martedì, 13 gennaio 2009
BIRGITTA TROTZIG, GÜNTER GRASS E POETI LETTERATITUDINIANI
Questo è un post dichiaratamente dedicato alla poesia…
Colgo l’occasione per presentare le nuove opere poetiche di due grandi autori: Birgitta Trotzig e Günter Grass. E contestualmente ne approfitto per presentare le silloge di alcuni poeti che – in un modo o nell’altro – hanno “incrociato” questo blog. Mi piace chiamarli poeti letteratitudiniani: Cristina Bove, Domenico Calcaterra, Carlo Carabba, Andrea Di Consoli, Elio Distefano, Gianfranco Franchi, Patrizia Garofalo, Marco Gatto, Renzo Montagnoli, Alfio Patti, Leandro Piantini, Franco Romanò, Maria Teresa Santalucia Scibona.
In fondo al post troverete le immagini delle copertine dei libri coinvolti. Cliccandoci sopra si apriranno pagine di approfondimento.
Mi piacerebbe che i poeti letteratitudiniani (ne approfitto per precisare che nessuno di loro è stato messo al corrente di questo post) ci presentassero la loro opera e ci offrissero una poesia da essa estratta (magari quella che ritengono particolarmente significativa). Poi li invito a interagire tra loro… e a rispondere alle eventuali domande degli altri frequentatori del blog.
Ai poeti letteratitudiniani chiedo: quando avete incontrato la poesia?
A tutti chiedo, rifacendomi a questo vecchio post (la poesia specialità dei perdenti?)
- ha ancora senso, oggi, scrivere e leggere poesie?
- perché scriverle? perché leggerle?
Veniamo a Birgitta Trotzig e a Günter Grass: le loro opere poetiche che ho il piacere di segnalarvi sono “Nel fiume di luce. Poesie 1954-2008” (Mondadori) di Birgitta Trotzig (tradotte e curate da Daniela Marcheschi) e “Dummer August” (Raffaelli) di Günter Grass (con prefazione di Claudio Groff).
I due suddetti volumi, e gli approfondimenti che leggerete di seguito, mi stimolano a formulare altre due domande:
- fino a che punto la parola può essere intesa come principio generativo, come legge per la creazione del mondo? (riferimento a Trotzig)
- se ogni “macchia vincola” fino a che punto la parola può, se non cancellarla, quantomeno… compensarla? (riferimento a Grass)
Di seguito la recensione di Bianca Garavelli (per il libro della Trotzig) e una scheda sulla silloge di Grass.
Massimo Maugeri
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“Nel fiume di luce. Poesie 1954-2008″ di Birgitta Trotzig – € 13,00 – 2008, XXV-251 p., Curatore Daniela Marcheschi – Mondadori
di Bianca Garavelli- Avvenire del 27/12/2008
La parola come principio generativo, ‘legge’ per la creazione del mondo. È questa l’idea centrale che anima la poesia della svedese Birgitta Trotzig, intensa protagonista della letteratura del suo paese nel Novecento e oltre.
Un’autrice, nata a Goteborg nel 1929, fin da giovanissima dedita alla scrittura e fin da giovane convertita alla fede cattolica, in cui la forte dimensione religiosa ha segnato a tal punto la scrittura da creare una sorta di fusione fra i generi, attraverso uno stile visionario in cui la potenza generativa della parola si esprime creando immagini e metafore vertiginose, senza distinzioni asfittiche fra prosa e poesia.
Daniela Marcheschi ne ha adesso tradotto curato con affettuoso rigore un’edizione complessiva per Mondadori, che raccoglie, con ricche scelte antologiche, tutti i principali libri poetici di Birgitta Trotzig. E ha il valore aggiunto di un dialogo costante fra traduttrice e autrice. Il titolo, Nel fiume di luce, sintetizza bene la potenza visionaria di questa poesia che, per certi aspetti, somiglia a quella del Dante paradisiaco, quando descrive i più alti luoghi dei beati, dove le presenze individuali si fondono e trasformano in una continua mutazione di forme luminose.
Così, come nel contrapporsi che è anche un fondersi fra bene e male, la poesia e la prosa di Trotzig sembrano partecipare dell’energia che ha dato origine all’universo, ne sono la prova letteraria, per così dire. E se le sue poesie tendono ad assumere ritmi prosastici, con versi lunghi e immagini complesse che si dipanano in ampi spazi sulla pagina, anche nei suoi romanzi, per ora non tradotti in Italia, gli stessi temi e gli stessi ritmi della poesia trovano dimora. Come in Levande och doda (‘Vivi e morti’), dove luce e ombra, vita e morte coesistono mostrando come nella materia misteriosa che compone l’universo sia proprio la compresenza degli opposti la sostanza, e la scintilla che genera la vita.
Sono riflessioni che ricordano, in parte, l’idea visionaria di un racconto di Borges, La scrittura del dio, il cui protagonista ricorda un’antica tradizione, secondo cui una frase di origine divina, scritta alle origini della terra, avrebbe scongiurato i mali del mondo. Così nella scrittura di Trotzig la parola è essere vivente, perfettamente partecipe della natura dei viventi lettori, e al tempo stesso chiave per accedere al mistero. Lo si comprende dal modo in cui l’autrice lascia muovere le immagini, come se una volta posate sul foglio procedessero con movimento proprio (e Immagini è il titolo del suo libro del 1954), che parlano dei misteri della fede, come nella poesia Getsemani che con incredibile partecipazione emotiva racconta l’inizio della Passione.
O in quella dedicata al ‘Bambin Gesù’ di Praga, ‘travestito nell’abito d’oro scuro da imperatore’, dove la presenza oggettiva del mistero nella realtà quotidiana è filtrata attraverso il ricordo di un viaggio. Infatti l’altro aspetto importante della scrittura di Trotzig, coesistente con la visionarietà, è la sua densa corporeità, la capacità di entrare nella materia del mondo e riviverla, con la stessa intensità con cui penetra senza paura nella dimensione cosmica. Come di un viaggio nell’anima l’autrice può parlare della sua stessa vita, e dell’amore che prova per le terre in cui ha vissuto, tra cui l’Italia, superando i «Confini della parola» (titolo di un altro suo libro, del 1968) grazie al duttile strumento poetico che ha costruito.
Bianca Garavelli
da “Nel fiume di luce” di Birgitta Trotzig
Il viaggio fuori da un’asfissia, la nascita che riduce in pezzi sotto e sopra. Urlo, grido, sillabe. Più nessuna pretesa, nessuna esigenza sopravvissuta, non si dichiara niente su alcunché – si invoca, si rivolge la parola, si elemosina, si scongiura, fastidio, prima nell’invocazione “io”, prima nell’invocazione “vivo”.
Parola, riti, cattedrali, spezzati, infranti, esplosi, sudici. Nel buio, attraverso il buio, grido senza voce, parola rivolta senza labbra. Tutto il tempo “fa ruotare la terra con il suo peso di vivi e morti”.
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Dummer August – Günter Grass – € 12,00 – 2008, 110 p. – Raffaelli (collana Poesia contemporanea)
Questa raccolta nasce come reazione -risposta agli attacchi, spesso molto violenti, che in Germania – ma anche in Italia e un po’ in tutta Europa hanno accolto la confessione di Grass (contenuta nell’autobiografia “Sbucciando la cipolla”) di aver fatto parte per poche settimane negli ultimi mesi di guerra, a diciassette anni, di un’unità delle temute Waffen-SS, corpo elitario dell’esercito tedesco composto da fedelissimi di Hitler (ne abbiamo parlato anche qui). Un evento spiacevole che in qualche modo ha scalfito l’immagine di un uomo e di uno scrittore che fino a quel momento (agosto 2006) si era sempre trovato “dalla parte giusta” ed era considerato la coscienza critica della Germania. Con queste poesie, Grass si difende con le sue armi, quelle del grande scrittore che sa trascendere ampiamente dall’occasione fornita dall’episodio.
Con testo originale a fronte. I traduttori sono Claudio Groff, Claudia Crivellaro, Caterina Barboni, Elena Bollati, Velia Februari e Irene Montanelli.
LA MIA MACCHIA
Tardi, dicono, troppo tardi.
In ritardo di decenni.
Annuisco: sì, ce n’è voluto
prima che trovassi parole
per l’usurata parola vergogna.
Accanto a tutto ciò che mi rende riconoscibile
ora mi rimane appiccicata una macchia,
netta quanto basta
per gente
che indica con dito senza macchia.
Addobbo per gli anni che restano.
O forse si doveva provare il travestimento,
stendere il velo pietoso?
D’ora in poi mi circonderebbe la quiete
in mezzo a rane gracidanti.
Ma già dico sì, no e nonostante.
Non si può mascherare
il torto sanzionato.
Mai troppo tardi ciò che fu ed è
viene chiamato per nome.
La macchia vincola.
(da Dummer August di Günter Grass)
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I LIBRI DEI POETI LETTERATITUDINIANI
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AGGIORNAMENTO DEL 16 GENNAIO 2009
Nel latte della madre
di Filippo Tuena
Prediligo postazioni rialzate,
Battute dal vento, anche se pericolose
Per i colpi vaganti o l’ingordigia dei cecchini
Che prima della fine del turno
Vogliono ancora una volta far centro.
Ma in queste notti arabe
Sono i cumuli di macerie che m’aggradano di più
Perché a volte, sotto, li sento ancora lamentarsi,
Con voce sempre più sottile o insistente pervicacia.
Eppure moriranno entro pochi minuti
Ed è inutile affannarsi a sollevare le pietre,
Scalzare travi, rotolare macigni.
E’ la polvere che li condanna. S’incolla alla gola
O alle ferite sanguinanti e li sigilla come
Statue di gesso o sale. Immobili. Fermàti nel tempo
Come i calchi degli schiavi di Ercolano.
Per esperienza so che, passata l’orda,
Li ritroveranno quando spianeranno le macerie,
Solitamente avvinghiati alle madri.
Del resto il loro mondo era davvero poca cosa:
Un seno un poco avvizzito, un battito rassicurante del cuore.
Askenazita di Bolechov che hai pigiato il bottone,
Palestinese di Hebron che hai caricato il mortaio,
Texano di Dallas che hai il grilletto facile,
Talebano di Kabul che hai il coltello affilato:
Non cucinerai l’agnello nel latte della madre.
Tags: Alfio Patti, Andrea Di Consoli, Birgitta Trotzig, carlo carabba, Caterina Barboni, Claudia Crivellaro, Claudio Groff, Cristina Bove, daniela marcheschi, Domenico Calcaterra, Dummer August, Elena Bollati, Elio Distefano, Franco Romanò, Günter Grass, Irene Montanelli, Leandro Piantini, Marco Gatto, Maria Teresa Santalucia Scibona, mondadori, Nel fiume di luce, Patrizia Garofalo, poeti letteratitudiniani, Raffaelli, renzo montagnoli, Velia Februari
Scritto martedì, 13 gennaio 2009 alle 23:58 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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