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lunedì, 25 ottobre 2010

IL FUTURO DELLA NARRATIVA E LA FAME DI REALTÀ: il caso di David Shields

fame-di-realta-2Cos’è il romanzo oggi? Quale genere narrativo sa raccontare meglio la realtà? Quali sono o saranno le forme espressive dominanti del XXI secolo? Dov’è il limite tra citazione e plagio? Chi stabilisce se un autore, appropriandosi di una parte dell’opera altrui, sta costruendo un nuovo orizzonte di senso o sta solo copiando?
Queste sono alcune delle domande che pone e si pone David Shields: autore di opere narrative e saggistiche di successo, tra cui “Black Planet” (finalista al National Book Critics Circle Award), tradotte in dodici lingue, e di racconti e saggi brevi su varie testate (come, ad esempio, «New York Times Magazine», «Harper’s Magazine», «The Village Voice», «McSweeney’s» e «The Believer»).
Shields, per la verità, è andato oltre. Non si è limitato a porre (più o meno implicitamente) domande, ma ha pubblicato un libro (in Italia è stato appena pubblicato dalla Fazi) intitolato “Fame di realtà. Un manifesto”, dove – tra le altre cose – contesta l’utilità del genere romanzo così come è classicamente inteso. Per Shield (trascrivo dalla scheda del libro) “il romanzo del Terzo Millennio deve nascere dalla rifusione di vecchi materiali letterari, mescolati fino a perdere le tracce della fonte originaria e a fondersi in una forma ibrida tra saggistica e narrativa”. D’altra parte il testo che propone in “Fame di realtà” è composto da 618 citazioni suddivise in capitoli e riportate in una sequenza ordinata e sistematizzata secondo certi criteri che lui stesso ha prescelto, ma… senza indicare l’autore e la fonte (alla fine del libro l’editore, per evitare possibili ritorsioni legali riguardanti la violazione del diritto d’autore, ha imposto l’inserimento di una scheda con l’indicazione degli autori delle citazioni utilizzate).
Ecco cosa scrive Shield (qui nella foto) alla fine del volume, come appendice.
David ShieldsQuesto libro contiene centinaia di citazioni delle quali nel corpo del testo non viene menzionata la fonte. Sto cercando di rivendicare una libertà che gli scrittori da Montaigne a Burroughs davano per scontata e che noi abbiamo perso. La vostra incertezza sugli autori delle parole che avete appena letto non è un difetto ma una virtù.
Uno dei temi centrali di “Fame di realtà” è il furto e il plagio e cosa queste parole vogliano dire. Non sarei riuscito ad affrontare l’argomento senza lasciarmi invischiare. Sarebbe come scrivere un libro sulla menzogna e non poter mentire. Oppure scrivere un libro su come abbattere il capitalismo ma sentirsi rispondere che non verrà pubblicato perché potrebbe danneggiare l’industria editoriale.
Tuttavia l’ufficio legale di Random House ha deciso che fosse meglio allegare un elenco completo delle citazioni (…). Se volete ripristinare la forma originaria in cui il libro andava letto, vi basta prendere un paio di forbici o una lametta o un taglierino e staccare le pagine che vanno dalla 248 alla 262 tagliando lungo la linea tratteggiata.
Di chi sono le parole? Di chi è la musica e tutto il resto della nostra cultura? È nostra, di tutti, anche se per ora non tutti lo sanno. Non si può imporre un diritto d’autore alla realtà
.”
Questo libro ha scatenato un ricco e articolato dibattito negli States e in altri paesi, anche perché tra i sostenitori del volume – e delle tesi di Shields – figura il Premio Nobel per la Letteratura 2003 J. M. Coetzee, il quale ha dichiarato quanto segue: “Fame di realtà è un manifesto per la nuova generazione di scrittori e artisti, una pietra miliare per questo secolo, un assalto frontale a tutte le convenzioni, particolarmente a quelle che definiscono il romanzo perfetto. David Shields ci conduce in un viaggio intellettuale affascinante ed esilarante”.
Un’opinione di peso, quella di Coetzee… a cui hanno fatto seguito quelle di Jonathan Safran FoerFame di realtà non è soltanto un libro che fa riflettere, ma è anche uno dei più belli che abbia letto da molto tempo a questa parte»] e Jonathan Lethem [«Ho appena finito di leggere Fame di realtà e mi ha illuminato, intossicato, entusiasmato, sopraffatto. È un vetro attraverso cui guardare il mondo (come lo mostrano letteratura, musica, video), e allo stesso tempo uno specchio in cui vederci riflessi, là in mezzo. Un libro urgente, oltraggioso, e anche un'opera che si compone leggendola»].
Mentre Zadie Smith ha affermato: è «intrigante da leggere, anche se disapprovo la maggior parte di quello che dice».
Non mancano i pareri favorevoli di quotidiani di grido come il New York Times («Il libro di Shields stabilisce i canoni dominanti dell’arte degli anni e dei decenni a venire». The New York Times Book Review) e The Guardian («Intelligente, stimolante e aforistico. Un manifesto provocatorio e divertente»).

Il dibattito si sta diffondendo un po’ ovunque tra gli appassionati di letteratura e ha raggiunto anche il nostro paese. Di questo libro ne hanno già parlato Matteo Sacchi (su Il Giornale), Alfonso Berardinelli (su Il Corriere della Sera), Mariarosa Mancuso (su Il Foglio), Stefano Salis – che ha anche firmato la prefazione del libro – e Nicola Lagioia (sulle pagine culturali de Il Sole24Ore).
Di seguito potrete leggere la prefazione di Salis (ringrazio sia Stefano, sia la Fazi per avermi autorizzato a pubblicarla). Nei prossimi giorni metterò a vostra disposizione altri contributi.

I giudizi di Sacchi, Mancuso e Berardinelli non sono molto favorevoli all’operazione.
Alfonso Berardinelli nel suo articolo sul Corriere scrive – con severità – “Se c’è qualcuno che non si perdona, è proprio chi dice qualcosa che abbiamo pensato e scritto per anni, ma lo dice male, noiosamente e nel tono sbagliato. Mi capita questo leggendo il libro di David Shields “Fame di realtà. Un manifesto” (Fazi) nel quale si annuncia dagli Stati Uniti, patria, fabbrica e paradiso del bestseller programmato, che in verità il romanzo è un genere fuorviante, abusato, quasi sempre un po’ fasullo; e che invece l’ aforisma, il saggio, le scritture fuori genere, gli zibaldoni di pensieri e i diari sono molto meglio: sono più onesti, più appassionanti, dicono cose più vere di quante ne dice un romanzo normale e «ben fatto». Condivido molto di ciò che Shields dice nel suo libro. Ma non riesco a condividere né l’entusiasmo del prefatore, Stefano Salis, né tantomeno le solenni affermazioni di J. M. Coetzee, secondo il quale Fame di realtà sarebbe «un manifesto per la nuova generazione di scrittori e artisti, una pietra miliare per questo secolo…».
Mi preme, poi, evidenziare questo passaggio del pensiero di Berardinelli (spiegherò il perché): “L’aforisma 538 suona così: «Mi ritrovo a dire, succintamente e prosaicamente, che è molto più importante essere se stessi che chiunque altro». Dalle note in fondo al libro si viene a sapere che una tale stupidaggine l’ha scritta Virginia Woolf nel suo famoso saggio “Una stanza tutta per sé”. Che cosa è avvenuto? La frase, che nel suo contesto era al posto giusto, è stata trasformata da Shields in una comica sciocchezza, che starebbe benissimo e sarebbe una cosa seria nel diario di un adolescente, ma nel manifesto estetico di un cinquantenne colto e ambizioso fa cascare le braccia”.
È probabile che Berardinelli abbia ragione, ma – a mio avviso – è proprio questa considerazione che contiene, al suo interno, un aspetto cruciale della questione. Quella frase è stata trasformata. Non è più quella originaria. O meglio, ha perso il suo senso originario per acquisirne uno nuovo (migliore o peggiore che sia). E il suo nuovo senso dipende dal contesto inedito in cui la frase stessa è inserita e dalla sequenza delle altre citazioni in cui è stata incastonata. Credo che questo aspetto della questione sia “centrale” rispetto al tema del futuro della tutela del diritto d’autore.
Ora, la domanda è: prendere una frase, estrapolandola dal contesto originario, per inserirla in un contesto nuovo, inedito, frutto di un insieme sistematizzato e pensato di citazioni, può essere considerato un atto creativo (e, in quanto tale, innovativo e autonomo), oppure si tratta di una semplice e banale operazione di copia-incolla?
È possibile paragonare tale operazione
(per tentare un parallelismo con l’arte figurativa) a quelle che compiva Andy Warhol (penso alle note icone di Marilyn Monroe, Mao, Che Guevara)?
E fino a che punto si tratta di qualcosa di innovativo? Può essere considerata innovativa l’idea di rinunciare a indicare gli autori delle “frasi originarie” partendo da una ri-considerazione del diritto d’autore?

Ciò premesso (senza soffermarmi su avanguardie, neo-avanguardie e/o sperimentalismi del passato) questo libro di Shields, a caldo, mi ha evocato due pensieri (o meglio, “suggestioni”):
1. Un vecchio racconto di Roald Dahl, pubblicato la prima volta – se non erro – nel 1953, intitolato “Lo Scrittore automatico” (titolo originale: “The Great Automatic Grammatisator”). È la storia di un giovane aspirante scrittore che inventa una strana macchina in grado di produrre romanzi in quantità industriale rimescolando e ricomponendo un’accozzaglia di racconti, frasi, testi, attraverso una combinazione artificiale (basta premere leve e pulsanti) di trama, stile, linguaggio e genere. Questo racconto lo trovate sia in questo volume, che in quest’altro.
2. Le pillole Bur curate dall’amico Luigi La Rosa. Un insieme di citazioni estrapolate dai contesti originari e sistematizzate – sulla base di un tema prescelto – in capitoli “sotto-tematici”. Qui su Letteratitudine abbiamo avuto modo di discutere de “L’alfabeto dell’amore”, ma ricordo anche Pensieri erotici e Pensieri di Natale. In questo caso, però, a differenza di Shields (e il discrimine vero è proprio qui) alla fine di ogni citazione venivano riportati il nome dell’autore e il titolo dell’opera da cui il testo era stato estrapolato.

Mi fermo qui e passo la parola a voi, ri-proponendovi le domande:

1. Cos’è il romanzo oggi?
2. Quale genere narrativo sa raccontare meglio la realtà?
3. Quali sono o saranno le forme espressive dominanti del XXI secolo?
4. Dov’è il limite tra citazione e plagio?
5. Chi stabilisce se un autore, appropriandosi di una parte dell’opera altrui, sta costruendo un nuovo orizzonte di senso o sta solo copiando?
6. Ovvero… prendere una frase, estrapolandola dal contesto originario, per inserirla in un contesto nuovo, inedito, frutto di un insieme sistematizzato e pensato di citazioni, può essere considerato un atto creativo, oppure si tratta di una semplice e banale operazione di copia-incolla?
7. È possibile paragonare tale operazione (per tentare un parallelismo con l’arte figurativa) a quelle che compiva Andy Warhol (penso alle note icone di Marilyn Monroe, Mao, Che Guevara)?
8. E fino a che punto si tratta di qualcosa di innovativo?
9. Può essere considerata innovativa l’idea di rinunciare a indicare gli autori delle “frasi originarie” partendo da una ri-considerazione del diritto d’autore?

Provate a fornire la vostra risposta (se non a tutte le domande, a quelle che vi interessano di più).

Di seguito, la prefazione di Stefano Salis.

Massimo Maugeri

P.s. Di questo libro ne sta parlando anche Loredana Lipperini su Lipperatura
(continua…)

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   567 commenti »

giovedì, 18 febbraio 2010

IL BLOCCO DELLO SCRITTORE E QUELLO DEL LETTORE

blocco-scrittoreMolti dei frequentatori di Letteratitudine sono (siamo) scrittori o aspiranti tali. Di certo sono (siamo) tutti lettori.
Il tema che vi propongo in questo post ha a che fare principalmente con la scrittura e con gli ostacoli che è possibile incontrare nel confrontarsi con la pagina bianca.
Veniamo al punto… (anzi, ai punti… di domanda).

Avete mai sentito parlare del cosiddetto “blocco dello scrittore”?

Vi è mai capitato di rimanerne vittime?

Come avete fatto a superare la crisi creativa?

Avete metodi da proporre (o da condividere)?

Ne ha parlato Stefano Salis sull’inserto “Domenica” de Il Sole24Ore, del 7 febbraio nell’ambito di un articolo intitolato “Penne in panne” (bel gioco di parole, vero?).
Stefano ha messo a disposizione di Letteratitudine questo suo pezzo (autorizzandomi a pubblicarlo) dove accenna alle esperienze di vari scrittori italiani: Alessandro Piperno, Giuseppe Genna, Nicola Lagioia, Carlo D’Amicis, Elena Loewenthal, Paolo Giordano, Patrick Fogli, Giorgio Vasta, Ernesto Ferrero, Antonio Scurati, Giulio Mozzi, Andrea Vitali.

Addirittura, la nota autrice canadese Margaret Atwood – sul suo blog- ha “offerto” una sorta di decalogo per superare il famigerato blocco (trovate i “dieci punti” dopo l’articolo di Salis).

Con quali degli scrittori citati vi sentite più in sintonia (in merito, ovviamente, al tema del “blocco dello scrittore”)?
Quale dei “punti” proposti dalla Atwood vi sembra più convincente?

Ma andiamo oltre.
Abbiamo fatto riferimento alla scrittura… non dimentichiamoci della lettura.

Domanda secca: esiste un “blocco del lettore”?
Vi è mai capitato di arrestarvi, per un motivo qualunque, dinanzi a un testo che giudicavate importante senza riuscire a completarne la lettura?

Di più: vi è mai capitato, per un certo periodo di tempo, di non riuscire più a leggere? E in caso affermativo… come siete riusciti a superare “il blocco del lettore”?
Ne discutiamo insieme.

Massimo Maugeri
(continua…)

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI   250 commenti »

venerdì, 20 giugno 2008

ORACOLO STREGHESCO 2008

Come sapete la nuova edizione del premio Strega è gia partita. Nei giorni scorsi sono stati diramati i nomi dei dodici candidati alla vittoria. Cosa è cambiato rispetto agli scorsi anni? Intanto la direzione… affidata a Tullio De Mauro (che sostituisce Anna Maria Rimoaldi). E qualcosa nella formula del premio stesso.

Ecco i componenti dell’ambita dozzina:

Ruggero Cappuccio con “La notte dei due silenzi” (Sellerio), Cristina Comencini con “L’illusione del bene” (Feltrinelli), Carlo D’Amicis con “La guerra dei cafoni” (minimum fax), Giuseppina De Rienzo con “Vico del fico al Purgatorio” (Manni), Diego De Silva con “Non avevo capito niente” (Einaudi), Paolo Giordano con “La solitudine dei numeri primi” (Mondadori), Ron Kubati con “Il buio del mare” (Giunti), Giuseppe Manfridi con “La cuspide di ghiaccio” (Gremese), Cristina Masciola con “Razza bastarda” (Fanucci), Emiliano Poddi con “Tre volte invano” (Instar Libri), Lidia Ravera con “Le seduzioni dell’inverno” (nottetempo) ed Ermanno Rea con “Napoli Ferrovia” (Rizzoli).

Alcune domande.

Avete avuto modo di leggere uno o più dei suddetti libri?

Cosa ne pensate?

Tra quelli citati, chi è l’autore che preferirete?

Chi è che merita di vincere?

E chi è che invece vincerà? 

Mentre ci sono vi propongo un gioco. Il vincitore si aggiudicherà il titolo di oracolo streghesco 2008.

Dovete individuare i cinque titoli che andranno in finale e disporli in ordine: dal primo (il vincitore) al quinto.

Per ogni posizione indovinata corrisponderà un punteggio, sulla base di quanto segue.

Prima posizione = punti 5

Seconda posizione = punti 4

Terza posizione = punti 3

Quarta posizione = punti 2

Quinta posizione = punti 1

Facciamo qualche esempio. Se Tizio indovina la prima e la quinta posizione otterrà 6 punti (5+1), se Caio azzecca il secondo e il terzo classificato si aggiudicherà 7 punti (4+3), se Sempronio riesce a “spiattellare” la cinquina con ordine esatto otterrà 15 punti (il massimo) e si aggiudicherà il titolo. Ovviamente i vincitori potranno essere più d’uno.

Per darvi una mano nella scelta vi propongo l’articolo che mi ha cortesemente inviato l’amico Stefano Salis  della redazione del Domenicale del Sole24Ore.

Possono partecipare al gioco anche gli scrittori facenti parte dell’ambita dozzina. Si potrà giocare fino al giorno prima della proclamazione del vincitore.

Partecipate?

Massimo Maugeri 

______________________________________ 

Selezionati, stregati, premiati

(articolo pubblicato su l’inserto “Domenica” de Il Sole24Ore del 18 maggio 2008, pag. 36)

di Stefano Salis 

Ci siamo: con l’arrivo della bella stagione non ci sarà borgo d’Italia senza il suo bel premio letterario. Un catalogo, qualche anno fa, ne aveva contati centinaia: da quelli in cui si vince la scultura dell’artista locale a quelli dove i soldi e i riscontri di vendita successivi non mancano. I premi che contano davvero, però, sono pochissimi: meno di dieci. Lo sanno tutti.

Partirà il Mondello, che, per non essere ultimo (veniva assegnato a novembre) ha sparigliato le carte, cambiando statuto e decidendo di diventare il primo della stagione. Appuntamento a Palermo il 23 e 24 maggio. Con convegno su «Il senso in-civile della scrittura» e contesa per il super-vincitore. Gli italiani in gara sono Andrea Bajani (Einaudi), Antonio Scurati (Bompiani) e Flavio Soriga (Bompiani); tra gli stranieri ha vinto Bernardo Atxaga (Einaudi).Poi ci saranno le selezioni del Campiello (finalissima a settembre e un’estate per leggere…), le premiazioni del Grinzane, mentre in settimana è stata scelta la dozzina del premio più noto, lo Strega, giunto alla 62a edizione. La prima senza Anna Maria Rimoaldi e la prima diretta da Tullio De Mauro che, per succedere a cotanta eredità, ha già cambiato il regolamento. I 12 libri scelti diventeranno 5: a luglio, al Ninfeo di Villa Giulia, il vincitore. La compagine iniziale, al solito, è variegata: oltre a 4 big come la più gettonata di “radio-premio”, Cristina Comencini (Feltrinelli), Diego De Silva (Einaudi), Paolo Giordano (Mondadori) ed Ermanno Rea (Rizzoli), c’è un outsider come Lidia Ravera (nottetempo). Poi ci sono editori più piccoli o meno noti come Sellerio, Giunti, minimumfax, Fanucci, fino alle sorprese Instar, Manni e Gremese. E se c’è già la prima polemica (la Newton Compton, che concorreva con il romanzo di Mario Lunetta, si è vista esclusa, in nome del turn over tra gli editori, a due giorni dalla selezione e non ha gradito…), lo Strega sarà ancora una volta una contesa tra i «big fish» editoriali, che ne hanno fatto un solido feudo, contando su molti amici, della domenica e non. Non è una previsione, la nostra, ma una semplice constatazione. Dati alla mano: dal 1980 al 2007 hanno vinto 10 volte Mondadori, 4 Bompiani, 3 Einaudi, Feltrinelli e Rizzoli. Intrusi, una volta Rusconi (nel 1983), Longanesi (1984), Leonardo (1993 con Domenico Rea) e Garzanti (con Magris nel 1997). Negli ultimi anni, poi, c’è stato una sorta di tacito “patto di spartizione”: l’ultima doppietta consecutiva di un editore risale al 1990-91 e fu di Einaudi. Mondadori punta oggi molto sul suo Giordano e il fatto di aver candidato un esordiente premiato già dalla classifica la dice lunga. Dopo la vittoria, l’anno scorso, di Ammaniti, magari, pensano a Segrate, è tempo di ripetersi subito e… al diavolo la spartizione. Poi magari ci sbagliamo e vince un piccolissimo editore e uno degli autori semisconosciuti giunti in finale e allora tanto di cappello. Ma se dovessimo scommettere…

_________

AGGIORNAMENTO DEL 20 GIUGNO 2008

Aggiorno questo post con l’elenco dei cinque finalisti del Premio Strega 2008. Il vincitore verrà scelto la sera del 3 luglio a Villa Giulia.
1. Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi (Mondadori), 71 voti
2. Ermanno Rea, Napoli ferrovia (Rizzoli), 68 voti
3. Diego De Silva, Non avevo capito niente (Einaudi), 58 voti
4. Cristina Comencini, L’illusione del bene (Feltrinelli), 51 voti
5. Livia Ravera, La seduzione dell’inverno (Nottetempo), 35 voti.

Primi esclusi a pari merito Ruggero Cappuccio con ‘La notte dei due silenzì (Sellerio) e Ron Kubati con ‘Il buio del marè (Giunti), con 16 voti.

Massimo Maugeri

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SONDAGGI, GIOCHI E SVAGHI   210 commenti »

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