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giovedì, 12 aprile 2012

SCRIVERE AI TEMPI DEL WEB

scrivere-ai-tempi-del-web-2Qualche settimana fa ho avuto il piacere di condurre uno dei laboratori di eccellenza di “Officina dei media” proposti dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Catania. Il titolo era: “Scrivere ai tempi del web”. Per me è stata un’occasione preziosissima per approfondire, insieme alle studentesse e agli studenti del laboratorio (provenienti da varie Facoltà… non solo da quella di Lettere e Filosofia), alcuni degli argomenti trattati qui su Letteratitudine nel corso di questi sei anni di attività. Nel farlo mi sono avvalso anche di “contributi” recentissimi e di varia provenienza (articoli di quotidiani e magazine, video, ecc.).
Riporto, in sintesi, alcuni degli argomenti oggetto del laboratorio (linkando i post di Letteratitudine a essi attinenti): la “rivoluzione internet”, Terza Pagina e comunicazione letteraria on line, i blog letterari e gli ipertesti, perché leggere e perché scrivere, lettura e scrittura tra viaggio e condivisione, la scrittura nell’era delle immagini e dei new media, i social network, linguaggio e slang della rete, problematiche legate all’e-book, print on demand e self-publishing, copyright e/o copyleft, la grande rete della scrittura, prospettive e ipotesi sul romanzo ai tempi della rete: il caso David Shields.
Alla fine del laboratorio – impostato come “dibattito aperto” – ho chiesto alle studentesse e agli studenti che hanno partecipato, di esprimere le loro opinioni sui temi trattati. Nel farlo, ho posto loro le seguenti dieci domande. Con alcuni dei partecipanti abbiamo deciso di rendere pubbliche le risposte al fine di favorire l’interazione tra loro e allargare il dibattito ai frequentatori di questo blog (a cui chiedo, dunque, nel caso in cui avessero tempo e voglia, di fornire le loro risposte).
Si tratta – lo ripeto – di argomenti di cui, in un modo o nell’altro, abbiamo avuto modo di discutere nel corso di questi anni. Il mio auspicio è che questo post possa svolgere una funzione di sintesi, magari fornendo nuovi spunti di riflessione derivanti dal confronto, dalla crescita e dallo scambio di esperienze.
Ecco le domande…

1. Che ruolo hanno avuto i blog nello sviluppo del dibattito culturale e letterario italiano?

2. Confrontando “lit-blog” e siti letterari con la cosiddetta “Terzapagina”… quali sono i pro e i contro?

3. Quali sono le ragioni del leggere e dello scrivere ai tempi del web? Fornite le “vostre” motivazioni…

4. Come è cambiata (se è cambiata) la scrittura con l’esplosione dei social network?

5. La rivoluzione digitale ha inciso (o inciderà) sulla letteratura?

6. Cosa ne pensate dell’e-book?

7. Cosa ne pensate del self-publishing?

8. Qual è il ruolo del romanzo, oggi? E quale genere narrativo sa raccontare meglio la realtà?

9. Copyright e copyleft: cosa ne pensate?

10. Come immaginate il futuro editoriale con la diffusione dell’e-book? L’editoria elettronica sopravvivrà alla pirateria o è destinata a subire gli stessi contraccolpi che hanno interessato l’industria musicale?

Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno la bontà di raccogliere questo mio invito.

Massimo Maugeri

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Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI   289 commenti »

martedì, 8 novembre 2011

SELF-PUBLISHING, E-BOOK, EDITORIA

self-publishing

Proseguiamo il discorso sull’editoria già avviato in altri precedenti post… ne richiamo un paio.
Nel gennaio 2008, proprio su questo blog, avevamo avuto modo di affrontare il fenomeno della cosiddetta editoria a pagamento. (in questi giorni si è tornato a parlare di editoria a pagamento anche in associazione al fenomeno del self-publishing: segnalo, in proposito, un articolo pubblicato sul Manifesto e poi su Nazione Indiana da alcuni rappresentanti della generazione TQ).
Di self-publishing ne avevamo fatto cenno in questo post dell’ottobre 2006 (“Vuoi pubblicare? C’è Lulu, baby“) e, successivamente, in “La rivoluzione Internet e Pasolini” (post del marzo 2007 nel quale si segnalava, tra le altre cose, la scelta da parte di Giuseppe Genna di pubblicare un suo libro proprio con Lulu: uno dei primi scrittori noti che decideva di utilizzare questo strumento). Più di recente abbiamo affrontato le problematiche connesse all’e-book (L’e-book e (è?) il futuro del libro), partendo dalla discussione avviata su un post dell’ottobre 2009 (Oronzo Macondo). Per quanto concerne la “questione e-book” consiglio la lettura di questo post di Loredana Lipperini.

Vorrei riprendere le fila delle discussioni già avviate in precedenza, concentrandomi sul fenomeno del self-publishing ulteriormente sviluppatosi anche in seguito alla crescita de ilmiolibro.

Primo punto (a beneficio di chi non lo sapesse): cosa deve intendersi per self-publishing? (in italiano “auto-editoria”, “auto-pubblicazione”, “auto-edizione”… oppure, “libro-fai-da-te”).
Su Wikipedia Italia esiste la voce “Autoedizione“, che dice così:
http://donnygamble.com/wp-content/uploads/2010/12/digital-publishing-300x297.jpg“L’autoedizione consiste nell’assunzione, da parte di un autore dell’attività di pubblicare un libro o un’opera simile, senza passare attraverso la intermediazione di un editore. Si distingue sia dalla normale edizione sia da dall’edizione a spese dell’autore. Nel primo caso tutte le spese sono a carico dell’editore, che si incarica di realizzare e distribuire l’opera, promettendo una remunerazione del diritto d’autore in genere in forma percentuale. Nel secondo esiste sempre la figura dell’editore, ma le spese sono sopportate in tutto o in parte dall’autore o da chi lo sponsorizza.
Nel caso di autoedizione l’autore, invece, si incarica di seguire tutte le fasi della realizzazione dell’opera, avvalendosi eventualmente di qualche figura professionale esterna.
L’acquisizione dei dati elettronici e l’impaginazione ha sostituito la composizione con linotype. Ormai la stampa elettronica dà risultati soddisfacenti anche per testi con fotografie. Le correzioni tipografiche e grammaticali che possono essere affidate a dei professionisti della correzione bozze. La realizzazione può avvenire anche con una stampante domestica, anche se ormai sono disponibili servizi di stampa digitale che offrono prezzi competitivi. Più vincolato è il problema della rilegatura, che, in genere a livello domestico dà risultati non soddisfacenti (ad esempio: le spirali)”
.

A tal proposito, sul sito della Treccani alla voce Self-publishing leggiamo un interessante articolo sull’uso della terminologia inglese (riporto questo passaggio)…
self-publishing2“Se abbiamo a che fare con fattori tecnologici connessi a una dimensione produttiva, sappiamo che ciò che di nuovo si esprime nella realtà avrà quasi certamente il marchio linguistico dell’inglese (angloamericano, di solito). Anche nel campo dell’editoria personale e del testo (o libro) fai da te – queste le locuzioni più in voga per rendere in italiano i fenomeni di cui stiamo trattando – accade precisamente che la forza d’impatto, il diffondersi, il successo delle “cose” importate siano veicolati dalla lingua che quelle “cose” ha definito in origine, con tutta l’aura di prestigio emanata dalla lingua in questione, l’inglese ubiquitario, globale, affaristico-tecnicistico degli ultimi quarant’anni. Ecco perché si impone nell’uso l’espressione print on demand, presente in italiano dal 2000, inizialmente con riferimento esclusivo alla stampa digitale di titoli su carta fuori catalogo e non disponibili; successivamente allargatasi a significare la stampa su richiesta da parte di chi vuole essere aiutato a editare da sé il proprio prodotto. Ed ecco perché il termine self-publishing (in inglese dal 2001; in italiano dal 2007), ancora poco o punto censito dalla lessicografia nostrana, anche quella che si occupa di registrare le voci nuove, si fa largo sui media, a discapito dell’esistente, italianissimo, calco autoeditoria (insieme alla famigliola di corradicali: autoedire, autoeditore, autoeditrice), documentato a partire dal 2000 proprio nel significato di self-publishing, ossia (cito dal Grande dizionario italiano dell’uso di Tullio De Mauro) «forma di editoria che non utilizza canali convenzionali ma permette agli autori di servirsi specialmente di strutture informatiche per produrre e promuovere le proprie opere». Sui giornali o sui siti e portali italiani di self-publishing (un termine che ha, a metà, un’anima latina: to publish risale a PUBLICARE), specialmente con riferimento a testi scritti, cioè a opere di natura libraria, circolano anche parole come autopubblicazione («nasce un nuovo servizio in grado di offrire soluzioni per l’autopubblicazione a tutti gli autori esordienti», «La Stampa», 16 giugno 2008) e autopubblicare/-rsi («autopubblica il tuo libro, è gratuito», lulu.com), che, forse, rinforzandosi a vicenda nella copertura dei quadranti grammaticali, potrebbero insidiare la diffusione di self-publishing, in quanto quest’ultimo non è stato accompagnato in Italia dalla famiglia costituita dal verbo to self-publish ‘autoeditare’ e dal sostantivo self-publisher ‘autoeditore’ (ve n’è scarsissima traccia sui media, siti italiani inclusi)”.

Ma torniamo all’argomento “autoedizione” o “self-publishing” (indicatelo pure come preferite). Segnalo, a tal fine, questo importante contributo di Giuseppe Granieri.

Cosa è cambiato rispetto all’ottobre 2006 (riferimento al mio vecchio post)? Probabilmente, come già accennato, è cambiata la dimensione del fenomeno. Il fatto, cioè, che il numero degli utilizzatori della autopubblicazione è aumentato a dismisura. È questo un bene o un male?

Proviamo a discuterne insieme (partendo da qualche domanda).

1. Cosa ne pensate del self-publishing (o autoedizione)?

2. Quali sono, a vostro avviso, i pro e contro del “fenomeno”?

3. Che connessione c’è (ammesso che ci sia) tra il fenomeno della “editoria a pagamento” e quello del “self-publishing”?

4. Come sta cambiando l’editoria alla luce dello sviluppo di questi nuovi fenomeni?

5. Cosa ne pensate della “intromissione” di Amazon nel campo dei libri e dell’editoria?
(Dicono ad Amazon: “dopo aver dimostrato ai lettori che non hanno bisogno di librerie, adesso incoraggiamo gli scrittori a bypassare gli editori“. A tal proposito vi segnalo questo articolo di Alessandra Farkas pubblicato sul Corriere della Sera del 18 ottobre)

6. A proposito di editoria: quali sono ruoli e compiti dell’editore?

Con riferimento a quest’ultima domanda, segnalo la recente pubblicazione di Sandro Ferri (l’editore delle edizioni e/o), intitolata I ferri dell’editore
Ci attendono anni di incertezza, anche nell’editoria. Leggeremo su carta o in formato elettronico? Continueremo a leggere o la lettura sparirà? Cosa leggeremo: solo best-seller (e quali best-seller) o ci sarà una ripresa della lettura più impegnata?». Un pamphlet sulle sfide del mestiere editoriale di oggi, sui nuovi strumenti digitali, sulle persone che lavorano con passione, spesso nell’ombra, per proporre nuove storie a un pubblico mai così esigente e critico.

Di seguito, la videointervista di Sandro Ferri rilasciata a La Compagnia del libro (vi invito ad ascoltarla e a commentarla).

7. Un’ultima domanda: cosa pensereste se decidessi di auto-pubblicare il secondo volume di “Letteratitudine, il libro“, ricorrendo (per esempio) a Lulu.com o a ilmiolibro, anziché a un editore tradizionale?
Ci sto pensando un po’ su (e vi spiegherò il perché nel corso della discussione); ma mi piacerebbe leggere le vostre impressioni in proposito…

Come sempre, grazie in anticipo per l’attenzione  e per la partecipazione.

Massimo Maugeri

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI   190 commenti »

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