Esiste l’anima?
È davvero immortale?
Qual è il suo destino? È più un destino di salvezza o di perdizione?
Ve lo siete mai chiesti?
Che risposte vi siete dati?
Inizio questo post in modo bruciante, ponendo delle domande brucianti su un argomento – giusto per rimanere in tema – scottante (da sempre, direi).
“L’anima è il suo destino” è il titolo di un recente libro pubblicato da Vito Mancuso (nella foto), docente di Teologia moderna e contemporanea presso la facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano (Mancuso ha già pubblicato i volumi: Il dolore innocente , Mondadori, 2002 e Per amore, Mondadori, 2005).
Un libro che, criticando alcuni dogmi consolidati, affronta l’interrogativo fondamentale che da sempre inquieta la mente degli uomini: se esiste e come sarà la vita dopo la morte.
Questo post, peraltro, coincide con una nuova puntata de “Il sottosuolo”: rubrica di Ferdinando Camon.
Lo stesso Camon, infatti, mi ha proposto l’interessantissimo pezzo che leggerete di seguito.
Dal pezzo si evincono domande classiche sul “dolore degli innocenti”: un bambino nasce cieco, dov’è Dio? la sua giustizia e la sua sapienza?
Subito dopo avrete la possibilità di leggere la recensione del libro proposta da Wuz.it.
A voi la parola!
Massimo Maugeri
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IL SOTTOSUOLO (rubrica di Ferdinando Camon)
In Paradiso dopo Dostoievski: luci e musica, ma i bambini piangono
È un caso letterario: un libro di teologia, che modifica profondamente ciò in cui crede il cattolico, sale in classifica, ci resta, e apre un appassionato dibattito in Internet. Un libro di altissima consolazione, sia per chi crede sia per chi non crede. Fila dritto come un missile verso la tesi che tutti avremo la salvezza, solo chi la rifiuta si perderà, dunque la perdizione è una scelta consapevole e tenace. Leggendo questo libro (che in molti punti, anche centrali, si può non condividere; io non lo condivido; ma è comunque un’opera di vasta cultura), pensavo continuamente ai due ultimi racconti di Philip Roth, “Everyman” e “Patrimonio“. Qualcuno ha scritto: il papa non deve preoccuparsi di Odifreddi e compagni, sono atei gelidi, il loro gelo è un disamore che il lettore ricambia con disamore; l’autore che davvero uccide la speranza è Philip Roth. È vero. In quei due libri di Roth tutto è morte, Dio non c’è, il personaggio di “Everyman” passa di ospedale in ospedale (lui e le sue donne) e infine visita un cimitero, e s’informa su come si scava una tomba, e dà una mancia al becchino: gli paga in anticipo il lavoro che farà per lui. Quando chiudi il libro, è come se tirassi il coperchio della bara su di te. Mancuso risponde con questa esplosione di luci e di musiche: tutto è Dio, la morte non c’è. Sulla teologia di Mancuso, docente all’università San Raffaele di Milano, Google raccoglie in questo momento 225.000 voci. Il punto su cui il dialogo lettori-Mancuso si fa più drammatico, è il dolore degli innocenti: un bambino nasce cieco, dov’è Dio? la sua giustizia e la sua sapienza? In risposta Mancuso introduce una variazione profonda nel concetto di creazione, pensa che la creazione non è finita, il mondo è in costruzione, la natura che lo produce è sapienza perché il suo disegno finale è buono, ma è cieca, vede l’insieme ma non i singoli, sugli individui può sbagliare e sbaglia, ma la sua benignità si vede dal fatto che nei genitori degli innocenti infelici non cala ma accresce la carica d’amore. Di più: per gli innocenti che nascono incapaci d’intendere, l’anima spirituale si forma per simbiogenesi, i genitori fondono la propria anima con quella del figlio, e in questa fusione si travasa amore e conoscenza. Quei figli (Mancuso lo dice col titolo dell’ultimo libro di Pontiggia) sono “nati due volte”. Sono le pagine più turbate. Ne esco ammirato, ma non pacificato.
Il sistema salvifico di Mancuso è diverso, e in parecchi punti contrario a quello della chiesa cattolica. Mancuso ha orgoglio e paura di questa diversità e contrarietà. Paura: richiama continuamente la sua formazione di figlio che non vuole trovarsi fuori della casa. Orgoglio: sottolinea la sua opposizione verso concili, bolle, documenti, anche di Ratzinger-Benedetto. Tra l’altro, sul tema della verità, chi la possiede, dove sta. Insomma, il principio dell’”extra ecclesiam nulla salus”. Imposto dal concilio di Trento (con scomunica ai renitenti), cancellato dal Vaticano II, reimposto da Ratzinger nel 2000, Mancuso “osa” contraddirlo con radicale violenza. Un coraggio benefico, in tempo di dialogo multireligioso. Quel principio non è che spegne il dialogo, non gli permette neanche di nascere. M’è sfuggito “osa” come s’io fossi un cardinale: alle mie spalle, qui nella stanza dove scrivo, tengo affissa al muro in fotocopia l’”abjuratio Galilei”, perché mi sembra il crocevia da cui parte ogni libertà di giudizio (anche letterario). Mancuso afferma che se così è, se si salva solo chi è “intra”, allora la venuta di Gesù è stata una disgrazia per l’umanità, perché ha dannato tutta quella che sta “extra”. Essenzialmente, in questo libro Mancuso tratta i Novissimi, morte-giudizio-inferno-paradiso. Ne cancella tre e ne lascia uno, il Paradiso. “Le anime del paradiso sono luce – ho visto che anche Franco Cordelli è rimasto affascinato da questa descrizione -, ma sono anche musica, perché l’essere divino è personale e ha un linguaggio”. Ripenso alla luce e alla musica da una parte, e al dolore degli innocenti dall’altra. Non riesco a metterli in contatto. Infatti, Mancuso li separa: tra Dio e i nati-per-soffrire interpone la Natura, è la natura che sbaglia, e crea con sapienza imperfetta. Dopo Auschwitz, il filosofo Hans Jonas ha ripensato Dio: è buono e onnisciente ma non onnipotente, il male è più grande di lui, lui non ha potuto farci niente. Ho l’impressione che Mancuso faccia la stessa operazione: il creatore è buono e onnipotente, ma non onnisciente, gli sfugge il dolore degli innocenti, non lo conosce. Ivan, nei “Karamazof”, diceva che se gli danno un biglietto per entrare in paradiso, a patto che ammetta il dolore nei bambini (in Dostoievski, essere sbranati dai cani), lui restituisce il suo biglietto d’entrata. Sul dolore degli innocenti, in Google, Mancuso ha 5.580 contatti, e molti sono domande. Con questo articolo, ci metto anche la mia.
Ferdinando Camon
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da WUZ.it
“Non esiste un mondo peculiare della religione, nel quale valgono leggi e possono avvenire cose del tutto differenti rispetto al mondo reale. Non c’è che un unico mondo, e se si crede davvero che la religione cristiana abbia qualcosa di importante da dire quanto all’origine e alla direzione del mondo, e degli uomini che lo abitano, si deve essere in grado di argomentarlo al cospetto del sapere che il mondo ha di se stesso, cioè scienza e filosofia.”
L’autore è docente di Teologia moderna e contemporanea presso la facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano. Non ci troviamo dunque di fronte a un saggio scritto da un osservatore “esterno” ma da riflessioni che nascono dentro la stessa Chiesa, tra chi nella religione, nella fede cattolica vede la proprio vita tanto da metterla al centro dei propri studi e del lavoro.
Eppure in queste pagine l’autore critica direttamente papi e cardinali, attacca scelte e decisioni, traccia un percorso diverso rispetto a quello ufficiale di gran parte della Chiesa, sottolineando in questo modo, più “dolorosamente” e incisivamente di quanto possano fare i non addetti ai lavori, le incongruenze e le devianze rispetto a un cammino teologico rigoroso, capace di affrontare validamente il dibattito scientifico e filosofico.
Il volume non a caso si apre con una bella lettera di un uomo di Chiesa rigoroso, coerente e determinato come il cardinal Carlo Maria Martini, che esordisce con queste parole:
“Hai avuto un bel coraggio a scrivere dell’anima, la cosa più eterea, più imprendibile che ci sia, tanto che si giunge a dubitare che essa esista.”
E poco oltre:
“Penso di sentire parecchie discordanze su quanto tu concludi su diversi punti, ma non posso negare che tu cerchi sempre di ragionare con rigore, con onestà e con lucidità, e che hai il coraggio delle tue idee, dicendo anche apertamente che esse non sempre collimano con l’insegnamento tradizionale e talvolta con quello ufficiale della chiesa. Perciò il tuo libro incontrerà opposizioni e critiche. Ma sarà difficile parlare di questi argomenti senza tenere conto di quanto tu ne hai detto con penetrazione coraggiosa”.
Un libro importante, dunque, e non solo per i credenti, tant’è che è stato pubblicato da Raffaello Cortina nella collana “Scienza e idee” diretta da Giulio Giorello. Leggendolo sembra aprirsi anche a chi non ha fede una finestra di dialogo, come se finalmente la religione possa, in una realtà che, come scrive Mancuso, è una (quella in cui tutti noi viviamo) ammettere le ragioni del laicismo e certe affermazioni della scienza per procedere lungo un percorso di crescita comune.
La chiave d’accesso a questo confronto è uno dei temi più controversi e difficili: l’anima.
Sulla sua esistenza e sulla sua immortalità si ragiona e si dibatte da sempre. Mancuso, nel suo procedere - pur collocandosi nella tradizione metafisica del cattolicesimo -, si basa sul principio che “l’ignoranza sia sempre e solo un male, la luminosità del sapere sia sempre molto meglio dell’oscurità della fede” e dunque affronta in pieno petto quei credenti che ancor oggi pensano che la condizione dell’ignoranza sia un bene perché obbliga in qualche modo a rivolgersi alla fede e alla rivelazione divina.
In questo libro, in sostanza, si ragiona “sull’anima non in quanto misteriosa entità sovrannaturale che giunge dall’alto, ma come qualcosa di naturale, come il principio della vita, come la realtà più concreta che c’è. E – prosegue ancora Mancuso – a partire da qui, dalla concretezza della vita naturale, tenterò di condurre il discorso sulla possibile continuazione della vita al di là della dimensione naturale”.
Il volume si pare con un lungo capitolo dedicato alla Teologia di fronte alla coscienza laica, una premessa anche storica molto importante e che si chiude affermando che l’obiettivo di questo libro sta nel mostrare che “il legame di Dio con l’umanità è basato su una realtà molto più solida che non singoli eventi storici, sia pure gli eventi della morte e della resurrezione di Gesù. Si tratta di un legame ontologico, concernente sia il copro sia l’anima, l’intero della nostra realtà, e che per questo è qualcosa di semplicemente indistruttibile”.
Il testo si sviluppa poi su una serie di capitoli: Esistenza dell’anima (i principi generali), Origine dell’anima (che Mancuso afferma non venire direttamente da Dio e dividersi in anima vegetativa e sensitiva), Immortalità dell’anima (che non conosce argomenti conclusivi né a favore né contro. Mancuso sostiene un argomento cosmologico, nel senso che afferma la “plausibilità dell’immortalità dell’anima” in quanto vede “in essa e nel suo ordine spirituale la più alta organizzazione prodotta dal lavoro dell’universo”), Salvezza dell’anima (un capitolo che si sviluppa sulla domanda “da che cosa deve essere salvata l’anima?” e come), Morte e giudizio (“spunti critici in vista del necessario ripensamento dell’escatologia auspicato dal cardinal Ruini”), Paradiso, Inferno, Purgatorio, Parusia (attesa della sua venuta) e giudizio universale.
La vita eterna, strettamente correlata all’anima, è il principale tema della teologia. Ragionare su di esso in questo modo significa dare nuovi sbocchi alla religiosità, fare i conti col presente “reale” e prepararsi per il futuro.
“Amare la vita. Alla fine tutto sta qui”. E non è davvero poco.
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Extrapost
1. Su “La poesia e lo spirito” potete leggere questa intervista che mi ha rilasciato Dacia Maraini
2. Sul nuovo numero della rivista Inchiostro potete leggere un’intervista del sottoscritto in cui parlo di questo blog
(Massimo Maugeri)
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