Ittiti
Ittiti | |
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L'Impero ittita (in rosso) all'apice della sua potenza nel 1290 a.C.; in rosso scuro il territorio di origine. | |
Luogo d'origine | Anatolia |
Periodo | Dal XIX secolo al XII secolo a.C. |
Lingua | Ittita |
Religione | Religione ittita |
Gli Ittiti (o Hittiti o anche Etei[1], dalla città di Hatti) erano un antico popolo indoeuropeo che abitava la parte centrale dell'Asia Minore[1] nel II millennio a.C. e il più noto degli antichi popoli anatolici.
Etnonimo[modifica | modifica wikitesto]
Il primo riferimento agli Ittiti si trova nell'Antico Testamento, dove vengono menzionati come Chittim o Hitti[2], da cui ebbe origine in greco chetaios (o chettaios) che in latino diventò hetaeus o hettaeus.
Il termine venne ripreso in mano da Lutero che lo tradusse come Hethiter in tedesco, passato poi in italiano come Ittita.[3]
Storia[modifica | modifica wikitesto]
I risultati degli studi sulla storia ittita sono in continua evoluzione per la grande quantità di materiale in tavolette d'argilla (recuperato principalmente nella capitale Ḫattuša ma anche in altri siti come le rovine di Suppinuwa, importante centro amministrativo ittita) a disposizione degli studiosi che deve ancora essere tradotto e interpretato. Ogni conclusione riguardo alla storia ittita deve quindi essere assunta come provvisoria e la branca degli studi storici detta Ittitologia deve essere vista nella sua progressione continua. Questa progressione e revisione continua rende anche conto delle numerose controversie e opinioni divergenti fra gli studiosi del settore.
Lo studio della storia di questo popolo, inoltre, non può essere disgiunto dallo studio sia storico-archeologico sia filologico e linguistico dei popoli limitrofi per le forti influenze reciproche, testimoniate anche dal gran numero di lingue in cui è scritto il materiale ittita (sumero, accadico, ittita, geroglifico e cuneiforme, luvio, ugaritico, ecc.). Questa molteplicità di lingue parlate sembra significare che il regno ittita era abitato da popoli diversi. Il nome Ittiti è nato in epoca moderna, derivato dal termine biblico Hitti (che era però riferito ad alcune tribù Cananee della Palestina); questi uomini in realtà definivano loro stessi come popolo della terra di Hatti, senza utilizzare designazioni etniche, ma in base alla localizzazione geografica[4]. L'affermazione del nesita (o ittita) come lingua più diffusa nel regno può essere spiegato sia con il fatto che questa lingua si era già diffusa dalla città di Nesa-Kanesh alla maggior parte dell'Anatolia ancora ai tempi delle colonie commerciali Assire (i Karum) come lingua internazionale dei commerci[5], sia con il fatto che era usata dalla famiglia reale e dagli amministratori del regno come lingua sia ufficiale sia quotidiana (era quasi una caratteristica distintiva della classe dominante)[4].
La storia del popolo ittita viene abitualmente divisa in due fasi: Antico Regno e Nuovo Regno, con eventualmente una fase intermedia. Anche questa suddivisione però presenta problemi: mancano infatti nella storia ittita cambiamenti importanti tali da giustificare una divisione in periodi diversi (come accade invece per la storia egiziana e assira). Durante tutti i 500 anni della storia ittita questo popolo è stato dominato da re appartenenti tutti a un ristretto numero di famiglie imparentate tra loro (seguendo la linea femminile, regine e principesse, la linea dinastica è molto ristretta). Se è vero che la storia dei reali ittiti è stata funestata da numerosi colpi di stato e usurpazioni, questi episodi avvenivano sempre all'interno della stessa famiglia reale. Una suddivisione in due fasi (come quella seguita in questa pagina: Antico e Nuovo Regno) può avere solo lo scopo di rimanere sulla traccia di una convenzione didattica ormai consolidata anche se basata su considerazioni ormai superate[6].
L'insediamento in Anatolia[modifica | modifica wikitesto]
Il presunto arrivo degli Ittiti in Anatolia, dalle steppe a nord del Mar Nero attraverso il Caucaso, oppure, più probabilmente, da ovest attraverso i Balcani, è di datazione difficile, posta la problematicità dei collegamenti di movimenti migratori con mutamenti della cultura materiale attestati archeologicamente (collegamento abituale, ma semplicistico).
Si è dovuto trattare di un fenomeno di durata notevole, che ha portato in Anatolia varie ondate di popolazione indoeuropea, e a questo insediamento scaglionato probabilmente risalgono le differenze linguistiche tra i vari gruppi della famiglia linguistica anatolica (pure assai affini tra loro): oltre agli Ittiti (al centro) c'erano i Luvi (a sud) e i Palaici (a nord-ovest).
Tutti questi nuovi arrivati si sono sovrapposti all'antica popolazione non indeuropea, che viene chiamata convenzionalmente Hatti; in passato la lingua dei Pre-Ittiti era detta hattili ("della terra di Hatti"), mentre la lingua di quelli che chiamiamo Ittiti era detta nesita ("della città di Nesa-Kanesh"). La situazione etnico-linguistica dell'area ittita è ulteriormente complicata da infiltrazioni hurrite nel sud-est. Questo quadro è già sostanzialmente costituito quando i testi paleo-assiri (sec. XIX-XVIII a.C.) rinvenuti a Kaneš e in altre località della Cappadocia offrono per la prima volta un ricco materiale onomastico anatolico.
La zona iniziale di insediamento era una porzione molto stretta attorno a un'ansa del fiume Kizil Irmak[8], nota come Marassantija in lingua ittita[8], e chiamata anche Halys.[8]
La fase delle città-Stato[modifica | modifica wikitesto]
Gli Ittiti si erano progressivamente organizzati in staterelli di raggio cittadino. La documentazione, essendo costituita da lettere e documenti contabili dei mercanti assiri che frequentavano la regione, offre un quadro parziale, ma risulta chiaro che gli Stati anatolici erano indipendenti politicamente rispetto all'Assiria, con la quale intrattenevano solo rapporti commerciali. La diffusione dell'uso del bronzo (lega di rame con stagno al 10%) rendeva sempre più importante il consolidamento di strutture amministrative cittadine in grado di regolare i commerci. L'Anatolia infatti era relativamente ricca di rame ma priva di stagno, che doveva essere importato dal sud est mesopotamico.
I regni locali erano numerosi: oltre a quello di Kaneš c'erano Burushanda, Salatiwar, Tarhumit, Nenassa, Zalpa, Ḫattuša, Hahhum, e tanti altri (perlopiù di incerta localizzazione). Il re di Kaneš, Zipani, e il re di Hattuŝa, Pamba, citati nella tavoletta KBo III 13 (CTH 311.1), figurano nella lista dei diciassette regni che si ribellarono al potere del re akkadico Naram-Sin, dato che dimostra sia il potere raggiunto da questi regni sia la loro capacità di operare militarmente collegati.
Antico regno[modifica | modifica wikitesto]
Intorno al 2300 a.C. un gran numero di questi insediamenti soprattutto nell'ovest e nel sud, vanno incontro a una rapida decadenza e la popolazione autoctona viene progressivamente sostituita da popolazioni di lingua indoeuropea: I Luvi nel sud-ovest, i Palaici al nord e gli Ittiti (che parlavano una lingua detta nesita) al centro e all'Est.
Intorno al 2000 a.C. gli Ittiti, una popolazione di pastori nomadi provenienti dalla Russia meridionale, fondarono un regno nella penisola anatolica (nell'attuale Turchia).
I fondatori dell'impero ittita furono il re Pithana insieme a suo figlio Anitta[9], sovrani di Kuššara (circa 1800 a.C.–XVIII secolo a.C.). Pithana riuscì a riunire alcune tribù, tra cui Zalpuwa sul Mar Nero[10], sotto il protettorato della città di Kültepe; era questo il primo nucleo del futuro impero ittita e il primo nucleo unitario per questo popolo fino ad allora organizzato in città-Stato indipendenti. Anitta, successore di Pithana, invece estese il dominio conquistando Neša e facendone la capitale (dove un suo palazzo è documentato), distruggendo Ḫattuša e portando i confini del proprio regno fino al mare.[11]
I successori di questi due sovrani sono sconosciuti, a parte Labarna I un secolo dopo.[9]
Dalla stessa città di Kuššara proviene la dinastia che diede vita al primo grande regno ittita. Ne fu iniziatore il re Labarna I (circa 1680-1650 a.C.)[9], figura in parte leggendaria e additata dai successori come modello di buon governo e di successo politico e militare. Con Labarna vennero conquistati sette regni, Hubisna, Tuwanuna, Nenassa, Landa, Zallara, Purushanda e Lusna.[12] Certo è che con Labarna, Kuššara ritornò capitale di un vasto Stato, che toccava anche forse il mar Mediterraneo.[12]
Il suo successore Labarna II o Hattušili I, dopo avere trasferito la capitale a Ḫattuša (circa 1650-1620 a.C.), marciò contro Sanahuitta e la riconquistò e poi marciò contro Zalpa e la distrusse.[13] Egli continuò l'espansione militare sia verso ovest sia verso la Siria settentrionale, con la conquista di Ursum, Hassum, Hahhum, Alalakh.
Lo Stato ittita venne così a fronteggiare il potente regno di Yamkhad (Aleppo) con il quale iniziò una dura lotta. Ai successi militari non si accompagnò la solidità politica interna; lo attestano una rivolta generale verificatasi mentre il re era impegnato contro Arzawa, e soprattutto il "Testamento di Hattušili I" con il quale il re diseredava i suoi discendenti diretti e designava come erede un nipote adottato come figlio, Muršili I, denunciando le trame cui era stato sottoposto all'interno stesso della corte e della famiglia reale.
Muršili I (circa 1620-1590 a.C.) proseguì l'espansione verso sud-est, realizzando la conquista e annessione di Aleppo, e persino in una fortunata spedizione contro la lontana Babilonia, dalla quale riportò ricco bottino e grande prestigio.
Lo Stato ittita in questa fase (detta "Antico Regno") mostra vitalità ed energia soprattutto sul piano militare, ma anche una forte instabilità. In effetti il re doveva difendere la struttura del potere dall'ingerenza della potentissima cerchia nobiliare e forse anche dell'assemblea, il Panku, il cui compito era eleggere il nuovo sovrano in base alle sue gesta eroiche in battaglia, una volta morto quello in carica.
Le contraddizioni interne diventarono presto vistose: Muršili I fu ucciso dal cognato Hantili I, che gli succedette sul trono dando inizio a una lunga serie di torbidi intrighi e parallelamente alla decadenza politica del regno antico (i possedimenti siriani andarono perduti).
Decadenza dell'Antico regno[modifica | modifica wikitesto]
Congiure a catena fecero salire al trono Zidanta I (che uccise il figlio di Hantili), poi Ammuna (che uccise suo padre Zidanta), poi Huzziya I, infine Telipinu (circa 1525-1500 a.C.). Quest'ultimo si presentò come restauratore dell'ordine e descrisse a tinte fosche il regno dei suoi predecessori; ma il testo delle "Riforme" da lui promulgate sembra puramente velleitario. Sul piano internazionale lo Stato non aveva più la preminenza assoluta neppure in Anatolia, come mostrano trattati stretti su un piano paritetico tra i re ittiti e quelli di Kizzuwatna.
La situazione peggiorò ulteriormente per l'ascesa del regno di Mitanni che conglobò nella sua sfera di influenza sia Aleppo sia Kizzuwatna.
Medio Regno[modifica | modifica wikitesto]
Il Medio Regno, che si suole fare iniziare alla morte di Telipinu, si riapre con un lungo periodo per il quale non disponiamo ancora di fonti accurate e che sembra essere nuovamente caratterizzato da conflitti interni e sconfitte. Il primo sovrano documentato e con cui Hattuša recupera floridezza e stabilità è Tudhaliya I/II, autore di numerose campagne anatoliche (contro Arzawa, la confederazione di Aššuwa, i Kaska del Mar Nero, i Hurriti e la regione di Išuwa) e della presa di Aleppo (persa dopo il regno di Muršili I). La conquista di Kizzuwatna determina l'introduzione di elementi hurriti nella cultura ittita, fra cui l'uso del doppio nome anatolico-hurrico dei sovrani e delle loro consorti. Al regno di Tuthaliya va ricondotto anche il primo trattato con l'Egitto (Trattato di Kuruštama), che prevedeva l'invio di manodopera ittita nel paese africano in segno di amicizia.
Successore di Tuthaliya è Arnuwanda I, per il quale la fonte principale è costituita dagli Annali, in cui l'introduzione storica narra di come egli fosse stato scelto da Tudhaliya I/II nonostante non fosse suo figlio (procedura dell'antiyant-, derivante da anda iyant- "colui che è andato dentro"[14], per cui il marito entra a fare parte a pieno titolo della famiglia della sposa, Asmunikal in questo caso, figlia di Tudhaliya e della regina Nikkalmati). In seguito c'è un periodo caratterizzato da guerre e incursioni nemiche in cui Aleppo e le città siriane sono perdute in seguito alla fine dei conflitti tra l'Egitto e Mittani.
Il Medio Regno si conclude con il regno di Tuthaliya III, ampiamente documentato dalle tavolette ritrovate nei siti di Hattuša, Maşat (antica Tapigga) e Ortaköy (antica Šapinuwa). Grande contrazione territoriale con le incursioni dei Kaska a nord e soprattutto con l'avanzata inarrestabile da ovest degli Arzawa, popolazione spesso vassalla degli Ittiti, che sotto la guida di Tarhuna-Radu sottrae l'area centro anatolica al controllo di Tudhaliya III. La capitale venne probabilmente spostata a Šamuha, la cui collocazione odierna è sconosciuta, dopo il saccheggio e l'incendio di Hattusa. Di questo periodo sono le due lettere scambiate tra la corte di Arzawa e quella faraonica, le prime lettere in lingua ittita mai trovate, scoperte nel sito di Tell Amarna che testimoniano come gli Ittiti avessero perso la supremazia in Anatolia.
Nuovo Regno o Periodo Imperiale[modifica | modifica wikitesto]
Šuppiluliuma I e Muršili II[modifica | modifica wikitesto]
Fu il figlio di Tudhaliya, Šuppiluliuma I (circa 1350-1322 a.C.), a ristabilire dapprima la sicurezza del territorio ittita lottando contro i barbari Kaska del nord anatolico, e a portare poi lo Stato a un nuovo inserimento internazionale e infine a una posizione di preminenza quale mai aveva raggiunto. Con l'Egitto giunse a un accordo per la spartizione della Siria, mentre la trasformazione di Mitanni in regno vassallo degli Ittiti portò Šuppiluliuma a promuovere rapporti ostili con l'Assiria.
Muršili II (circa 1321-1295 a.C.) fu impegnato soprattutto all'ovest, contro i vari regni di Arzawa ai quali impose trattati di vassallaggio: gli Annali del re mostrano che il mantenimento dell'impero era ottenuto solo a costo di continue spedizioni militari.
Muwatalli e la Battaglia di Qadeš[modifica | modifica wikitesto]
Muwatalli II (circa 1295-1272 a.C.) si scontrò ben presto con le velleità espansionistiche del giovane faraone egiziano Ramses II, il quale cercò di sottrarre agli Ittiti alcuni dei possedimenti siriani, in modo particolare il regno di Qadeš e il regno di Amurru, con i suoi preziosi porti sul Mediterraneo. I due popoli si fronteggiarono nella Battaglia di Qadeš (circa 1274 a.C.), che pur conclusasi senza una vittoria netta da parte di nessuno dei due popoli, vide, comunque, gli Ittiti rientrare in possesso dei territori siriani di Qadeš e Amurru, che avevano precedentemente defezionato dalla parte degli Egizi.
In ogni caso, la battaglia fu rivendicata come vittoriosa sia dagli Ittiti sia dagli Egizi[15][16].
In politica interna, Muwatalli si rese protagonista dello spostamento della capitale che da Hattusa fu trasferita più a sud, a Tarhuntassa; parimenti il sovrano affidò al fratello Hattušili III la difesa del nord dell'impero contro i turbolenti nomadi Kaska.
Gli ultimi re[modifica | modifica wikitesto]
Dopo il breve regno di Urhi-Tesub, Hattušili III prese a sua volta il potere (circa 1265-1237 a.C.), mutò politica venendo a un trattato di pace con Ramses II (1259 a.C.) al quale diede, successivamente, in moglie (1246 a.C.) sua figlia suggellando così un'alleanza che in effetti non venne più turbata. Tudhaliya IV (circa 1237-1209 a.C.) poté così riservare tutte le sue energie allo scontro con l'Assiria, che aveva da tempo annesso Mitanni e fronteggiava gli Ittiti sull'Eufrate.
La frontiera dell'Eufrate resistette, ma l'impero cominciò a disintegrarsi dall'interno: i vassalli siriani dipendevano ormai dai re (di origine ittita) di Karkemiš, mentre nel sud-ovest anatolico gli Ittiti ebbero non pochi problemi con alcuni gruppi etnici locali, primo fra tutti i Lukka, come dimostrano le iscrizioni in geroglifico di Tudhaliya IV.
Gli ultimi re ittiti, Arnuwanda III (circa 1209-1207 a.C.) e Šuppiluliuma II (circa 1207-1180 a.C.) sembrarono preoccupati soprattutto di assicurarsi la fedeltà sempre più sfuggente dei vassalli e dei funzionari di corte.
Il collasso dell'età del Bronzo e l'invasione dei Popoli del mare[modifica | modifica wikitesto]
La fine dell'impero Ittita, attorno alla decade degli anni 1170 a.C., ebbe luogo nel contesto generale della crisi delle civiltà dell'età del Bronzo nel Mediterraneo orientale e nel Vicino Oriente. Tra le cause di tale crisi, che sono ancora oggetto di dibattito tra gli storici, ci furono gli attacchi dei cosiddetti popoli del Mare (Lici, Achei-Micenei, Filistei[17], Frigi[senza fonte]). L'impatto di queste genti indoeuropee fu causa di profonde trasformazioni in Egitto, nell'area del Mar Egeo e nel Vicino Oriente, dove favorì l'emergere del c.d. "Impero neo-assiro".
Esistono anche diversi indizi di una crescente instabilità politica interna ed esterna all'impero negli ultimi cento anni di vita, e potrebbero esserci state lotte di successione e guerre fratricide (per esempio Urhi-Teshub fu estromesso dal potere dopo sette anni di regno dallo zio Hattusili III); minacciosa per gli Hitti fu la crescita di potere degli Assiri, che sconfissero il figlio di Hattusil III, Tudhaliya IV, che perse molti territori nella valle dell'Eufrate e l'egemonia su diversi stati cuscinetto e alleati/rivali come i Mitani e gli Huriti. Uno degli ultimi re Ittiti Suppiluliuma II (regnante grossomodo dal 1207 al 1178 a.c.) sostituì nel regno non il padre ma il fratello (Arnuwanda III, non si sa se pacificamente o dopo scontri dinastici) costruì una grande flotta da guerra e riuscì a conquistare Cipro, ma saccheggiò, per motivi ignoti, la città di Tarhutassa, che era stata una delle antiche capitali dell'impero. Indice questo di guerre civili e scontri interni. Suo figlio Kuzi-Teshup (forse però discendente diretto di Suppiluliuma I) non fu imperatore, e nemmeno rivendicò tale titolo (accontentandosi del simile "grande re"), ma sovrano di un piccolo regno neo-ittia, sorto dopo che Hattusa era già stata bruciata, saccheggiata (forse a opera dei Kaska) e abbandonata.
Inoltre diverse popolazioni anatoliche e balcaniche iniziarono a premere con maggior forza sulle frontiere, come facevano da secoli, si tratta dei i Kaska (nemici tradizionali che vivevano sul Mar Nero), dei Frigi (probabilmente stanziati nei Balcani ancora nel 1300 a.c., ma che in età protostorica e storica occuparono buona parte del cuore del vecchio impero Ittita), i Traci e i Bryges (un'latra popolazione di cultura lusaziana come i Frigi, che in epoca storica rimase nei Balcani). Possiamo ipotizzare, anche per la presenza di numerosi stati neo ittiti, che negli ultimi anni dell'impero, in modo caotico e non documentato dalle fonti, vi siano state guerre civili che si risolsero in secessioni e scontri tra membri della famiglia reale per il potere che poterono comportare la divisione dell'impero (anche perché i comandanti regionali tendevano a difendere la minaccia immediata rappresentata a sud e a sud-est dagli Assiri, a nord dai Kaska, a nord ovest dai Frigi, a ovest dai popoli del mare), anche se la ricerca in questo campo non è giunta ad alcuna conclusione certa. Gli Assiri combatterono diverse campagne a partire dal regno di Tiglath-Pileser I verso il 1160 a.c. contro i Mushku ( che sono identificati con i Frigi ), indice del fatto che già in quell'epoca buona parte dell'impero Ittita era occupato dai frigi. Sempre da fonti assire si fa riferimento ai Kaska
Gli Stati neo-ittiti[modifica | modifica wikitesto]
La fine dell'impero non coincise dovunque con la fine della storia ittita. Nella situazione politicamente ed etnicamente mutata dopo il 1200 emerse tutta una serie di piccoli Stati detti "neo-ittiti", caratterizzati dall'uso della scrittura geroglifica anatolica nelle iscrizioni monumentali.
Stati neo-ittiti sono presenti in Siria (Karkemiš, Hattina), in Cilicia (Que, Hilakku), nell'alto Eufrate (Kummuh, Melid, Gurgum) e in Cappadocia (Tabal, che è l'unico di una certa estensione).
Tra i secoli XI e IX la situazione politica internazionale abbastanza fluida permise loro notevole libertà di esistenza; ma con il crescere della potenza dell'impero neo-assiro la loro sorte fu segnata.
La vittoria di Tiglatpileser III sugli Urartei (743 a.C.) rese gli Assiri padroni della zona neo-ittita, e i singoli Stati dovettero capitolare e furono ridotti a province assire dallo stesso Tiglatpileser, e dai suoi successori Salmanassar V e Sargon II tra il 740 e il 710 a.C.[18].
Il nome degli Ittiti fu ancora usato per qualche secolo, con un significato diverso: gli Assiri continuarono a chiamare Hatti la Siria settentrionale e poi estesero il nome a tutta la regione siro-palestinese, e nell'Antico Testamento gli Ittiti figurano come una delle popolazioni che abitavano la Palestina prima della conquista israelitica.
Figura del sovrano[modifica | modifica wikitesto]
Il re Ittita godeva di grande rispetto e stima. Secondo la titolazione regale il sovrano era re della Terra di Ḫattuša, gran re, re di Ḫatti e signore di Kuššara, almeno a partire da Hattušili I.[19] Il sovrano, inoltre, sedeva su un trono di ferro, considerato molto più raro dell'oro in età antica poiché gli Ittiti erano gli unici a saperlo lavorare.[19]
Politica e Costituzione[modifica | modifica wikitesto]
La più antica Costituzione scritta al mondo è quella Ittita,[20] che venne introdotta nel XVI secolo a.C. dal re Telipinu, con la famosa proclama di Telipinu.[20]
Durante il suo regno il sovrano cercò di mettere un freno alle frequenti usurpazioni del trono e regicidi che si stavano verificando ormai da decenni all'interno della monarchia Ittita; innanzitutto il re mandò al confino i suoi possibili usurpatori, senza però ucciderli. Infatti il sovrano credeva che il miglior modo per bloccare gli spargimenti di sangue fosse abolire la pena di morte.[21]
La pena di morte fu abrogata,[20] tranne nel caso di omicidio, in cui i parenti della vittima avrebbero scelto la pena da applicare, tra cui anche l'uccisione dell'assassino, pur potendo poi venire respinta dal re, optando per un risarcimento in denaro; nel caso di adulterio da parte di una donna, o per i ladri che rubavano nei templi.[22]
«E nel caso di spargimento di sangue bisogna comportarsi come segue: a chi compie un atto sanguinoso accade quello che dice il padrone del sangue. Se dice: «Deve morire!», allora deve morire. Ma se dice: «Deve provvedere a un risarcimento», allora deve provvedere a un risarcimento. Ma non deve dare alcun risarcimento al re[nota 1].» |
Inoltre non esisteva la Legge del taglione.[23]
Religione[modifica | modifica wikitesto]
Di natura politeistica come tutta la cultura ittita, la religione nasce per influsso della civiltà mesopotamica, con un'elaborazione originale di elementi oriundi ittiti e indigeni pre-ittiti, oltre che mesopotamici.
La religione dell'impero[modifica | modifica wikitesto]
Formatasi con l'impero ittita, la religione è ragione della sua edificazione, ed è pertanto lecito cercare in essa la chiave della concezione ittita dell'impero stesso. Punto di partenza fu la situazione politico-sociale che gli Ittiti trovarono in Anatolia: una costellazione di città-Stato templari, di tipo mesopotamico, ossia comunità territoriali facenti capo a un tempio.
Gli dei che adoravano sono Tarhunta, Almahasuitta e Siunasummi.
La penetrazione o la conquista del Paese da parte degli Ittiti consistette sostanzialmente nella loro sostituzione agli indigeni nel governo dei templi e delle comunità che ne dipendevano. In altri termini, gli Ittiti si misero al "servizio" degli dèi che ordinavano territorialmente l'Anatolia; l'espressione "servi degli dei" fu in effetti la definizione che essi diedero a sé stessi.
Su questa linea dell'acquisizione territoriale intesa come acquisizione di un servizio divino si sviluppò l'impero. Un solo uomo, colui che era diventato il capo della comunità templare di Hattu, realizzò l'idea di sostituirsi gradatamente ai capi delle altre città templari. L'Anatolia divenne il Paese di Hattu(sas); gli abitanti furono detti Ittiti da Hattu; e divennero sudditi, sia pure tramite i templi cui facevano capo, di questa nuova figura di monarca-sacerdote.
Il re-sacerdote[modifica | modifica wikitesto]
Il re ittita era in effetti un sacerdote: era l'unico che poteva sacrificare direttamente; gli altri sacrificavano soltanto mediante i sacerdoti specializzati. La fonte del suo potere era il servizio che prestava a tutti gli dei che avevano sede in Anatolia; il suo titolo, a questo riguardo, era quello di "servo degli dei" per antonomasia. Tutti questi principi d'ordine religioso si rilevano nella realizzazione dell'impero ittita che si configura come una confederazione di comunità templari aventi per unico capo quello della comunità templare di Hattu.
Consolidata questa situazione nella regione anatolica, poteva essere conquistato anche il resto del mondo: dove si trovavano comunità templari, si costringevano a riconoscere il re ittita come "servo" del rispettivo dio; se le città-Stato erano diversamente organizzate, venivano espropriate ai loro abitanti e ridotte a una città templare, proprietà di un dio, amministrabile dal re ittita.
Il "servizio" reso dal re agli dei era una specie di sublimazione dell'originario servizio templare che consisteva sostanzialmente nel nutrire il dio titolare del tempio, ovvero nel dargli la sua spettanza come proprietario del suolo su cui viveva la comunità. Il re, invece, offriva, più che il nutrimento, la sua azione regale: le sue imprese, le sue conquiste. E così come era scrupolosamente registrato presso ogni tempio qualsiasi prodotto destinato al dio, il re faceva registrare ogni sua azione, sia imprese belliche sia cerimonie o altro, che egli dedicava, sotto forma di atti, agli dei. Tali atti venivano redatti come veri annali e offerti annualmente; pure annualmente il re doveva recarsi in pellegrinaggio a tutti i templi dell'impero per dare atto formale del "servizio" divino da cui derivava il suo potere.
Il pantheon ittita[modifica | modifica wikitesto]
Di qui la singolarità del politeismo ittita per il quale gli dei non erano forme di realtà universali, ma di unità territoriali: dio nazionale dell'impero era un dio sovrano con caratteri del "dio della tempesta" siriano; il suo nome era indicato con l'ideogramma IM, poi U, comune a vari dei di località diverse (in una lista, troviamo ben 21 U.). Evidentemente ogni U si distingueva dall'altro non per una diversa natura, ma per una diversa sede di culto, e quindi serviva a identificare un territorio. Lo stesso dicasi della divinità indicata con l'ideogramma mesopotamico UTU (sole). Risulta esserci più di un UTU, e UTU era anche la dea-sole della città di Arinna, la quale, nella sistemazione teologica ittita, appare come sovrana e sposa del dio della tempesta. Ai piedi di questa dea venivano deposti, come offerta agli dei, gli atti che registravano le imprese del re.
In questo panorama il pantheon ittita era composto di divinità dall'origine più varia e non rifletteva una visione del mondo, ma piuttosto denominava il territorio ittita, dovendo la sua formazione unicamente alle divinità che gli Ittiti avevano trovato in Anatolia. Il "servizio" agli dei, che fondava la presenza ittita in Anatolia, comportava il massimo adeguamento alla volontà divina; il che si otteneva mediante un gran numero di tecniche divinatorie, tra cui si ricorda, per la sua importanza, l'auspicio, ossia la consultazione del volo e del comportamento degli uccelli (ornitomanzia).
Il peccato per eccellenza, anzi il "reato" data la sua punibilità, era la trasgressione alle norme o agli ordini divini. La ricerca e l'espiazione di eventuali trasgressioni essendo di fondamentale importanza, acquistò particolare rilievo l'istituto della confessione. L'idea stessa del peccato fu personificata in un dio, Wastulassis, che assieme ad altre divinità astratte come Hantassas (equità) e Istamanassas (esaudimento), a differenza degli altri dei che ordinavano il territorio, regolavano i rapporti tra uomini e dei, e quindi il comportamento umano.
La mitologia[modifica | modifica wikitesto]
Della ricca mitologia ittita si ricordano i due miti più estesi: quello del dio Telipinu (identificato solitamente con il mesopotamico Tammuz, il quale scompare provocando la sterilità della terra, ma poi è costretto a tornare e a ristabilire l'ordine) e quello della lotta vittoriosa del dio dell'ordine (il "dio della tempesta") contro il serpente Illuyankas, personificante le forze del caos.
Un terzo mito, quello dell'evirazione del dio-cielo (il mesopotamico Anu) da parte del dio Kumarbi, va ricordato in quanto, anziché riallacciarsi alla tradizione mesopotamica, trova un singolare riscontro nel mito greco della evirazione di Urano da parte di Crono. Un distacco dalla tradizione mesopotamica, che presso gli Ittiti è presente nelle idee sull'aldilà, nei rituali, negli scongiuri, nelle formule magiche, ecc., si ha anche nella pratica funeraria dell'incinerazione.
Arte[modifica | modifica wikitesto]
L'arte ittita, su cui agì, oltre all'influsso siriaco, una conoscenza più o meno diretta dell'arte mesopotamica, è nota soprattutto attraverso gli scavi di Bogazköi (o Bogazkale) (l'antica Ḫattuša), Alacahöyük, Yazılıkaya, che hanno riportato alla luce templi, palazzi, mura e fortificazioni del periodo imperiale (circa 1400 - 1200 a.C.). Le poderose mura urbane (Bogazkale, Alacahöyük), con imponenti porte incassate fra torrioni, racchiudevano il palazzo reale e i templi, strutturati in maniera analoga: basamenti a grossi blocchi quadrati o massicce lastre poste verticalmente, e parte superiore in mattoni crudi e travi di legno.
L'architettura templare, come è dimostrato dai cinque templi di Bogazkale, contemplava la presenza di un cortile circondato da numerosi ambienti, di una sala del trono e di una cella per il simulacro della divinità.
La scultura, monumentale ma non priva di originalità e caratterizzata da una certa vivacità di resa plastica, è documentata dai rilievi rupestri (il maggior ciclo è quello del santuario di Yazilikaya, con processione di dei e dee) dagli ortostati a rilievo (porta di Alacahöyük, con processione di sacerdoti e offerenti guidata dall'imperatore e dall'imperatrice), dai rilievi che ornano le porte urbane (protomi leonine e sfingi a Bogazkale e Alacahöyük).
Interessanti appaiono anche le manifestazioni delle arti minori, con particolare riferimento ai sigilli cilindrici finemente intagliati alle statuette-amuleto d'oro e d'argento riproducenti in piccolo le statue cultuali dei templi, oltreché alla ceramica monocroma e dipinta a decorazione geometrica rappresentata prevalentemente da vasi a forma di animale.[24]
Architettura[modifica | modifica wikitesto]
L'architettura si sviluppò in Anatolia durante il periodo imperiale 1400-1200 a.C., i siti archeologici che hanno rinvenuto le principali opere sono a Boğazkale a Çatal Hüyük e a Ḫattuša (Santuario di Yazilikaya). Quest'architettura ricevette una forte influenza siriana e mesopotamica.
Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]
Gli ittiti si avvalsero del basalto per i loro edifici, a differenza degli altri popoli mediorientali. La pianta della maggior parte degli edifici era asimmetrica, era presente un vestibolo a colonne nei santuari e si usavano grandi finestre nei templi.
Mura e templi[modifica | modifica wikitesto]
Il popolo ittita era molto abile nella costruzione di mura e conosceva le migliori tecniche per creare mura spesse e resistenti. nei centri abitati le mura racchiudevano solo i templi e i palazzi reali. Nei luoghi di culto, separati anch'essi e circondati da mura, si trovavano il tempio, il palazzo reale, un ampio cortile e un tempietto per il simulacro della divinità scelta.
Lingua[modifica | modifica wikitesto]
Gli Ittiti parlavano una lingua indoeuropea di ceppo anatolico, ossia l'hittita, di cui non si conosceva nulla fino alla fine del'Ottocento.
Tra il novembre 1891 e il marzo 1892, a Tell el-Amarna, l'archeologo inglese William Finders Petrie, scavando l'archivio del faraone Amenofi IV, si imbatté, oltre alle consuetudinarie tavolette redatte in accadico cuneiforme, in due tavole sempre in cuneiforme ma i cui fonemi corrispondevano a una lingua mai sentita, che vennero poi ribattezzate Lettere di Arzawa, dal nome della località a cui le lettere erano destinate, appunto Arzawa, una regione dell'Anatolia.
Nel 1893 l'archeologo francese Ernest Chantre scoprì nel villaggio di Boghazköi, in Anatolia centrale, frammenti di tavolette in terracotta anch'esse redatte nella lingua di Arzawa e le pubblicò, ma il fatto rimase inosservato.
Il 14 ottobre 1905 l'orientalista tedesco Hugo Winckler e il turco Theodore Makridi Bey, del Museo archeologico di Istanbul, partirono da Ankara per arrivare a Boğazkale. il 19 ottobre dello stesso anno ispezionarono il sito archeologico sopra il villaggio riuscendo a recuperare 34 nuove tavolette redatte in quella misteriosa lingua. Il 17 luglio iniziarono gli scavi del sito e trovarono altrettanti altri testi. Il 20 agosto del 1906 fu trovata una tavoletta bilingue, redatta anche in antico egizio, per cui i due orientalisti riuscirono a tradurne il contenuto, scoprendo che corrispondeva al già noto trattato concluso tra il faraone Ramses IV e il re ittita Hattušili I.
Così verso il primo decennio del '900 divenne sempre più chiaro che quelle tavolette dovessero essere redatte in lingua ittita.
A partire dal 1915 il professore ceco Friedrich Hrozny iniziò a cercare di tradurre i termini ittiti allora noti: partendo dal già noto sumerogramma NINDA (ossia pane) intuì che il termine ittita ezzatenni, che lo precedeva, dovesse corrispondere all'imperativo di mangiare, ossia tu mangerai: tu mangerai il pane. E così, paragonando il verbo con le altre lingue semitiche si rese conto che quella ittita dovette essere un idioma indoeuropeo. Infatti il termine era facilmente riconducibile a ezzan in antico tedesco, essen in medio-alto tedesco, eděre in latino e infine eat in inglese; con significato affine, ossia mangiare.[25]
Media[modifica | modifica wikitesto]
- La società ittita fa da sfondo al manga Anatolia Story di Chie Shinohara, la saga di una ragazza del XX secolo trasportata nel XIV secolo a.C. per via di un maleficio.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ a b Ittiti, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 5 ottobre 2021.
- ^ Paola Cotticelli Kurras, Grammatica ittita (PDF), su dcuci.univr.it, 2005-2006. URL consultato il 14 dicembre 2020.
- ^ Gli ittiti.
- ^ a b Trevor Bryce: The kingdom of the Hittites; the origins of the Hittites; Oxford University press, New York 2005
- ^ G. Steiner, The immigration of the first Indo-Europeans into Anatolia reconsidered, JIES 18 (1990), 185–214.
- ^ per una trattazione più approfondita dell'argomento vedi l'introduzione di Trevor Bryce: The kingdom of the Hittites; Oxford University press, New York 2005
- ^ Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, p. 350.
- ^ a b c Fabio Beccaria, Le antiche civiltà del Vicino Oriente III, Universale Eurodes, 1979, p. 542.
- ^ a b c Lehman, p. 174
- ^ Brandau e Schickert, p. 21
- ^ Lehman, p. 172
- ^ a b Brandau e Schickert, p. 32
- ^ Brandau e Schickert, p. 35
- ^ Jaan Puhvel, Hittite Etymological Dictionary. Vol. 1 Words beginning with A - Vol. 2 Words beginning with E and I, Berlin - New York - Amsterdam, 1984, p. 79.
- ^ Deary, pag.17.
- ^ Deary, p.110.
- ^ Solfaroli Camillocci G.-Grazioli C., Chronostoria, edizioni SEI, p. 442.
- ^ Giusfredi, 2010:57-60.
- ^ a b Birgit Brandau e Hartmut Schickert, Gli Ittiti, Newton Compton editori s.r.l., 2006, p. 33.
- ^ a b c Birgit Brandau e Hartmut Schickert, Gli Ittiti, Newton Compton editori s.r.l., 2006, p. 77-79,112.
- ^ Birgit Brandau e Hartmut Schickert, Gli Ittiti, Newton Compton editori s.r.l, 2006, p. 77-78-79.
- ^ Birgit Brandau e Hartmut Schickert, Gli Ittiti, Newton Compton editori s.r.l., 2006, p. 112-113.
- ^ Birgit Brandau e Hartmut Schickert, Gli Ittiti, Newton Compton editori s.r.l, 2006, p. 114.
- ^ Le Muse, vol. 6, Novara, De Agostini, 1965, p. 210.
- ^ Gli ittiti.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- A. Archi, L'humanité des Hittites: Florilegium Anatolicum. Mélanges offerts à E. Laroche, Paris, 1979
- Kurt Bittel, Gli Ittiti, Rizzoli, Milano, 1977; rist. 1983; nuova ediz. con il titolo Gli Ittiti: l'antica civiltà dell'Anatolia, Corriere della sera-RCS Quotidiani, Milano, 2005
- Trevor Bryce, The kingdom of the Hittites, Oxford University Press, New York 2005
- C.W. Ceram, Secret of the Hittites: The Discovery of an Ancient Empire, New York, Knopf 1955
- Terry Deary, Gli spaventevoli Egizi, 12ª ed., 1996.
- F. Giusfredi, 2010, Sources for a Socio-Economic History of the Neo-Hittite States, Universitätsverlag Winter, 2010.
- O. R. Gurney, The Hittites, Penguin 1952
- Harry A. Hoffner, Gary M. Beckman, Richard Henry Beal, John Gregory McMahon, Hittite studies in honor of Harry A. Hoffner, Jr. On the occasion of his 65th birthday, Eisenbraus, 2003
- James G. Macqueen, Gli Ittiti: un impero sugli altipiani, Newton Compton, Roma, 1978 e successive rist.
- Luciano Marisaldi, Colonne d'Ercole, Zanichelli, 2014.
- Stefano de Martino, Gli Ittiti, Roma, Carocci (collana Le bussole), 2003
- Franca Pecchioli daddi e Anna Maria Polvani, La mitologia ittita, Brescia, Paideia 2000
- Gerd Steiner, "The immigration of the first Indo-Europeans into Anatolia reconsidered", Journal of Indo-European Studies, 18 (1990), 185–214.
- Fiorella Imparati, Le Leggi ittite, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1964,
- William Wright (1837-1899), The Empire Of The Hittites, with the Decipherment of the Hittite Inscriptions by Professor, Londra, James & Nisbet & Co., 1896. URL consultato il 29 novembre 2019 (archiviato il 29 novembre 2019).[1]
- Johannes Lehman, Gli ittiti, in Gli elefanti - Storia, Garzanti Editore, 1997.
- Birgit Brandau e Hartmut Schickert, Gli Ittiti, Newton Compton editori s.r.l, 2006.
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sugli Ittiti
- Wikivoyage contiene informazioni turistiche sugli Ittiti
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Ittiti, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- ittiti, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- (EN) Ittiti, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Uşaklı Höyük, su usaklihoyuk.org.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 253870219 · Thesaurus BNCF 51992 · LCCN (EN) sh85061280 · GND (DE) 4072478-5 · BNF (FR) cb11938214n (data) · NDL (EN, JA) 00563292 · WorldCat Identities (EN) viaf-253870219 |
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- ^ In precedenza il re aveva diritto allo stesso risarcimento dei parenti della vittima
- ^ Uncovering the Past: A History of Archaeology, Oxford University Press, 1993, p. 114, OCLC 1014620260. URL consultato il 29 novembre 2019 (archiviato il 29 novembre 2019). Ospitato su Index.