giovedì, 26 novembre 2015
OMAGGIO A ELSA MORANTE
Ieri, 25 novembre 2015, ho ricordato la ricorrenza del trentesimo anniversario della morte di ELSA MORANTE riproponendo la puntata radiofonica di “Letteratitudine in Fm” andata in onda venerdì 8 marzo 2013 dedicata, per l’appunto, alla vita e alle opere di questa nostra grande scrittrice. Ospite: Graziella Bernabò, autrice del volume “La fiaba estrema. Elsa Morante tra vita e scrittura” (Carocci).
Nei prossimi giorni pubblicherò un’intervista a Sandra Petrignani incentrata sul volume “Elsina e il grande segreto” (edito da Rrose Sélavy).
Qui di seguito, invece, ri-propongo il post (e il dibattito che ne è seguito) pubblicato in occasione del venticinquesimo anniversario della morte della Morante (con un contributo di Paolo Di Paolo).
Il post è aperto per altri eventuali nuovi contributi.
Grazie di cuore in anticipo per l’attenzione.
Massimo Maugeri
* * *
VENTICINQUE ANNI DALLA MORTE DI ELSA MORANTE
(post del 30 novembre 2010)
Periodo di “ricorrenze letterarie”, questo. Nelle scorse settimane abbiamo avuto modo di ricordare Italo Calvino e Pier Paolo Pasolini.
Con questo post vorrei che ci occupassimo di Elsa Morante, scomparsa venticinque anni fa (per l’esattezza il 25 novembre del 1985).
La Morante – nata a Roma il 18 agosto 1912 – è senz’altro una delle più importanti autrici italiane dal dopoguerra a oggi. Basti pensare a opere come il suo romanzo d’esordio, “Menzogna e sortilegio” (pubblicato nel 1948 e vincitore del Premio Viareggio); “L’isola di Arturo” (pubblicato nel 1957 e vincitore del Premio Strega); “Il mondo salvato dai ragazzini” (opera mista di poesia, canzoni e una commedia, pubblicato nel 1968); e poi “La Storia” (pubblicato nel 1974: grande successo internazionale, anche se non mancarono critiche dure da parte di alcuni critici). Il suo ultimo romanzo, “Aracoeli”, fu pubblicato nel 1982.
Vi invito a discutere sulle opere e sulla figura di questa grande autrice (e pongo le solite domande volte a favorire la discussione)…
1. Che rapporti avete con le opere di Elsa Morante?
2. Qual è quella che avete amato di più?
3. E l’opera della Morante che ritenete più rappresentativa (a prescindere dalle vostre preferenze)?
4. Tra le varie “citazione” della Morante di cui avete memoria… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?
5. A venticinque anni dalla morte, qual è l’eredità che Elsa Morante ha lasciato nella letteratura italiana?
Qualunque tipo di contributo sulla vita e sulle opere di Elsa Morante (citazioni, stralci di brani, considerazioni, recensioni, link a video e quant’altro) è gradito.
Siete tutti invitati a intervenire, dunque.
Vi ringrazio anticipatamente per la partecipazione.
Di seguito, un video dedicato alla Morante.
Massimo Maugeri
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Aggiornamento del 3 dicembre 2010
Ringrazio Paolo Di Paolo, per avermi invato il pezzo che segue (dedicato alla memoria di Elsa Morante).
Massimo Maugeri
IL CONTRIBUTO DI PAOLO DI PAOLO SU ELSA MORANTE
Com’è strano, inatteso, questo silenzio. Sì, d’accordo, gli anniversari sono tanti e questo non è tondo. Ma dietro alla scarsa attenzione che ha destato il venticinquennale della morte di Elsa Morante, qualche ragione deve pur esserci. All’indomani di quel 25 novembre 1985, il critico Luigi Baldacci prendeva congedo dalla scrittrice ricordando come la malattia, nell’ultimo periodo, l’avesse tenuta a lungo «fuori dalla militanza letteraria; ma non era una dimenticata. Tutt’altro. Anzi, un mito resistente». Lo è ancora. Una storia della letteratura novecentesca non solo italiana non può fare a meno di lei. I suoi romanzi vengono letti; il suo nome e le sue storie non sono del tutto assenti dalle aule scolastiche. No, non è una dimenticata. E tuttavia il suo mito appare lontano, inattuale, quasi inservibile alle celebrazioni occasionali. Sembra, la sua assenza, molto più lunga. Come per i veri classici, la sua opera poco si presta alle attualizzazioni giornalistiche. Vi è in essa qualcosa di indocile, di solido, al punto da non piegarsi al richiamo del presente.
Rispondendo a un’inchiesta sul romanzo, nel 1959 criticava duramente i romanzieri («mediocri e falsi») impegnati ad apparire nuovi e moderni ai propri contemporanei, «mentre che il poeta vero sente (anche se non lo sa) che molti dei suoi lettori devono ancora nascere, e che la sua realtà è vera per sempre». Il «per sempre» di Elsa Morante non somiglia all’ambizione comune a molti che scrivono: non è, o non è solo, la volontà e la speranza di restare. È qualcosa di diverso e di raro. Come Elisa nelle prime pagine di Menzogna e sortilegio, Elsa pure avrebbe potuto scrivere di sé: «Il mio tempo e il mio spazio, e la sola realtà che m’apparteneva, eran confinati nella mia piccola camera». La camera della mente, certo, e della scrittura; la straordinaria camera della fantasia e delle visioni che rendono la fisionomia anche solo culturale di Morante imprendibile, quasi aliena al paesaggio letterario a lei coevo. La qualità della sua immaginazione – così potente, vorticosa, sovraccarica, stravolta come il vento che si alza su Almeria nel romanzo Aracoeli – non pare sensibile al «qui e ora»; sta altrove, remota e chiusa in sé, come una prigione e come un’isola.
Se un «frutto fuori stagione» poteva apparire, ai lettori del 1948, un romanzo-romanzo (o «l’ultimo romanzo possibile, l’ultimo romanzo della terra», come pretendeva l’autrice) Menzogna e sortilegio, cos’è – dell’opera di Morante – che non appare altrettanto fuori stagione, controtempo? Più ancora che il tempo della Storia, è quello della biologia, il tempo dei suoi romanzi: un sovra-tempo o non-tempo dove tutti i tempi si mescolano e si cancellano.
Non rispondono ad alcun calendario preciso Menzogna e sortilegio, o L’isola di Arturo, Aracoeli. E perfino La Storia, pure così carico di date, si apre con un «…19**» e si chiude con una valanga di puntini di sospensione: «…e la Storia continua…». Il tempo del corpo, del dolore, il tempo dei sentimenti in genere, e più di ogni altro il tempo dell’innocenza oltraggiata – la realtà «vera per sempre» – incrociano le strettoie degli anni e delle epoche, ma non appartengono ad esse. La felicità è impossibile, nel mondo: per gli uomini come per gli altri animali, per Iduzza come per il coniglio dei Marrocco. Tutti destinati a sparire, a finire in niente. Lo scandalo è crescere, è invecchiare. Lo scandalo è diventare adulti, è corrompersi. Confessa Manuel in Aracoeli: «La pubertà, ossia l’ingresso nell’età virile (la sagra onorifica dei Greci e dei Romani) per me fu un evento avverso: giacché in verità io non volevo crescere e mi pareva scandaloso farmi uomo. Le trasformazioni corporee della virilità mi sgomentarono al modo di un’usurpazione oltraggiosa». Prima di conoscere la realtà vera per sempre, prima di sapere che «fuori del limbo non v’è eliso», prima che Arturo lasci la sua isola, lì, nella «piccola età felice» delle canzoncine, dei «beati bacetti», la felicità è un’invenzione possibile: «SONO FELICE! (…) Come una prepotenza, la mia gioia invadeva la luce, lo spazio, ogni angolo della casa, anche il più polveroso ripostiglio».
Prima di Aracoeli, ogni pagina di Elsa Morante vibrava del conflitto tra la felicità dell’isola, delle isole, e ciò che tenta di corromperla e la corromperà. Tra gli occhi del bambino Useppe e le ombre che già vi si riflettono. «Che cos’altro può essere la Storia, per la Morante, se non tutto ciò che si trova fuori dall’Isola di Arturo?» si è chiesto Cesare Garboli.
In Aracoeli, l’ultimo romanzo, l’innocenza stupida dell’infanzia è invasa da quella ancora più stupida degli adulti. Inventare la felicità, la felicità guagliona e intrigante con cui per un attimo si era creduto perfino di poter salvare il mondo, è diventato impossibile. Manuel assume voce leopardiana. Rimprovera a sua madre di averlo dato alla luce. «Tu rimàngiami» la implora. Le lacrime non sanno più di cannella, come una volta. Adesso mamma Aracoeli è morta, si è «dileguata come una ladra», e Manuelito vive questa morte come un tradimento: «mi ritrovo qua, solo e nudo, davanti a questo ropero de luz – espejo de cuerpo entero, il quale mi butta in faccia, senza cerimonie, la mia forma reale». «Ma tu, mamita, aiutami». Nella solitudine dell’età adulta e corrotta ha saputo tutto, vuole tornare indietro, tornare nell’utero. Ha conosciuto l’oltraggio. La condanna al bisogno di carezze, che non salvano: «Orfani e mai svezzati, tutti i viventi si propongono, come gente di marciapiede, a un segno altrui d’amore» – le dive, i potenti, perfino i kamikaze. Forse solo i giovani belli e i taumaturghi possono riscattarsi. E i poeti, dice Manuelito. Nella corruttibilità del mondo e di tutto, si spendono per dare forma a qualcosa di incorruttibile come un’opera – con la sua realtà indocile, dolorosa, inattuale e perciò eterna, «vera per sempre».
Paolo Di Paolo
Tags: anniversario, elsa morante
Scritto giovedì, 26 novembre 2015 alle 19:30 nella categoria A A - I FORUM APERTI DI LETTERATITUDINE, EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, OMAGGI, RICORRENZE, ANNIVERSARI E CELEBRAZIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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