martedì, 27 gennaio 2009
PUBBLICARE SENZA LIMITI? IL CASO CÉLINE
Mentre sono ancora in corso le polemiche sul “negazionismo“, e il “giorno della memoria” volge al termine, vi propongo una discussione su un argomento di natura letterario-editoriale che considero piuttosto spinoso e che ha per protagonista Céline.
Vi riporto l’incipit di un articolo di Cristina Taglietti pubblicato sul Corriere della Sera del 10 dicembre 2008:
“Torna in Francia il Céline impubblicabile, quello dei pamphlet antisemiti, scritti dal 1937 al ‘41 e rinnegati in vita dallo stesso autore. “Les éditions de La Reconquête”, casa editrice nata nel 2006 sotto l’egida di Léon Bloy che pubblica testi ultrareligiosi e classici del collaborazionismo francese come Léon Degrelle e Lucien Rebatet, ufficialmente registrata in Paraguay, ha tirato 5.010 copie di “Les beaux draps”, ultimo dei quattro pamphlet (gli altri sono “Bagatelle pour un massacre”, “L’ école des cadavres” e “Mea culpa”), accompagnato da una introduzione di Robert Brasillach su «Céline profeta». Il ritorno, sessantasette anni dopo la sua comparsa nelle “Nouvelles Éditions Françaises”, di un testo alla cui riedizione si sono sempre opposti la vedova dello scrittore, Lucette Destouches (che detiene i diritti) e il suo avvocato François Gibault (biografo dell’ autore di “Viaggio al termine della notte”) ha suscitato in Francia un dibattito che ha diviso la cultura.
Propongo di avviare una discussione anche qui.
Sul caso in questione Alessandro Piperno (lo scopriamo dal suddetto articolo della Taglietti) sostiene che “un testo come questo andrebbe pubblicato con un briciolo di responsabilità contestualizzandolo storicamente. Personalmente (aggiunge Piperno) non c’è quasi nulla che reputi impubblicabile, ma non c’è figura che mi ripugna di più del fanatico ideologizzato, a cui mi sembra sia indirizzato questo genere di operazione. Mi disgusta l’uso che in un certo sottobosco estremista viene fatto di Céline e di altri autori politicamente scorretti”. Moravia – ci ricorda la Taglietti – “in un elzeviro sul «Corriere», all’epoca della pubblicazione in Italia, nell’81, lo bollò come libro infame oltre che noioso e malscritto”, mentre per Giulio Ferroni “dopo molti anni, i documenti degli scrittori, se non sono stati distrutti, possono essere pubblicati”. Erri De Luca, pur considerando Céline “una persona spregevole”, dichiara di essere “favorevole a qualunque tipo di pubblicazione (non posso permettermi di essere contrario a nessuna parola scritta)”. Per Massimo Onofri, invece, “il rifiuto di Céline non è di ordine moralistico, ma si basa sul fatto che la debolezza del pensiero che innerva i suoi romanzi, la sua ideologia così povera, piccina, che allinea tutti i luoghi comuni del più becero antisemitismo non possano produrre grandi libri. La cattiva ideologia non è un reato contro la morale ma contro la letteratura stessa”.
E voi… cosa ne pensate? Provo a porre qualche domanda…
Ritenete che debba esserci un “limite etico” alla pubblicazione di testi?
La “cattiva ideologia” deve trovare spazio in letteratura?
Un testo disconosciuto dallo stesso autore, è di per sé censurabile?
E fino a che punto è possibile separare un testo dal suo autore?
A voi le risposte…
Di seguito potrete leggere l’intero articolo di Cristina Taglietti.
Massimo Maugeri
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CÉLINE antisemita? Va pubblicato
di Cristina Taglietti
Torna in Francia il Céline impubblicabile, quello dei pamphlet antisemiti, scritti dal 1937 al ‘ 41 e rinnegati in vita dallo stesso autore. Les éditions de La Reconquête, casa editrice nata nel 2006 sotto l’ egida di Léon Bloy che pubblica testi ultrareligiosi e classici del collaborazionismo francese come Léon Degrelle e Lucien Rebatet, ufficialmente registrata in Paraguay, ha tirato 5.010 copie di Les beaux draps, ultimo dei quattro pamphlet (gli altri sono Bagatelle pour un massacre, L’ école des cadavres e Mea culpa), accompagnato da una introduzione di Robert Brasillach su «Céline profeta». Il ritorno, sessantasette anni dopo la sua comparsa nelle Nouvelles Éditions Françaises, di un testo alla cui riedizione si sono sempre opposti la vedova dello scrittore, Lucette Destouches (che detiene i diritti) e il suo avvocato François Gibault (biografo dell’ autore di Viaggio al termine della notte) ha suscitato in Francia un dibattito che ha diviso la cultura. Che prima o poi i taccuini incriminati sarebbero stati ripubblicati era dato abbastanza per scontato, ma ha sottolineato Pierre Assouline, giornalista e scrittore, nel suo blog «La République des livres», ci si aspettava che uscissero all’ interno di una «grossa Pléiade Céline». Ed è proprio questo, in fondo, il nocciolo della questione, che riguarda non solo Céline ma tutti quelli che Giovanni Raboni definì i Grandi Reprobi della letteratura: Pound, innanzi tutto, e poi «collaborazionisti effettivi o presunti» come Hamsun, La Rochelle, Brasillach, o tedeschi indiziati di un’ adesione un po’ troppo convinta al nazismo (anche se poi ritirata), come Jünger o Gottfried Benn. «Il punto è che un testo come questo andrebbe pubblicato con un briciolo di responsabilità – dice Alessandro Piperno – contestualizzandolo storicamente. Personalmente non c’ è quasi nulla che reputi impubblicabile, ma non c’ è figura che mi ripugna di più del fanatico ideologizzato, a cui mi sembra sia indirizzato questo genere di operazione. Mi disgusta l’ uso che in un certo sottobosco estremista viene fatto di Céline e di altri autori politicamente scorretti». Piperno non ha letto Les beaux draps, ma ha letto («in fotocopia in francese perché non si trova più nelle librerie») il primo dei pamphlet filonazisti di Céline, Bagatelle per un massacro, che ha definito «un libro schifoso, tanto più perché è scritto con raffinatezza». Moravia in un elzeviro sul «Corriere», all’ epoca della pubblicazione in Italia, nell’ 81, lo bollò come libro infame oltre che noioso e malscritto, mentre il critico Pier Vincenzo Mengaldo nel suo Giudizi di valore parla di «delirante teppismo antisemita», di «gonfio fiume di stupidità perché Céline non impreca soltanto, tenta anche di argomentare». Tuttavia, dice Piperno, «basta leggere la Storia dell’ antisemitismo di Léon Poliakov per rendersi conto che il 90 per cento degli scrittori occidentali da Shakespeare in poi erano antisemiti. Allora non si potrebbe più leggere Voltaire, Balzac, neppure i feuilleton dove l’ ebreo interpretava sempre la parte del bieco figuro… Se ci mettessimo a giudicare i reprobi non leggeremmo neppure Sade, Tolstoj, Baudelaire, tutti in contrasto con le nostre convinzioni liberali. D’ altronde è molto difficile che un grande libro contenga grandi valori morali perché la caratteristica del genio è di rappresentare l’ umanità nella sua dimensione più profonda e quindi anche le grandi miserie e meschinità». Sul fatto che conti soprattutto il contesto della pubblicazione è d’ accordo anche il critico Giulio Ferroni secondo cui è fondamentale che un testo come quello di Céline non venga strumentalizzato ideologicamente ma venga «fatto giocare contro se stesso». Il fatto che poi un testo venga pubblicato anche se disconosciuto dalla stesso autore non è di per sé censurabile. «Dopo molti anni, i documenti degli scrittori, se non sono stati distrutti, possono essere pubblicati». Il «pentimento» dello scrittore non conta molto per Erri De Luca. «Quell’ errore rimane, non è più riparabile, come non è riparabile l’ adesione di Günter Grass alle Waffen SS. Tuttavia Céline è l’ autore di un grandioso libro, capace di raccontare come pochi altri l’ esperienza di quella generazione, Viaggio al termine della notte, anche se le sue opinioni, il suo comportamento lo hanno squalificato ai nostri sensi. Personalmente lo considero una persona spregevole, ma purtroppo sono favorevole a qualunque tipo di pubblicazione, non posso permettermi di essere contrario a nessuna parola scritta». Anche Massimo Onofri parte dal presupposto che si possa, anzi si debba, pubblicare tutto. Però, dice, «anche su questa celebrazione dello stile di Céline metto un punto interrogativo. Ci sono almeno venti scrittori, suoi coetanei, più significativi di lui. Il rifiuto di Céline non è di ordine moralistico, ma si basa sul fatto che la debolezza del pensiero che innerva i suoi romanzi, la sua ideologia così povera, piccina, che allinea tutti i luoghi comuni del più becero antisemitismo non possano produrre grandi libri. La cattiva ideologia non è un reato contro la morale ma contro la letteratura stessa».
Cristina Taglietti
Il Corriere della Sera del 10 dicembre 2008, pag. 41
Tags: cattiva ideologia, céline, cristina taglietti, pubblicare
Scritto martedì, 27 gennaio 2009 alle 22:08 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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