sabato, 10 gennaio 2009
RICORDANDO FABRIZIO DE ANDRÉ
Sono passati dieci anni da quel 10 gennaio 1999, data che segna la morte di Fabrizio De André: cantautore e poeta italiano.
Non è per caso che ho scritto la parola “poeta” in corsivo. Lo stesso De André ebbe modo di affermare (nell’ambito del programma televisivo “La storia siamo noi”) quanto segue: “Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest’età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d’arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l’esuberanza creativa“.
Be’, non so se sarete d’accordo, ma a mio modo di vedere Fabrizio De André – oltre a essere stato un grande cantautore – è stato anche un poeta. E di quelli da ricordare.
Sul quotidiano “La Stampa“, Marinella Venegoni ne scrive così:
“Felicemente sommersi dal ricordo di De André, nel decimo anniversario della sua scomparsa che ricorre domenica, scopriamo che è uno dei pochi, Fabrizio, che l’Italia senza memoria non abbia dimenticato. La tv generalista, così ritrosa sempre quando si tratta di affrontare la musica d’autore, si è in qualche modo buttata sul decennale con alcuni dei suoi campioni più attenti e sensibili. (…)
E mentre Dori Ghezzi sgobba fra una telecamera e l’altra, fra un microfono e una mostra, a portare a galla il suo amore e a rinnovare il suo dolore, mentre il figlio Cristiano rumorosamente tace, viene in mente che a Fabrizio piacerebbe pochissimo questo mondo che in dieci anni è così tanto cambiato da non riuscire più a cogliere il respiro dell’arte nella musica popolare. La musica popolare è stata venduta alle dinamiche dell’imitazione e del riciclo, destinata a modalità che regalano assonanze di deja vu, basate sull’indagine di gradimento nel mondo dei consumatori. Prodotti seriali vagano sul web, e nessuno è più capace a raccontare come lui faceva la storia altra degli uomini, delle loro sofferenze, delle diversità. In questo senso Fabrizio De André (e con lui alcuni autori di razza viventi ma in difficoltà oggi, rispetto alla logica del consumo di massa) continua anche ora che da dieci anni non c’è più, a riempire un vuoto che si farà sempre più grande.
Forse è proprio nell’inconsapevole coscienza di questo vuoto che l’anniversario di De André si è riempito al di là di ogni logica contemporanea. E’ un’autentica esplosione di celebrazioni non si sa quanto meditate, anarchicamente lievitate, dischi e libri e mostre, che fanno pure sperare a chi ha lavorato con lui di poter ritornare nel cono di luce tristemente abbassato. Il logico e l’illogico convivono con disinvoltura, gomito a gomito: un po’ l’opposto di quanto accade per Lucio Battisti, il cui ricordo viene perennemente ostacolato dalla vedova per ragioni che restano misteriose”.
(…)
Purtroppo, celebrare Fabrizio serve anche a lavarsi la coscienza. Vediamo il caso delle radio: il mezzo che più avrebbe potuto contribuire a mantenere viva la sensibilità musicale e a coltivare il gusto popolare, sempre più sprofonda sotto le logiche del motivetto accattivante e del ritornello chewing-gum, e da anni ignora i nomi di qualità con le scuse più bieche. Però ora mille testate stanno in fila orgogliose a proclamare il loro affetto per quest’artista del quale forse – se vivesse – non trasmetterebbero nuovi pezzi se non assai eccezionalmente.”
È probabile che Marinella Venegoni abbia ragione. In ogni caso, Fabrizio De André mi piace ricordarlo anche qui… sebbene in questi giorni non manchino – appunto – articoli sui giornali e puntate televisive a lui dedicate.
Vi invito a scrivere un pensiero per celebrare questo decennale (se ne avete voglia).
E poi…
Qual è, per voi, la canzone più bella di De André?
Qual è quella che ricordate con maggior nostalgia e affetto?
Infine vi invito a commentare la citazione di De André di origine “crociana” che ho riportato all’inizio del post. Sarà vero che “fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest’età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini”?
Massimo Maugeri
P.s. Qui sotto ho inserito tre video: scoprite quali sono…
(continua…)
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