domenica, 18 marzo 2007
LA RIVOLUZIONE INTERNET… E PASOLINI
Da un po’ di tempo mi domando fino a che punto Internet abbia modificato le nostre esistenze, le nostre abitudini, il nostro modo di relazionarci al mondo della comunicazione, dell’informazione, dei media. Ed è una domanda che mi pongo soprattutto da quando il Gruppo L’Espresso ha inserito Letteratitudine tra i propri blog d’autore.
Sul fatto che Internet sia una vera rivoluzione – la più grande da Gutenberg in poi – non c’è alcun dubbio (con i suoi pro e i suoi contro).
Sono convinto che nel tempo – ma il processo è già avviato – il web fagociterà tutti i mezzi di comunicazione. Il futuro massmediatico, a mio modo di vedere, sarà un sistema integrato che avrà al centro la Grande Rete. Televisioni e testate giornalistiche cartacee non possono far finta di nulla. E infatti si stanno preparando per affrontare le nuove sfide. Il progetto Repubblica Tv, per esempio, va proprio in questa direzione.
Certo, rimane da interrogarsi sulle possibili evoluzioni del fenomeno (sulle sfaccettature) in modo da potersi adattare ai cambiamenti con tempestività.
Per esempio, quale sarà il ruolo dei blog negli anni che verranno? È un fenomeno temporaneo? È una moda che tenderà ad affievolirsi fino a scomparire? Oppure più che una moda è il frutto di una esigenza che finirà con il consolidarsi? Molti blogger getteranno la spugna per stanchezza, per noia, perché i risultati ottenuti saranno inferiori alle aspettative? Sopravvivranno solo i migliori? Gli highlander della rete? O, come ha sostenuto Geert Lovink, i blog rappresentano un artefatto decadente attraverso cui il modello dei media di massa sta vivendo il suo declino?
Tempo fa Monica Maggioni mi ha rilasciato un’intervista in occasione dell’uscita del suo libro «La fine della verità». Ne ho approfittato per chiederle qual è stato – a suo giudizio – il ruolo dei blog nell’ambito della guerra in Iraq. La giornalista mi ha risposto che a un certo punto del conflitto “molti blog sono diventati per gli iracheni l’unica possibilità di racconto. Poi adesso, che per i giornalisti, e in particolare per i giornalisti occidentali (ma non solo), diventa difficile o impossibile raccontare da dentro il conflitto iracheno, i blog sono proprio le voci che arrivano dall’interno della storia. Quelle che altrimenti non si potrebbero sentire.”
E già questo mi pare molto significativo.
Per quanto concerne i blog letterari segnalo un’interessante monografia firmata da Mauro Novelli e pubblicata su “Tirature ‘06″ (a cura di V. Spinazzola, Il Saggiatore, 2006) dal titolo: “La critica al tempo dei blog“. Tra le altre cose Novelli scrive: “L’esplosione del fenomeno blog, sorto da noi col nuovo millennio, da tempo ha investito in pieno i territori della critica. (…) È chiaro a tutti che siamo in un periodo di transizione, alle prese con un gigantesco cambio di paradigma nell’accesso all’informazione. In ambito letterario si resta perciò delusi di fronte ai tanti che reagiscono limitandosi a celebrare con dolenti epicedi la presunta morte della terza pagina d’un tempo, che – detto per inciso – non ha avuto tra le sue qualità quella di aprirsi alla cerchia dei lettori che la scolarizzazione ha nel frattempo reso virtualmente interessati. (…) I litblog, viceversa, (…) riuscirebbero a intercettare un pubblico finora trascurato o vilipeso. Avrebbero insomma una funzione democratizzante (…)”.
In merito alle possibili evoluzioni dei blog letterari mi pare molto significativo un bel post scritto da Loredana Lipperini su Lipperatura.
Del resto Internet sta condizionando anche il mercato dell’editoria. Ci sono editori, ad esempio, che hanno deciso di adottare il cosiddetto copyleft consentendo di scaricare gratuitamente interi romanzi che possono (o che potranno) essere acquistati in forma cartacea. È il caso, giusto per fare due nomi, di Alberto Gaffi – con la sua casa editrice – e di Giulio Mozzi – con vibrisselibri – che ho intervistato qualche giorno fa (potete leggere l’intervista cliccando qui).
Abbiamo già avuto modo di discutere di casi di editoria print on demand. Di recente, peraltro, anche un autore noto come Giuseppe Genna ha deciso di utilizzare il canale Lulu (Genna ha anche consentito ai suoi lettori di scaricare il libro in questione – “Medium” – gratuitamente dal suo sito).
E in questi giorni è venuto alla luce il nuovo progetto/romanzo di scrittura collettiva dei Wu Ming: Manituana.
Torniamo al concetto di sistema di comunicazione integrata. A un certo punto potrebbe venirmi in mente di citare Pier Paolo Pasolini e di riportarvi il suo pensiero relativo ai medium di massa (come li chiamava lui). Potrei ricordare cosa Pasolini pensava della televisione. Solo che, anziché riportare il testo di un intervento, potrei fare in modo di farvi sentire la sua voce e farvi vedere il suo volto… mentre parla.
Potrei scrivere per esempio (rivolgendomi a chi dispone della connessione veloce e possiede un pc dotato di altoparlanti): “Per favore, cliccate sul simbolo play in basso a sinistra nel riquadro sottostante”.
Avete ascoltato e visto il video?
Pasolini – lo avete sentito – sosteneva che “la televisione è un medium di massa. E un medium di massa non può che mercificarci e alienarci“. E poi che “nel momento in cui qualcuno ci ascolta sul video ha verso di noi un rapporto da inferiore a superiore; che è un rapporto spaventosamente antidemocratico.”
Domanda. Cosa penserebbe Pasolini di Internet, considerando che il web – a differenza della televisione – crea rapporti democratici? E poi… come medium di massa, anche Internet non può che alienarci e mercificarci?
Di recente è uscito in libreria un volume molto interessante edito da Donzelli. L’autore è il giornalista della Stampa Vittorio Sabadin. E il titolo è «L’ultima copia del New York Times».
Nel primo capitolo Sabadin cita Rupert Murdoch, il più importante editore del mondo. “Il mondo sta cambiando molto in fretta” dice Murdoch. “Chi è grande non sconfiggerà più chi è piccolo, ma chi è veloce batterà quelli che sono lenti.”
L’elemento chiave, secondo Murdoch, è la velocità. Giocare d’anticipo. Saper leggere il proprio tempo (leggere il proprio tempo… in tempo, aggiungerei io). Ed ecco cosa Murdoch pronunciò il 12 marzo del 2006, nell’ambito di una conferenza alla Worshipful Company of Stationers and Newspaper Makers di Londra. Il tema era il futuro dell’informazione scritta: «Le società o le compagnie che sperano che un glorioso passato le protegga dalle forze del cambiamento guidate dall’avanzante tecnologia falliranno e cadranno. Una nuova generazione di consumatori di media è davanti a noi e chiede di ricevere informazioni quando le vuole, dove le vuole e come le vuole. C’è solo un modo, utilizzare le nostre competenze per creare e distribuire un contenuto dinamico e brillante. Ma i giornali dovranno adattarsi, perché i loro lettori ora chiedono di ricevere notizie su una gran varietà di piattaforme: siti web, iPods, telefonia mobile, laptop. Credo che i quotidiani avranno ancora molti anni di vita, ma sono anche convinto che nel futuro l’inchiostro e la carta saranno solo uno dei molti modi con i quali comunicheremo con i nostri lettori».
Nel testo Sabadin sottolinea che: “Probabilmente, l’unica e vera e banale ragione per la quale i giornali vendono meno copie è che nessuno ha più tempo di leggerli”. E poi che: “Nel bilancio di una famiglia, buona parte delle risorse economiche che una volta venivano utilizzate per l’acquisto di giornali è ora destinata a pagare le bollette telefoniche dei figli, le connessioni a linee veloci per il web, gli abbonamenti alle tv tematiche. Rispetto ai loro nuovi concorrenti, i giornali sono rimasti molto indietro: sono lenti, costosi da produrre, difficili da consumare. Richiedono tempo e impegno, molti sono ancora in bianco e nero, come un secolo fa. (…) Nell’autunno del 2006, il New York Times riduceva le previsioni dei propri introiti di oltre il 30 per cento e il glorioso Boston Globe, chiudeva l’anno con la peggiore performance della sua storia, dovuta, secondo gli analisti, al fatto che ormai quasi l’80 per cento delle case di Boston avevano un collegamento a Internet a banda larga. Mentre i giornali americani annunciavano l’ennesimo calo di copie vendute, il numero dei visitatori ai loro siti Internet cresceva del 25 per cento, i siti web del mondo superavano i 100 milioni, registrando un incremento del 100 per cento in meno di due anni, e il motore di ricerca Google, realizzato con 10.000 dollari presi in prestito da un emigrato russo, Sergey Blin, dichiarava il sorpasso nella raccolta pubblicitaria in Gran Bretagna della televisione Channel 4, la seconda del paese.”
Sul Magazine del Corriere della Sera del 15 marzo 2007 è stata pubblicata un’intervista a Vivian Schiller, General Manager del New York Times online, che è oggi considerata la donna più potente del web. La Schiller, tra le altre cose, ha dichiarato: “Noi del Times non consideriamo giornale cartaceo e giornale web come antagonisti in gara per distruggersi l’un l’altro ma come due forze complementari. (…) Ciò che rende le nostre chat room e i nostri forum unici è l’avere i lettori più colti, curiosi e intelligenti del mondo. (…) Le loro opinioni hanno elevato enormemente il livello e la qualità del nostro sito. (…) E crediamo molto anche nei blog: ne abbiamo oltre 30, la loro qualità è elevata come il resto, ma sono più veloci e immediati“.
Infine tiro in ballo la rubrica Contrappunto di Riccardo Chiaberge (cfr. Domenicale de Il Sole-24Ore del 4 marzo 2007) , dalla quale apprendiamo che secondo la scrittrice Antonia Byatt “saremo governati da una sorta di populismo del consenso: opinioni e scelte politiche dettate da blog, siti web e focus group“.
Credo che i temi che sto tentando di affrontare siano seri e non possano essere trascurati.
Ecco perché vorrei aprire qui un dibattito a largo raggio.
Mi piacerebbe discutere con voi sul futuro dell’informazione e della comunicazione. In generale. E della reale possibilità di “fare cultura vera” attraverso la rete e attraverso i blog. Sulle opportunità e sui limiti. Sugli scenari futuri.
E mi piacerebbe coinvolgere i responsabili delle testate giornalistiche e dei gruppi editoriali (a cominciare da quello che ospita questo sito); così come i giornalisti (televisivi e della carta stampata), gli scrittori, gli editor, gli editori, i critici letterari, ecc.
Sarebbe davvero interessante – e indicativo – se un dibattito serio e articolato sulle suddette tematiche riuscisse a svilupparsi con successo proprio su un blog.
Confido in un’ampia partecipazione. Soprattutto da parte di coloro che sono particolarmente attenti e attrezzati per riuscire a destreggiarsi nell’ambito di scenari caratterizzati da alta velocità, ipertecnologia e multimedialità.
Dunque, ricapitolando, il dibattito verte sui seguenti punti (tra loro strettamente connessi):
- Internet come motore centrale di un sistema di comunicazione integrato;
- Internet e il futuro della televisione;
- Internet e il futuro dell’informazione cartacea;
- Il futuro dei blog (e dei blog letterari in particolare);
- Internet come medium di massa, ma democratico.
C’è parecchia carne al fuoco, ma non spaventiamoci…
Vi lascio con la domanda: cosa penserebbe Pasolini di Internet?
Parafrasando Bob Dylan (la risposta sta soffiando nel vento) mi verrebbe da dire: la risposta sta circolando nella rete.
A voi la parola.
Massimo Maugeri
Scritto domenica, 18 marzo 2007 alle 21:37 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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