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domenica, 15 settembre 2019

ANDREA TARABBIA VINCE IL PREMIO CAMPIELLO 2019

Andrea Tarabbia ha vinto l’edizione 2019 del Premio Campiello con il volume “Madrigale senza suono” (Bollati Boringhieri)

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Andrea Tarabbia si aggiudica la 57a edizione del Premio Campiello; il suo Madrigale senza suono” (Bollati Boringhieri) ha beneficiato di 73 voti (sui 277 pervenuti) della Giuria Popolare di Trecento Lettori Anonimi. In seconda posizione, Giulio Cavalli, con “Carnaio” (Fandango Libri), che ha beneficiato di 60 voti. Al terzo Paolo Colagrande con “La vita dispari” (Einaudi), 54 voti. In quarta posizione, con 52 voti, Laura Pariani con “Il gioco di Santa Oca” (La nave di Teseo). Al quinto posto, Francesco Pecoraro con ‘Lo stradone’ (Ponte alle Grazie), 38 voti.

La serata della finale del Premio Campiello 2019 è stata condotta da Andrea Delogu ed è stata trasmessa in diretta su Rai Cultura, sabato 14 settembre alle 21.00 su Rai5, dal Teatro La Fenice di Venezia.

Di seguito: lo speciale di Letteratitudine con un ampio intervento in esclusiva di Andrea Tarabbia dedicato al suo “Madrigale senza suono” (Bollati Boringhieri), libro vincitore del Premio Campiello 2019 (continua…)

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domenica, 16 settembre 2018

ROSELLA POSTORINO vince il PREMIO CAMPIELLO 2018

ROSELLA POSTORINO con il romanzo “Le assaggiatrici” (Feltrinelli), è la vincitrice della 56ª edizione del PREMIO CAMPIELLO

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L’edizione 2018 del Premio Campiello è stata vinta con ampio margine da Rosella Postorino, autrice di “Le assaggiatrici” (Feltrinelli): 167 voti sui 278 pervenuti dai 300 componenti della giuria popolare. Il video della premiazione è disponibile cliccando qui.

In seconda posizione, 42 voti, Francesco Targhetta con “Le vite potenziali” (Mondadori). Terza classificata, 29 voti, Helena Janeczek autrice di “La ragazza con la Leica” (Guanda) con cui ha vinto l’edizione 2018 del Premio Strega. In quarta posizione, con 25 voti, Ermanno Cavazzoni autore di “La galassia dei dementi” (La nave di Teseo). Al quinto posto, con 15 voti, Davide Orecchio autore di “Mio padre la rivoluzione” (Minimum Fax).

Di seguito la puntata radiofonica di Letteratitudine dedicata a “Le assaggiatrici” (Feltrinelli), con l’ampio intervento di Rosella Postorino in conversazione con Massimo Maugeri.

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e postproduzione: Federico Marin

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PER ASCOLTARE LA PUNTATA CLICCA SUL PULSANTE “AUDIO MP3″ (in basso), O CLICCA QUI

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Con Rosella Postorino abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Le assaggiatrici” (Feltrinelli).

Rosella Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), ha raccontato la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Di seguito, la scheda sul libro e la biografia letteraria dell’autrice.

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Rosella Postorino“Le assaggiatrici” (Feltrinelli).

“Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame.” Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando?
La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato.
Nell’ambiente chiuso della mensa forzata, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti – come una sorta di divinità che non compare mai – incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame inaudito.
Rosella Postorino non teme di addentrarsi nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane, per chiedersi che cosa significhi essere, e rimanere, umani. Ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto – spesso antieroico – di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.

* * *

Rosella Postorino Rosella Postorino (Reggio Calabria, 1978) è cresciuta in provincia di Imperia, vive e lavora a Roma. Ha esordito con il racconto In una capsula, incluso nell’antologia Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi Stile Libero, 2004). Ha pubblicato i romanzi La stanza di sopra (Neri Pozza, 2007; Premio Rapallo Carige Opera Prima), L’estate che perdemmo Dio (Einaudi Stile Libero, 2009; Premio Benedetto Croce e Premio speciale della giuria Cesare De Lollis) e Il corpo docile (Einaudi Stile Libero, 2013; Premio Penne), la pièce teatrale Tu (non) sei il tuo lavoro (in Working for Paradise, Bompiani, 2009), Il mare in salita (Laterza, 2011) e Le assaggiatrici (Feltrinelli, 2018). È fra gli autori di Undici per la Liguria (Einaudi, 2015).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

PER ASCOLTARE LA PUNTATA CLICCA SUL PULSANTE “AUDIO MP3″ (in basso), O CLICCA QUI


La colonna sonora della puntata: “Moonlight Serenade” di Glenn Miller; “Lili Marleen” di Marlene Dietrich; Wiener Sängerknaben – Fuchs; “In The Mood” di Glenn Miller.

(continua…)

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lunedì, 14 settembre 2015

MARCO BALZANO vincitore del PREMIO CAMPIELLO 2015

È stato MARCO BALZANO, con il romanzo “L’ultimo arrivato” (Sellerio), a vincere la 53^ edizione del Premio Campiello, ottenendo le maggiori preferenze dalla Giuria dei Trecento Lettori anonimi e superando gli altri quattro concorrenti: Paolo Colagrande con “Senti le rane” (Nottetempo), Vittorio Giacopini con “La Mappa” (Il Saggiatore), Carmen Pellegrino con “Cade la terra” (Giunti) e Antonio Scurati con “Il tempo migliore della nostra vita” (Bompiani).
Di seguito proponiamo:
- un video tratto dalla serata della premiazione, svoltasi il 12 settembre 2015 al Teatro “La Fenice” di Venezia e condotta da Geppi Cucciari e Neri Marcorè
- il contributo che Marco Balzano ha scritto appositamente per Letteratitudine, dove “racconta” il suo romanzo (vincitore, appunto, del Premio Campiello 2015).

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MARCO BALZANO racconta il suo romanzo L’ULTIMO ARRIVATO (Sellerio) – vincitore del PREMIO CAMPIELLO 2015. Le prime pagine del libro sono disponibili qui

La storia di un bambino e di un viaggio, le avventure e le disavventure di un piccolo emigrante con la testa piena di parole. «Balzano mostra come la letteratura sappia, e possa, parlare del mondo che ci circonda» (Marco Belpoliti, l’Espresso).

di Marco Balzano

C’è un paese che confina con quello dove abito io e questo paese si chiama Baranzate. È una piccola città alle porte di Milano. Una volta, dopo i tagli della riforma Gelmini, ci sono pure finito a fare qualche giorno di supplenza. In classe c’erano due italiani e una ventina di stranieri. Un odore denso aleggiava tra i banchi, come se fossimo a un mercato indiano. Non che io sia stato mai da quelle parti, ma il mio olfatto lo immagina così, con l’aroma troppo umano di quella prima media di Baranzate. E poi ci sono passato per nove mesi, per i controlli di routine che Anna doveva fare in gravidanza. Nei reparti dell’ospedale Sacco i cartelli hanno sempre la scritta in arabo, cinese e spagnolo. Altro che l’internazionalità dell’inglese. Poi, poco più avanti, c’è il campo nomadi, da cui venivano tre o quattro dei ragazzetti che avevo in classe.
Da alcuni studi risulta che Baranzate sia il terzo comune d’Europa per immigrazione. Un’immigrazione che, per altro, si addensa in una sola parte della città, e principalmente nella famosa via Gorizia. In quella via ci ha vissuto anche mia madre, emigrata a 14 anni con zio Nicola, suo fratello maggiore. Due terroni, che in quella via avranno ritrovato compaesani o almeno corregionali. Gente che si piazzava lì, giusto il tempo di avviarsi una vita dall’altra parte dello stivale. Poi, una volta che la vita si era avviata, se ne andava e non ci tornava più. Anche chi ci abita oggi fa così. Anche loro riconoscono chiaramente un posto arrangiato e non hanno intenzione di farselo andare bene per troppo tempo. Via Gorizia è da sempre la via degli ultimi arrivati. Con i palazzoni affacciati sulla strada e le fabbriche intorno che da qualche anno, se non hanno già chiuso, faticano molto più di ieri o hanno lasciato il posto ad altro. Adesso lì dentro non ci trovi più i terroni ma cinesi, arabi, peruviani, nordafricani. Ecco, se dovessi dire da dove nasce l’idea primordiale del romanzo, risponderei che comincia dalla contemplazione di via Gorizia. Dalla metaforicità di questo luogo, che trova molti analoghi alle porte delle città del triangolo industriale. (continua…)

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venerdì, 11 settembre 2015

SPECIALE PREMIO CAMPIELLO 2015

SPECIALE PREMIO CAMPIELLO 2015

Sabato 12 settembre verrà decretato il vincitore della 53^ edizione del prestigioso premio letterario tra i seguenti cinque finalisti: Marco Balzano, Paolo Colagrande, Vittorio Giacopini, Carmen Pellegrino, Antonio Scurati. Sul post, i contributi speciali di Letteratitudine

Concorrono per la vittoria finale della 53^ edizione del Premio Campiello Marco Balzano con L’ultimo arrivato (Sellerio), Paolo Colagrande con Senti le rane (Nottetempo), Vittorio Giacopini con La Mappa (Il Saggiatore), Carmen Pellegrino con Cade la terra (Giunti) e Antonio Scurati con Il tempo migliore della nostra vita (Bompiani).

I CONTENUTI SPECIALI DI LETTERATITUDINE

(continua…)

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domenica, 2 settembre 2012

Carmine Abate – vincitore del Premio Campiello 2012

Info su LetteratitudineNews

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lunedì, 23 giugno 2008

QUOTE ROSA IN LETTERATURA? IL CASO CAMPIELLO

La giuria del Campiello, presieduta da Gianni Letta, ha selezionato i cinque libri che si contenderanno l’ambìto premio letterario:
- Eliana Bouchard, con Louise. Canzone senza pause (Bollati Boringhieri)
- Benedetta Cibrario, con Rossovermiglio (Feltrinelli)
- Paolo Di Stefano, con Nel cuore che ti cerca (Rizzoli)
- Chiara Gamberale, con La zona cieca (Bompiani)
- Cinzia Tani, con Sole e ombra (Mondadori).
La giuria, all’unanimità, ha indicato Paolo Giordano per La solitudine dei numeri primi (Mondadori) come vincitore del riconoscimento Opera Prima. Si dovrà attendere il 30 agosto per conoscere il vincitore assoluto del Premio Campiello che sarà scelto da una giuria di 300 lettori nel corso di una cerimonia al Teatro La Fenice di Venezia.

Questa, la cronaca.
Ora… pare che, in prima istanza, la giuria del Premio avesse deciso di selezionare una cinquina di sole donne. E che la presenza di Paolo Di Stefano non fosse – come dire – prevista.
Insomma… polemiche.
Seguono un pezzo caustico di Nico Orengo (pubblicato su Tuttolibri) e un altro di Giuliano Zincone (pubblicato sul Domenicale del Sole24Ore) dove l’autore si finge uno scrittore disposto a cambiar sesso pur di rientrare nella cinquina del Premio.

Mi domando (e vi domando)…
Il mondo della letteratura italiana necessita, forse, di “quote rosa”?
Ritenete che le scrittrici siano state (e siano tuttora) penalizzate?
Se sì, cosa fare per assicurare un maggiore “equilibrio”?
Siete d’accordo con le scelte della giuria del Campiello?

A proposito: Chi vincerà il Campiello 2008?

Massimo Maugeri

—–

Dalla rubrica FULMINI di Nico Orengo (pubblicato su Ttl del 14/6/2008)

Campiello affonda la critica

Mentre allo Strega si attende la vittoria di Rea con «Napoli Ferrovia», sul Campiello ci sono acque volutamente agitate. Volutamente perché la nuova gestione cerca scandalo e visibilità. Lo si è visto nelle due ultime edizioni con la retrocessione di Buttafuoco e Fruttero. Ora, parte della giuria, quella più lontana dalla letteratura, ha deciso che i finalisti fossero solo donne. C’è scappato un maschio ma è decisamente un Campiello al femminile. Strano criterio che lascia fuori scrittori come Vitali e Longo. Ci si chiede cosa ci stiano a fare critici come Nigro, Beccaria e Mondo.
Nico Orengo

—–

L’oppossum di Giuliano Zincone (pubblicato sull’inserto “Domenica” de Il Sole24Ore del 15/6/08)

Alla Spett. Giuria Tecnica del Premio Campiello. Sede.

Gentile Giuria, apprendo dalla stampa che avevate deciso di scegliere una cinquina femminile per il vostro stimato premio letterario. Poi, forse per sbaglio, avete nominato anche un maschio, uno solo. Quote rosa o dittatura rosa? Adesso si spiega la mia esclusione. Mi chiamo Fabio Zumbo e vi avevo sottoposto il mio ultimo romanzo, “Gino & Daniela” (ed. Fichidindia). Sono sicuro che non l’avete nemmeno guardato. E’ la storia forte e delicata della relazione tra una signora cinquantenne (Daniela) e un opossum di nome Gino. La scintilla è innescata dalla noia esistenziale aggravata dalla solitudine urbana e dai guasti dell’anomia capitalistica. Entra in gioco l’ottusa e violenta gelosia del marito di lei, Ugo, del tutto insensibile all’ansia di libertà della moglie, e al suo diritto a vivere la propria vita. Gino, invece, è single e, come spesso accade ai “diversi”, s’impegna in compiti che gli italiani rifiutano. Qui appare la necessità di contemperare il dovere dell’accoglienza con la necessità della sicurezza, oltre all’eterno conflitto tra solidarietà ed egoismo. Tolleranza e dialogo. Queste cose, insomma.
In una drammatica sequenza, il mio romanzo non manca di sottolineare che anche i nostri connazionali furono discriminati, quando la miseria li spinse a viaggiare verso lidi stranieri. Gino, del resto, è perfettamente integrato e produttivo. Grazie alla sua coda prensile, l’opossum è capace di esercitare mille mestieri e, nella seconda metà del libro, si riscatta dalla sua condizione sottoproletaria, associandosi con il procione Fabrizio (detto anche Orsetto Lavatore), nella gestione precaria della lavanderia “Stira & Ammira”. Non vorrei sembrare immodesto, ma credo proprio che il mix degli incontri clandestini tra gli amanti, la robusta denuncia della xenofobia, dell’inettitudine della casta politica, della sostanziale assenza delle istituzioni e della carenza di strutture (palestre e piscine) adatte agli svaghi degli opossum e dei procioni, facciano del mio romanzo non certo un banale thriller, ma soprattutto un documento che spiega la violenza/indifferenza che deprime la nostra società e che la condanna alla decadenza morale. C’è una via d’uscita? Mistero. Un barlume s’accende quando, nel libro, Monsignor Martinho (Teologia della Liberazione) sorride all’opossum e alla signora, benedicendoli: “Amor omnia vincit”. Sarà proprio così? La mia opera è aperta.
Signori della Giuria, voi avete bocciato il mio libro perché sono un maschio. Rimedierò. Vi scrivo da Casablanca, dove sono in lista d’attesa, ascoltando canzoncine tipo “You must remember this”, per diventare una Ingrid Bergman che si chiamerà Fabia Zumba, e che potrà concorrere senza handicap al prossimo premio letterario. Ho già in mente lo scoop: Sansone era femmina, per questo aveva i capelli lunghi. E Dalila era maschio, per questo glieli ha tagliati. Io mi rassegno e mi adeguo, qui a Casablanca. Però voi riflettete un momento, rispettabili Giurati. Ve la immaginate una Oriana Fallaci che accetta di entrare in cinquina soltanto perché è donna? Lo sapete che cosa vi avrebbe abbaiato e dove vi avrebbe mandati? Io aspetto il delicato intervento, accanto al pianoforte del vecchio Sam. Però mi ricordo un pomeriggio del 1966, a Mantova. Si consegnavano i premi “Isabella d’Este”, riservati a dodici donne eccezionali. C’era anche la principessa-sarta Irene Galitzine, che non disprezzava affatto i maschi. E c’era Maria Bellonci: un drago, una vipera. Qualcuno osò chiamarla Signora. E lei si ribellò: “Macché signora e signora! Io sono Maria Bellonci e basta!”. Domani avrò il mio bisturi, qui a Casablanca. Ma non diventerò come la grande Maria. Anzi, perderò qualcosa.
Giuliano Zincone

Pubblicato in PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE   144 commenti »

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