niente. Sarebbe servito soltanto
a farti soffrire perché non ti avrebbero lasciato tornare…».
«Cos’è accaduto? Parla!» grido.
Sono costernato e affranto. La sensazione di poco prima si materializza
sempre di più. La madre di Clara si stringe a me con maggior forza,
quasi per farmi coraggio.
«È stato un parto atroce. Soltanto lui ce l’ha fatta», dice.
E indica il bambino che mi guarda e non comprende.
Non ho neppure la forza di piangere.
Sono di nuovo a Casablanca dopo cinque anni di guerra, ho rischiato
la vita nel deserto, il mio unico desiderio era quello di rivedere Clara
e adesso mi dicono che è morta per mettere al mondo un bambino che
ha il suo stesso sorriso. Un bambino che si chiama Raúl proprio come
volevo io e che mi guarda e non comprende. Un bambino che tratta mia
suocera come se fosse sua madre e che non sa neppure chi sono.
Ecco, adesso che ho fatto tanta strada per scappare da quel maledetto
deserto mi sento di nuovo solo. Forse pure più triste e disperato perché
non ho neppure gli amici accanto, neppure i compagni di sventura. Di
Clara mi resta quella vecchia foto. La tiro fuori dalla tasca dei pantaloni.
Resto fermo a guardarla mentre trattengo a fatica le lacrime. «Tutto
questo l’ho fatto per te…» mormoro.
La foto mi cade dalle mani e qualcuno la raccoglie. Forse proprio
Raúl, quel figlio sconosciuto che sorride e non comprende.
Ricordo che sono svenuto e che qualcuno deve avermi portato dentro
casa. Quando mi sono ripreso ero sdraiato su di un letto che non
ricordavo così grande dopo tanti anni di caserma. Il letto dove avevo
fatto l’amore con Clara per la prima volta e dove avevamo concepito
nostro figlio. Il letto che adesso mi ricordava soltanto che non l’avrei
più rivista.
Ho inserito il PRIMO CAPITOLO del romanzo e l’incipit del primo capitolo della seconda parte (il rientro all’Avana). Grazie a tutti per i benevoli commenti. Simone, se la cosa ti può confortare il mio primo approccio a Cuba è stato molto simile al tuo. Conoscevo solo la Cuba raccontata da libri e articoli di Gianni Minà, di cui ero accanito lettore. Ergo: non conoscevo niente di quel che in realtà accadeva.
Aggiungo che i miei romanzi e saggi su Cuba servono a dire le stesse cose che racconta Yoani Sanchez sul suo blog e a renderle di facile comprensione anche per le persone cercano soltanto storie, racconti, vicende intriganti.
Grazie mille per i brani, Gordiano.
Per chi volesse saperne di più questo libro – per confrontarsi con vari punti di vista – vi segnalo questa ricca rassegna stampa:
http://www.gruppoperdisaeditore.it/Catalogo/Perdisa-pop/Walkietalkie/Una-terribile-eredita.aspx
Nel pomeriggio avremo modo di accennare anche alla prossima pubblicazione di Gordiano: “Sangue Habanero”
Ripropongo, per chi avesse voglia di rispondere, la domanda che mi è stata ispirata da questo libro di Gordiano:
le devastazioni della guerra – a vostro avviso – agiscono più a livello collettivo o più a livello individuale? E con quali conseguenze?
Caro Gordiano,
non la conosco personalmente ma apprezzo molto il lavoro che sta facendo, soprattuto in relazione alla traduzione e diffusione di Generaciòn y.
Anch’io faccio il traduttore ed anch’io sono sposato da 10 anni con una cubana intelligente che non ha mai votato per Berlusconi.
Da molti anni, occupandomi di America Latina con l’associazione di cui faccio parte (non dico quale, potrebbe sembrare pubblicità) mi confronto con realtà disastrose come il Messico del femminicidio e del potere assoluto del narcotraffico, con la Colombia degli squadroni della morte, di una guerriglia ormai priva di senso, di uno stato vincolato profondamente con il narcotraffico e foraggiato ampiamente dalla potentissima lobby neo-cons nordamericana, con l’Argentina dei cartoneros ed il Brasile delle favelas.
Ovviamente mi sono occupato molto anche de mi Cubita linda ed ho pensato che è sicuramente un posto migliore di quelli che ho appena elencato. Una sorta di giustificazionismo storico e di relativismo indulgente sui principi, mi ha portato a difendere lo stato cubano, sia pure con mille critiche, per molti anni.
Ad un certo punto, come ci ha insegnato Saramago qualche anno fa, mi sono detto “Yo me paro aquì”……non sono certo pentito e non cambio le mie idee ma Cuba, oggi, non rappresenta più nulla di ciò in cui io credo.
In questi giorni mia moglie, infermiera ed ostetrica stimata e davvero in gamba, è a Cuba ,in provincia di Pinar del Rio a visitare i suoi familiari………per la prima volta, lei, che ama il suo paese sopra ogni altra cosa, ha dovuto, a denti stretti, confessarmi che non si trova da mangiare decentemente neppure con gli euro ed i chavitos. Semplicemente molti generi di prima necessità sono spariti.
Certo, mi spiacerebbe veder scivolare Cuba verso una realtà di tipo cinese (il massimo dello sfruttamento capitalistico unito all’assoluta mancanza di libertà vera tipica dei regimi sedicenti comunisti), cosa a cui pensano parti del gruppo “dirigente” cubano, soprattutto quelli che governano l’economia, ma credo che dobbiamo fare tutto quello che possiamo per favorire il risveglio della società civile (se è per questo, anche in Italia).
Ciao Massimo,
mi induci a una riflessione non banale sul senso della guerra e le sue ricadute sull’essero umano. Ci provo conscio dei miei limiti culturali, davanti ad un fenomeno della portata così vasta. In estrema sintesi, io penso che la guerra, con il suo carico di distruzione e morte, determini in chi è costretto a subirla gli stessi effetti sul piano dell’individualità e, dunque, a livello psichico: ansia, attacchi di panico, sintomi post-traumatici da stress. La letteratura in materia si va oggi delineando con maggior definizione e, al netto di singole soggettività, ciò che si evidenzia è un profondo sconvolgimento del sè. Ma è sul piano “culturale”, quello per definizione squisitamente sociale, che la guerra, ogni guerra, segna lacerazioni devastanti e, se possibile, ancor più insidiose. La guerra, con le sue metodiche di morte, annichilisce i luoghi, i simboli, le tradizioni di un popolo; tutto il sistema simbolico entro cui la vita di una collettività aveva saputo edificarsi nel tempo. Non senza difficoltà, ogni gruppo sociale costruisce il proprio mondo, uno spazio aperto, fatto, appunto, di luoghi, simboli, riti: è la storia collettiva di un popolo, quello e non altro e che lo rendono unico e diverso da ogni altro popolo (e da cui ne deriva quel senso d’identità e appartenenza che ti fa sentire Italiano, tedesco, afgano, ecc.) Al primo deflagrare delle bombe, invece, la guerra scorre come carta vetrata, recidendo quei legami che univano quel popolo al proprio “mondo”, la propria nicchia ecologica. Stando così le cose, la guerra provoca “zombi”, esseri fuori dal mondo o, meglio, fuori da quel mondo che avevano saputo costurire, a fondamento della propria identità psichica e sociale. Ne costruiranno di nuovi (come hanno fatto i nostri nonni all’indomani della seconda guerra mondiale), forse migliore o forse no, ma non più quello entro cui avevano sperato di vivere e nel quale veder crescere i propri figli.
Questo è un brano da SANGUE HABANERO (Eumeswill):
http://www.ibs.it/code/9788889378892/lupi-gordiano/sangue-habanero.html
Un letto disfatto e pareti bianche, fuori il sole di sempre.
È normale lasciarsi andare ai pensieri da un letto d’ospedale. Ripercorrere il passato, quello che è stato e soprattutto ciò che avrei potuto evitare. Andare con la mente in un viaggio a ritroso nel tempo e accarezzare emozioni lontane. Soprattutto perché adesso sono sola e intorno vedo solo medici e infermieri. Non che mi manchi qualcosa. Tutti sono così gentili e ascoltano ogni richiesta per compiacermi. Però devo guarire in fretta e tornare quella d’un tempo, mio figlio Danilo mi attende e non può stare solo con la nonna, a Toyo. Devo portarlo nella nostra casa di Luyanó. Ho soltanto lui per compagno, da quando quell’italiano, che per un gioco del destino è stato suo padre, mi ha abbandonato. Volevo essere io a decidere sul futuro e ho scelto di vivere le luci della notte, che si specchiano sul Malecón e fanno compagnia alla luna nei riflessi delle acque torbide della baia. Ho scelto le discoteche per turisti, i grandi e lussuosi hotel davanti a case di povera gente. Questo è il mio mondo. Cavallerizza della vita. E mi chiamano con disprezzo jinetera. Le comari del quartiere mi guardano storto quando vesto gli abiti della notte e fuggo via da un polveroso quotidiano. Attraverso la calzada delle quatros esquinas, poi prendo un taxi in direzione della vita, indossando scarpe altissime e gonne corte dai colori sgargianti.
A Fulvio Ferraro dico che condivido ogni sua parola e che la sua situazione è molto simile alla mia, con l’aggravante che mia moglie non può rientrare a Cuba perchè – grande democrazia – le hanno tolto il permeso di residenza all’estero. Il motivo? E’ una controrivoluzionaria. Roba da ridere…
UN ALTRO BRANO DA SANGUE HABANERO – EVITO LE PARTI GIALLE (di un giallo si tratta) PERCHE’ HANNO POCO SENSO AVULSE DAL CONTESTO:
Proprio in quel periodo Danilo compì quattro anni.
È uno dei ricordi più belli che conservo da questo letto d’ospedale.
È accaduto alcuni mesi fa, poco prima della tragedia che mi ha condotto qua dentro. Fu una bella festa. Danilo era emozionato e sorridente. Io e Janet lo vestimmo con l’abito buono comprato per l’occasione, una giacchettina di cotone con mini guayabera bianca e fiocchino nero, pantaloni lunghi come un ometto e scarpe nere di vernice. Quando avesse cominciato a scalpitare per tuffarsi nei giochi con gli altri bambini lo avremmo cambiato. Tenevamo a portata di mano i calzoni corti e una magliettina a mezze maniche.
Il vestito elegante sarebbe durato poco, giusto il tempo di scattare le foto ricordo davanti a torta e regali.
Invitammo tutti i bambini di Juan Alonzo, che fecero irruzione in casa nostra come un branco di cavalli senza redini, pregustando una giornata di divertimento e festa. Durante i compleanni i genitori si ritirano in buon ordine e i bambini sono liberi di sfogare la loro voglia di giocare e far confusione. I grandi sorvegliano chiacchierando tra loro, gli uomini del baseball, delle gare di atletica o dell’incontro di pugilato della sera prima, le donne della novela che la televisione sta passando o degli ultimi pettegolezzi del quartiere. Qualcuno tira fuori un domino e un gruppetto si apparta per giocare, tra battute e scherzi sulla bellezza delle donne invitate e sulla quantità di bottiglie di rum che sono capaci di bere in un solo giorno.
Al compleanno d’un bambino però è vietato ubriacarsi e il rum non scorre mai oltre i limiti consentiti, i protagonisti sono i piccoli e gli adulti solo un contorno. Tutto è organizzato perché loro si sentano felici in un giorno che deve conservare a lungo un sapore magico.
Vennero anche i parenti di Toyo, eccetto la nonna che non ce la faceva a uscire di casa. Con lei avremmo festeggiato a parte nei giorni seguenti, comprando un piccolo dolce e mangiandolo assieme a casa sua. Le cugine e le zie con i loro mariti e compagni si presentarono vestite a festa e ognuno di loro aveva un piccolo regalo per Danilo. La nonna mandò una trottola di legno e gli altri portarono di tutto. Palloni colorati, mazze da baseball e cappellini da lanciatore, finti guantoni da pugile, modellini d’auto d’epoca, soldatini di legno. Tutta roba che costava poco ma che faceva la felicità d’un bambino.
Caro Gordiano,
roba da piangere, purtroppo…………la storia si ripete una volta in tragedia ed un’altra in farsa, diceva Giovan Battista Vico.
Forse siamo alla farsa, ma non è, comunque, un genere comico.
Con affetto
Fulvio Ferrario
Una bella discussione. Complimenti a Lupi per i libri.
Volevo dire che le ferite causate dalla guerra rientrano nella categoria di quelle insanabili. E se una collettività può riuscire a rinnovarsi, un individuo ferito è ferito per sempre.
Devo ammettere che ero un po’ perplesso prima di iniziare la lettura del libro, perchè il cannibalismo mi ripugna; poi, invece, mi sono dovuto ricredere, perchè, a differenza di altri autori che hanno trattato l’argomento, il mangiare carne umana non è il tema della narrazione, ma lo spunto. Del resto, se c’è una cosa che mi sento di dire di Gordiano Lupi è che è prevedibile nell’imprevedibilità, cioè si può star certi che lui riesce a dare ad argomenti magari trattati da molti altri una linea di originalità. Questo, forse, risiede nel fatto che in Lupi il ricorso al romanzo di genere non è fine a se stesso, ma costituisce solo l’ossatura intorno alla quale parlare dell’uomo e della sua dignità in un ambiente reale in cui si è costretti, perfino sviliti da un regime che è il vero mostro delle sue storie.
Grazie Renzo. Aggiungo una considerazione. Il genere non è uno strumento da disprezzare quando scriviamo, perchè il lettore comune vuole leggere una storia. A me piace raccontare storie, troverei un non senso scrivere un romanzo senza una trama. E allora, quale modo migliore esiste di raccontare una storia che usare il genere? Pure al cinema amo il genere e forse questo mio amore finisce nella pagina scritta. Al tempo stesso non amo – almeno nella scrittura – il genere fine a se stesso. Al cinema sì, ma questo è un altro discorso. Ho scritto un soggetto per un giovane regista che voleva un horror e stiamo lavorando proprio adesso alla sceneggiatura. L’ambientazione è italiana e ho cercato di metterci dentro molte cose che riguardano la nostra vita quotidiana e certe realtà giovanili che sono sotto gli occhi di tutti. Va bene la storia, ma serve pure il contenuto…
Caro Gordiano, hai fatto benissimo a inserire brani di Sangue habanero.
E’ dunque già disponibile per l’acquisto?
Qui, comunque, è visibile pure la copertina:
http://www.infol.it/lupi/pubblicazioni_sangue_habanero.htm
@ Fulvio Ferrario
Grazie per i tuoi interventi. Benvenuto a Letteratitudine!
E grazie anche a Renzo e ad Anna Maria…
@ Stefano Loparco
Bello il tuo intervento, Stefano. Grazie!
Chissà se qualcun altro ha voglia di qualcosa in merito…
Una serena notte a tutti.
E buon inizio settimana.
Ammiro la ferrea volontà della giovane Yoani Sànchez di credere nella democrazia politica e nelle libertà individuali, continuamente devastate nell’isola cubana (e non solo: per certi aspetti anche in Italia) da molteplici dittature, ossia da vari poteri esercitati sfruttando l’ignoranza o la debolezza delle masse o dei singoli.
E ammiro l’opera di Gordiano Lupi tesa a renderci partecipi dell’impegno di Yoani, facendoci anche riflettere su come spesso l’uomo sia spinto ad agire con ogni mezzo – anche il più infame e disumano – pur di accaparrarsi un potere tale da sopraffare i propri simili, avvalendosi magari di una propaganda tanto martellante quanto menzognera o di qualche ideologia che, intorpidendo la ragione, gli faccia ottenere il consenso.
Un saluto cordiale, A. B.
domanda per gordiano lupi.
le volevo chiedere se fa leggere a sua moglie i suoi libri su cuba prima di pubblicarli, e se sua moglie le ha mai dato consigli importanti – foss’anche per correggere incongruenza.
una semplice curiosità la mia.
Yoani Sanchez, che non conoscevo, ben rappresenta l’anima di Cuba e di tutta la sua gente. Conosco molto bene la realtà cubana perchè negli anni passati per lavoro mi sono recato spesso nell’isola ed ho avuto l’opportunità di frequentare molte persone.
Ho visto neonati senza latte da bere, malati in ospedale senza medicine, abitazioni senza luce dalle 20 alle 8 della mattina, case di cui si intravedeva l’antica ricchezza decorativa ma completamente decadenti, persone che finito di lavorare non potevano tornare a casa per mancanza di soldi o perchè il regime glielo probiva per risparmiare sulla benzina degli autobus.
Ma di fronte a tutto ciò sono sempre rimasto colpito da quanto il popolo cubano, pur in questa infinità miseria, avesse una dignità, una identità, un amore, uno spessore ed una sensibilità difficilmente riscontrabili altrove.
Queste qualità ,solo soffocate dall’attuale regime, sono pronte ad esprimersi appena gli eventi lo permetteranno o grazie a persone come Yoani, Gordiano o Massimo.
Voce quindi a chi può e sa parlare.
Un caro saluto a tutti.
AR
se c’è qualcosa che crea voragini nell’animo umano credo sia proprio la guerra. la letteratura se ne è ampiamente occupata. basti pensare ai romanzi ambientati nelle guerre mondiali o nella guerra del vietman
@ Ausilio Bertoli
Carissimo Ausilio, grazie per la tua costante partecipazione… sempre caratterizzata da interventi pacati, ma molto efficaci.
Un ringraziamento e un saluto a Marzia e Letizia.
@ Diletta e Andrea Rosestolato
Grazie di cuore per essere intervenuti e… benvenuti a Letteratitudine.
Spero di ritrovarvi anche nelle prossime discussioni che tenterò di avviare.
Mia moglie è importantissima nelle vesti di consigliere e mi toglie qualche dubbio ogni volta che capita. Aiuta anche nella costruzione delle trame perchè ha una fervida fantasia e ama molto la narrativa e il cinema nero. Adesso abbiamo due bambini (13 e 3 anni), quindi aiuta meno che in passato. Ma è utilissima! Persino nei dubbi di traduzione…
Grazie a tutti. Scusatemi se oggi sono mancato, ma ero fuori per lavoro. Rispondo a Massimo. Sì, Sangue habanero pare che sia disponibile. Io non ho copie, comunque. Spero che me le faranno avere…
VI LASCIO UN BRANO INEDITO DI YOANI SANCHEZ:
Hanno avuto bisogno di tempo per capirlo, ma se ne stanno rendendo conto. Sanno già che per zittire un blogger non possono usare gli stessi metodi che sono riusciti a far tacere tanti giornalisti. Nessuno può licenziare questi impertinenti del web dalla redazione di un giornale, né possono prometterli una settimana di vacanza a Varadero, un’auto Lada come compensazione e ancor meno potranno conquistarli con un viaggio nell’Europa dell’Est. A un blogger, per annullarlo, devi eliminarlo o intimidirlo e questa equazione hanno cominciato a capirla lo Stato, il Partito… il Generale.
24/7 – FB SI MOBILITA: NOBEL PER LA PACE ALLA SANCHEZ
http://www.24sette.it/contenuto.php?idcont=1749
Ciao Massimo,
Vorrei rispondere alla tua domanda: “le devastazioni della guerra – a vostro avviso – agiscono più a livello collettivo o più a livello individuale? E con quali conseguenze?”
In una guerra, mi sembra difficile dissociare il collettivo dell’individuale, per una ragione semplice: lei implica un paese intero. Difficile dissociare il dramma d’una famiglia di quello del gruppo. I più visibili danni sono stati occasionati dai bombardamenti: edifici, case, città distrutti, persone uscise. Ma, al rischio di scioccare, possiamo ricostruire una città. Anche, Hiroshima è tornata alla vita malgrado l’orrore della carneficina della bomba atomica. Secondo me, benché meno visibile, le conseguenze psicologiche possono essere cosi crudele e perdurare più a lungo.
A proposito della seconda guerra mondiale, una conseguenza mi ha particolarmente scioccata: è dopo la guerra, l’atteggiamento della popolazione francese di fronte ai ebrei – Non so se si è svolto la stessa cosa in Italia. – Mettiamoci al posto d’uno di questi ebrei che aveva perso la sua famiglia in un campo di sterminio o ci aveva sopravvissuto. Tornando dall’inferno, abbiamo bisogno di parlarne, di liberarci del dolore. E che troviamo di fronte a noi? Un popolo commozionato che non vuole più sentir parlare di questa tragedia e che, infatti, rifiuta la sofferenza dell’altro. Una forma diversa di rigetto. Allora possiamo chiederci questo:
– La guerra indurisce al punto di rendere dopo, tutto un gruppo inumano?
– Il bisogno viscerale d’un ritorno alla vita deve passare attraverso questo stadio di silenzio che assomiglia a dell’indifferenza?
– Perché un popolo ha bisogno almeno di 30 o 40 anni prima di poter parlare del suo dolore e di ridiventare sensibile a quello d’un altro popolo?
– A questo punto, possiamo ancora parlare d’un livello collettivo o individuele ?
Parlerei solo d’un dramma unamo occasionato da una causa inumana: la guerra.
Grazie Massimo per la diretta radio. Spero che sia venuta bene…
QUESTO E’ L’INCIPIT DEL POST INEDITO SU FIDEL CASTRO CHE TEMPO POSSA FARE RUMORE E CREARE PROBLEMI SERI A YOANI….
L’anziano che un tempo ha riempito le carceri di nemici se ne sta coricato sul suo letto. Adesso non ricorda più l’anno in cui ha compiuto l’ultima retata trascinando molti oppositori nell’oscurità di una cella, ma non importa, molti di loro sono ancora lì. Forse un giorno il convalescente autocrate si sveglierà lucido per chiedere cosa ne è stato dei suoi condannati. Nessuno ha il coraggio di privarlo – infatti – della consolazione che i suoi incriminati siano nelle sue stesse condizioni, prigionieri in un luogo dal quale non possono scappare. Soltanto che la sua è una stanza pulita, con amabili infermiere, cibo all’ora stabilita e una musica che esce dalle pareti e che lo addormenta per fargli dimenticare il dolore costante del suo addome.
Questo anziano con la barba – ogni giorno più rada – qualche volta si è servito del potere per conquistare donne, navigare su panfili e disperdere i suoi soldatini giocattolo in ogni angolo del mondo. Ha ricevuto l’applauso di milioni di persone, il suo profilo greco ha modellato il destino di una nazione che era meticcia e dal naso poco prominente, ma si è lasciata trascinare dalla sua energia. È stato sovrano e re. Come ogni caudillo ha avuto necessità di un nemico, di un’utopia e di vari alleati. Ha creato leggi e controlli, perché alcuni non riuscivano a capire la missione più importante che gli era stata assegnata: costruire un’isola progetto del futuro. Buona parte dei suoi piani non sono riusciti bene, ma nessuno ha mai osato dirlo davanti a un’imponente uniforme che emanava tanti ordini e punizioni.
Il resto lo pubblicherà LA STAMPA…. teniamoci forte e stringiamo le dita.
@ Nicole FABRE
Cara Nicole, grazie mille per il tuo commento…
Gordiano, grazie a te. Credo che la trasmissione sia andata bene… come ci conferma Simona ne “La camera accanto”:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/03/la-camera-accanto-14%c2%b0-appuntamento/comment-page-3/#comment-86918
Ci hanno ascoltati in diretta in Fm nella provincia di Milano e attraverso internet )in streaming).
Domani (o dopodomani al massimo) avremo modo di ri-ascoltarla in podcast qui:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine-radio-hinterland/
E comunque inserirò il link per l’ascolto tra i commenti di questo post…
È possibile riascoltare, in differita, la puntata di “Letteratitudine in Fm” del 12 gennaio 2010 con ospite Gordiano Lupi. Si è discusso della situazione a Cuba, della blogger cubana Yoani Sanchez e del nuovo romanzo di Lupi “Una terribile eredità” (PerdisaPop). La trasmissione è ascoltabile qui
http://www.plettro.org/podcast/cuba.mp3