Ho il piacere di presentarvi il nuovo libro di Dacia Mariani: “Il treno dell’ultima notte” (Rizzoli, 2008, pagg. 432, euro 19).
Un romanzo incentrato sugli abissi dei totalitarismi del Novecento. Un viaggio che va dalla Shoah a Budapest, nel 1956: il periodo della rivoluzione. Un viaggio che diventa ricerca.
Quella che segue è una scheda del libro.
Amara Sironi ha 26 anni ed è incaricata dal suo giornale di una serie di corrispondenze dall’Est europeo. Ma un’altra ragione la spinge verso la Polonia di Auschwitz: l’amico con cui ha trascorso l’infanzia, Emanuele Orenstein, figlio di un ebreo austriaco trapiantato a Firenze, è stato deportato nel campo di Lodz e poi è scomparso. Nel corso del viaggio Amara conosce Hans, figlio di un’ebrea ungherese uccisa a Treblinka, col quale va alla ricerca di Emanuele di cui le resta solo un quaderno di lettere a lei indirizzate, che ha ricevuto in un pacco anonimo dopo la fine della guerra. C’è qualche speranza che Emanuele sia sopravvissuto? E che uomo sarà diventato il ragazzo ribelle e pieno di vita che si costruiva le ali per volare come gli uccelli?
Insieme Amara ed Hans vanno ad Auschwitz, sostano a Cracovia e a Vienna e arrivano a Budapest proprio quando scoppia la rivolta popolare contro l’oppressione dei russi. E mentre rivive, attraverso le lettere di Emanuele, gli ultimi giorni disperati nel ghetto di Lodz, Amara vede abbattersi sull’Ungheria il pugno spietato del totalitarismo sovietico. Il treno per Budapest fonde l’avventura umana di una giovane donna con una riflessione sulle tragedie del Novecento: sono i destini esemplari dei personaggi a dare il senso della catastrofe e dell’abisso, e insieme della speranza di un mondo diverso.
Dacia Maraini in queste pagine rende il suo omaggio, di donna libera e impegnata, al secolo appena trascorso, toccando i nodi centrali, i nervi ancora scoperti di una società che ha sperimentato l’orrore della civiltà e che lentamente prova a risollevarsi. Lo fa regalandoci un personaggio femminile ricco di umanità e verità, una donna capace di superare le paure e le convenzioni per vivere in prima persona, toccare con mano, la tragedia che si consuma in Europa e di cui nessuno è ancora consapevole. Una donna carica di un coraggio che solo il desiderio di conoscenza può ispirare, che diventa simbolo di una passione tutta umana per la ricerca. A queste donne Dacia Maraini ci ha abituati in questi anni, ispirando valori che trovano nell’espressione completa della femminilità tutta la loro carica dirompente. Lo fa, anche in questo romanzo, con la classe e la precisione di una prosa perfetta, armoniosa che ricorda i grandi classici della letteratura mondiale.
Un libro che offre una grande storia. Un libro che apre uno squarcio enorme sulle tragedie del Novecento.
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Credo che la Maraini, al di là delle indiscusse capacità di scrittrice, abbia pieno titolo di raccontare quelle tragedie anche per via delle proprie esperienze di vita.
Riporto questo passaggio della biografia di Dacia: trascorse la sua infanzia in Giappone dove la sua famiglia si stabilì dal 1939 al 1946. Lì, dal 1943 al 1946, la famiglia fu internata in un campo di concentramento giapponese, dove patì estrema fame.
Ho contattato Dacia Maraini, la quale – salvo imprevisti - sarà disponibile a rispondere alle vostre domande.
Per saperne di più sul libro vi invito a vedere la video intervista rilasciata a Daria Bignardi nel corso del programma Le Invasioni Barbariche (cliccate qui).
Cliccando qui avrete la possibilità di leggere il primo capitolo del romanzo.
Per il resto vi propongo queste domande per una discussione di carattere generale
Fino a che punto le grandi tragedie del Novecento sono state metabolizzate?
Che segni tangibili hanno lasciato su quest’epoca super-veloce che si è catapulta sui binari del nuovo millennio?
Che rischi ci sono che le grandi tragedie del Novecento possano riproporsi nel futuro più o meno immediato?
Fino a che punto la Storia riesce a imparare da se stessa?
A voi.
Massimo Maugeri
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Dacia Maraini
Il treno dell’ultima notte
La Scala
cartonato con costa telata
14 x 21,5 cm / pp. 432
€ 19,00 / aprile 2008
Ogni treno in fondo viaggia verso il regno dei trapassati.”
Emanuele è un bambino ribelle e pieno di vita che vuole costruirsi un paio di ali per volare come gli uccelli. Emanuele ha sempre addosso un odore sottile di piedi sudati e ginocchia scortecciate, l’“odore dell’allegria”. Emanuele si arrampica sui ciliegi e si butta a capofitto in bicicletta giù per strade sterrate. Ma tutto ciò che resta di lui è un pugno di lettere, e un quaderno nascosto in un muro nel ghetto di Lodz. Per ritrovare le sue tracce, Amara, l’inseparabile amica d’infanzia, attraversa l’Europa del 1956 su un treno che si ferma a ogni stazione, ha i sedili decorati con centrini fatti a mano e puzza di capra bollita e sapone al permanganato. Amara visita sgomenta ciò che resta del girone infernale di Auschwitz-Birkenau, percorre le strade di Vienna alla ricerca di sopravvissuti, giunge a Budapest mentre scoppia la rivolta degli ungheresi, e trema con loro quando i colpi dei carri armati russi sventrano i palazzi. Nella sua avventura, e nei destini degli uomini e delle donne con cui si intreccia la sua vita, si rivela il senso della catastrofe e dell’abisso in cui è precipitato il Novecento, e insieme la speranza incoercibile di un mondo diverso.
Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, narrazioni autobiografiche e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in venti paesi. Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con La lunga vita di Marianna Ucrìa e nel 1999 il Premio Strega con Buio. Scrive sul “Corriere della Sera”. Nel 2006 è uscito nei tascabili Firme Oro il volume dei Romanzi che comprende Memorie di una ladra (1973), Isolina (1985), La lunga vita di Marianna Ucrìa (1990), Bagheria (1993), Voci (1994), Dolce per sé (1997) e Colomba (2004).
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