Nel nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine ospitiamo Mario Baudino autore di “La forza della disabitudine (poesie scelte 1980-2018)“ (Aragno).
Ecco le risposte di Mario alle domande “ricorrenti” di questa rubrica dedicata alla poesia.
[Ne approfittiamo per segnalare questa intervista a Mario Baudino dedicata al suo saggio: "Lei non sa chi sono io" (Bompiani)].
A seguire, un estratto della postfazione di Giovanni Tesio.
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- Mario Baudino, chi è poeta?
Questa è una domanda davvero difficile, caro Massimo. Posso fornire una risposta tautologica: chi scrive poesie. Ed una un po’ più articolata: chi riesce a fare delle propria immaginazione e del linguaggio che gli è stato dato, in cui si trova o che ha scelto, una musica necessaria. Per usare le parole di Heidegger (a proposito di Rilke) è anche qualcuno che “arriva all’abisso”. Mi rendo conto che sono tutte definizioni e, appunto, hanno la debolezza di ogni de-finizione. E’ piuttosto arduo tracciare confini per ciò che è sconfinato, e i poeti appunto di questo tendono a occuparsi.
- Poeti si nasce o si diventa?
Se vale la prima risposta, non c’è dubbio che va scelta la seconda alternativa. Si diventa: la poesia è un genere letterario che ovviamente nasce dalle forme più o meno indistinte, spontanee, di espressione umana, quindi potenzialmente appartiene a tutti. Ma va costruita (o creata) e dunque è il risultato di una elaborazione
- Cos’è la poesia?
In qualche modo credo di avere già risposto. Aggiungo che per me è una modalità di espressione altamente formalizzata.
- A cosa serve la poesia?
A niente. A tutto. «Se abitiamo un lampo, è il cuore dell’eterno» ha scritto René Char.
- Che consiglio daresti a chi volesse avvicinarsi alla lettura della poesia?
Non saprei. Leggere a letto? La poesia più che altri generi letterari chiede una condizione di ascolto, di affidamento totale, di silenzio
- Cosa consiglieresti a un poeta esordiente che ha velleità di pubblicazione?
Di non aver fretta, di frequentare altri poeti, di discutere, di leggere molto e di non farsi troppe illusioni. Anche, non dico soprattutto, di leggersi magari i romanzi di Roberto Bolaño, soprattutto Detective selvaggi. Sono storie di poeti e anche straordinari ritratti del poeta da giovane.
- Parliamo di te. Come nasce il tuo amore per la poesia?
Dal liceo, dalle prime letture. E’ stato un lungo amore con molti travagli, tradimenti, libertinaggi. Un amore privato
- Guardando all’intera storia della poesia, quali sono i poeti che consideri come tuoi punti di riferimento?
Faccio qualche nome ovvio? Leopardi, va da sé. TS Eliot, soprattutto per La terra desolata, uno dei primi libri che credo d’aver letto e compitato e perfino tradotto. Ariosto, Borges, Mario Luzi. Montale, Foscolo, alla rinfusa. La poesia è disordinata
- Quali sono i versi poetici che non ti stancheresti mai di rileggere?
“«Dammi tu il mio sorso di felicità prima che sia tardi»/
implora, in tutto simile alla mia, una voce bassa/ e fervida lungo i dedali del risveglio risonando”. (Mario Luzi, Il pensiero fluttuante della felicità)
“Date candidi giorni a lei che sola/ da che più lieti mi fioriano gli anni/ m’arse divina d’immortale amore…” ec ecc ) Foscolo, Le Grazie
“Non so come stremata tu resisti/ in questo lago/ d’indifferenza ch’è il tuo cuore; forse/ ti salva un amuleto che tu tieni/ vicino alla matita delle labbra,/ al piumino, alla lima: un topo bianco/ d’avorio; e così esisti!” (Dora Markus, Montale)
“«O frate», disse, «questi ch’io ti cerno/ col dito», e additò un spirto innanzi, / «fu miglior fabbro del parlar materno”.
(Dante, Purgatorio, Canto XXVI)
“Perché il bello non è/ che il tremendo al suo inizio, noi lo possiamo reggere ancora,/ lo ammiriamo anche tanto, perché esso calmo, sdegna/ distruggerci. Degli Angeli ciascuno è tremendo”.
Rilke, Elegie Duinesi
- Qual è il filo conduttore di questa tua silloge intitolata “La forza della disabitudine”? (continua…)
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