martedì, 16 febbraio 2021
KIM KI DUK: UN CINEMA TRAGICAMENTE POETICO
Nuova puntata di Letteratitudine Cinema con nuovo intervento di Alessandra Montesanto: critica cinematografica, docente e saggista.
In questa puntata ci occupiamo del ruolo del Cinema del regista sudcoreano Kim Ki Duk
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Il Cinema tragicamente poetico di Kim Ki Duk
Un’esistenza travagliata quella del regista sudcoreano Kim Ki Duk, deceduto a soli cinquantanove anni a causa delle conseguenze del Covid-19, durante un soggiorno in Lettonia. Un triste epilogo dopo lo scandalo #Metoo in cui il cineasta era stato accusato di molestie sessuali a danno di alcune attrici durante la lavorazione di un film.
Vogliamo scindere la persona dall’artista perché Kim Ki Duk entra nella schiera dei registi cult grazie al suo Cinema coinvolgente, passionale, arguto e poetico, di quella poesia che i veri intellettuali (asiatici e non solo) sanno regalare al mondo.
Parleremo, in questo brevissimo excursus, di tre suoi film, forse i più rappresentativi, interessanti per il senso vivo della cultura e dell’indagine dell’animo e della coscienza umani.
Il grande successo arriva nel 2003 con il film intitolato Primavera, estate, autunno inverno e ancora… Primavera che segue L’isola, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, una rappresentazione cruda e iperrealista di una relazione uomo-donna, relazione che si svolge in un isolato villaggio galleggiante e che vede i protagonisti utilizzare gli ami da pesca (conficcati nella vagina di lei, nell’esofago di lui) per simboleggiare il dolore e la follia di un amore esclusivo e simbiotico. Nel film ritroviamo l’inquadratura ricorrente di una chiatta con un tempietto posizionato sopra, sempre immersa in un placido lago; un bambino cresce, diventa adulto, sarà un monaco e, da anziano, si prenderà cura di un altro bambino. Folgorante e intensa messa in scena della filosofia buddista che suggerisce l’idea della circolare eternità della vita (quella che il mistico Raimond Pannikar definisce la “tempiternità”) per cui non bisogna temere la morte se dopo la fine corporea entriamo nella dimensione cosmica a cui apparteniamo, sotto forma di Spirito immanente. (continua…)
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