martedì, 5 maggio 2009
ITALIA DE PROFUNDIS, di Giuseppe Genna
È da tempo che meditavo di dedicare un post a questo nuovo libro di Giuseppe Genna: Italia De Profundis. Uno dei libri più recensiti degli ultimi anni: lodato dalla critica e amato dal pubblico dei lettori (è stato scelto come libro del mese dagli ascoltatori della trasmissione Fahrenheit).
Attraverso il racconto di vicende personali, trasfigurate nella narrazione, Genna canta il de profundis a un’Italia malata. Un’Italia cancerosa. Un paese affetto da un male simile a quello che divora i corpi. E il male tumorale che ha portato via il padre dell’autore, ora avvinghia la madre patria. Al punto che bisogna distaccarsene (forse) per non esserne trascinati a propria volta. Al punto che bisogna “disimparare ad amarla”, l’Italia.
Così come evidenzia la scheda del libro “si formano sotto i nostri occhi episodi di un’autobiografia impazzita, rivelazioni plausibilmente autentiche di quanto il personaggio «Giuseppe Genna» ha vissuto: il drammatico ritrovamento del cadavere del padre, in un’atmosfera lynchiana, una tardiva autoiniziazione all’eroina, l’esplosione dell’iracondia in una forma che guarda alla scrittura di Burroughs e l’intervento attivo e criminale nell’eutanasia di un caso simile a quello di Piergiorgio Welby. Fino all’avventura surreale in una estate solitaria presso un villaggio turistico in Sicilia, dove le tessere di questo racconto scomposto trovano una soluzione che è esilarante fino all’inabissamento finale.
Fiction reale o realtà finzionale, questo libro pretende e concede un atto d’amore assoluto, formulato come appello al lettore, affinché sia cancellato l’autore e si ascolti l’inquietante risata con cui Genna stesso e l’Italia vengono seppelliti“.
Sul Riformista Andrea Di Consoli ha scritto: “Italia De Profundis è un libro grandioso. E’ un’eruzione vulcanica, un’opera monstre, una potentissima deflagrazione dei saperi, dei generi letterari e della psiche. Non s’era mai letto un libro così potente, in Italia; un libro, cioè, dove ci fosse tutta la nostra contemporaneità: la depressione, l’ipocondria, l’ansia, la morte, l’amore, il sesso, il sadomaso, la disoccupazione, la letteratura, Milano, Palermo, le periferie, il lumpenproletariat milanese, l’eroina, l’autobiografia, la finzione, il villaggio turistico siciliano, la morte del padre, un’orgia transessuale, il sapere enciclopedico, il cinema, la Mostra di Venezia, David Lynch, Mantova, Berlino, Burroughs, Kafka, il narcisismo, l’autopunizione, l’agonia, l’eutanasia, il disprezzo, la pietà, gli ospedali, la psichiatria, il corpo, la difficoltà di amare e la sperdutezza”.
Subhaga Gaetano Failla, a cui ho chiesto di predisporre una recensione appositamente per Letteratitudine, mi scrive: “Dagli anni Ottanta in poi rari sono stati i libri di autori italiani per me così importanti.”
E poi c’è l’epigrafe prescelta da Giuseppe Genna. Sembra quasi una premessa al libro. È tratta da Petrolio di Pasolini. E dice così: “Nel progettare e nel cominciare a scrivere il mio romanzo, io in effetti ho attuato qualcos’altro che progettare e scrivere il mio romanzo: io ho cioè organizzato in me il senso o la funzione della realtà; e una volta che ho organizzato il senso e la funzione della realtà, io ho cercato di impadronirmi della realtà. (…)
Nello stesso tempo in cui progettavo e scrivevo il mio romanzo, cioè ricercavo il senso della realtà e ne prendevo possesso, proprio nell’atto creativo che tutto questo implicava, io desideravo anche di liberarmi di me stesso, cioè di morire”.
Vorrei che discutessimo insieme di questo libro.
E poi, vi chiedo di fare il punto della situazione sui malanni d’Italia.
Secondo voi il nostro è davvero un paese-cadavere su cui recitare il de profundis?
Quali sono stati i “mali” che l’hanno ridotto in queste condizioni?
È possibile “risorgere”? Se sì, in che modo?
Di seguito le recensioni di Andrea Di Consoli e di Subhaga Gaetano Failla (che mi darà una mano a animare e moderare il dibattito).
Massimo Maugeri
(continua…)
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