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venerdì, 29 settembre 2006

IL VALORE DELLA LETTURA

C’è chi lo esprime in termini di Pil.

Parrebbe, infatti, che nelle aree dove c’è maggiore propensione alla lettura si produca – strano ma vero – più ricchezza. Questo, quantomeno, è ciò che risulta da una ricerca svolta da alcuni economisti per conto dell’Aie (Associazione Italiana Editori).

Il suddetto studio evidenzia inoltre il rapporto tra interesse per la lettura e performance scolastiche dei ragazzi italiani. Chi legge di più, dicono, (ma questa non è una sorpresa) rende meglio a scuola.

Naturalmente, manco a dirlo, al Nord si legge molto più che al Sud.

Altro dato: più della metà degli italiani (e per esattezza il 57,7%) non ha letto nemmeno un libro durante tutto il 2005 mentre e il 20,1% ne ha letti al massimo tre.

Interessante, vero? (Per approfondimenti cliccate qui e qui.)

Consentitemi, però, di innestarvi nella mente il tarlo del dubbio.

Non è che (per caso) sia vero anche il contrario? Ovvero che si legge di più laddove si produce di più e c’è più ricchezza?

Tempo fa a un mio amico (che aveva perso il lavoro un paio di mesi prima) consigliai un libro a mio giudizio imperdibile.

"Devi leggerlo" gli dissi.

Mi chiese il prezzo. Il libro costava intorno ai diciotto euro. Glielo comunicai.

Non rispose subito. Prima mi guardò con aria sorniona. Poi disse: "Se tu dovessi scegliere fra i pasti del giorno e il libro imperdibile… cosa sceglieresti?"

Mi sentii una cacca (poi il libro glielo regalai alla prima occasione).

Lancio una piccola provocazione. Immaginiamo che i ricercatori incaricati dall’Aie abbiano ragione al 100%. Bene. Se così fosse perché perder tempo anziché battere subito la strada maestra per risolvere – una volta per tutte – il problema endemico del divario di crescita tra Nord e Sud del Paese? Perché non predisporre un regime di benefici fiscali specificamente mirato al settore-libri? (magari!).

A questo punto, inoltre, bisognerebbe smetterla con il criticare quei lavoratori dipendenti che passano buona parte del loro tempo lavorativo davanti ai giornali. Basterebbe  obbligarli a sostituire il quotidiano del mattino con un buon classico, magari fornito loro gratuitamente (dianime, un buon “Guerra e pace” non lo so nega a nessuno). Che ne dite? Alla fine ne guadagnerebbero tutti. I lavoratori dipendenti in termini di cultura, le aziende (pubbliche o private che siano) in termini di produttività.

O no?


Scritto venerdì, 29 settembre 2006 alle 23:18 nella categoria PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

11 commenti a “IL VALORE DELLA LETTURA”

Caro Maugeri,
immagino siano vere entrambe le cose.
Consideri, però, che chi vuole leggere veramente non si fa frenare dall’alto prezzo delle edizioni rilegate. Ci sono ottime biblioteche, nonché edizioni economiche in accativante formato editoriale.
Saluti.

Postato sabato, 30 settembre 2006 alle 10:08 da Spartacus


Caro Spartacus,
il suo punto di vista e molto condivisibile. Grazie per il contributo.

Postato sabato, 30 settembre 2006 alle 15:10 da Massimo Maugeri


Quindi tu vorresti far leggere libri a chi già lavora? Ma non sarebbe più proficuo dare libri a chi non lavora? Se non altro perché ha più tempo a disposizione. Se poi è vero che si è più produttivi dove si legge maggiormente o viceversa, comunque avremmo risolto il problema della disoccupazione: non so bene per quale magia i disoccupati lettori diventeranno occupati produttivi e, speriamo, resteranno lettori.

Postato sabato, 30 settembre 2006 alle 18:51 da gcanc


Ciao Gcanc, e grazie per essere tornato qui. Ovviamente la mia era una piccola provocazione. Pare abbastanza evidente che la lettura contribuisca ad allargare le vedute. E poi mi viene in mente quel motto che dice: “chi sa cavalca chi non sa”. Però, onestamente, non so fino a che punto si possa (correttamente) collegare la lettura con l’andamento del prodotto interno lordo.

Postato sabato, 30 settembre 2006 alle 23:42 da Massimo Maugeri


Anche la mia era solo una battuta e non sono un economista, ma vorrei dire una stupidaggine: non è che le aree più “acculturate” producono beni di maggior valore in minor tempo e consumando meno risorse? Vale di più per il PIL un manufatto o l’idea che lo ha fatto realizzare, il lavoro manuale o il frutto dell’ingegno? Se c’è un esperto in giro mi interessa la risposta, perché non la so.

Postato domenica, 1 ottobre 2006 alle 19:31 da gcanc


Appoggio la richiesta di Gcanc. se c’è in giro un esperto in pil che si faccia avanti e ci sveli l’arcano!

Postato domenica, 1 ottobre 2006 alle 23:14 da Massimo Maugeri


Mi auguro che fosse una battuta quella di sostituire il quotidiano del mattino con un buon classico. Innanzitutto bisognerebbe trovare qualcuno che il quotidiano lo legga (magari non solo la free press tipo metro e leggo; epolis sembra già migliore) e, quando poi l’avessimo trovato, valutare quanto giusto sia togliere lettori alla stampa informativa in un paese in cui essa riscuote già di suo un basso successo. In ogni caso non sono i lettori di giornali i non lettori di libri. Esiste già una collaborazione fra giornalismo ed editoria libraria (libri in vendita insieme al giornale – dai classici italiani e stranieri alla Bibbia – inserti settimanali di recensioni) forse bisognerebbe potenziarla, rimodernando le pagine culturali di alcuni quotidiani.

Postato lunedì, 2 ottobre 2006 alle 08:38 da anita


Cara Anita,
grazie intanto per aver partecipato.
Certo, la mia era solo una battuta (una piccola provocazione, come avevo scritto prima).
E’ vero quello che dici. Temo che, in generale, si legga abbastanza poco sia a livello di quotidiani che a livello di libri (narrativa o saggistica che sia). Ma riguardo alla descritta relazione tra incremento della lettura (riferita ai libri) e incremento del pil… tu che ne pensi? Ciao

Postato lunedì, 2 ottobre 2006 alle 10:13 da Massimo Maugeri


Interessante anche lo spunto di Anita sulla collaborazione tra giornalismo ed editoria libraria. Sicuramente le librerie in tante case si sono arricchite di volumi allegati ai quotidiani (per non parlare delle enciclopedie), ma sarebbe bello sapere se poi quei libri sono stati aperti e letti o “arredano” solamente. Un atroce sospetto.

Postato lunedì, 2 ottobre 2006 alle 13:25 da gcanc


La tua idea, caro Massimo, mi fa pensare con un sospiro all’utopia platonica dei filosofi al governo: mutatis mutandis,lo schema è il medesimo, e sarebbe una situazione ideale.Io credo che un ruolo determinante in questo incremento dell’amore per la lettura lo rivesta la scuola, e in questo mi sento chiamato in causa in prima persona.

Postato lunedì, 2 ottobre 2006 alle 15:03 da Elio Di Stefano


Vi comunico la mia esperienza in merito ai volumi acquistati in edicola. Ho tutti libri della biblioteca del novecento di Repubblica (ne ho letto circa un terzo) e sto acquistando i Meridiani (al momento non ne ho letto nessuno). Però acquisto anche in libreria. Non so perché, ma i libri acquistati in libreria, di norma, li leggo subito.

Postato lunedì, 2 ottobre 2006 alle 19:02 da Elektra



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