lunedì, 20 luglio 2009
LE CERE DI BARACOA di Davide Barilli
Conosco Davide Barilli dai tempi di Musica per lo Zar.
Non so se qualcuno l’ha mai fatto prima, ma osservando la foto che vedete qui sulla sinistra ho appena deciso di ribattezzare Barilli come il Tom Selleck della letteratura italiana.
Ciò premesso (e tornando seri) bisogna dire che Barilli è un ottimo romanziere dalla penna raffinata (uno di quelli che, già leggendo le prime pagine dei suoi libri, capisci subito che sa scrivere Storie con la esse maiuscola e ama la letteratura); fa parte della redazione della «Gazzetta di Parma» (si occupa di cronaca giudiziaria e della pagina culturale) e per la sua attività di giornalista ha vinto la prima edizione del Premio «Egisto Corradi». Oltre al già citato Musica per lo zar ha pubblicato il romanzo La fascia del turco e alcuni libri di racconti, Poltrona per acqua, La casa sul torrente e Piombo e argento.
Ho deciso di invitare Davide Barilli qui a Letteratitudine per approfondire la conoscenza del suo nuovo romanzo “Le cere di Baracoa” (Mursia, 2009, € 17).
Riporto il testo che trovate sulla bandella laterale del libro.
Novembre 1944. Durante una rappresaglia scoppia un incendio in una cereria della Bassa Padana. Muoiono due ragazzi: i fratelli Gabbi. Per oltre mezzo secolo Celso, il fratello maggiore emigrato in Centro America, cova la vendetta che, al suo ritorno, sfocia in un omicidio.
Risucchiato dalle leggende di un uomo dal sangue zingaro e incuriosito da una vecchia cartolina in bianco e nero, un misterioso narratore ripercorre la vita dell’assassino per inseguire un delitto privo di enigmi investigativi, ma ricco di misteri.
Dai nebbiosi argini del Po comincia un avvincente viaggio in una Cuba inedita, lontana dai luoghi comuni del turismo di massa, un peregrinare durante il quale il protagonista incontra le ombre, spesso appena accennate, di personaggi realmente esistiti: dal campione di scacchi cubano Capablanca a un inedito e immaginario Italo Calvino bambino, da Errol Flynn a Magdalena Rovieskuya, la cantante lirica russa che scappò dalla rivoluzione dei bolscevichi per gestire un hotel nell’antica città di Baracoa; ma anche Gino Donè Paro, l’ex partigiano veneto che sbarcò sull’isola con Fidel Castro per liberarla dalla dittatura di Batista. E poi il bicicletero Barroso, il tapizero Orlando e tanti altri anomali personaggi che affollano le assolate strade cubane.
“Le cere di Baracoa” (lo sto leggendo in questi giorni) è un romanzo avvincente, ben scritto, ambientato in una Cuba diversa da quella “solita”. Ma è anche un romanzo che tocca diverse tematiche: c’è il tema della vendetta, quello della ricerca, quello del viaggio… e quello degli incontri.
E proprio rispetto a quest’ultimo mi piacerebbe aprire una discussione parallela.
Provo a porvi un paio di domande…
Cosa rimane degli incontri che facciamo nel corso della vita… durante il nostro peregrinare… nei nostri viaggi?
Quando e perché un incontro – piuttosto che un altro – riesce a incidere nelle nostre esistenze?
Davide Barilli parteciperà alla discussione.
Di seguito vi propongo la recensione di Giovanni Tesio, apparsa su Tuttolibri di sabato scorso e l’articolo – in esclusiva per Letteratitudine – di Francesca Giulia Marone (che mi darà una mano a animare il dibattito)
Massimo Maugeri
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