Grado Zero – Antonio Esposito, 3 Aprile 2020
Queste cose, appunto, i segnali di vuoto, d’eco, di lontananza, permettono ai racconti di Lasci la stanza com’è di essere inafferrabili. Non è possibile uscire da questi racconti con una precisa interpretazione dei fatti narrati poiché la lingua e la composizione narratologica continuamente depistano il lettore spingendolo verso sfumature di senso sempre differenti. Un po’ come se, riportando alla nostra mente quel triangolo semiotico i cui vertici indicano il simbolo (es. la forma che rinvia a un contenuto), il significato (es. il contenuto) e il referente (es. l’entità, la realtà, la situazione extralinguistica a cui si fa riferimento), ci trovassimo a dover dividere nettamente le parti con l’autore: da un lato l’autore assume il pieno controllo di simboli e significati; dall’altro il lettore è totalmente affidato al referente. Da un lato, quindi, una scrittura orientata alla costruzione di movimenti narrativi surreali e opprimenti; dall’altro il lettore capace di orientarsi solo ed esclusivamente attraverso i propri riferimenti culturali. Un meccanismo, questo, alla base di ogni patto narrativo ma che, nel caso di Lascia la stanza com’è, sembra spingersi fino alle soluzioni più ardite. Leggi di più.