Günter Grass
(Le parti in grassetto contengono dei link).
Il “caso Grass” continua a tenere banco.
Sicuramente ne avrete sentito parlare (e anche tanto). Per chi non fosse ben informato mi permetto di ricordare le due date che hanno dato origine al “caso” (sì da occupare pagine e pagine di quotidiani e magazine con interviste, editoriali, articoli).
12 agosto. Il “caso Grass” si apre a seguito dell’intervista che lo scrittore rilascia alla Frankfurte Allgemeine Zeitung in cui dichiara: “Sono stato membro della Waffen-SS. L’ho sempre sentita come una macchia che mi ha oppresso per tutta la vita, ma non sono mai riuscito a parlarne. Un giorno o l’altro dovevo pur scriverlo.”
16 agosto. Esce in Germania Pelando la cipolla, l’autobiografia dello scrittore tedesco, in cui tra le altre cose ricorda l’appartenenza alle SS.
Da qui in poi scoppiano cruente polemiche sia in Germania che all’estero.
Chi desiderasse avere notizie autobiografiche su Günter Grass (vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1999) può cliccare qui.
La StampaTorniamo al caso. Tra i vari articoli pubblicati sui vari quotidiani c’è ne uno, in particolare, che vorrei proporvi. Si tratta di un intervento di Mario Vargas Llosa (secondo me possibile prossimo premio Nobel… anzi, azzardo altri tre nomi – tutti americani – Philip Roth, Gore Vidal, Don DeLillo) pubblicato su La Stampa del 26 agosto 2006.
Ne riporto una buona parte.
“Non capisco la portata esorbitante che ha assunto, nel mondo, la rivelazione riportata da Günter Grass d’aver militato per qualche mese, quando aveva 17 anni, nella Waffen SS e il fatto che per 60 anni abbia tenuto nascosta la notizia inducendo a credere d’essere stato soldato in una battaglia antiaerea nell’esercito regolare. (…)
Non sono assolutamente sorpreso che Grass abbia nascosto la sua appartenenza a un corpo d’élite così visceralmente identificato con il nazismo e così sinistramente attivo nella repressione politica, nelle torture e nello sterminio di dissidenti e di ebrei, anche se – a quanto egli ha detto – non ha mai sparato neppure un colpo prima d’essere ferito e catturato dagli americani. Perché ha taciuto? Semplicemente perché aveva vergogna, e forse rimorso, d’aver indossato quella uniforme e anche perché i suoi avversari, in politica e in letteratura, avrebbero approfittato d’un tale passato per squalificarlo nella battaglia politica e civile che, sin dall’inizio della sua carriera di scrittore, Günter Grass ha intrapreso identificandola con la propria vocazione letteraria.
Perché ha deciso di parlare adesso? Sicuramente per liberarsi la coscienza da un peso che lo tormentava e anche, certamente, perché sapeva che, prima o poi, questo lontano episodio della sua gioventù sarebbe venuto a galla e che il suo silenzio avrebbe gettato ombra sul suo nome e sulla sua reputazione di scrittore impegnato e – come si è soliti definirlo – di coscienza morale e civile della Germania. (…)
Quanto è accaduto ha, in qualche modo, riverberi negativi sull’opera letteraria di Günter Grass? Assolutamente no. (…)
Tra pochi anni, magari tra pochi mesi, nessuno più ricorderà l’adesione dello scrittore alla Waffen SS e, al contrario, la sua trilogia su Danzica – e in particolare “Il tamburo di latta” – continuerà a essere letta e reputata una delle opere maestre della letteratura contemporanea. (…)
Molte delle posizioni di Günter Grass sono state coraggiose e degne, e continuano a esserlo ancora oggi nonostante lo scandalo. Lo afferma uno come me che ha idee spesso divergenti rispetto alle sue e ha avuto con lui, alcuni anni fa, una polemica piuttosto aspra. Non mi riferisco al suo antiamericanismo stentoreo e sistematico che l’ha portato, a volte, ossessionato da ciò che va male negli Stati Uniti, a negare anche quello che va bene, ma al fatto che, negli anni della Guerra Fredda, epoca in cui gli intellettuali europei seguivano la moda di schierarsi con il comunismo contro la democrazia, Günter Grass fu uno dei pochi ad andare controcorrente e a difendere quest’ultima – con tutte le sue imperfezioni – come alternativa più umana e più libera rispetto a quella rappresentata dai totalitarismi sovietico e cinese. E neppure s’è mai visto Günter Grass spalleggiare, seguendo Sartre, Mao e la rivoluzione culturale cinese o cercare forzature morali per giustificare i terroristi come, invece, fecero in quegli anni tanti frivoli decostruzionisti. (…)
Forse questo formidabile scandalo che avvolge oggi la sua figura ha parecchio a che vedere proprio con questa veste di “coscienza morale” della società che egli si è imposta e che ha conservato per tutta la vita, parallelamente alla crescita della sua attività di letterato. Sono convinto che Günter Grass sia l’ultimo di quella razza alla quale sono appartenuti un Victor Hugo, un Thomas Mann, un Albert Camus, un Jean-Paul Sartre. Credevano che essere scrittore fosse, sì, lavorare di fantasia creando romanzi, drammi o poesie, ma, al contempo, fosse anche infiammare le coscienze dei contemporanei (…) nella convinzione che lo scrittore possa essere utile anche come guida, consigliere, animatore o dinamitardo ideologico sui grandi temi sociali, politici, culturali e morali. (…)
Nessun giovane intellettuale del nostro tempo crede che sia anche questa la funzione d’uno scrittore e la sola idea di assumere il ruolo di “Coscienza critica d’una società” gli pare presuntuosa e ridicola. Più modesti, o forse più realisti, gli scrittori delle nuove generazioni sembrano accettare l’idea che la letteratura sia nulla di più – o nulla di meno – d’una elevata forma d’intrattenimento. (…)
D’altra parte quegli scrittori che si credevano veggenti, saggi, profeti e che impartivano lezioni non sono incorsi in errori a volte così spaventosi contribuendo a coprire di belletto l’orrore e cercando giustificazioni per i peggiori crimini? Meglio accettare che gli scrittori, per il semplice fatto di esserlo, non devono essere né più lucidi né più puri né più nobili di qualsiasi altro bipede che vive nell’anonimato e non otterrà mai titoli sui giornali. Probabilmente è proprio questa la ragione per cui, dopo aver rivelato la sua fugace appartenenza alla Waffen SS quand’era adolescente, Günter Grass è stato messo alla gogna e tanti, in questi giorni, gli si accaniscono contro. (…)”
In un certo senso, dunque, Vargas Llosa giustifica Grass scegliendo posizioni assai lontane da quelle sostenute da autori come Peter Handke che si sono lasciati andare a dichiarazioni forti, del tipo (è quella di Handke): “Grass è una vergogna per tutti gli scrittori”. (Per approfondimenti vi propongo un articolo pubblicato su Il Giornale del 14/9/06: lo trovate cliccando qui).
Sulla stessa linea di Vargas Llosa, invece, è un altro Premio Nobel: José Saramago. Su Repubblica del 19/9/06, in un’intervista riportata da Massimo Novelli, lo scrittore portoghese ha dichiarato: “Premesso che è un mio buon amico, penso che avrebbe dovuto dirle prima quelle cose. Non lo ha fatto, è stato ambiguo. Comunque, finalmente le ha rese pubbliche. Detto ciò, va ricordato che da allora a oggi è passata una vita, e che pertanto Grass ha dimostrato di essersi ampiamente emendato da quelle colpe”.
Naturalmente sarebbe opportuno conoscere l’opinione dell’interessato. A tal proposito vi propongo un’intervista rilasciata dallo stesso Grass e pubblicata su La Stampa del 14/9/2006: eccola qui.
Infine, per chi non ne avesse ancora abbastanza, vi propongo altri tre punti di vista.
Il primo è quello di un altro Nobel: Dario Fo. Cliccando qui potrete leggere un articolo pubblicato su Il Corriere della Sera del 14 agosto 2006 e reso disponibile sul sito della Feltrinelli.
Il secondo punto di vista è strutturato sotto forma di una lettera aperta indirizzata allo stesso Grass dal poeta e scrittore etneo Mario Grasso (ed è tratto dalla rubrica on-line Ebdomadario del 22 agosto). Potete leggerla cliccando qui.
Infine, (ma se siete arrivati fin qui siete davvero stoici), ecco quanto scritto sull’argomento dallo scrittore milanese Giuseppe Genna (pubblicato sulla rivista on-line Carmilla il 20 agosto). Fatte clic qui.
Un caro abbraccio a tutti… e fatemi pervenire, se potete, i vostri commenti.
Massimo Maugeri
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