giovedì, 26 aprile 2012
IL VIAGGIO (CREATIVO) di Catherine Dunne e di altri artisti irlandesi
Sono molto felice di aprire una nuova pagina dedicata a “BABELIT”, lo spazio di Letteratitudine destinato all’incontro con autori non italiani e a dibattiti plurilingue. Nella fattispecie avremo modo di cimentarci in una discussione in lingua italiana e in lingua inglese con il coinvolgimento di scrittori e artisti irlandesi: prima fra tutti, la scrittrice Catherine Dunne (in Italia pubblicata da Guanda).
Ciò sarà possibile soprattutto grazie alla preziosa collaborazione di Barbara Gozzi, e Federica Sgaggio (le ho elencate per ordine di nome)… anime della seconda edizione del festival letterario italo-irlandese assieme a Luigi Grimaldi, tra i soci fondatori dell’associazione ònoma, Teresa Arcelloni, Paola Francia, Fabio Bussotti e Massimo Giuliani (citati in ordine sparso: maggiori informazioni su ciascuno dei citati, sono disponibili qui).
E grazie anche alla collaborazione di Valeria Lo Forte per la traduzione di alcuni interventi di seguito proposti e per la partecipazione all’organizzazione del festival con il Circolo dei Lettori di Verona e scuolAleph.
Peraltro ho già avuto modo di incontrare Barbara e Federica nell’ambito della puntata radiofonica di “Letteratitudine in Fm” del 13 aprile 2012, dove abbiamo avuto modo di discutere del festival (a tal proposito – per ulteriori informazioni – ci tengo a segnalare questo articolo, dal blog di Niamh Mac Alister, una delle partecipanti irlandesi).
Il tema di questo post è incentrato sul concetto di “viaggio”, inteso soprattutto come “percorso creativo” (ma non solo).
Catherine Dunne, in particolare, ci propone una stimolante riflessione sul “viaggio creativo”… ovvero quel percorso bellissimo e irto, al tempo stesso, che deve intraprendere uno scrittore nel momento in cui si cimenta con la scrittura della propria storia. Catherine prende come esempio il suo nono romanzo (da poco terminato e ancora inedito) intitolato «The things we know now» («Le cose che sappiamo adesso»).
Alla discussione parteciperanno anche: Lia Mills (intervento tradotto da Federica Sgaggio), Niamh MacAlister (traduzione di Barbara Gozzi e Federica Sgaggio), Celia de Frèine (traduzione di Valeria Lo Forte), Anthony Glavin (traduzione di Valeria Lo Forte).
Per leggere i contributi inviatici dai nostri amici irlandesi, incentrati sul tema del viaggio (inteso come “percorso creativo”, ma anche come “viaggio nella memoria”) basta cliccare sui loro nomi (in tal mondo si apriranno le pagine con i relativi interventi).
Ne approfitto per porgervi alcune domande, ispirate dal pezzo di Catherine Dunne, volte a favorire il dibattito:
1. Qual è il problema principale che sorge all’inizio di un “viaggio creativo”?
2. Quali, tra questi elementi, possono contribuire di più ad avviare il processo creativo di una storia? Una visione, un incipit, il ricordo evanescente di un sogno? O cos’altro?
3. Quali altre domande, oltre al «what if?» («cosa accadrebbe se?») potrebbe accompagnare lo scrittore nella prosecuzione del suo viaggio creativo?
4. Quali sono i principali ostacoli che deve affrontare uno scrittore nella prosecuzione del suo itinerario creativo?
Di seguito vi propongo il contributo di Catherine Dunne in lingua originale (rilasciato appositamente per Letteratitudine) e la traduzione dell’ottima Federica Sgaggio (che, insieme a Barbara Gozzi, darà una mano nello svolgimento di un servizio di traduzione simultanea online dall’italiano all’inglese e viceversa).
Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno la possibilità di partecipare alla discussione.
Massimo Maugeri
* * *
The Creative Journey by Catherine Dunne
I read somewhere recently that ‘every creative journey begins with a problem’. It seemed such a statement of the obvious that at first, I was puzzled by its impact. The sentence fairly leapt off the page. Seven such seemingly innocent words: how come they were such a revelation?
Received wisdom has it that each creative journey begins with a moment of inspiration: that single, singular moment when a vision, or an opening sentence, or the gauzy remnants of a dream appear and settle into a silent, internal space. A space which is already prepared, waiting to germinate the seeds of a new story.
But the ‘problem’, and the ‘moment of inspiration’ are, I am beginning to believe, inseparable: two halves of the same whole. The writer’s constant companion, the ‘What if?’ that accompanies each new creative journey, is an expression of that duality.
What is she talking about, I hear you say. Let me explain. (continua…)
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