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martedì, 19 febbraio 2008

MEGLIO I LIBRI O I FILM TRATTI DAI LIBRI?

Letteratura e cinema sono molto legati. Lo sono sin dalla nascita del grande schermo. Un legame molto stretto, il loro.

Simbiotico.

Carta e pellicola che camminano mano nella mano per raccontare storie al mondo.

Bella immagine, vero?

Chissà se deve più il cinema alla letteratura o la letteratura al cinema!

Secondo voi?

Pensateci.

Quante volte vi è capitato di andare al cinema per vedere il film tratto da quel libro che avete tanto amato?

Quante volte, dopo aver visto un film che vi è piaciuto, siete andati ad acquistare il libro da cui è stato ispirato?

E vi è mai capitato di essere delusi da uno spettacolo cinematografico al punto tale da aver voglia di andar via prima della fine?

Magari vi è capitato, anche se poi siete rimasti perché avevate letto il libro. Così come è accaduto alla voce narrante (o meglio, cantante) della bellissima A day in the life dei Beatles.

I saw a film today oh, boy

The English army had just won the war

A crowd of people turned away

But I just had to look

Having read the book

Having read the book, canta John Lennon. “Avendo letto il libro” (perché avevo letto il libro).

Qui di seguito vi propongo il video.

Sì, ci sono film mediocri basati su romanzi stupendi. Così come ci sono libri deludenti che hanno ispirato film eccezionali.

Ma in generale… sono meglio i libri o i film tratti dai libri?

È meglio La terra trema di Visconti o I Malavoglia di Verga? Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa o quello del già citato Visconti?

Di esempi se ne potrebbero fare tanti. Fino ad arrivare ai nostri giorni.

Parliamo di Caos calmo. Meglio il romanzo di Sandro Veronesi o il film di Grimaldi?

Vi rammento la trama del libro.

Pietro Paladini è un uomo apparentemente realizzato, con un ottimo lavoro, una donna che lo ama, una figlia di dieci anni. Ma un giorno, mentre salva la vita a una sconosciuta, accade l’imprevedibile, e tutto cambia. Pietro si rifugia nella sua auto, parcheggiata davanti alla scuola della figlia, e per lui comincia l’epoca del risveglio, tanto folle nella premessa quanto produttiva nei risultati. Osservando il mondo dal punto in cui s’è inchiodato, scopre a poco a poco il lato oscuro degli altri, di quei capi, di quei colleghi, di quei parenti e di tutti quegli sconosciuti che accorrono a lui e soccombono davanti alla sua incomprensibile calma. Così la sua storia si fa immensa, e li contiene tutti, li ispira fino a un finale inaudito eppure del tutto naturale.

Nanni Moretti riesce davvero a impersonare così bene Pietro Paladini, il protagonista della storia? Ve lo immaginavate così mentre leggevate il libro? Certo, se avete già visto il film – ma non avete ancora avuto modo di gustarvi il romanzo – credo che nel momento in cui inizierete la lettura il personaggio che vedrete con gli occhi della mente avrà per forza di cose la faccia di Nanni Moretti. E vi sembrerà strano immaginarlo dentro la macchina anziché seduto su una panchina.

E poi c’è un altro caso recente.

Io sono leggenda. Anche in questo caso mi viene da domandarvi: meglio il romanzo di Richard Matheson o il film dove il protagonista è interpretato da Will Smith?

Anche in questo caso vi rammento la trama del romanzo.

Robert Neville torna a casa dopo una giornata di duro lavoro. Cucina, pulisce, ascolta un disco, si siede in poltrona e legge un libro. Eppure la sua non è una vita normale. Soprattutto dopo il tramonto. Perché Neville è l’ultimo uomo sulla Terra. L’ultimo umano sopravvissuto, in un mondo completamente popolato da vampiri. Nella solitudine che lo circonda, Robert esegue la sua missione, studia il fenomeno e le superstizioni che lo circondano, cerca nuove strade per lo sterminio delle creature delle tenebre. Durante la notte Neville se ne sta rintanato nella sua roccaforte, assediato dai morti viventi avidi del suo sangue. Ma con il sorgere del sole è lui a dominare un gioco crudele e di meccanica ferocia, scandito dalle luci e dalle ombre di un tempo sempre uguale a se stesso e che impone la ripetizione di un rituale sanguinario. In questo mondo Neville, con la sua unicità, si è già trasformato in leggenda.

Parliamone.

(Massimo Maugeri)

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Vi ricordo che per fare quattro chiacchiere su argomenti vari la porta de la camera accanto è sempre aperta.

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   227 commenti »

mercoledì, 30 gennaio 2008

IL POTERE LIBRESCO E SALVIFICO DEL WEB

Sulle pagine culturali di Panorama, n. 5 del 28 gennaio 2008, Monica Vignale ha pubblicato un articolo molto interessante dal titolo: Passaparola, Il best-seller nasce sul web.

Ve lo riporto di seguito (approfittandone per ringraziare la Vignale di aver citato Letteratitudine).

Leggete il pezzo e rifletteteci un po’ su.

Vi chiedo:

Dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso) ?

Un’ulteriore (e complementare) occasione di dibattito sul tema proposto ce lo offre un articolo di Ermanno Bencivenga pubblicato su Tuttolibri del 24 novembre 2007.

Il titolo è: Internet ci salverà dal finire al macero. Articolo interessante in cui si propone agli editori di mantenere in catalogo più titoli possibile, evitando il macero, basandosi sullo slogan «selling less of more»: gioco di parole che si potrebbe tradurre (credo) con «vendere di tutto un po’».

Domanda per voi:

Ritenete che, in effetti, «vendere di tutto un po’» sarà l’inevitabile futuro per l’editoria?

A voi le risposte.

(Massimo Maugeri)

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PASSAPAROLA: IL BEST-SELLER NASCE SUL WEB


di Monica Vignale

letteratura in rete. Aumentano i siti nei quali i lettori diventano recensori dei libri che comprano. Ne discutono, li consigliano o li stroncano e il tam tam dei navigatori influenza il mercato. Risultato: i romanzi snobbati dai critici di professione diventano successi. E gli editori corrono ai ripari.

Irina ha appena finito di leggere Il giorno in più di Fabio Volo (Mondadori). Le è piaciuto e ritiene importante condividere le impressioni con altri lettori. Apre il sito di comparazione prezzi www.ciao.it e nella sezione dedicata alla letteratura scrive: «Quella che sembrava una storia destinata a finire subito si rivela una storia quasi fiabesca, un sogno… lo consiglio a tutti».Su letteratitudine.blog.kataweb.it si discute animatamente di romanzi di guerra e si promuovono Il pittore di battaglie (Arturo Pérez-Revert, editore Tropea), Neven (Joe Sacco, Mondadori) e Ali di sabbia (Valerio Aiolli, Alet Edizioni). Gli interventi fioccano a centinaia, malgrado l’argomento sia di nicchia. C’è anche chi non ha ancora letto i romanzi: «Ma lo farò presto, mi avete fatto venire voglia di correre in libreria».

Che i libri si vendano col passaparola assai più che con le promozioni ufficiali è vero da secoli. Funzionava così nei «salons» settecenteschi e, in tempi più recenti, è stata la comunicazione diretta fra i lettori a consacrare il capolavoro di Boris Pasternak quando, nel 1957, la Feltrinelli pubblicò in anteprima mondiale Il dottor Zivago, traducendo il dattiloscritto che in pochi mesi divenne best-seller. Con internet sarebbe bastata qualche settimana.

Come è accaduto, per esempio, con L’eleganza del riccio (edizioni E/o), opera prima della docente di filosofia Muriel Barbery, best-seller in Francia, e gran successo in Italia, che ha venduto centinaia di migliaia di copie grazie all’impressionante tam tam online.

È il web ad accorciare i tempi. I lettori navigatori si definiscono books-eater (letteralmente: divoratori di libri) e condividono le emozioni che regala un romanzo avvincente, decretandone, più o meno inconsapevolmente, la popolarità.

Com’è avvenuto per The Stolen Child di Keith Donohue, mandato in libreria dalla Rizzoli con il titolo Il bambino che non era vero. Nel silenzio della critica, il romanzo ha fatto incetta di consensi grazie al brusio telematico scattato su Amazon, il più importante sito di libri del mondo.

Le librerie online hanno capito che conviene cedere la parola ai lettori più che ai recensori di professione. Riproponendo sul web un’abitudine consolidata: il lettore chiede una dritta sui titoli da acquistare all’amico che stima e che ha dimostrato, nei gusti, di essere attendibile. Così, sulla scia dei blog personali, i maggiori portali specializzati nel lancio e nella vendita di libri hanno aperto spazi di discussione libera dove i lettori diventano recensori.

Su Bol.it oppure Qlibri.it, per citare due delle più frequentate librerie della rete, sotto ogni titolo in commercio si possono leggere i contributi dei navigatori, le loro opinioni e il voto assegnato espresso in stelle, come per i film. A guadagnarci sono soprattutto gli scrittori esordienti. Come la controversa Babsi Jones, autrice per la Rizzoli di Sappiano le mie parole di sangue, una storia intensa ambientata durante il conflitto nei Balcani della quale, in rete, si sta discutendo moltissimo.

Capita in Italia e capita oltre confine. In Spagna La sombra del viento di Carlos Ruiz Zafón è stato scoperto dal pubblico di internet prima che dai critici. E internet l’ha rilanciato anche sul mercato italiano, dove il romanzo è stato pubblicato, con successo, dalla Mondadori. Tanti lettori dagli scaffali virtuali di www.internetbookshop.it l’hanno consigliato come regalo di Natale.

Le comunità del passaparola sono un aiuto determinante soprattutto per la piccola editoria, che può aspirare a un’improvvisa notorietà. È il caso di Ultimo appello dell’esordiente Salvo Toscano, un giallo pubblicato da Dario Flaccovio che, viste le dimensioni dell’editore, è stato un trionfo di vendite.

Può accadere anche il contrario, certo. Il contagio viaggia in due direzioni, come racconta un lettore sul forum di Qlibri.it: «Volevo comprare Brucia Troia, perché dello stesso autore di Caos calmo (Sandro Veronesi, ndr), un libro che ho adorato. Però ho visto che a molti lettori, dei quali recepisco i consigli su internet, non è piaciuto, e per ora ho rimandato».

Potere del condizionamento reciproco, che può influenzare facilmente anche il non acquisto.

Nei cyberluoghi dove navigano milioni di persone dai gusti variegati, il tam tam riserva sorprese inaspettate. I gruppi di bibliofili sparpagliati dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, refrattari ai diktat delle mode, discutono anche di opere datate o trascurate, delle quali sintetizzano pregi e difetti in schede che inseriscono sul proprio sito web, dando vita a una rete nazionale (http://gruppodilettura.word press.com) di scambio di opinioni e giudizi sulla letteratura, classica o contemporanea.

Non è strano, quindi, che improvvisamente nelle librerie si registri una impennata di richieste per Danny l’eletto dell’americano Chaim Potok, pubblicato in Italia all’inizio degli anni Ottanta e riscoperto vent’anni dopo, quando internet ha fatto da cassa di risonanza a una toccante storia di amicizia fra due ragazzi divisi dall’ortodossia ebraica.

Significativo anche il caso di Eureka Street dell’irlandese Robert McLiam, una storia di amicizia, sangue e perdono ambientata in una Belfast di conflitti irrisolti. Il romanzo, pubblicato dalla Fazi nel 1999, è stato scoperto solo qualche anno più tardi sul web, dove è rimasto a lungo fra i testi «vivamente consigliati». L’ascesa è stata irresistibile, tanto che l’editore ora annovera il libro come uno dei più venduti del suo catalogo.

Miracoli di un fenomeno il cui esempio più vivido resta Il cacciatore di aquiloni (Piemme) di Kalhed Hosseini, che ha fatto piangere l’Europa ben prima che i raffinati opinionisti lo incoronassero principe delle librerie, e che per 3 anni, in Italia, ha venduto quasi 1.000 copie al giorno nell’indifferenza di giornali e tv.

La critica lo aveva ignorato ma i libri, è risaputo, vendono grazie ai consigli di chi li legge per piacere, non per dovere.

Monica Vignale

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INTERNET CI SALVERA’ DAL FINIRE AL MACERO

di Ermanno Bencivenga

Da anni le case editrici italiane si stanno disfacendo dei fondi di magazzino. Se un libro non si è dimostrato sufficientemente «attivo» negli ultimi tempi, viene messo fuori commercio e i diritti vengono restituiti all’autore. Insufficienze e conseguenti bocciature, peraltro, non vengono assegnate dai direttori editoriali o delle singole collane: se parli con loro, allargano le braccia e lamentano che «il commerciale» ha deciso così, in base a criteri di cui è esclusivo e geloso depositario.

Ne deriva l’impressione di una severa realtà con cui è purtroppo necessario fare i conti; e per fortuna che ci sono i contabili a farli, altrimenti chissà che guai potrebbero combinare intellettuali e utopisti. Ma, come spesso capita, i contabili stanno facendo i conti di ieri e adeguandosi a una realtà che sta cambiando – starei per dire sotto i loro occhi, se non fosse che guardano ostinatamente altrove.

Oggi i libri si comprano sempre più in rete; e questo ha rivoluzionato l’intero settore. Mentre prima tutto dipendeva dalla visibilità di un titolo, e quindi poteva essere plausibile investire su pochi e spesso rinnovati best-seller, Internet ha creato un mercato di nicchia, che fa affari d’oro.

Amazon informa che il 25% delle sue vendite riguarda libri che non sono compresi fra i 100 mila più venduti.

Chris Anderson, direttore della rivista Wired, ha ampiamente discusso tale nuova opportunità nel suo The Long Tail, uscito l’anno scorso, e l’ha riassunta nello slogan «selling less of more».

Occorre ragionare in modo diverso dal passato, afferma, perché la rete ha creato un’economia di abbondanza, in cui non ha più senso porsi i limiti che erano inevitabili quando c’erano pochi scaffali in negozio, pochi canali in televisione, pochi cinema, poche pagine nei giornali. Chi ancora rispetta questi limiti ormai obsoleti si troverà a mal partito in una situazione in cui è possibile gestire un inventario praticamente infinito.

Nell’economia dell’abbondanza della long tail, vincerà chi avrà i cataloghi più ampi: anche un titolo che vende dieci copie l’anno sarà utile, soprattutto per chi avrà migliaia di titoli del genere. Ma le case editrici nostrane stanno appunto smantellando i loro cataloghi, in nome di un sano, impietoso «realismo». Dove si dimostra una volta di più che la realtà è sovente un’etichetta per la propria ignoranza.

Ermanno Bencivenga

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A TUTTI I BLOGGER (soprattutto a coloro che si occupano di libri)

Se potete, linkate questo post (o ricopiatene il testo) e provate ad avviare, sui vostri blog, dibattiti paralleli a quello che si svilupperà qui. Grazie mille.

(Massimo Maugeri)

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AGGIORNAMENTO del 2 febbraio 2008

Cari amici,

come ricorderete avevo posto questa domanda: dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso)?

Il realtà la domanda era volutamente fuorviante per i motivi che vi spiegherò di seguito.

Partiamo da questo ulteriore punto di domanda. Cosa è web? E cosa non lo è?

La maggior parte degli articoli pubblicati su quotidiani e riviste vengono automaticamente pubblicati anche on line. Dirò di più. Seguendo la direzione fissata dal New York Times – interamente e gratuitamente consultabile su Internet – anche molti dei nostri quotidiani si stanno adeguando. “Il Messaggero”, “Il Mattino”, “La Sicilia” sono già consultabili on line dalla prima all’ultima pagina. La maggior parte degli articoli pubblicati sui principali quotidiani vengono riproposti all’interno dei rispettivi siti (in alcuni casi gli articoli consentono di rilasciare commenti). E così per molti magazine e riviste.

Cosa voglio dire?

Che la differenza tra il web e il cartaceo è già quasi inesistente (o tende comunque ad affievolirsi) per il semplice fatto che la Rete sta inglobando l’informazione e i media tradizionali, integrandoli all’interno di un nuovo sistema di comunicazione (in parte ne avevo già parlato qui).

Quando Monica Vignale e Ermanno Bencivenga hanno scritto i loro articoli lo hanno fatto rispettivamente per Panorama e per La Stampa, ma al tempo stesso – più o meno consapevolmente – hanno scritto per il web. Io stesso, in effetti, pur avendoli letti, in origine, in versione cartacea, li ho poi proposti su Letteratitudine copincollandoli da Internet.

A loro volta questi articoli (anche per via del mio invito) sono stati riproposti su altri blog.

Da qui la considerazione che vi ripropongo: la differenza tra il web e il cartaceo è già quasi inesistente (o tende comunque ad affievolirsi). Il processo, a mio avviso, è inarrestabile e giungerà molto presto al suo completamento.

Se partiamo da questo presupposto probabilmente arriveremo alla conclusione che la differenza vera è determinata non dalla presenza on line o su carta, ma dall’autorevolezza della fonte. E forse dalla maggiore diffusione che, per un po’ di tempo, continueranno ad avere gli articoli pubblicati anche in forma cartacea.

Lascio a voi le ulteriori controdeduzioni.

(Massimo Maugeri)

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI   264 commenti »

venerdì, 9 novembre 2007

DUE LIBRI DA SALVARE

Vi propongo un gioco molto particolare. Un gioco di gruppo.

Chiamiamolo così: “Due libri da salvare”. È un gioco che a prima vista può sembrare stupido e banale, ma ho l’impressione che sia tutt’altro che stupido.

Immaginate una catastrofe immane destinata a colpire ineluttabilmente i libri. Qualcosa di peggio (molto peggio) di Fahrenheit 451. Immaginate che tutti i testi di narrativa pubblicati nel mondo tra l’Ottocento e il Novecento (due tra i secoli più prolifici) scompaiano nel nulla. Non è dato sapere il perché. Ma poco importa. Ciò che conta è che non si sarà più traccia dei suddetti libri. Nemmeno sui manuali e sulle enciclopedie di storia della letteratura. Addirittura ne verrà cancellato il ricordo… individuale e collettivo.

Un intero patrimonio dell’umanità destinato a perdersi per sempre.

Che disastro, vero?

Solo due libri di narrativa potranno essere salvati dall’oblio.

E qui entrate in gioco voi.

Avete un’enorme responsabilità: scegliere i due libri da salvare.

Non è facile scegliere. Ve ne rendete conto, no? Perché… capite bene che non si tratta semplicemente di nominare il vostro libro preferito. Anzi, il proprio gusto personale andrebbe messo da parte.

Qui si tratta di fare una scelta a beneficio dell’umanità tutta.

Pensate a due libri di narrativa (uno per l’Ottocento, uno per il Novecento) che possano ergersi a testamento degli uomini e delle donne che hanno vissuto in quei secoli. Pensate a coloro che verranno dopo di noi. Che eredità libresca potremo lasciare?

Pensate a tutto ciò che riterrete opportuno. Poi procedete.

Il gioco si svolge nelle seguenti fasi:

  1. Fate la vostra scelta. Scegliete i due libri di narrativa sulla base di quanto ho scritto prima.
  2. Motivate la scelta.
  3. Cercate di convincere gli altri ad appoggiare la vostra scelta. Naturalmente anche voi potrete essere, a vostra volta, convinti a cambiare idea.
  4. Dividetevi in gruppi, in fazioni. La posta in gioco è altissima. Nominate dei rappresentanti, dei leader… se volete.
  5. La fase finale consiste nel seguente passo: la comunità di Letteratitudine, superati i quattro punti indicati sopra, dovrà stabilire in via definitiva quali sono i due libri da salvare.

Ecco perché parlavo di gioco di gruppo.

Il gioco si chiuderà domenica 18 novembre, data in cui mi sarà possibile pubblicare un nuovo post.

Buon divertimento!

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AGGIORNAMENTO del 18 novembre 2007

Dopo estenuanti confronti e un acceso dibattito che ha lasciato sul campo qualcosa come 640 commenti all’incirca, e soprattutto grazie all’impegno dell’intera comunità di Letteratitudine, e in particolare di qualche benemerito, tra cui l’esimio letterato umbro/sloveno Sergio Sozi, il sottoscritto, in qualità di gestore e curatore del blog, comunica i titoli dei due libri di narrativa – uno per l’Ottocento, l’altro per il Novecento – che sopravvivranno alla non meglio precisata apocalisse letteraria. Possano i posteri rendere merito all’impegno, dei singoli e della collettività, profuso senza lesinare rinunzie e immani sacrifici di natura personale.

I “due libri da salvare”, secondo la comunità di Letteratitudine sono:

- Per l’Ottocento:

I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij

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- Per il Novecento:

I nostri antenati di Italo Calvino

* * *

Cliccando sui due titoli avrete la possibilità di accedere ad approfondimenti disponibili in rete.

Ancora una volta vi ringrazio di cuore per la partecipazione.

vostro Massimo Maugeri

Pubblicato in SONDAGGI, GIOCHI E SVAGHI   779 commenti »

lunedì, 15 ottobre 2007

COME SONO BELLI I LIBRI CHE NON SI LEGGONO

I dati relativi alla nuova indagine Ipsos su libri e letture non sono certo rassicuranti. Ne ha scritto Mirella Appiotti su Tuttolibri de La Stampa, interagendo con Gian Arturo Ferrari, direttore generale libri Mondadori, e Stefano Mauri, presidente e ad del Gruppo Mauri-Spagnol.

Letture: Solo il 38% del campione legge 1 libro l’anno (nel 2003 il 39%, nel 2005 il 46% «effetto presunto – dice Ferrari – dei libri allegati ai giornali e di best seller tipo Dan Brown»).

Acquisti: il 71% non compra neppure un libro (il 65% del 2005).

Fenomeno generale: Polarizzazione sociale del Paese, forbice che si allarga drammaticamente, la fascia alta della popolazione compra di più, sempre meno l’Italia povera. Di qui, crollo al Sud: -8% di lettori dal 2003. Benino il Centro Italia al +10% di «acquirenti», con Roma «capace di esprimere grande vivacità…»; solo un +2% di lettori al Nord, leggero calo dei «lettori forti».

«Il libro, una perdita di tempo» secondo il 61% degli intervistati.

«La lettura? Pesante» per il 20% del campione perché «gli ricorda la scuola».

«In nessun Paese del mondo l’esperienza scolastica lascia un ricordo così negativo» ha commentato Ferrari. L’uomo più potente dell’editoria italiana, che afferma di non parlare pro domo sua «l’industria editoriale non patendo più di tanto il fenomeno, siamo pur sempre il 6° mercato del mondo», sottolinea comunque come i lettori tra i 25 e i 34 anni siano cresciuti dal 2003 del 4%. «Basterebbero 10 milioni di euro dello Stato per intraprendere tra i bambini una campagna quinquennale di promozione della lettura con frutti sicuri». Stefano Mauri sostiene quanto segue: «Vorrei collegare due cose emerse. La prima, per l’appunto, è l’aumento della lettura tra i giovani dai 25 anni. La seconda è che i non lettori non hanno capito, in gran parte, quale magnifica fonte di svago possa essere un libro»”.

Sullo stesso numero di Ttl compare un articolo di Ferdinando Camon (cfr. Ttl del 13 ottobre 2007, pag. 2, rubrica “L’opinione”) intitolato “Non bastano i libri belli”. Camon cita i dati Ipsos e chiama in causa Corrado Augias. Vi propongo di seguito l’articolo:

“Apro il libro di Corrado Augias Leggere (Mondadori, pp. 120, e 12), davanti al computer acceso, e sul monitor arriva un lancio Ansa: «Leggere? Per gli italiani è tempo perso». Continua: «Il 61% degli italiani non leggono nemmeno un libro all’anno, per il 12% leggere è tempo sprecato, per il 16 nella vita ci sono cose più divertenti, e per il 33 ci sono cose più utili». Nessuna meraviglia se i nostri ragazzi sono meno preparati dei coetanei europei. Ce l’ha appena detto l’Europa, con un’indagine di poche settimane fa. I nostri ragazzi sono messi peggio della media europea, per l’abbandono scolastico e per la percentuale di laureati. Il dato più triste è che dal 2003 ad oggi i lettori, in Italia, sono calati. Ma allora, il successo dei festival letterari? Il festival di Mantova funziona in maniera strana: la gente che ci va è tanta, ma è sempre gente che già legge, non è gente nuova. Adesso vediamo cosa fa Pordenone. Per ora «Pordenonelegge» deve fare se stesso, e ci riesce: fa notizia, attira gente, crea l’evento. Ma tutti questi sono festival di scrittori. La vera festa del libro resta la Fiera di Torino, ineguagliata. Le trasmissioni televisive avevano una loro utilità: sì, lanciavano pochi libri, ma li lanciavano molto. Una fra le migliori era quella di Corrado Augias. Evidentemente, scrivendo questo libro, Augias obbedisce ancora all’istinto missionario di chiamare il pubblico ai libri, perché «i libri ci rendono migliori, più liberi e più allegri». Bisogna leggere, dice, perché «i libri sono belli». E usa, con cenni molto rapidi o presentazioni un po’ più solide, un centinaio circa di libri. C’è anche un capitolo sul leggere che fa male, ma a ben guardare anche quello fa bene: don Chisciotte, Madame Bovary, Paolo e Francesca, Eloisa e Abelardo sono travolti dai libri che leggono, ma in quel travolgimento trovano il senso della vita. Tutto ciò che si fa per far leggere è ben fatto. Ma l’impresa di Augias mi ricorda quella di Thomas Merton: Merton s’è convertito al cattolicesimo perché «le cattedrali cattoliche sono belle», e voleva convertire il mondo spiegando a tutti che «le cattedrali cattoliche sono belle». Dubito che ci sia riuscito: gli altri uomini hanno altre bellezze. Augias vuol convertire i non-lettori spiegando che i libri sono belli. E’ difficile. I non lettori, dice l’Ansa, hanno le loro belle cose da fare”.

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Verrebbe da dire: siamo alle solite.

Commentate l’articolo di Camon, se volete.

Poi vi domando: secondo voi cosa bisognerebbe fare per incentivare la lettura di questi famigerati libri ?

Magari potrebbe venire fuori un’idea innovativa.

Chi lo sa?

A voi!

Massimo Maugeri 

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AGGIORNAMENTO del 17 ottobre 2007

Ringrazio moltissimo Ferdinando Camon per il suo intervento nel dibattito che è nato dopo la pubblicazione del post. Il “perché leggere” che troverete di seguito – un bellissimo spot a favore della lettura – è tratto dal suo libro “Tenebre su tenebre” (Garzanti, 2006, pagg. 355, euro 18)

In questo libro Ferdinando Camon usa una lente che permette di cogliere, oltre il brusio della cronaca, certe onde lunghe che sommuovono nel profondo tanto la realtà quanto noi stessi. La memoria della civiltà contadina e la percezione del mutamento, la scrittura e la psicoanalisi, la famiglia e il sesso, la religione e la religiosità, il corpo e la biologia, la guerra e la morte, il denaro e il potere, la solitudine e i popoli: sono questi gli aspetti dell’esperienza su cui Camon s’accanisce, e al tempo stesso gli strumenti con cui misura il mondo. O, per meglio dire, gli strumenti con cui lo soppesa, in tutta la sua feroce insensatezza. Così, pagina dopo pagina, s’inscrive una diagnosi impietosa del nostro tempo e delle sue perversioni, in un libro di lotta che turba e ferisce.

PERCHÉ LEGGERE

Chi vive, vive la propria vita. Chi legge, vive anche le vite altrui. Ma poiché una vita esiste in relazione con le altre vite, chi non legge non entra in questa relazione, e dunque non vive nemmeno la propria vita, la perde. La scrittura registra il lavoro del mondo. Chi legge libri e articoli, eredita questo lavoro, ne viene trasformato, alla fine di ogni libro o di ogni giornale è diverso da com’era all’inizio. Se qualcuno non legge libri né giornali, ignora quel lavoro, è come se il mondo lavorasse per tutti ma non per lui, l’umanità corre ma lui è fermo. La lettura permette di conoscere le civiltà altrui. Ma poiché la propria civiltà si conosce solo in relazione con le altre civiltà, chi non legge non conosce nemmeno la civiltà in cui è nato: egli è estraneo al suo tempo e alla sua gente. Un popolo non può permettersi di avere individui che non leggono. E’ come avere elementi a-sociali, che frenano la storia. O individui non vaccinati, portatori di malattie. Bisogna essere vaccinati per sé e per gli altri. Perciò leggere non è soltanto un diritto, è anche un dovere. Nelle relazioni tra i popoli, la prima e più importante forma di solidarietà è dare informazioni: mai l’altro dev’essere convertito alla nostra supposta superiorità, ma sempre messo in condizioni di scegliere tra le sue informazioni e le nostre. Quando una cultura si ritiene nella fase di superiorità tale che tutte le altre culture devono apprendere da lei, per il loro bene, e lei non può apprendere da nessuna, comincia la sua decadenza.
Ferdinando Camon

Pubblicato in IL SOTTOSUOLO (di Ferdinando Camon), PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE   136 commenti »

lunedì, 30 luglio 2007

GIOVENTU’ LIBRANTE n. 2

max-maugeri.jpgRiprendiamo l’attività di Letteratitudine con un nuovo post per la rubrica Gioventù librante che dà spazio a questa iniziativa lanciata dalla libreria Cavallotto. Il giovane lettore consulente di questo post è la studentessa diciassettenne Alessia Leonardi che ci presenta i seguenti romanzi: Ma le stelle quante sono (di Giulia Carcasi), Chéri (di Gabrielle Colette), Le cronache di Narnia (di C. S. Lewis).

Massimo Maugeri

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Sono Alessia Leonardi, ho 17 anni. Frequento il Liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Catania, V anno. Amo la lettura, e non ho un genere preferito perchè credo che tutti i libri possono insegnarti qualcosa ed aiutare ad ampliare la tua fantasia, a prescindere da quale tipologia prediligi. Per me la lettura è una gioia, non un Dovere.

“Ma le stelle quante sono” di Giulia Carcasi (ediz. Feltrinelli)

Riassunto:“Ma le stelle quante sono” è un romanzo di Giulia Carcasi, che racconta le esperienze di due ragazzi che condividono la stessa storia, che viene raccontata dagli stessi protagonisti.Lei si chiama Alice, una ragazza studiosa amante della poesia, e come tutte le ragazze in cerca del vero amore, che in una prima parte sarà identificato in Giorgio: il classico ragazzo che vuole fare esperienza, un ragazzo che non si ferma ai sentimenti.Lui è Carlo, classico secchione, uno di quelli che non va mai impreparato a scuola. Questo ragazzo si lascerà andare nelle braccia di Ludovica, la tipica ragazza che oggi si definisce “facile”, una di quelle che non si fanno tanti scrupoli in determinate situazioni.Tutti e quattro questi personaggi si intrecciano in una trama amorosa che si districherà solo quando Carlo e Alice riusciranno a confessarsi i loro sentimenti.

Commento:Il romanzo in sé è abbastanza carino, la storia ricorda molto le scene quotidiane di noi ragazzi, sia per gli argomenti trattati( scuola, genitori, feste) sia per i pensieri e le azioni dei protagonisti che sembrano vivere una storia scritta da noi.L’autrice ha avuto la geniale idea di suddividere il libro in due parti, da una la storia raccontata da Alice, dall’altra quella raccontata da Carlo. Da ciò è possibile evincere le differenze che intercorrono fra i due protagonisti, e paragonare come i due affrontino la stessa situazione con soluzioni diverse. È scritto in maniera scorrevole, con intercalari prettamente giovanili, con espressioni colorite che fanno si che il libro appassioni sempre un po’ di più nel corso dei dialoghi che sembrano quasi reali. Dal titolo mi aspettavo di sognare un po’ di più, invece è una storia molto legata alla quotidianità e forse è questo che la rende interessante, però avrei preferito una storia più commovente ed un finale più romantico, magari qualche sogno in più che l’avrebbe reso veramente bello.

“Chéri” di Gabrielle Colette (ediz. Nottetempo)

Riassunto: Chery è il protagonista, un bel ragazzo dai capelli neri dai riflessi blu, prepotente capriccioso. Viziato sia dalla madre che da Lea, una donna di bell’aspetto amica della madre che non ha provato i dispiaceri della vita, quei dolori che si manifesteranno solo alla conclusione del libro. Fra la donna e il ragazzo si istaura un rapporto che verrà interrotto dal matrimonio di lui. Lea con il cuore affranto decide di iniziare a viaggiare pur di dimenticarsi del suo piccolo amore, ma non riesce a toglierlo dai suoi pensieri così come accade anche a lui. Un ennesima e ultima notte, poi qualcosa sarà diverso.

Commento: Il libro è ben scritto, secondo me. Ha numerose descrizioni accurate dei luoghi in cui si svolgono le scene che talvolta si dilungato per troppe pagine; i personaggi sono bizzarri e il loro accostamento è alquanto strano e interessante allo stesso momento. La storia è nuova, suscita infatti la curiosità del lettore. Spesso però le descrizioni diventano piatte, le azioni lente, e i dialoghi sembrano diventare noiose. La scrittura è scorrevole e allegra, la storia è quasi inverosimile, ed è forse questo che spinge maggiormente a leggere il romanzo fino alla conclusione,nella speranza di un lieto fine per un amore impossibile. Il romanzo è dolce, tenero e malinconico insieme…vede il consumarsi di un amore in cui il sentimento spera di sprofondare “in quell’abisso da cui l’amore risale pallido, taciturno e pieno del rimpianto della morte”. Consiglio a tutti la lettura, non è molto lungo ed è piacevole.

“Le cronache di Narnia” edizione completa di C.S. Lewis (ediz. Mondadori)

Riassunto: Il libro racchiude in sè tutti e sette i libri di questa raccolta, che proseguono secondo una seguenza temporale dalla creazione alla distruzione di Narnia. I protagonisti non sono gli stessi in tutti i libri , ma l’autore ha ben deciso di cambiarli secondo l’età, da Peter a Jilly.La visita di questi ragazzi a Narnia non è per niente casuale, essi giungono nel regno solo per volere di Aslan, il grande leone che domina quel mondo con grande saggezza. Di volta in volta i ragazzi si troveranno ad affrontare avventure diverse mettendosi a servizio dei successivi re e regine di Narnia che ne invocheranno l’aiuto.

Commento: Trovo questa raccolta dei sette libri “narniani” qualcosa di unico. La descrizione dei luoghi è accurata e dettagliata a tal punto da immaginarli nei minimi dettagli . I dialoghi si susseguono in maniera originale e fluente e la trama non è mai noiosa o scontata, ma sempre particolareggiata e insolita, tanto da invogliare a leggere tutti e sette i libri in una sola settimana, così come è successo a me.Il linguaggio non è mai scontato o puerile, infatti non è un libro di favole per soli bambini, e come lo definisce l’autore stesso :”un libro non merita di essere letto a dieci anni se non merita di essere letto anche a cinquanta.” Oserei abbinare alla raccolta l’aggettivo “fantastico” e non solo per il genere letterario a cui appartiene, ma anche per la sua maestosità nel complesso.

“Il mondo nei tuoi occhi” di Loredana Frescura e Marco Tomatis (ediz. Fanucci)

Riassunto: La storia di due ragazzi, Costanza e Angelo, che si conoscono nella stazione di una piccola città. Vedono il fiorire di un amore che ai loro occhi era impossibile fino a qualche istante prima. Nella vita dei due protagonisti si susseguono numerosi “incidenti di percorso” che riusciranno a mettere in crisi un rapporto dolce come il loro.Così, parallelamente, pagina dopo pagina, i loro pensieri e le loro emozioni saranno unite insieme. Non è sempre rose e fiori la vita dei diciassettenni, così fra tradimenti, litigi e malintesi la loro storia si articolerà a tal punto da ricondurli su quei binari della stazione, dove all’improvviso il loro mondo cambiarà di nuovo, proprio come era successo al loro primo incontro.

Commento: un libro dolcissimo che si avvicina moltissimo alla realtà che viviamo noi ragazzi quotidianamente. Una storia improbabile che nasce dalla vita quotidiana di routine, che capovolge totalmente le aspettative in un solo attimo. A mio parere il libro è appassionante e provocatore di sogni, perchè pagina dopo pagina sono riuscita ad immedesimarmi completamente con la protagonista, e con lei ho vissuto quell’amore sulle rotaie, ho condiviso il rancore e la perdita d’appetito, anche se solo nella mia mente.
Molto romantico, semplice e sincero… Da leggere!

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