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mercoledì, 12 marzo 2008

ELEGGIAMO IL LIBRO DELL’ANNO 2007

libri-2007.JPG

LETTERATITUDINE BOOK AWARD  2008

la parodia di un premio letterario

-

Vi propongo un gioco di gruppo finalizzato a eleggere il libro dell’anno 2007.

Ci state?

Pensate alle vostre letture riguardanti libri editi l’anno scorso. Qual è stato il migliore, a vostro avviso?

Mi riferisco a libri di qualunque genere: narrativa, saggistica, poesia. Non importa se di autori italiani o stranieri.

Potremmo organizzarci in questo modo.

-

I FASE

Chiunque vorrà giocare dovrà indicare il titolo del libro e spiegare la motivazione della scelta. E su queste scelte potremmo discutere cercando di convincerci reciprocamente. La prima fase del gioco si concluderà mercoledì 5 marzo.

-

II FASE

Da giovedì 6 marzo si procede alla votazione. I due libri più votati andranno al ballottaggio. Questa fase del gioco si concluderà mercoledì 12 marzo.

-

III FASE

A partire da giovedì 13 marzo i partecipanti al gioco voteranno i due libri prescelti. Il libro più votato sarà il libro dell’anno 2007 per Letteratitudine. Questa terza fase si concluderà mercoledì 19 marzo, giorno in cui si proclamerà il libro vincitore.

-

Ripeto, è solo un gioco… il cui successo, ovviamente, dipenderà dalla vostra partecipazione.

A proposito c’è un volontario o volontaria disposto(a) a tenere la contabilità della votazione?

Il post sarà aggiornato alla fine di ogni fase.

Mi raccomando, partecipate in massa.

E fate partecipare i vostri amici. I miei blogger friends potrebbero diffondere il comunicato nei loro blog.

Massimo Maugeri

P.s. Non è consentito votare per libri propri o pubblicati da amici

__________________________________________

6 marzo 2008 – FASE DUE – REGOLAMENTO
-
Dalle ore 00.00 di giovedì 6 marzo alle ore 24.00 di mercoledì 12 marzo si vota per eleggere il libro dell’anno 2007, con le seguenti modalità:

la votazione ha luogo su base giornaliera; ogni partecipante può votare UNA SOLA VOLTA AL GIORNO per un qualunque libro ritenga meritevole in assoluto.

Si possono nominare libri usciti per la prima volta in Italia nel corso del 2007. Sono dunque escluse ristampe, riedizioni ecc. Sono invece compresi libri in precedenza usciti all’estero ma inediti in Italia.

Si può cambiare idea anche ogni giorno, volendo. Ovviamente non nell’ambito della medesima giornata. Non verranno presi in considerazione i voti anonimi.Vi chiediamo come cortesia di esprimere il voto (ed esclusivamente quello) IN MAIUSCOLO, in quanto ciò ci facilita notevolmente il compito.

Per votare si consiglia di procedere scrivendo nel modo seguente:

IN DATA X/3/08 TIZIO (indicare nome, cognome, o nickname) VOTA PER IL ROMANZO “XXX” DI CAIO EDITO DA (indicare la casa editrice).

Alla fine di ogni giornata verranno fatti i conteggi, parziali e totali, che verranno resi pubblici non appena possibile.

I voti delle differenti giornate si sommeranno alla fine della settimana per ricavarne i due titoli più gettonati, che andranno al ballottaggio nei tre giorni seguenti.

Restiamo a disposizione per chiarimenti.

-
I DIARCHI-NOTAI GEA & CARLO

_______________

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III FASE

Per una serie di circostanze, che capirà chi avrà la pazienza di leggersi tutti i commenti del post, si è deciso di anticipare la chiusura del gioco alla mezzanotte di mercoledì 12 marzo 2008 procedendo alla votazione dei due libri ammessi al ballottaggio.

Intanto si attribuisce una menzione speciale ai libri di autori italiani che nel corso del gioco hanno ricevuto più voti: “Il senso del dolore” di Maurizio De Giovanni (Fandango), che ha potuto beneficiare di un vero e proprio plebiscito, e “L’ultimo parallelo” di Filippo Tuena (Rizzoli).

I due libri saranno oggetto di dibattito nell’ambito di un apposito post a loro dedicato. I due autori saranno invitati a partecipare.

——-

Vengono ammessi al ballottaggio i due libri di letteratura straniera pubblicati in Italia che nel corso del gioco hanno ricevuto più voti: “Everyman” di Philip Roth (Einaudi) e “La strada” di Cormac McCarthy (Einaudi).

I due libri potranno essere votati seguendo le regole della II FASE fino alla mezzanotte di mercoledì 12 marzo 2008. Terminata la fase di conteggio dei voti si procederà alla proclamazione del libro vincitore del gioco.

___________

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La strada - Cormac McCarthy - copertinaAGGIORNAMENTO di giovedì 13 marzo 2008

Dopo una gara intensa e senza esclusione di colpi, in considerazione della relazione e del conteggio finale dei voti, opera dei diarchi/notai Gea e Carlo, io sottoscritto, Massimo Maugeri, comunico che il libro che si aggiudica la prima edizione di questo premio virtuale è il seguente…

VINCE IL LETTERATITUDINE BOOK AWARD 2008 (la parodia di un premio letterario)… lo scrittore americano CORMAC MCCARTHY con il romanzo LA STRADA” (EINAUDI)

(Massimo Maugeri)

Seguono i versi festosi, allegri e ironici della sostenitrice del vincitore, la scrittrice Simona Lo Iacono

Ma davvero pensavate
con fiducia tutta pia
che vi liberavate
dell’ostinata mia poesia?
Illusi! E proprio ora
che coronammo di vittoria
il capo, il piè, e il core cinto
d’un alloro mai così avvinto?
Abbiam detto senza posa:
“la strada è vittoriosa”,
e se alfin talun discorda
con umana voluntate
ratto è tratto in una corda
di umilissima pietate.
Ora null’altro – direi- resta
che ‘l sigillo in su la testa
e menar festeggiamenti
di gente sicula affollati
che da quei lidi altrimenti
saremmo invano approdati.
Ci vediamo con bandiere
o pennoni o con lumère
nell’augusta capitale
per potere festeggiare?
Tanto è d’uso ed è costume
- e di certo non perdona -
che chi perde sempre paga
e la cena si fa a Roma.
Orsù dunque con acume
non mancate alfin l’evento
me l’han detto in un orecchio:
pure Roth ne è contento.

Simona Lo Iacono

(vincitrice della competizione in versi parallela al gioco)

Pubblicato in SONDAGGI, GIOCHI E SVAGHI   1.595 commenti »

venerdì, 9 novembre 2007

DUE LIBRI DA SALVARE

Vi propongo un gioco molto particolare. Un gioco di gruppo.

Chiamiamolo così: “Due libri da salvare”. È un gioco che a prima vista può sembrare stupido e banale, ma ho l’impressione che sia tutt’altro che stupido.

Immaginate una catastrofe immane destinata a colpire ineluttabilmente i libri. Qualcosa di peggio (molto peggio) di Fahrenheit 451. Immaginate che tutti i testi di narrativa pubblicati nel mondo tra l’Ottocento e il Novecento (due tra i secoli più prolifici) scompaiano nel nulla. Non è dato sapere il perché. Ma poco importa. Ciò che conta è che non si sarà più traccia dei suddetti libri. Nemmeno sui manuali e sulle enciclopedie di storia della letteratura. Addirittura ne verrà cancellato il ricordo… individuale e collettivo.

Un intero patrimonio dell’umanità destinato a perdersi per sempre.

Che disastro, vero?

Solo due libri di narrativa potranno essere salvati dall’oblio.

E qui entrate in gioco voi.

Avete un’enorme responsabilità: scegliere i due libri da salvare.

Non è facile scegliere. Ve ne rendete conto, no? Perché… capite bene che non si tratta semplicemente di nominare il vostro libro preferito. Anzi, il proprio gusto personale andrebbe messo da parte.

Qui si tratta di fare una scelta a beneficio dell’umanità tutta.

Pensate a due libri di narrativa (uno per l’Ottocento, uno per il Novecento) che possano ergersi a testamento degli uomini e delle donne che hanno vissuto in quei secoli. Pensate a coloro che verranno dopo di noi. Che eredità libresca potremo lasciare?

Pensate a tutto ciò che riterrete opportuno. Poi procedete.

Il gioco si svolge nelle seguenti fasi:

  1. Fate la vostra scelta. Scegliete i due libri di narrativa sulla base di quanto ho scritto prima.
  2. Motivate la scelta.
  3. Cercate di convincere gli altri ad appoggiare la vostra scelta. Naturalmente anche voi potrete essere, a vostra volta, convinti a cambiare idea.
  4. Dividetevi in gruppi, in fazioni. La posta in gioco è altissima. Nominate dei rappresentanti, dei leader… se volete.
  5. La fase finale consiste nel seguente passo: la comunità di Letteratitudine, superati i quattro punti indicati sopra, dovrà stabilire in via definitiva quali sono i due libri da salvare.

Ecco perché parlavo di gioco di gruppo.

Il gioco si chiuderà domenica 18 novembre, data in cui mi sarà possibile pubblicare un nuovo post.

Buon divertimento!

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AGGIORNAMENTO del 18 novembre 2007

Dopo estenuanti confronti e un acceso dibattito che ha lasciato sul campo qualcosa come 640 commenti all’incirca, e soprattutto grazie all’impegno dell’intera comunità di Letteratitudine, e in particolare di qualche benemerito, tra cui l’esimio letterato umbro/sloveno Sergio Sozi, il sottoscritto, in qualità di gestore e curatore del blog, comunica i titoli dei due libri di narrativa – uno per l’Ottocento, l’altro per il Novecento – che sopravvivranno alla non meglio precisata apocalisse letteraria. Possano i posteri rendere merito all’impegno, dei singoli e della collettività, profuso senza lesinare rinunzie e immani sacrifici di natura personale.

I “due libri da salvare”, secondo la comunità di Letteratitudine sono:

- Per l’Ottocento:

I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij

————————————————–

- Per il Novecento:

I nostri antenati di Italo Calvino

* * *

Cliccando sui due titoli avrete la possibilità di accedere ad approfondimenti disponibili in rete.

Ancora una volta vi ringrazio di cuore per la partecipazione.

vostro Massimo Maugeri

Pubblicato in SONDAGGI, GIOCHI E SVAGHI   779 commenti »

giovedì, 25 ottobre 2007

PUZZLE… UN GIOCO (“FURORE” DI JOHN STEINBECK)

Vi propongo un giochino. È da tanto che non lo facevo, quindi non lamentatevi!

Di seguito riporterò due brevissimi brani estrapolati da un noto libro. Come avrete modo di constatare mi sono divertito a “mischiare” le parole.

Le parole ci sono tutte, ma disposte in ordine casuale. Troverete la punteggiatura tra parentesi. Insomma, vi fornisco tutti gli elementi. Non manca nulla.

Voi dovete:

1- Ricomporre i brani.

2- Individuare il libro da cui sono stati estrapolati.

3- Discutere del libro.

Ci state? È un modo divertente per “stare insieme”. Insieme tra noi e con i nostri amati libri.

Non dite di no!

Partecipate tutti, eh?

Ecco i due brani dopo la “centrifuga”.

A) bruciarlo non come sono bisogna vivere fa cose senza nostro passato vita del niente è possibile che la nostra non le spogli ci riconosciamo c’è posto lasciarlo

(punteggiatura: n. 1 punto interrogativo – n. 3 virgole – n. 2 punti “finali”).

-

B) occhi superstiti e nella loro memoria sugli sgabelli lo guardavano il loro passato con donne sognanti e le bruciavano

(punteggiatura: n. 1 punto “finale”).

Su… provate! È un esperimento.

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AGGIORNAMENTO del 27 ottobre 2007

Il gioco è durato poco. Un po’ meno del previsto.

A questo punto non mi rimane che dedicare qualche riga al romanzo protagonista del gioco medesimo. Si tratta di Furore di John Steinbeck, scritto nel 1939; romanzo che valse all’autore americano l’attribuzione del premio Nobel per la letteratura nel 1962.

A mio avviso “Furore” è uno dei più grandi romanzi sociali della storia della letteratura del Novecento. Un grande affresco realista pubblicato quando il New Deal di Roosevelt ha quasi del tutto corretto le angosce e le distorsioni della Grande Depressione. Un libro forte, drammatico, che dipinge senza veli la penosa odissea di numerose famiglie di contadini e mezzadri costrette a migrare a Est (dall’Oklahoma alla California) per sopravvivere. La descrizione attenta e minuziosa di un vero e proprio inferno visto dal di dentro, dove la disumanità di un sistema volto a privilegiare gli interessi di pochi a discapito delle masse è solo in parte compensato dalla nascita di forme di toccante solidarietà tra diseredati.

Steinbeck ci presenta la famiglia Joad, una famiglia di contadini che diventa simbolo dello sfruttamento e dell’impossibilità di riscatto di un’intera categoria.

Massimo Maugeri

Leggete questo libro, se potete. In edizione economica ha un prezzo più che accessibile.

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AGGIORNAMENTO del 28 ottobre 2007

Mi è stato chiesto di mettere in primo piano sul post l’articolo di Irene Bignardi (“perché è più fruibile”). Obbedisco!

(Massimo Maugeri)

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Sognando la California: terra del latte e del miele
di IRENE BIGNARDI

Di solito dei grandi romanzi si ricorda l´incipit – a partire da quello più celebre (forse) di tutti, “Chiamatemi Ismaele”, indimenticabile inizio di Moby Dick. Di “Furore” (Grapes of Wrath, letteralmente l´uva dell´ira), il capolavoro di John Steinbeck, è leggendario soprattutto il finale. Quando, al termine della terribile, dolorosa, epica traversata dell´America verso il mito di una sognata California dove tutto dovrebbe essere facile e dove tutto è miserando e difficile, Rose of Sharon, la giovane donna del clan degli Joad, che ha appena perso il suo bambino neonato, offre il latte del suo seno a uno sconosciuto, un poveraccio che sta – letteralmente, come tanti, come gli infiniti poveri di questo libro e di queste storie vere – morendo di fame.
Tra il ritorno di Tom Joad a casa con un permesso speciale della prigione dove ha scontato quattro anni dei sette che deve fare per aver ucciso un uomo che lo ha accoltellato e, molto tempo e molte sofferenze dopo, l´arrivo nella tragica California della Depressione e il gesto da moderna pietà di Rose of Sharon, si snoda quello che a molti e per molto tempo, salvo gli inevitabili revisionismi, è sembrato il Grande Romanzo Americano – e che invece una critica eternamente insoddisfatta continua ancora a cercare.
Furore fu pubblicato il 14 aprile del 1939, e divenne subito un caso, un successo e un simbolo. Vinse il premio Pulitzer, e fu probabilmente il testo sacro che contribuì a fare del suo autore un eroe letterario e a fargli vincere nel 1962 il Premio Nobel. Bisogna aggiungere che, in quel lontano 1939 e nell´anno successivo fu il libro più venduto (chissà se si usava già la parola bestseller, e se il senso della medesima si portava dietro la stessa volgarità intellettuale). Che ne sono stati venduti quattro milioni e mezzo di copie in edizione hardcover. Che se ne vendono centomila ogni anno in tutto il mondo. Che è stato tradotto praticamente in tutte le lingue esistenti, fino ad arrivare alla cifra record di quattordici milioni di copie. E che nel 1940, sceneggiato da Nunnally Johnson e interpretato in maniera indimenticabile da Henry Fonda, è diventato uno dei grandi film di John Ford, politicamente molto forte e impegnato – e vincitore di ben due Oscar. Il tutto, a cementare il successo di Steinbeck su ogni fronte, mentre Lewis Milestone si preparava a girare un film dal suo play-novelette, Uomini e topi.
La storia di Furore, per chi non l´abbia mai letta o l´abbia dimenticata, è l´epopea della biblica trasmigrazione della famiglia Joad, assieme ad altre centinaia di poveracci, dall´Oklahoma attraverso il Texas Pandhanle, il New Mexico e l´Arizona, lungo le famosa Route 66 che conoscerà altre storie letterarie (Kerouac, fra gli altri), fino alla California, «il paese del latte e del miele», in cerca di un modo di vivere. Ci troveranno solo il modo di sopravvivere: paghe da fame, padroni terribili, lavori da schiavi. Sono gli anni della Grande Depressione, e, se non vogliamo ricorrere a John Ford, possiamo immaginarci i Joad con gli stessi volti dei disperati ritratti da Dorothea Lange e da Walker Evans, cotti dal sole e dal vento della Dust Bowl – come vennero soprannominate una volta per tutte, anche quando tornarono alla quasi normalità, quelle zone, dopo le spaventose siccità di quegli anni, che le aveva rese un deserto di polvere e di tempeste di sabbia – , smagriti da un regime di lavoro che non bastava neanche lontanamente a nutrirli, e non si dica a farli vivere.
Forse Furore adesso può a qualcuno sembrare un (grande) romanzo di propaganda politica, un affresco di realismo americano improntato a una visione manichea e sinistrorsa della realtà sociale. Allora fu certamente uno choc. Osannato da una parte della critica (mentre Malcolm Cowley su The New Republic scriveva prudentemente che il romanzo apparteneva alla categoria «dei grandi libri arrabbiati» come La capanna dello zio Tom che «sollevano la gente a combattere contro ingiustizie intollerabili»), visto da taluni come un «trionfo della narrativa proletaria», esaltato come un racconto biblico ispirato al reale, Furore fu attaccato dall´altra parte con altrettanta passione. La sua denuncia era troppo forte e fu guardato come un documento di propaganda politica, non come il grande libro che era: scuole e biblioteche lo misero al bando, uomini politici lo denunciarono pubblicamente, le grandi corporations dell´agricoltura lo definirono “immorale, degradante e falso”, le istituzioni della chiesa protestante lo attaccarono.
Attacchi che contribuirono a consolidare le insicurezze di Steinbeck. Perché dietro questo grande, roccioso romanzo, c´è la lunga e difficile storia del suo concepimento come la racconta Steinbeck nel suo diario Working Days – che venne pubblicato in concomitanza con il mezzo secolo del libro, nel 1989 – e come la riassume il suo non tanto clemente biografo Jay Parini nella sua biografia pubblicata nel 1994. E dietro l´uomo grande e bello e severo e con l´aria patriarcalmente sicura c´è un personaggio pieno di insicurezze, che non si immaginerebbero dal suo successo, dalle sue certezze morali, dalla sua storia.
Working Days fa la storia di una gestazione difficile, di un genio che non sapeva di esserlo e che troppo spesso era tentato, addirittura, di distruggere il libro che sarebbe diventato il suo capolavoro, e che non lo amava, e che si diceva, in tono negativo, che Furore era “assolutamente il meglio che so fare”. Se la stesura del suo grande romanzo richiese a Steinbeck solo cinque mesi (anzi, cento giorni di lavoro pieno, gli altri essendo “giorni dispersivi”: amici, distrazioni e pigrizia) il processo per cui si arrivò al libro è stato molto più complesso. All´inizio ci fu una serie di articoli scritti da Steinbeck per il San Francisco News nel 1936. Poi nacque l´idea di un romanzo di grandi dimensioni, il cui titolo sarebbe dovuto essere The Oklahomans. Il terzo passo fu il progetto di una satira socio-politica, L´Affaire Lettuceberg, che fu però abbandonato. Poi si arrivò a Furore. I modelli a cui Steinbeck si ispirava erano i grandi della letteratura civile, Hemingway, Faulkner, Thomas Wolfe, Dos Passos, Caldwell, e Melville per quanto riguardava i capitoli introduttivi. L´atmosfera e i tempi erano quelli della battaglia condotta dalla amministrazione di Roosevelt per controllare e smorzare la situazione esplosiva e prerivoluzionaria dei contadini impoveriti dalla crisi, dai ricatti delle banche, dai disastri atmosferici. Ma nella composizione del libro entra anche la presenza e l´amicizia di Tom Collins, la “coscienza” di Furore, la persona che aveva aperto e rivelato a Steinbeck il mondo del lavoro dei braccianti lavoratori a giornata organizzati dalla Resettlement Administration (e Collins fu anche colui che collaborò con Ford sul set del film come “consulente tecnico”).
“Senza Tom”, scrisse Steinbeck, “non avrei potuto cogliere tutti i particolari, e i particolari sono tutto”, come sa chi ha letto l´altro grande libro sui contadini poveri di quegli anni, Sia lode ora a uomini di fama, di James Agee e Walker Evans, la versione testimoniale e sociologica di Furore, che, come Furore ma in forma di inchiesta, indaga la tragica condizione dei contadini bianchi senza terra. Ma è vero anche che Steinbeck Furore non l´avrebbe potuto scrivere senza Carol, sua moglie (per tredici anni), che del romanzo seguì ogni riga, lo batté a macchina, lo difese, lo sostenne. E a cui Furore è dedicato. “A Carol, che ha voluto questo libro”, con la sua passione, la sua epica potenza, la sua sonorità biblica, la sua dolente umanità.
Furore e il suo successo e le polemiche che seguirono rappresentarono per Steinbeck una prova che lo lasciò stremato e diverso. Non si accontentò più della piccola stanza in cui gli piaceva e in cui era abituato a lavorare. Cambiò casa, scelse residenze sempre più grandiose, ebbe una seconda moglie, e poi una terza. I libri che scrisse erano, inutile dirlo, belli – La valle dell´Eden, La luna è tramontata – ma meno sanguigni e importanti (e anch´essi ebbero un destino cinematografico: prima La luna è tramontata, del 1943, con la sua nobile storia sulla resistenza norvegese contro il nazismo, nel 1955 La valle dell´Eden con l´esordio di James Dean). C´era stata Pearl Harbour, l´entrata in guerra degli Usa, una crisi della sinistra che convertì molti al patriottismo e coinvolse anche personalità come Welles e Chaplin. Fatto sta che, con gli anni, la visione politica di John Steinbeck cominciò ad appannarsi – tanto che l´ex uomo di sinistra, visto ormai da qualcuno come un “falco”, finì nel 1967 per sostenere la guerra del Vietnam, dove si era recato in veste di grande inviato giornalistico (le sue corrispondenze da Saigon sono state raccolte in un libro edito da Leonardo, C´era una volta la guerra): e per le sue posizioni, sorprendenti almeno per i suoi più fedeli lettori, si giocò una parte della sua popolarità. Lo scrittore laureato dal Nobel era sempre un grande, ma molto diverso dal generoso, appassionato, estremo cantore dei diseredati Okies di Furore.

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