sabato, 29 febbraio 2020
SCRITTORI raccontano COPERTINE
Perchè anche le copertine dei libri sono importanti e hanno la loro valenza narrativa…
[prossimamente su Letteratitudine]
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Scomparsi quasi tutti i sopravvissuti della Shoah, non resta che la memoria scritta a ricordare lo sterminio nazista, per modo che Se questo è un uomo di Primo Levi appare sempre più quello che il suo autore voleva che fosse: una testimonianza documentale di denuncia degli orrori dell’olocausto, un libro di storia dal vivo del Lager che, inteso a far conoscere al mondo il suo inferno, risulta autonomo rispetto al secondo titolo di venti anni dopo, La tregua, che contiene il racconto del ritorno e ne costituisce il seguito, quando il Lager è ormai alle spalle: giacché è proprio il Lager il motivo di interesse di Levi, che rivelandone le atrocità combatte la sola battaglia che il popolo ebraico abbia ingaggiato contro il Reich. Vincendola e continuando tutt’oggi a vincerla.
In un recidivante clima di negazionismo qual è quello attuale, questo libro così poco saggio e così poco romanzo, originale per l’estemporaneità del dettato che narra e riflette allo stesso tempo, adduce infatti una tale mole di dati di fatto da formare l’atto di prova più inattaccabile circa l’esistenza dei forni crematori e l’atto di accusa più granitico sulla vita quotidiana all’interno della Buna, il campo di concentramento nazista di Monowitz sorto da una fabbrica di gomma dove Levi fu tenuto prigioniero per un anno prima della liberazione. (continua…)
Pubblicato in LEGGERENZA (a cura di Gianni Bonina) Commenti disabilitati
dal 18 al 24 febbraio 2020 (clicca sui link per aprire le pagine)
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LA VITA GIOCA CON ME di David Grossman (recensione)
LUX IN TENEBRIS di Antonio Di Grado (terza parte)
BRAHMĀ di Ilaria Palomba: incontro con l’autrice
A CASA QUANDO È BUIO di James Purdy (recensione)
LE PRAMPOLINIANE 2020: COSE CONTROVENTO
DAN BROWN e “La Sinfonia degli animali” (a settembre, tra scrittura e musica)
SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO 2020: Altre forme di vita
L’OCCASIONE E L’OBLIO di Giovanni Parrini
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GIANRICO CAROFIGLIO con “La misura del tempo” (Einaudi), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)
In streaming e in podcast su RADIO POLIS
trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri
regia e postproduzione: Federico Marin
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PER ASCOLTARE LA PUNTATA CLICCA SUL PULSANTE “AUDIO MP3″ (in basso), O CLICCA QUI
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Ospite della puntata: Gianrico Carofiglio con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “La misura del tempo“ (Einaudi), romanzo candidato all’edizione 2020 del Premio Strega.
Come nasce “La misura del tempo”? Cosa puoi dirci sulla scelta di questo titolo così suggestivo? Come sta Guido Guerrieri? In che fase della sua vita si trova? Come lo ritrovano i lettori tra le pagine de “La misura del tempo”? Chi è Lorenza, questa donna che Guerrieri si trova un giorno nello studio? Come la descriveresti? E che tipo di meccanismo scatta in Guerrieri nel momento di questo incontro? Cosa puoi dirci sui collaboratori di Guerrieri? Che tipo di persona è Iacopo (il figlio di Lorenza che si trova in carcere con l’accusa di omicidio)? Qual è la situazione, la “sfida”, che Guerrieri si ritrova a dover fronteggiare dopo aver accettato l’incarico a occuparsi di questo caso? Poiché questo romanzo è anche un viaggio nel mondo processuale e giudiziario, cosa puoi dirci da questo punto di vista? Quali sono, tra gli altri, gli elementi che vengono maggiormente messi in evidenza? Come racconteresti la copertina di “La misura del tempo”? Quale brano musicale sceglieresti come possibile colonna sonora di questo romanzo?
Questo e tanto altro abbiamo chiesto a Gianrico Carofiglio nel corso della puntata.
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La scheda del libro: “La misura del tempo” di Gianrico Carofiglio (Einaudi)
Tanti anni prima Lorenza era una ragazza bella e insopportabile, dal fascino abbagliante. La donna che un pomeriggio di fine inverno Guido Guerrieri si trova di fronte nello studio non le assomiglia. Non ha nulla della lucentezza di allora, è diventata una donna opaca. Gli anni hanno infierito su di lei e, come se non bastasse, il figlio Iacopo è in carcere per omicidio volontario. Guido è tutt’altro che convinto, ma accetta lo stesso il caso; forse anche per rendere un malinconico omaggio ai fantasmi, ai privilegi perduti della giovinezza. Comincia cosí, quasi controvoglia, una sfida processuale ricca di colpi di scena, un appassionante viaggio nei meandri della giustizia, insidiosi e a volte letali.
Gianrico Carofiglio ha scritto racconti, romanzi, saggi. I suoi libri, sempre in vetta alle classifiche dei best seller, sono tradotti in tutto il mondo. Ha creato il popolarissimo personaggio dell’avvocato Guido Guerrieri. Per Einaudi ha scritto il racconto La doppia vita di Natalia Blum raccolto nell’antologia Crimini italiani (Stile libero 2008), Cocaina, con Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo (Stile libero 2013), Una mutevole verità (Stile libero 2014, Premio Scerbanenco), La regola dell’equilibrio (Stile libero 2014), Passeggeri notturni (Stile libero 2016), L’estate fredda (Stile libero 2016), Le tre del mattino (Stile libero 2017), La versione di Fenoglio (Stile Libero 2019) e… appunto… La misura del tempo (2019).
Nel 2016 è stato insignito del Premio Vittorio De Sica per la letteratura e del Premio speciale alla carriera della XVII edizione del premio letterario Castelfiorentino di Poesia e Narrativa.
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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri
regia e post produzione: Federico Marin
PER ASCOLTARE LA PUNTATA CLICCA SUL PULSANTE “AUDIO MP3″ (in basso), O CLICCA QUI
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Colonna sonora della puntata: “Time” dei Pink Floyd; “Harvest” di Neil Young; “Have You Ever Seen The Rain” dei Creedence Clearwater Revival.
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dal 10 al 17 febbraio 2020 (clicca sui link per aprire le pagine)
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LUX IN TENEBRIS di Antonio Di Grado (prima parte)
LUX IN TENEBRIS di Antonio Di Grado (seconda parte)
GIORGIO FONTANA racconta PRIMA DI NOI
NELLA PIETRA E NEL SANGUE di Gabriele Dadati: incontro con l’autore
GLI INTERESSI IN COMUNE di Vanni Santoni: intervista
POESIE DI DIO, a cura di Enzo Bianchi
BOOK PRIDE 2020 – LEGGERE I VENTI
IL GATTO FIGARO di Grazia Calanna
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Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” è dedicato al volume “Giovanni Verga. Saggi (1976-2018)” di Romano Luperini (Carocci).
Il volume, che presenta tutti i saggi verghiani che Romano Luperini ha scritto fra la fine degli anni Settanta e oggi, ricostruisce la figura di un grande scrittore il cui uso dell’impersonalità copre e nasconde una vicenda autobiografica nella quale è possibile riconoscere il destino non solo di Giovanni Verga, ma in generale dello scrittore moderno. Verga vive la condizione dell’artista ai margini, periferico, spossessato della propria funzione tradizionale. Un artista il cui punto di vista non coincide mai né con quello dei vincitori né con quello dei vinti ma è alla ricerca di un “terzo spazio” fra quello degli oppressori e dei vincitori e quello degli oppressi e dei vinti.
Di seguito pubblichiamo uno stralcio della prefazione di Luperini.
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L’idea, a lungo coltivata, che esista “una barriera del naturalismo” e che la modernità cominci solo al di là di essa, non regge alla prova dei fatti. Pirandello e Tozzi partono da Verga, recuperandone spunti espressionistici (lo stile scorciato, l’opzione per il grottesco, il montaggio “cinematografico”) e l’assenza di mediazione narrativa prodotta dalla caduta della prospettiva onnisciente (con Verga si entra nel campo, direbbe Pirandello, della scrittura “senza autore”). In realtà è molto maggiore la distanza che divide Verga da Manzoni da quella che lo separa da Pirandello. La svolta del 1848, sottolineata con forza daLukács, a cui bisogna aggiungere, in Italia, quella del 1860-61, si fa sentire.
Verga apre una frattura su cui si inserirà la ricerca più avanzata del primo Novecento. È, questa, una coscienza critica che comincia lentamente ad affermarsi, e chi scrive ne aveva illustrate le ragioni già all’inizio degli anni Novanta.
Si può parlare allora di un’area modernista che congiunga Verga, Pirandello, Tozzi e, addirittura, Svevo? (continua…)
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Per “GIOVANISSIMA LETTERATURA“, lo spazio di Letteratitudine dedicato alla cosiddetta “letteratura per ragazzi“, ci occupiamo del nuovo romanzo di Tea Ranno intitolato “Saura. Le stanze del cuore” (Risfoglia Editore). Una bellissima storia incentrata sul personaggio di Saura: una ragazzina di dodici anni, figlia di una chirurga pediatrica e di un giudice, che soffre a causa dell’assenza dei genitori, troppo presi dal lavoro. Ma Saura ha anche problemi a gestire il rapporto con i compagni di classe (che la prendono in giro per via del nome) e non sopporta le varie tate che arrivano a casa con l’obiettivo di occuparsi di lei…
Abbiamo chiesto a Tea Ranno di parlarci di questo suo libro e di raccontarci qualcosa sulla sua genesi…
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Come fu che Saura venne al mondo
di Tea Ranno
Non tutte le storie nascono allo stesso modo. Ci sono quelle che ti chiamano mentre mescoli il sugo e si posano sul quaderno insieme a qualche schizzo rosso, quelle che irrompono nel sogno e pretendono ascolto anche se è notte, quelle sulle quali inciampi mentre sei per strada, quelle che trovi nella fessura tra carta da parati e muro, quelle che – molto più semplicemente – qualcuno ti chiede. Così è successo per Saura.
Lui si chiama Mauro, è il direttore creativo di una casa editrice, un giovanotto che, dopo aver lavorato con me alla storia della contentezza, è diventato un caro amico. «Mi scrivi una storia per ragazzini di dieci/dodici anni?» mi chiede un giorno.
«Mai scritto per ragazzi.»
«Provaci.»
Dire di sì, talvolta, non costa niente, e aiuta a non sembrare scortese.
«Mandamela al più presto» incalza però lui.
Una storia per ragazzini? E come si scrive? Io scrivo per i bambini da quand’ero bambina, per i grandi da trent’anni, per i ragazzini mai. Come si fa? Che lingua si usa? Che storie vogliono ’sti decenni/dodicenni supertecnologici, che s’invetrano davanti a un tablet e s’intruppano in giochi che magnetizzano la mente e li portano a pensare acceleratissimo, a sbuffare quando la connessione è lenta, a scartare tutto quello che non è, in un qualche modo, game?
Non lo so.
Game, tablet, mondi virtuali che incastrano, s’avviluppano e imprigionano in una solitudine che rende più complicati i rapporti umani, che spesso portano a un disorientamento, un senso di inadeguatezza e d’infelicità di cui gli adulti parlano fino alla nausea in tavole rotonde alla tv.
Il punto di vista degli adulti non mi interessa. Che storia mi racconterei se fossi una dodicenne supertecnologica che ha tutto ma non è felice? (continua…)
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OSCAR 2020: I VINCITORI, LA SORPRESA, I COMMENTI
La grande sorpresa di “Parasite”: il più premiato nonché il primo lungometraggio in lingua non inglese a vincere l’Oscar come miglior film (insieme ad altre tre statuette, tra cui “miglior regia”). Delusione per “1917″, dato per favorito (che si aggiudica tre Oscar).
Miglior attore protagonista: Joaquin Phoenix per “Joker”; miglior attrice protagonista: Renée Zellweger per “Judy”; miglior attore non protagonista: Brad Pitt per “C’era una volta a… Hollywood”; migliore attrice non protagonista: Laura Dern per “Storia di un matrimonio”.
Nessun premio per “The Irishman” di Martin Scorsese.
Alla “nostra” Lina Wertmüller è stato conferito il Premio Oscar onorario (alla carriera).
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La 92ª edizione dei premi Oscar si è tenuta al Dolby Theatre di Los Angeles il 9 febbraio 2020 (in Italia nella notte tra il 9 e il 10). Così come l’edizione precedente, la cerimonia non ha avuto un presentatore ufficiale ed è stata trasmessa in diretta negli Stati Uniti da ABC. A partire da questa edizione, il premio per il miglior film in lingua straniera viene rinominato Premio Oscar al miglior film internazionale e quello per il miglior trucco e acconciatura passa da tre candidati a cinque.
Le candidature sono state annunciate il 13 gennaio 2020 dagli attori John Cho e Issa Rae al Samuel Goldwyn Theater di Beverly Hills.
Il film con più candidature è stato “Joker”, con undici. Il film più premiato è stato il sudcoreano “Parasite”, con quattro vittorie, tra cui quella per il miglior film: si tratta del primo film in lingua non inglese a vincere il premio.
Questa edizione degli Oscar, dunque, può essere considerata come ’storica’ e ricordata come quella della Grande Sorpresa. Non solo l’Oscar come miglior film. Bong Joon-ho di “Parasite” oltrepassa Sam Mendes di “1917″ e si aggiudica il premio come miglior regista. E “Parasasite” vince anche il premio per la migliore sceneggiatura originale.
Ma di cosa parla “Parasite”?
Il film è una feroce satira costruita attorno a due famiglie di Seoul appartenenti a due diverse classi sociali: una vive in condizioni di povertà in un seminterrato, l’altra risiede in una grande casa in condizioni di grande agiatezza. È il primo film in lingua non inglese che – per la prima volta nella storia di Hollywood e degli Academy Awards – si aggiudica la statuetta come Miglior Film. (continua…)
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dal 3 al 9 febbraio 2020 (clicca sui link per aprire le pagine)
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TRA UOMINI E DEI, autori vari (recensione)
LEONARDO SCIASCIA: saggi letterari, storici e civili
LA “LEGGE” SUL LIBRO (tra opinioni favorevoli e contrarie)
VIALE DEI SILENZI di Giovanni Agnoloni
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Baftas 2020: grande trionfo per il film di Sam Mendes, “1917″
Il film di Mendes ambientato nella Prima Guerra Mondiale e intitolato “1917″ domina la competizione dei Bafta Film Awards aggiudicandosi sette premi
La 73ª edizione dei premi BAFTA (considerati gli “Oscar inglesi), conferiti dalla British Academy of Film and Television Arts alle migliori produzioni cinematografiche del 2019, si è tenuta il 2 febbraio 2020 alla Royal Albert Hall di Londra. La cerimonia è stata presentata dal conduttore televisivo e comico irlandese Graham Norton. Le candidature erano state annunciate il 7 gennaio 2020.
Il film più premiato è stato “1917″ di Sam Mendes, con sette statuette, tra cui quelle per il miglior film, il miglior film britannico, il miglior regista e la migliore cinematografia.
“Joker” ha vinto tre premi tra cui il miglior attore per Joaquin Phoenix, mentre Renee Zellweger è stata nominata migliore attrice per la sua interpretazione di Judy Garland.
Il film sudcoreano “Parasite” ha vinto due premi: per la sceneggiatura originale e il film non in lingua inglese.
Brad Pitt ha vinto il premio di miglior attore non protagonista per il suo ruolo in “Once Upon A Time In Hollywood” di Quentin Tarantino
Laura Dern è stata nominata migliore attrice non protagonista per la sua interpretazione come avvocato divorzista in “Marriage Story”.
È la prima volta dal 1977 che tutti e quattro i premi Bafta per la recitazione sono stati vinti da attori americani. Facendo un po’ di conti arriviamo alla conclusione che – con i Bafta – Zellweger, Phoenix, Dern e Pitt hanno vinto nelle rispettive categorie di recitazione i premi di tutte le principali cerimonie della stagione. Oltre ai Baftas, hanno vinto ai Golden Globes, agli Screen Actors Guild Awards e ai Critics ‘Choice Awards. È presumibile che tutti e quattro trionferanno agli Oscar del prossimo fine settimana (La 92ª edizione dei premi Oscar si terrà al Dolby Theatre di Los Angeles, California, il 9 febbraio 2020). (continua…)
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dal 28 gennaio al 2 febbraio 2020 (clicca sui link per aprire le pagine)
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IL FERROVIERE E IL GOLDEN GOL di Carlo D’Amicis (intervista)
CLAUDIA PETRUCCI racconta L’ESERCIZIO
I MIGLIORI ANNI di Cinzia Giorgio: incontro con l’autrice
AI SOPRAVVISSUTI SPAREREMO ANCORA di Claudio Lagomarsini: incontro con l’autore
IL PADRE, LA MADRE di Franco Marcoaldi e Marilù Eustachio (recensione)
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Il nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine è dedicato alla silloge di Laura Pugno intitolata “L’Alea” e pubblicata da Perrone editore.
“Tu-io sei quella che rimane”, inizia così La mente paesaggio di Laura Pugno, pubblicato per la prima volta da Perrone nel 2010, e qui riproposto. Il libro di un’assenza, la linea d’ombra di tutte le vite, con l’io che affiora, una volta sola, in questa voce poetica che dice della natura della coscienza – dove inizia in noi? dove finisce? – e dell’identità. Eppure, a dieci anni di distanza, cambia la parola fine, diventa “tu-isola coperta di bosco”. Ora l’assenza si diffonde e sfuma nella bellezza intorno. È la linea dorata, intrecciata a quella d’ombra, che traccia il secondo poemetto, L’alea, in cui la mente-paesaggio, la mente-corpo, si riunisce al mondo. Un mondo le cui leggi allo stesso tempo ci sfuggono completamente e ci sembrano aver a che fare con noi, con la nostra presenza, il nostro inevitabile osservare ciò che accade e così modificarlo mentre siamo allo stesso tempo osservati, siamo sempre un tu-io.
Laura Pugno è nata a Roma nel 1970. È autrice di poesia, prosa, saggi e testi teatrali. Tra gli ultimi libri, i romanzi La metà di bosco e La ragazza selvaggia, Marsilio 2018 e 2016; il saggio In territorio selvaggio. Corpo, romanzo, comunità, Nottetempo 2018, e la raccolta di poesia I legni, Pordenonelegge/Lietocolle 2018. Ha vinto il Premio Campiello Selezione Letterati, il Frignano per la Narrativa, il Premio Dedalus, il Libro del Mare e il Premio Scrivere Cinema per la sceneggiatura. Collabora con L’Espresso, Elle, e il sito Le parole e le cose 2, ed è tra i curatori della collana di poesia I domani dell’editore Aragno. Dal 2015 dirige l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid (proponiamo un’ampia intervista a Laura Pugno dedicata all’IIC di Madrid).
Di seguito, un’intervista all’autrice.
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L’ALEA: il mondo quantistico, costituito di lampi di luce, dove albergano le parole di Laura Pugno
- Cara Laura, partiamo dall’inizio. Come nasce il tuo amore per la poesia?
Nasce nell’infanzia, c’è da sempre. Ho appreso prestissimo la capacità della scrittura, e quindi letteralmente non ho memoria di una me stessa che non scriva, e la forma materiale di questo scrivere è sempre stata la poesia. Ogni altra forma di scrittura che ho praticato – prosa, teatro, sceneggiatura – , e che ho praticato con amore, viene in qualche misura dopo, o accanto. Nel tempo e nello spazio la poesia è prima, è avanti e oltre, per me.
-Sappiamo che il poemetto “L’alea” è stato pubblicato per la prima volta nella collana Zoom di Feltrinelli (e che è stato scritto tra il 2013 e il 2016); mentre “La mente paesaggio” è stato pubblicato per la prima volta nel 2010, da Giulio Perrone Editore, che lo ristampa ora insieme a “L’alea”. Ciò premesso, considerandola nel suo complesso, quale potrebbe essere il principale filo conduttore di questa tua silloge che troviamo adesso in libreria intitolata, per l’appunto, “L’alea”? (continua…)
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