martedì, 18 novembre 2008
RESPONSABILITA’ LEGALE DELLA SCRITTURA IN RETE
La libertà individuale, anche di espressione, trova argini nel rispetto altrui.
La suddetta frase la trovate all’interno di una nota dal titolo “Avvertenza” che trovate sulla colonna di sinistra del blog. Si tratta di una dichiarazione di principio in cui credo fermamente.
Sulla destra del blog, invece, all’interno dello spazio “Nota legale, Responsabilità, Netiquette” (sotto “Netiquette”) trovate scritto quanto segue:
“Letteratitudine nasce fondamentalmente come luogo di incontro. Per tale motivo si basa sui principii dell’accoglienza e della cordialità. Il creatore e gestore del blog ringrazia anticipatamente tutti coloro che, con i loro interventi, daranno un contributo a mantenere un clima di accoglienza e serenità.
Naturalmente, nell’ambito delle discussioni proposte, è ammessa la polemica… purché sia sensata, utile e costruttiva; ma sempre entro i limiti dell’assoluto rispetto di persone e opinioni.”
Ecco. Io questo blog lo intendo così.
Credo nei principii dell’accoglienza e della condivisione. E continuerò a crederci.
Ciò premesso, questo post ha una funzione di “servizio”.
Troppo spesso si interviene in Rete con l’errata convinzione di poter scrivere qualunque cosa, dimenticando che accanto ai diritti figurano… “responsabilità”.
Ebbene sì. Scrivere in Rete implica anche responsabilità di natura legale. Non tutti ne sono a conoscenza, e qualcuno talvolta – magari in buona fede – assume un comportamento che potrebbe dar luogo a gravi conseguenze.
E questo è un altro dei motivi per cui spesso intervengo per smorzare i toni. E per invitarvi alla moderazione.
Ho chiesto a Simona Lo Iacono, scrittrice e magistrato, dirigente del Tribunale di Avola (SR), di predisporre un intervento sul tema accennatovi.
Il fine è quello di poter fare chiarezza e soprattutto… informare. Credo sia importante. Per questo chiedo a tutti i miei amici blogger di aiutarmi a divulgare questo post.
Simona Lo Iacono risponderà alle vostre domande di natura tecnica (e lo farà avvalendosi della sua esperienza di magistrato maturata in undici anni di brillante carriera), mentre è invece invitata dal sottoscritto a non replicare a eventuali considerazioni di carattere politico o di altra natura.
Contestualmente avremo modo di discutere del Disegno di Legge Levi, il cosiddetto decreto “ammazzablog”.
Quello che propongo è un dibattito sereno, alla conclusione del quale ciascuno di noi avrà modo di trarre le proprie conclusioni.
Prima di lasciare lo spazio a Simona vi pongo una domanda.
A vostro avviso, quale deve essere (se ci deve essere) il limite della libertà di espressione, peraltro garantita dalla nostra Costituzione?
Vi ringrazio anticipatamente per la collaborazione.
Massimo Maugeri
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COMUNICAZIONE IN RETE. ONORE. REPUTAZIONE.
di Simona Lo Iacono
Il pensiero in rete.
Basta poco. Coincide con un click. Con la pressione sul tasto “invio”. Con la velocità di un guizzo sul mouse. Una misteriosa – e imperiosa – corrispondenza tra riflessione e visione.
Eppure.
Non esiste ancora una radicata coscienza giuridica del rilievo che le opinioni espresse in Rete possiedono. Della velocità con cui si propagano. Dei limiti che incontrano.
E ciò perché lo spazio virtuale viene percepito come un mondo di libertà. Possibilità. Fantasia. Uno spazio franco e di mezzo. Un accesso segreto alle – altrimenti – impossibili esplicazioni dell’anima.
La comunicazione in Rete assume molte vesti. Siti web. Chatline. E-mail. E, per ciò che più da vicino ci riguarda, newsgroup.
Il newsgroup è un’area virtuale dove si lasciano (si “postano”) messaggi per partecipare a forum di discussione su argomenti determinati. Collegandosi al newsgroup i vari partecipanti interagiscono come in una conversazione reale. Spesso rimandando “botta e risposta”. Esprimono le proprie opinioni e lanciano dibattiti.
I sociologi stimano il newsgroup una delle maggiori fonti di informazione specializzate, vista la comunanza di interessi tra i soggetti che lo frequentano.
I frequentatori infatti inviano i propri messaggi al server che – a titolo gratuito o a pagamento – ospita i contenuti ricevuti e li rende fruibili a chi vi ha accesso. L’accesso è gestito dal Webmaster che provvede all’amministrazione e alla gestione del sito, sovrintende al suo regolare funzionamento, si occupa di organizzare graficamente i messaggi ed, eventualmente, svolge funzioni di filtro sul contenuto dell’informazione.
Si tratta di tipologie “sociali” del tutto nuove e non ritualmente organizzate, prive di un codice di comportamento ma ispirate a regole di stampo consuetudinario, una sorta di “consuetudine telematica” (netiquette) che ha valore non giuridico ma “etico”. Le regole di queste “società virtuali” diventano però più pregnanti ove i newsgroup siano “moderati” da un soggetto deputato al controllo del contenuto dell’informazione, prima che sia resa accessibile ai partecipanti. In questo caso i frequentatori si attengono alle direttive impartite dal “moderatore” e “organizzatore” del sito.
Da un punto di vista giuridico però deve porsi assolutamente in rilievo che tali nuove forme di comunicazione rientrano a pieno titolo nella nozione di “ogni altro mezzo di diffusione” dell’art. 21 della Costituzione nonché nella previsione dell’art. 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo che garantisce la libera manifestazione del pensiero.
Tale libertà – in quanto esplicazione primaria della personalità dell’individuo – può trovare un limite e un contemperamento solo nel rispetto dell’altrui libertà e nell’altrui esplicazione della propria personalità. Ecco perché anche in Rete – e soprattutto in Rete – deve essere riconosciuto il pieno rispetto dei diritti della persona: il diritto al nome, all’immagine, all’onore, alla reputazione, alla riservatezza e all’identità personale.
Se Internet infatti è, per eccellenza, il luogo della democraticità e della libertà, di contro possiede caratteristiche quali la sua ATERRITORIALITA’ E VELOCITA’ che consentono una maggiore lesività (rispetto ai mezzi tradizionali) sull’onore e la reputazione altrui.
Le casistiche giudiziarie dimostrano infatti che la percezione collettiva di una ingiuria o una diffamazione a mezzo Rete ha un’incidenza sul soggetto leso pressoché irrimediabile e irreversibile, proprio per l’impossibilità di riparare a un danno che non ha limite spaziale né temporale.
Ciò che maggiormente può essere compromesso in rete sono infatti i “classici” beni dell’onore e della reputazione, come già riferito. È noto che si tratta di due beni della persona che hanno ricevuto giuridico riconoscimento sin dalla tradizione romanistica e che il legislatore penale del 1930 si è preoccupato di tutelare adeguatamente, costruendo i due reati di ingiuria (art. 594 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.) proprio intorno alle due distinte nozioni.
Secondo l’opinione tradizionale, l’onore consiste nel sentimento che il soggetto ha di sé e del proprio valore, mentre la reputazione nel sentimento che di tale soggetto ha la collettività. Mentre il primo viene leso solo in caso di offese rese in presenza del destinatario, il secondo può essere leso solo in caso di offese fatte in presenza di altri: la presenza del destinatario segna dunque il confine tra le due figure di reato.
Si tratta in entrambi i casi di comportamenti ben configurabili in Rete, ove semmai, data la aterritorialità sopra indicata, il problema riguarda la difficoltà di stabilire quale sia il tribunale competente a decidere (difficoltà superata da alcuni tribunali di merito – cfr. Lecce – con il luogo in cui è ubicato il server).
C’è ancora da rilevare che la condotta antigiuridica sopra evidenziata – e spesso perpetrata a mezzo stampa – in Rete assume gravità assai maggiore. Non solo, come si è detto, per la velocità di diffusione del mezzo, ma altresì per l’impossibilità di applicare alla Rete le scriminanti del diritto di cronaca. Infatti il diritto di esprimere il proprio pensiero in Internet e di diffondere informazioni – se espresso da un privato in newsgroup – non è assimilabile all’esercizio del diritto di cronaca, non essendo svolto da un soggetto – il giornalista – che esercita una attività di natura professionale.
La partecipazione a newsgroup invece si caratterizza per occasionalità e può essere svolta anche da tipologie di persone che non svolgano attività giornalistica in modo professionale.
Deve infine osservarsi che la condotta di diffamazione ha rilevanza anche civilistica e – anzi – ha un campo applicativo anche più vasto della fattispecie penale. Infatti in sede civile da un lato assumono giuridico rilievo, ai fini risarcitori, anche le condotte diffamatorie colpose (mentre in penale solo quelle dolose), dall’altro la lesione alla reputazione si ritiene perpetrata anche se l’offesa è avvenuta comunicando con una sola persona e anche se il fatto si è verificato a seguito di provocazione (che, in ambito penale, opera come un’esimente che esclude la punibilità).
In conclusione: il mondo della Rete non si sottrae alle regole che disciplinano la tutela dei diritti della persona e, anzi, si pone come un campo privilegiato – data la sua diffusione e aterritorialità – per la perpetrazione di un danno irreparabile all’onore e alla reputazione.
Beni che da sempre costituiscono il corredo dell’individuo. Un patrimonio immateriale ed evanescente, forse. Ma in grado di assicurargli – o negargli – la felicità.
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DISEGNO DI LEGGE LEVI
di Simona Lo Iacono
Mettiamo un po’ d’ordine…
Le preoccupazioni relative al nuovo disegno di legge Levi hanno varie origini e diversi profili.
1. DDL e controllo da parte di un soggetto promanante dal potere legislativo ed esecutivo.
La preoccupazione maggiore (e che allarma particolarmente i giornalisti) riguarda l’iscrizione dei “soggetti che esercitano l’attività editoriale” al Registro degli operatori della comunicazione (Roc) su cui vigila l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Prima di comprendere chi sono i “soggetti che esercitano attività editoriale” e quali siano le conseguenze dell’iscrizione (o della mancata iscrizione) bisogna precisare che attualmente il sistema di registrazione è di spettanza del tribunale. Infatti l’articolo 5 della legge n. 47 sulla stampa dell’8 febbraio 1948, afferma che “nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi”.
Il primo timore che è stato palesato è quindi quello relativo alla libera manifestazione del pensiero. Infatti il Registro degli operatori della comunicazione (Roc) è gestito, come sopra detto, dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (il vecchio “Garante dell’editoria” del 1981 diventato nel 1990 Garante dell’editoria e delle radiodiffusioni). L’Autorità è governata da 9 membri, che sono nominati secondo questo schema: 4 dal Senato, 4 dalla Camera, mentre il presidente “è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri d’intesa con il Ministro delle comunicazioni”. In nessun caso la nomina può “essere effettuata in mancanza del parere favorevole espresso dalle Commissioni parlamentari a maggioranza dei due terzi dei componenti”.
Si teme in sostanza che un controllo proveniente dal potere legislativo ed esecutivo comprima la libera manifestazione del pensiero in analogia a quanto avveniva nello statuto albertino. L’articolo 36 dell’Editto albertino stabiliva infatti che “chi intende pubblicare un giornale od altro scritto periodico dovrà presentare alla Segreteria di Stato per gli affari interni una dichiarazione in iscritto corredata degli opportuni documenti”.
2. Destinatari del controllo:
La seconda preoccupazione ha invece travolto il mondo della Rete poiché al controllo sono sottoposti i soggetti che svolgano attività editoriale anche on line.
Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e alla distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L’esercizio dell’attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative (art 6 ddl). E con ogni mezzo.
Tale articolo che tocca anche attività di natura non imprenditoriale e di natura non lucrativa va però – per ciò che attiene alla Rete – letto in combinato disposto col successivo art. 8 che così recita: sono esclusi dall’obbligo dell’iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione i soggetti che accedono alla rete internet o che operano sulla stessa in forme o con prodotti, quali i siti personali o a uso collettivo, che non costituiscono il frutto di un’organizzazione imprenditoriale del lavoro.
Leggendo queste due norme deve desumersi che:
mentre per l’attività editoriale svolta al di fuori dalla Rete il legislatore all’art. 6 ha previsto che il controllo debba estendersi anche a realtà non imprenditoriali e non aventi fini di lucro, per la Rete ha fatto un’esplicita eccezione rispetto a questa regola. Non sono quindi soggetti a controllo i siti personali o a uso collettivo (blog, newsgroup) che non costituiscano il frutto di un’organizzazione imprenditoriale del lavoro.
Sotto questo profilo il legislatore ha preso atto della libertà espressiva inerente la Rete con blog e altre forme collettive, e ha escluso che – ove non siano organizzate imprenditorialmente – debbano iscriversi al Roc.
Vale la pena sottolineare tuttavia che anche in tali sedi deve ritenersi applicabile la tutela penalistica e civilistica connessa alla tutela del diritto all’onore e alla reputazione, sia pure non nelle forme (aggravate) dei reati a mezzo stampa.
3. Cosa deve intendersi per attività d’impresa?
L’art 2082 cc afferma che è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi.
Da questa definizione desumiamo che perché ci sia impresa devono sussistere- in linea di estrema sintesi – i seguenti elementi:
1-un’organizzazione
2-la professionalità dell’imprenditore
3-l’economicità e lo scopo di lucro
Tali elementi devono sussistere contestualmente e sono quindi da escludere in seno a quelle realtà in Rete che – se pure possono vantare una forma organizzativa – tuttavia manchino dell’indispensabile requisito dell’economicità e dello scopo di lucro (intendendo per il primo la copertura almeno dei costi non potendo mai essere considerata imprenditoriale l’erogazione GRATUITA dei beni e dei servizi : Cass. 14-6-1994 n. 5766).
4. Conseguenze della mancata iscrizione ed esatto inquadramento della tutela penalistica e civilistica in rete.
L’iscrizione al Roc è condizione per il ddl dell’esercizio dell’attività, in carenza della quale la stessa va considerata clandestina.
Inoltre l’iscrizione comporta per il direttore responsabile o per l’organizzatore l’estensione delle responsabilità penalistiche dei reati a mezzo stampa.
Tuttavia giova sottolineare che:
a- Solo in apparenza tale normativa comporta delle novità in campo legislativo. Infatti anche attualmente le testate giornalistiche on-line – definite “prodotto editoriale” – devono obbligatoriamente essere registrate nei tribunali e avere un direttore responsabile, un editore e uno stampatore-provider, quando hanno una regolare periodicità (quotidiana, settimanale, bisettimanale, trisettimanale, mensile, bimestrale, etc), quando puntano a ottenere dallo Stato “benefici, agevolazioni e provvidenze”, quando prevedono di conseguire ricavi e anche quando utilizzano giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti.
Ne consegue che attualmente anche in rete è applicabile a siffatte testate la tutela penalistica dei reati a mezzo stampa la quale, se è più stringente sotto il profilo dell’addebito di responsabilità per il direttore, offre però l’indubbio vantaggio dell’applicazione a quest’ultimo dell’ESIMENTE DEL DIRITTO DI CRONACA, non applicabile ove l’attività editoriale in Rete non sia svolta in forma di impresa.
b- Anche le realtà collettive sorte in Internet che non siano svolte in attività di impresa non si sottraggono alla generale normazione riguardante la tutela dell’onore e della reputazione.
Tags: ingiuria, onore, reputazione, responsabilità legale, scrittura in rete, simona lo iacono
Scritto martedì, 18 novembre 2008 alle 23:12 nella categoria LETTERATURA È DIRITTO... È VITA (a cura di Simona Lo Iacono). Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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