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lunedì, 23 giugno 2008

QUOTE ROSA IN LETTERATURA? IL CASO CAMPIELLO

La giuria del Campiello, presieduta da Gianni Letta, ha selezionato i cinque libri che si contenderanno l’ambìto premio letterario:
- Eliana Bouchard, con Louise. Canzone senza pause (Bollati Boringhieri)
- Benedetta Cibrario, con Rossovermiglio (Feltrinelli)
- Paolo Di Stefano, con Nel cuore che ti cerca (Rizzoli)
- Chiara Gamberale, con La zona cieca (Bompiani)
- Cinzia Tani, con Sole e ombra (Mondadori).
La giuria, all’unanimità, ha indicato Paolo Giordano per La solitudine dei numeri primi (Mondadori) come vincitore del riconoscimento Opera Prima. Si dovrà attendere il 30 agosto per conoscere il vincitore assoluto del Premio Campiello che sarà scelto da una giuria di 300 lettori nel corso di una cerimonia al Teatro La Fenice di Venezia.

Questa, la cronaca.
Ora… pare che, in prima istanza, la giuria del Premio avesse deciso di selezionare una cinquina di sole donne. E che la presenza di Paolo Di Stefano non fosse – come dire – prevista.
Insomma… polemiche.
Seguono un pezzo caustico di Nico Orengo (pubblicato su Tuttolibri) e un altro di Giuliano Zincone (pubblicato sul Domenicale del Sole24Ore) dove l’autore si finge uno scrittore disposto a cambiar sesso pur di rientrare nella cinquina del Premio.

Mi domando (e vi domando)…
Il mondo della letteratura italiana necessita, forse, di “quote rosa”?
Ritenete che le scrittrici siano state (e siano tuttora) penalizzate?
Se sì, cosa fare per assicurare un maggiore “equilibrio”?
Siete d’accordo con le scelte della giuria del Campiello?

A proposito: Chi vincerà il Campiello 2008?

Massimo Maugeri

—–

Dalla rubrica FULMINI di Nico Orengo (pubblicato su Ttl del 14/6/2008)

Campiello affonda la critica

Mentre allo Strega si attende la vittoria di Rea con «Napoli Ferrovia», sul Campiello ci sono acque volutamente agitate. Volutamente perché la nuova gestione cerca scandalo e visibilità. Lo si è visto nelle due ultime edizioni con la retrocessione di Buttafuoco e Fruttero. Ora, parte della giuria, quella più lontana dalla letteratura, ha deciso che i finalisti fossero solo donne. C’è scappato un maschio ma è decisamente un Campiello al femminile. Strano criterio che lascia fuori scrittori come Vitali e Longo. Ci si chiede cosa ci stiano a fare critici come Nigro, Beccaria e Mondo.
Nico Orengo

—–

L’oppossum di Giuliano Zincone (pubblicato sull’inserto “Domenica” de Il Sole24Ore del 15/6/08)

Alla Spett. Giuria Tecnica del Premio Campiello. Sede.

Gentile Giuria, apprendo dalla stampa che avevate deciso di scegliere una cinquina femminile per il vostro stimato premio letterario. Poi, forse per sbaglio, avete nominato anche un maschio, uno solo. Quote rosa o dittatura rosa? Adesso si spiega la mia esclusione. Mi chiamo Fabio Zumbo e vi avevo sottoposto il mio ultimo romanzo, “Gino & Daniela” (ed. Fichidindia). Sono sicuro che non l’avete nemmeno guardato. E’ la storia forte e delicata della relazione tra una signora cinquantenne (Daniela) e un opossum di nome Gino. La scintilla è innescata dalla noia esistenziale aggravata dalla solitudine urbana e dai guasti dell’anomia capitalistica. Entra in gioco l’ottusa e violenta gelosia del marito di lei, Ugo, del tutto insensibile all’ansia di libertà della moglie, e al suo diritto a vivere la propria vita. Gino, invece, è single e, come spesso accade ai “diversi”, s’impegna in compiti che gli italiani rifiutano. Qui appare la necessità di contemperare il dovere dell’accoglienza con la necessità della sicurezza, oltre all’eterno conflitto tra solidarietà ed egoismo. Tolleranza e dialogo. Queste cose, insomma.
In una drammatica sequenza, il mio romanzo non manca di sottolineare che anche i nostri connazionali furono discriminati, quando la miseria li spinse a viaggiare verso lidi stranieri. Gino, del resto, è perfettamente integrato e produttivo. Grazie alla sua coda prensile, l’opossum è capace di esercitare mille mestieri e, nella seconda metà del libro, si riscatta dalla sua condizione sottoproletaria, associandosi con il procione Fabrizio (detto anche Orsetto Lavatore), nella gestione precaria della lavanderia “Stira & Ammira”. Non vorrei sembrare immodesto, ma credo proprio che il mix degli incontri clandestini tra gli amanti, la robusta denuncia della xenofobia, dell’inettitudine della casta politica, della sostanziale assenza delle istituzioni e della carenza di strutture (palestre e piscine) adatte agli svaghi degli opossum e dei procioni, facciano del mio romanzo non certo un banale thriller, ma soprattutto un documento che spiega la violenza/indifferenza che deprime la nostra società e che la condanna alla decadenza morale. C’è una via d’uscita? Mistero. Un barlume s’accende quando, nel libro, Monsignor Martinho (Teologia della Liberazione) sorride all’opossum e alla signora, benedicendoli: “Amor omnia vincit”. Sarà proprio così? La mia opera è aperta.
Signori della Giuria, voi avete bocciato il mio libro perché sono un maschio. Rimedierò. Vi scrivo da Casablanca, dove sono in lista d’attesa, ascoltando canzoncine tipo “You must remember this”, per diventare una Ingrid Bergman che si chiamerà Fabia Zumba, e che potrà concorrere senza handicap al prossimo premio letterario. Ho già in mente lo scoop: Sansone era femmina, per questo aveva i capelli lunghi. E Dalila era maschio, per questo glieli ha tagliati. Io mi rassegno e mi adeguo, qui a Casablanca. Però voi riflettete un momento, rispettabili Giurati. Ve la immaginate una Oriana Fallaci che accetta di entrare in cinquina soltanto perché è donna? Lo sapete che cosa vi avrebbe abbaiato e dove vi avrebbe mandati? Io aspetto il delicato intervento, accanto al pianoforte del vecchio Sam. Però mi ricordo un pomeriggio del 1966, a Mantova. Si consegnavano i premi “Isabella d’Este”, riservati a dodici donne eccezionali. C’era anche la principessa-sarta Irene Galitzine, che non disprezzava affatto i maschi. E c’era Maria Bellonci: un drago, una vipera. Qualcuno osò chiamarla Signora. E lei si ribellò: “Macché signora e signora! Io sono Maria Bellonci e basta!”. Domani avrò il mio bisturi, qui a Casablanca. Ma non diventerò come la grande Maria. Anzi, perderò qualcosa.
Giuliano Zincone

Pubblicato in PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE   144 commenti »

venerdì, 20 giugno 2008

ORACOLO STREGHESCO 2008

Come sapete la nuova edizione del premio Strega è gia partita. Nei giorni scorsi sono stati diramati i nomi dei dodici candidati alla vittoria. Cosa è cambiato rispetto agli scorsi anni? Intanto la direzione… affidata a Tullio De Mauro (che sostituisce Anna Maria Rimoaldi). E qualcosa nella formula del premio stesso.

Ecco i componenti dell’ambita dozzina:

Ruggero Cappuccio con “La notte dei due silenzi” (Sellerio), Cristina Comencini con “L’illusione del bene” (Feltrinelli), Carlo D’Amicis con “La guerra dei cafoni” (minimum fax), Giuseppina De Rienzo con “Vico del fico al Purgatorio” (Manni), Diego De Silva con “Non avevo capito niente” (Einaudi), Paolo Giordano con “La solitudine dei numeri primi” (Mondadori), Ron Kubati con “Il buio del mare” (Giunti), Giuseppe Manfridi con “La cuspide di ghiaccio” (Gremese), Cristina Masciola con “Razza bastarda” (Fanucci), Emiliano Poddi con “Tre volte invano” (Instar Libri), Lidia Ravera con “Le seduzioni dell’inverno” (nottetempo) ed Ermanno Rea con “Napoli Ferrovia” (Rizzoli).

Alcune domande.

Avete avuto modo di leggere uno o più dei suddetti libri?

Cosa ne pensate?

Tra quelli citati, chi è l’autore che preferirete?

Chi è che merita di vincere?

E chi è che invece vincerà? 

Mentre ci sono vi propongo un gioco. Il vincitore si aggiudicherà il titolo di oracolo streghesco 2008.

Dovete individuare i cinque titoli che andranno in finale e disporli in ordine: dal primo (il vincitore) al quinto.

Per ogni posizione indovinata corrisponderà un punteggio, sulla base di quanto segue.

Prima posizione = punti 5

Seconda posizione = punti 4

Terza posizione = punti 3

Quarta posizione = punti 2

Quinta posizione = punti 1

Facciamo qualche esempio. Se Tizio indovina la prima e la quinta posizione otterrà 6 punti (5+1), se Caio azzecca il secondo e il terzo classificato si aggiudicherà 7 punti (4+3), se Sempronio riesce a “spiattellare” la cinquina con ordine esatto otterrà 15 punti (il massimo) e si aggiudicherà il titolo. Ovviamente i vincitori potranno essere più d’uno.

Per darvi una mano nella scelta vi propongo l’articolo che mi ha cortesemente inviato l’amico Stefano Salis  della redazione del Domenicale del Sole24Ore.

Possono partecipare al gioco anche gli scrittori facenti parte dell’ambita dozzina. Si potrà giocare fino al giorno prima della proclamazione del vincitore.

Partecipate?

Massimo Maugeri 

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Selezionati, stregati, premiati

(articolo pubblicato su l’inserto “Domenica” de Il Sole24Ore del 18 maggio 2008, pag. 36)

di Stefano Salis 

Ci siamo: con l’arrivo della bella stagione non ci sarà borgo d’Italia senza il suo bel premio letterario. Un catalogo, qualche anno fa, ne aveva contati centinaia: da quelli in cui si vince la scultura dell’artista locale a quelli dove i soldi e i riscontri di vendita successivi non mancano. I premi che contano davvero, però, sono pochissimi: meno di dieci. Lo sanno tutti.

Partirà il Mondello, che, per non essere ultimo (veniva assegnato a novembre) ha sparigliato le carte, cambiando statuto e decidendo di diventare il primo della stagione. Appuntamento a Palermo il 23 e 24 maggio. Con convegno su «Il senso in-civile della scrittura» e contesa per il super-vincitore. Gli italiani in gara sono Andrea Bajani (Einaudi), Antonio Scurati (Bompiani) e Flavio Soriga (Bompiani); tra gli stranieri ha vinto Bernardo Atxaga (Einaudi).Poi ci saranno le selezioni del Campiello (finalissima a settembre e un’estate per leggere…), le premiazioni del Grinzane, mentre in settimana è stata scelta la dozzina del premio più noto, lo Strega, giunto alla 62a edizione. La prima senza Anna Maria Rimoaldi e la prima diretta da Tullio De Mauro che, per succedere a cotanta eredità, ha già cambiato il regolamento. I 12 libri scelti diventeranno 5: a luglio, al Ninfeo di Villa Giulia, il vincitore. La compagine iniziale, al solito, è variegata: oltre a 4 big come la più gettonata di “radio-premio”, Cristina Comencini (Feltrinelli), Diego De Silva (Einaudi), Paolo Giordano (Mondadori) ed Ermanno Rea (Rizzoli), c’è un outsider come Lidia Ravera (nottetempo). Poi ci sono editori più piccoli o meno noti come Sellerio, Giunti, minimumfax, Fanucci, fino alle sorprese Instar, Manni e Gremese. E se c’è già la prima polemica (la Newton Compton, che concorreva con il romanzo di Mario Lunetta, si è vista esclusa, in nome del turn over tra gli editori, a due giorni dalla selezione e non ha gradito…), lo Strega sarà ancora una volta una contesa tra i «big fish» editoriali, che ne hanno fatto un solido feudo, contando su molti amici, della domenica e non. Non è una previsione, la nostra, ma una semplice constatazione. Dati alla mano: dal 1980 al 2007 hanno vinto 10 volte Mondadori, 4 Bompiani, 3 Einaudi, Feltrinelli e Rizzoli. Intrusi, una volta Rusconi (nel 1983), Longanesi (1984), Leonardo (1993 con Domenico Rea) e Garzanti (con Magris nel 1997). Negli ultimi anni, poi, c’è stato una sorta di tacito “patto di spartizione”: l’ultima doppietta consecutiva di un editore risale al 1990-91 e fu di Einaudi. Mondadori punta oggi molto sul suo Giordano e il fatto di aver candidato un esordiente premiato già dalla classifica la dice lunga. Dopo la vittoria, l’anno scorso, di Ammaniti, magari, pensano a Segrate, è tempo di ripetersi subito e… al diavolo la spartizione. Poi magari ci sbagliamo e vince un piccolissimo editore e uno degli autori semisconosciuti giunti in finale e allora tanto di cappello. Ma se dovessimo scommettere…

_________

AGGIORNAMENTO DEL 20 GIUGNO 2008

Aggiorno questo post con l’elenco dei cinque finalisti del Premio Strega 2008. Il vincitore verrà scelto la sera del 3 luglio a Villa Giulia.
1. Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi (Mondadori), 71 voti
2. Ermanno Rea, Napoli ferrovia (Rizzoli), 68 voti
3. Diego De Silva, Non avevo capito niente (Einaudi), 58 voti
4. Cristina Comencini, L’illusione del bene (Feltrinelli), 51 voti
5. Livia Ravera, La seduzione dell’inverno (Nottetempo), 35 voti.

Primi esclusi a pari merito Ruggero Cappuccio con ‘La notte dei due silenzì (Sellerio) e Ron Kubati con ‘Il buio del marè (Giunti), con 16 voti.

Massimo Maugeri

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SONDAGGI, GIOCHI E SVAGHI   210 commenti »

giovedì, 8 maggio 2008

Fiera del libro di Torino 2008: tra polemiche e bellezza

Si apre la nuova edizione della Fiera Internazionale del libro di Torino (dall’8 al 12 maggio 2008)… tra non poche polemiche per la verità (ne avevamo già parlato qui).

Tra voi c’è qualcuno che avrà la possibilità di andare?

Mi piacerebbe che questo post venisse usato come contenitore dove:

- scrivere le impressioni personali sulla fiera

- inserire articoli o stralci di articoli, ovviamente sulla fiera, pescati in rete (che potremmo commentare).

Inoltre vi segnalo questo post dell’anno scorso.

Buona Fiera del libro di Torino a chi potrà andarci!

Gli altri, tra cui io, la osserveremo da qui.

Segue la nota diramata dall’ufficio stampa della fiera sul tema dell’edizione 2008, che è il seguente: ci salverà la bellezza (?)

Emergono una serie di domande sulle quali potremmo discutere anche noi:

Che cosa può rispondere oggi ai canoni della Bellezza, in letteratura come nelle arti, nella musica, nelle scienze?

Che cosa si richiede a un’opera?

Dove passano i confini del bello e del brutto?

Come sono cambiati nei secoli i criteri estetici, e quali sono i loro rapporti con l’etica?

E quali i rapporti della bellezza con gli oggetti industriali prodotti su larga scala?

La bellezza è lo splendore del vero, diceva Platone: è un anelito alla speciale «verità» umana e poetica dell’arte, che può risultare anche scomoda e difficile, perché implica sempre la tensione insoddisfatta della ricerca. Ma se vedere è un atto creativo, come è stato detto, che cosa siamo capaci di «vedere», oggi?

Quale potrebbe essere oggi il canone del romanzo?

A voi…

Massimo Maugeri

IL TEMA DELL’EDIZIONE 2008:

CI SALVERÀ LA BELLEZZA

La bellezza salverà il mondo? La domanda che un personaggio dell’Idiota pone al principe Myskin, protagonista del romanzo di Dostoevskij implica una sfida: misurarsi con la Bellezza, riuscire a metabolizzarla significa avviare dentro di noi una metamorfosi spirituale, il tentativo di raggiungere una sfera superiore di conoscenza e di autocostruzione.

La Bellezza, motivo conduttore dell’edizione 2008, è uno sviluppo di quello del 2007, i Confini. Abbiamo più che mai bisogno di ridefinire territori, disegnare nuove mappe, di capire il confine che separa il bello dal brutto, il buono dal cattivo, perché l’estetica è strettamente connessa all’etica.

La Bellezza sfugge alla definizioni (Picasso respingeva con fastidio la sola domanda), ma quando ci sorprende la riconosciamo immediatamente, con emozione e gratitudine. Perché gli uomini hanno sempre sentito la necessità di dare un senso alla loro esistenza attraverso qualcosa che li superi, quel «più» che solo la letteratura, l’arte, la musica, la filosofia possono esprimere.

Che cosa può rispondere oggi ai canoni della Bellezza, in letteratura come nelle arti, nella musica, nelle scienze? Che cosa si richiede a un’opera? Dove passano i confini del bello e del brutto? Come sono cambiati nei secoli i criteri estetici, e quali sono i loro rapporti con l’etica? E quali i rapporti della bellezza con gli oggetti industriali prodotti su larga scala? La bellezza è lo splendore del vero, diceva Platone: è un anelito alla speciale «verità» umana e poetica dell’arte, che può risultare anche scomoda e difficile, perché implica sempre la tensione insoddisfatta della ricerca. Ma se vedere è un atto creativo, come è stato detto, che cosa siamo capaci di «vedere», oggi?

A queste domande risponde una fitta serie di «lezioni magistrali», di conversazioni e di dialoghi che vedranno impegnati filosofi come Remo Bodei (l’uomo di fronte agli spettacoli naturali), Sergio Givone (la difficoltà di pensare e vivere la Bellezza, oggi), Giovanni Reale (che prende a paradigma una tavola di Grünewald), antichisti come Luciano Canfora e lo storico dell’arte Paul Zanker in dialogo con Franco La Cecla, antropologo e architetto; maestri dell’architettura come Mario Botta, scrittori come Raffaele La Capria (l’arte moderna si configura come un abuso di potere?), Erri De Luca e Domenico Starnone («La parola, la tagliola»), l’etologo Danilo Mainardi. Vittorio Sgarbi dimostrerà che il bello non coincide affatto con quel che piace. Silvia Ronchey e Giuseppe Scaraffia si interrogheranno sull’uso improprio della Bellezza. Verterà sulle bellezze della lettura la conversazione dello scrittore argentino Alberto Manguel. Quale potrebbe essere oggi il canone del romanzo? Ne discuteranno Alfonso Berardinelli, Andrea Cortellessa, Giorgio Ficara, Filippo La Porta, con Paolo Mauri.

Valerio Massimo Manfredi racconterà i canoni della Bellezza del mondo greco-romano, mentre Khaled Fouad Allam, il filosofo algerino Shaker Laibi e l’antropologa tunisina Lilia Zaouali ci parleranno della Bellezza nell’arte e nella letteratura islamica.

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domenica, 30 dicembre 2007

BUON 2008 IN… MUSICA E GIOCHI

Ed ecco l’ultimo post del 2007. Un post di fine anno e – in quanto tale – improntato su un’allegria goliardica e festosa.

Un post dove potremo scambiarci gli auguri per l’anno che verrà.

A proposito, come sarà secondo voi il 2008? Meglio o peggio dell’anno che ci lasciamo alle spalle?

Vi invito a scrivere citazioni, stralci di brani, poesie, racconti (di autori celebri o di vostra produzione), titoli di libri e di canzoni o quant’altro abbia a che vedere con l’ultimo giorno dell’anno e/o con l’anno che verrà.

Ciò premesso, questo sarà un post… molto musicale.

Del resto non è possibile pensare alla notte di san Silvestro senza musica, giusto?

E allora vi auguro di trascorrere un fine d’anno danzante sulle note delle musiche che più vi piacciono e vi si confanno (ciascuno col proprio gusto).

Se vogliamo restare in tema potrei proporvi un classico della musica leggera italiana: L’anno che verrà di Lucio Dalla; ma non mancano i successi internazionali come New year’s day degli U2.

Che altre canzoni in tema vi vengono in mente?

Comunque vada vi auguro di sopravvivere ai bagordi, soprattutto quelli mangerecci.

Non ingozzatevi, eh?

E mentre che ci sono, dato che parliamo di musica e sopravvivenza, ne approfitto per presentarvi la cover di un noto successo di Gloria Gaynor (I will survive). Quella che potrete ascoltare e sentire cliccando qui sotto è un’esecuzione live e acustica di un quartetto femminile: le Charlies Angels acoustic band (mi dicono di scrivere Charlies, anziché Charlie’s). Valentina (chitarra), Florinda (voce), Giorgia (basso) ed Erica (violino): band acustica che rinnova, nel nome e nel look, la celebre serie televisiva americana degli anni Settanta (con strumenti musicali al posto delle armi). La band, nata a Catania nel 2004, si esibisce con successo nei locali della città e della provincia, interpretando – con arrangiamenti propri – le cover più note del panorama musicale nazionale e internazionale degli anni Settanta e Ottanta.

E ora vi propongo un gioco. Siete tutti invitati a partecipare.

Si tratta di un giochino leggero e molto goliardico (va bene, lo ammetto: è un gioco stupido… ma siamo qui per divertirci e per chiudere l’anno in allegria, giusto?).

In sostanza è un gioco gemello di quello “carnascialesco” che vi proposi a febbraio: attrici e attori del vostro cuore. Vi ricordate?

Questa volta ve lo ripropongo con una variante musicale. Immaginate di dover dedicare una canzone (italiana o straniera… non importa) alla star del cinema da voi prediletta (del presente o del passato, vivente o scomparsa).

Dovete scegliere una canzone e spiegare i motivi della scelta. La combinazione canzone/star dev’essere inedita. Esempio: come molti di voi sapranno la celebre Candle in the wind di Elton John è dedicata a Marilyn Monroe (la canzone fu poi riciclata in memoria della principessa Diana). Ecco, questa combinazione non vale, poiché è già edita e dichiarata.

Dunque, presentate le vostre combinazioni inedite canzone/star precisando le motivazioni della scelta (è consentito modificare e/o adattare il testo della canzone prescelta). Poi la comunità sceglierà la combinazione “migliore”.

Comincio io.

Come scrissi nell’altro post ho una predilezione per l’attrice Jennifer Aniston. Alla Aniston dedico la mia canzone preferita che è Hey Jude! dei Beatles (scritta dall’immenso Paul McCartney), che all’occorrenza diventa Hey Jen!.

Motivazione della scelta.

La povera Jennifer (Jen) ha vissuto momenti di grande difficoltà dal punto di vista personale a causa della separazione dal marito Brad Pitt (poi accoppiatosi con Angelina Jolie).

La dedica di Hey Jude! (Hey Jen!) è una specie di esortazione… una sorta di invito alla riscossa (ma è anche un piccolo – piccolissimo – tributo alla canzone, al suo autore e all’attrice).

“Hey Jen, don’t make it bad / take a sad song and make it better (…) and any time you feel the pain, hey Jen, refrain / don’t carry the world upon your shoulders…”

Ovvero: “Ehi Jen, non farla difficile / prendi una canzone triste e rendila migliore (…) e ogni volta che senti il dolore, ehi Jen, trattieniti / non portare il mondo sulle spalle”.

Ora, siccome anche le Charlies Angels sono delle accanite beatlesiane, e anche loro apprezzano molto la Aniston,… be’, abbiamo deciso di conferire un carattere – come dire – realistico alla nostra dedica.

Cliccate sul video sotto e vedrete.

Ehi.. è un gioco, eh?

Partecipate anche voi!

E il 1° gennaio 2008 non dimenticate di gustarvi il concerto di capodanno, dove non mancherà di certo un’ottima versione di Sul bel Danubio blu dell’immortale Johann Strauss.

BUON 2008 A TUTTI!

Massimo Maugeri

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domenica, 23 dicembre 2007

I VOSTRI NATALE 2007 E CAPODANNO 2008

Cari amici,

vi auguro di cuore di trascorrere un sereno Natale e uno splendido capodanno.

Per qualche giorno non pubblicherò nuovi post; però potremo utilizzare questo come una sorta di diario comune sul Natale e sul nuovo anno.

Vi propongo di:

- scambiarci gli auguri

- raccontare le vostre festività natalizie

- riportare citazioni sul Natale e sul nuovo anno (frasi celebri, stralci di brani, ecc.)

- pubblicare, tra i commenti, brevi racconti e poesie sul Natale e sull’anno nuovo (di autori celebri, ma anche di vostra creazione)

- raccontare aneddoti in tema

Vi offro due storie.

La prima è una storia vera e ce la racconta Massimo Gramellini (pubblicata su La Stampa di ieri 22 dicembre, rubrica Buongiorno).

L’altra è una breve narrazione (fiction) che ci viene elargita in anticipazione dal “nostro” Gordiano Lupi nella veste di direttore editoriale della casa editrice Il Foglio.

ANCORA AUGURI DI BUON NATALE E BUON ANNO A TUTTI VOI!

vostro Massimo Maugeri

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IL BENE CHE NON MUORE

di Massimo Gramellini

Da un cattivo esempio potrà mai nascere un buon esempio? La sera di Natale di tanti anni fa, il giovane disoccupato Larry Stewart entrò in una chiesa di Kansas City per chiedere l’elemosina. Tese la mano a una signora ingioiellata che stava pregando Dio con spettacolare fervore. «Torna domani», lo liquidò lei, sprezzante. Larry decise che non avrebbe più chiesto l’elemosina a nessuno ma che l’avrebbe fatta a chiunque, per evitare agli altri l’umiliazione di subire un rifiuto come quello che aveva appena incassato lui. Diventato un piccolo imprenditore televisivo, invece di gettarsi in politica si incollò la barba di Babbo Natale sulla faccia e cominciò a dispensare biglietti da 5 dollari ai miserabili della città. Intanto i suoi affari crebbero e con essi i bigliettoni del Babbo misterioso: da 10 e poi da 100 dollari. Finché un giorno gli trovarono un tumore all’esofago e Larry dovette dare fondo a tutti i risparmi per le cure. Il suo cruccio era di morire senza lasciare nulla. Perciò si svelò in pubblico: ammise di essere il Babbo segreto, implorando chiunque fosse ricco come un tempo lo era stato lui di prendere il suo posto, il prossimo Natale. Il prossimo Natale sarebbe questo. Larry adesso è una foto che sorride su una lapide del camposanto di Kansas City. Ma da alcuni giorni in città c’è un Babbo misterioso che si aggira fra i poveri, distribuendo banconote da 100 dollari. Morale della favola vera: il bene può nascere da un buon esempio come da uno cattivo. Perché la qualità dell’esempio è importante. Ma quella del cuore che lo osserva, di più.

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NATALE A CUBA

Janet ripensava a quel film americano che aveva visto la sera prima in televisione. Strade colorate di bianco e bambini carichi di regali. Negozi affollati e auto di grossa cilindrata. Genitori indaffarati tra pacchi di regali e provviste per casa. Alberi strani addobbati di luci e colori, che si accendevano e si spegnevano, decorando piazze e strade. In alto, da un palazzo all’altro, ghirlande fiorite e luci intermittenti completavano un panorama surreale. Era un film. Solamente un film. Strani personaggi vestiti di rosso, muniti di un buffo cappello e una vistosa barba bianca, si aggiravano per strada consegnando pacchetti a bambini della sua età. Si muovevano sopra carri trainati da animali mai visti, dotati di lunghe e nodose corna, portavano scatoloni colorati avvolti di nastro e fiocchi che debordavano dalle vetture.

A Janet il film era piaciuto molto, non tanto per la storia, quanto per l’atmosfera che descriveva e per le emozioni che trasmetteva. Narrava di famiglie senza problemi che potevano permettersi grande quantità di carne su tavole imbandite. Descriveva bambini allegri, pieni di giocattoli elettronici e libri colorati da sfogliare e disegnare. Parlava di coppie felici che si muovevano per le strade di una città coperta di neve (così avevano chiamato quella strana roba biancastra che le ricordava il cotone). E poi regali, musica, famiglie riunite a una tavola colorata di rosso, chiese affollate e dolci canzoni.

Tutto questo l’aveva distolta per un attimo dalla sua solita vita. Intendiamoci, non che la sua realtà quotidiana le dispiacesse. Non avrebbe cambiato per niente al mondo la libertà di correre a perdifiato tra palme e banani insieme ai bambini del villaggio. Non avrebbe mai voluto rinunciare a lunghi pomeriggi sulla spiaggia e neppure ai giochi sul piazzale, quando si schizzavano con l’acqua della cannella comune. Le sue bambole di pezza, che il padre costruiva con pazienza, non erano poco. Ci giocava da anni e ancora resistevano, compagne dei pochi momenti di solitudine, amiche della notte quando temeva il buio della campagna e il lugubre canto dei grilli.

Janet viveva a Cavaña, periferia dimenticata dell’Avana, insieme alle sorelle più grandi e ai genitori. Un piccolo campo dava loro da vivere. Frutta, verdura, qualche animale da cortile. In certi periodi dell’anno avevano persino un maiale da ingrassare. Come le piaceva quando veniva il tempo di ammazzarlo e in allegria dividevano le parti prelibate dagli scarti! Guardava suo padre intento nel lavoro e cercava di aiutarlo. Non temeva il sangue e neppure le grida dell’animale. Era un rito che riuniva tutta la famiglia e anticipava il grande evento. Janet sapeva che era Natale quando suo padre affilava i coltelli. L’animale doveva soffrire il meno possibile perché la lama sarebbe penetrata a fondo, fino a colpire il cuore. La cena di fine anno non si poteva celebrare senza una fetta di maiale. Nonostante le restrizioni. Nonostante il periodo speciale proclamato da Fidel. Certo, lo sapeva bene che il Natale non era una festa così importante e che le date fondamentali erano altre. Il primo giorno dell’anno, soprattutto, che ricordava il Trionfo della Rivoluzione, così le avevano detto al Circolo Infantile e così diceva sua madre quando raccontava storie prima di andare a dormire. Quello era il suo mondo di bambina. Colori decisi, verde dei campi e rosso dei fiori, ma anche azzurro intenso di un cielo scolpito da arcobaleni luminosi dopo piogge furenti. Cicloni che si abbattevano improvvisi portando via tetti e speranze. Corse nella polvere e giochi inventati con la fantasia dei ragazzini. Nascondino, una palla di stracci, bambole di stoffa e cenci.

Un film aveva sconvolto troppe certezze.

Janet aveva assaporato l’irrealtà di un mondo fatto di luci e si era immersa in un sogno. Babbo Natale, si chiamava quel personaggio vestito di rosso. Un vecchio dalla barba bianca, che portava doni ai bambini, cavalcando una slitta trainata da veloci animali a quattro zampe. Si chiamavano renne e assomigliavano un poco ai cavalli che aveva visto nelle campagne di Viñales e Pinar del Rio. Passava per il camino di notte, entrava non visto nelle case e depositava pacchi regalo sotto un luccicante albero di Natale.

Janet si avvicinò alla madre in cucina, come sempre intenta a separare i fagioli buoni da quelli cattivi per il piatto di riso del mezzogiorno. Era il pranzo della vigilia, di quel ventiquattro dicembre così uguale a tutti gli altri giorni della loro vita. Riso e fagioli non per tradizione o convinzione religiosa, ma per necessità. La carne ci sarebbe stata per la festa di fine anno. Era abbastanza.

“Mamma” domandò preoccupata “ma noi abbiamo un camino?”

“E per che farne, figlia mia?”

“Per far entrare Babbo Natale con i regali.”

La mamma guardò la bambina scuotendo la testa.

“Questi film americani…”

Da un po’ di tempo la televisione di Fidel aveva cominciato a trasmettere cose un tempo proibite. Voleva dare un segnale di cambiamento. Far capire che qualcosa si stava muovendo. In realtà riusciva soltanto a confondere le idee alla povera gente.

La mamma prese Janet in braccio.

“A Cuba non passa Babbo Natale, piccola mia…”

“Perché mamma?” chiese delusa la bambina.

“Babbo Natale viene dal freddo e si muove con slitte trainate da renne. I suoi animali sono abituati al rigido inverno dell’Europa e degli Stati Uniti. Deve attraversare tempeste di neve e tormente di vento glaciale. Da noi non potrebbe resistere neppure un minuto”.

“A me piacerebbe vederlo. Avrei tante cose da chiedere in dono”.

“Non si può, bambina mia. Non si può. Siamo fuori dalle rotte di Babbo Natale. Noi abbiamo già tanto. Tu pensa a quei poveri bambini europei chiusi nelle case d’inverno, mentre tu giochi libera nei campi. Tu vai al mare a tuffarti in ogni stagione e loro stanno in casa a ripararsi da tempeste di neve. Nella vita non si può avere tutto”.

La mamma era stata convincente.

Janet pensò che quei bambini erano veramente sfortunati. Facevano una vita da reclusi e non conoscevano la gioia di una corsa all’aperto se non in poche stagioni dell’anno. Molti di loro non avevano mai visto una vera spiaggia. Era giusto che avessero un Babbo Natale per esaudire desideri almeno un giorno all’anno.

“Io quello che voglio posso farlo sempre” pensò Janet.

Tra non molto sarebbe stato l’ultimo giorno dell’anno e avrebbero fatto festa. Il Natale non era importante. Sarebbe passato come sempre inosservato se non fosse stato per un film americano. Avrebbe atteso la festa del maiale squartato sul campo e la parata militare sul Malecón imbandierato a festa. Il primo giorno dell’anno le avrebbero dato una bandierina tricolore da sventolarla sul lungomare insieme alle compagne del Circolo Infantile. Janet non capiva bene il senso, ma sapeva che faceva parte della festa, di una tradizione di cose da fare. Probabilmente avrebbe ancora pensato a un vecchio dalla barba bianca che portava regali ai bambini, invece di ascoltare le noiose parole di un altro vecchio dalla barba nera, che indossava una divisa militare di colore verde.

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Tratto da Ricordano L’Avana – Taccuino avanero e storie cubane

Di prossima pubblicazione per Edizioni Il Foglio

www.ilfoglioletterario.it

collana Taccuini di viaggio diretta da Francesca Mazzucato

http://taccuinidiviaggioinsolitieobliqui.blogspot.com/

racconto offerto da Gordiano Lupi

 

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