“LA PREGHIERA DELLA LETTERATURA. Sulla misericordia, il bene e la fede” di Andrea Caterini (Fazi editore)
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di Massimo Maugeri
Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” è dedicato a questo ottimo lavoro di Andrea Caterini intitolato “La preghiera della letteratura. Sulla misericordia, il bene e la fede” (Fazi editore).
In queste pagine, Andrea Caterini (scrittore e saggista: ne approfitto per ricordare il suo romanzo “Giordano”… qui un’intervista all’autore), propone una riflessione su alcuni termini chiave della cristianità: Pace, Sacrificio, Misericordia, Bene, Santità e Fede. Sono parole antiche (potremmo dire “eterne”) e pregne di significato. Caterini analizza ogni parola attraverso la lettura e l’analisi di uno o più scrittori, da Virgilio a Dostoevskij, da Anna Achmatova ad Anton Cechov. Come precisato nella scheda del volume, “La preghiera della letteratura” non è però un libro di critica letteraria (anche se attraverso la letteratura costruisce i suoi ragionamenti filosofici, con la convinzione che essa sia ancora uno strumento privilegiato di conoscenza)… ma “riflette su quanto la letteratura sia essa stessa una particolare forma di preghiera e di come poesia e testi sacri abbiano da sempre dialogato tra loro“.
Per gentile concessione dell’autore e della casa editrice, pubblichiamo di seguito il capitolo intitolato “Il sacrificio” (dove lo scrittore “protagonista” è Cechov).
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Il sacrificio
(da La preghiera della letteratura di Andrea Caterini – Fazi editore)
1.
[…]
In ogni pagina di Čechov ci sembra che un senso d’affanno, uno spezzarsi del fiato, un’angoscia di soffocamento stiano sempre a un momento dall’arpionarci. Eppure Čechov non si lamenta di nulla, si nasconde discreto dietro le parole. No, non è lui che impreca miseria e ingiustizia. Delega ai suoi personaggi ogni espressione. Li osserva, convinto di non poterli curare, di non poter curare, nonostante la scienza – lui medico, oltre che scrittore – il tumore che s’annida dentro ognuno: il terrore della morte, il senso di inadeguatezza e impotenza rispetto alla vita, l’incapacità che gli uomini hanno di comprendersi. Eppure è lì, al lume fioco di una lampada, stretto all’angolo, piegato su una sedia dietro le quinte, sempre sfuggente, con l’atteggiamento di chi pare abbia un’anima fredda, schermato da una patina di imperturbabilità. Se nessuno può nulla, sembra però dica, bisognerà pure che qualcuno si sacrifichi per l’umanità, che all’umanità sia concessa una felicità che io, Anton, osservandovi da dietro e piangendo, ma sempre senza lacrime, non posso concedermi. Che gli uomini siano felici. Ma come? Che qualcuno vi racconti, nel bene e nel male, chi siete. (continua…)
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