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domenica, 7 aprile 2019

IL NOME DELLA ROSA di Umberto Eco (Leggerenza n. 3)

imagedi Gianni Bonina

Quasi quarant’anni dopo, in una stagione letteraria che ha voltato le spalle al postmoderno sotto la cui stella fu concepito, Il nome della rosa di Umberto Eco conserva ancora la sua fragranza, ma si offre a uno sguardo diverso in ciò, che è stato non soltanto artefice del ritorno del romanzo storico in Italia dopo I promessi sposi e Il Gattopardo, le due prove più significative, ma propugnatore soprattutto di un genere inusitato qual è il romanzo storicistico: non più l’ambientazione in un determinato periodo assunto come scenario, bensì la compenetrazione in esso negli effetti che i rivolgimenti storici causano sulle vicende umane e sulle altre discipline, a cominciare dalla teologia.
Eco non si limitò a calare i fatti narrati in un contesto d’epoca, operando – come scrisse nelle “Postille” del 1983 – alla “costruzione del mondo”, ma si impegnò da  medievalista a ricostruirli, lavorando quindi anche alla “progettazione” dello stesso mondo: nella durata di sette giorni spiegò l’anno 1327 interpretando un’intera stagione e – portando il macrocosmo della storia euopea sul piano del microcosmo di un’abbazia montana posta in un’imprecisata zona del Novarese – illustrò come lo spirito del tempo influenzasse le dinamiche umane. Un’operazione storicistica di alta chirurgia letteraria perché, per tenersi rinserrato nella cinta dell’abbazia, Eco non si fece tentare dalla facile centrifuga dei grandi eventi del momento, rappresentati dalle gesta dei Templari, solo da quindici anni messi al bando e ghiotta materia esoterica lasciata appena in filigrana, né dalla febbre riviviscente delle Crociate e neppure dalla morte cinque anni prima di Dante Alighieri. E volle immaginare un’abbazia benedettina, cluniacense perché autonoma da tutte le altre, per tenersi a ridosso della congregazione dei post-dolciniani, da una ventina d’anni sterminata ma rimasta fomite di associazioni ereticali storicamente attive nella zona tra Novara e Vercelli, dei “fraticelli”, l’ala fondamentalista e massimalista dei francescani “spirituali”, come pure dei “patarini”, dei “bogomili” e dei vicini “catari”. (continua…)

Pubblicato in LEGGERENZA (a cura di Gianni Bonina)   Commenti disabilitati

sabato, 30 aprile 2016

INTERVISTA (impossibile) A UMBERTO ECO: Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida

pape-satan-aleppe

Ipotetica conversazione sul volume “Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida” di Umberto Eco (La nave di Teseo)

di Massimo Maugeri

Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” è incentrato sull’ultimo libro di Umberto Eco intitolato Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida” (La nave di Teseo). Ho già avuto modo di presentare questo libro nell’ambito del post (omaggio) dedicato alla memoria di Umberto Eco, scomparso il 19 febbraio 2016 (all’età di 84 anni). Tuttavia desideravo offrire un ulteriore spazio a questo libro così ricco di occasioni di riflessione. Sono tantissime, infatti, le problematiche che Umberto Eco affronta (partendo dal concetto stesso di società liquida) attraverso la pubblicazione di una selezione delle sue Bustine di Minerva apparse sul settimanale l’Espresso nell’arco di quest’ultimo quindicennio. Problematiche che si evincono già dalla lettura dei titoli dei vari capitoli che compongono il libro (che elenco qui di seguito): “A passo di gambero”, “Essere visti”, “I vecchi e i giovani”, “On line”, “Sui telefonini”, “Sui complotti”, “Sui mass media”, “Varie forme di razzismo”, “Sull’odio e la morte”, “Fra religione e filosofia”, “La buona educazione”, “Sui libri e altro”, “La Quarta Roma”, “Dalla stupidità alla follia”.
Avrei tanto desiderato discuterne con lo stesso Eco. Purtroppo, per via della sua scomparsa, non ne ho avuto l’opportunità.
Leggendo il libro, però, mi sono accorto che all’interno del testo erano già presenti le risposte alla maggior parte delle domande che avrei voluto porgli. A quel punto mi sono tornate in mente “Le interviste impossibili” realizzate nell’ambito di un programma radiofonico andato in onda dal 1973 al 1975 sulla seconda rete Rai, in cui uomini di cultura contemporanei (tra cui lo stesso Umberto Eco) elaboravano interviste (“virtuali”) a persone appartenenti a un’altra epoca (e, dunque, impossibili da incontrare nella realtà). Bompiani, nel 1975, pubblicò un libro contenente una selezione di tali interviste.
È da questo pensiero che nasce l’idea di una mia intervista “impossibile” a Umberto Eco (con la differenza che, in questo caso – come già accennato – le risposte non sono “immaginate”… ma veri e propri stralci del testo medesimo).
Prima di procedere ho ritenuto doveroso consultarmi con Elisabetta Sgarbi (editore de “La casa di Teseo”), la quale – a sua volta – ha ritenuto opportuno chiedere il parere dei famigliari di Eco.
Ne approfitto subito, dunque, per ringraziare Elisabetta e i famigliari di Umberto Eco per avermi concesso l’autorizzazione a pubblicare gli stralci di testo che leggerete tra le risposte della seguente “intervista impossibile” (che vuole essere un ulteriore omaggio a Eco, al suo pensiero, ai suoi scritti, ma anche alla sua… ironia).

* * *

- Carissimo prof (posso chiamarla così?), intanto vorrei dirle che sono molto felice di poter dedicare a Lei e al suo nuovo libro questo spazio…
Non ho mai potuto sopportare, diciamo dagli ottanta in avanti, che mi si chiamasse “prof”. Forse che un ingegnere lo si chiama “ing” e un avvocato “avv”? Al massimo si chiamava “doc” un dottore, ma era nel West, e di solito il doc stava morendo tisico e alcolizzato.

- Mi scusi, non ero a conoscenza di questo suo fastidio (continua…)

Pubblicato in SAGGISTICA LETTERARIA   Commenti disabilitati

sabato, 20 febbraio 2016

OMAGGIO A UMBERTO ECO

La notizia della morte di Umberto Eco ci coglie di sorpresa e ci lascia sgomenti. Abbiamo ancora nelle nostre orecchie il suono delle parole del celebre scrittore da dove emerge il disappunto per la nascita della cosiddetta “Mondazzoli” e il conseguente avvio del progetto editoriale “La Nave di Teseo” (ne approfittiamo, peraltro, per segnalare che secondo il settimanale “L’Espresso“, l’Antitrust sembrerebbe orientata a impedire al gruppo Mondadori, dopo l’acquisto di Rcs Libri, di mantenere il controllo di due importanti case editrici tra quelle incluse nel pacchetto: la Bompiani e la Marsilio).
Gianni Coscia – avvocato e noto fisarmonicista, nonché l’amico più caro di Eco sin dai tempi del ginnasio – commenta così la notizia della scomparsa dello scrittore sul sito de “La Stampa“: «Sapevo che Umberto era malato da due anni di tumore, ma nessuno pensava che la sua fine sarebbe stata così imminente». E aggiunge: «Era uscito di casa per l’ultima volta a metà gennaio per festeggiare in un ristorante gli 80 anni di mia moglie Laura. La dote più grande era il profondo senso dell’amicizia ed era molto legato ad Alessandria, per venire cercava solo l’occasione intelligente». E infine: «Era molto disponibile, anche se all’apparenza non sembrava, era umile ma quel suo atteggiamento spavaldo era solo una difesa. Era un uomo timido, anche se nessuno lo direbbe».

Umberto Eco era nato ad Alessandria, il 5 gennaio 1932. È morto a Milano ieri sera, il 19 febbraio 2016, a causa di un tumore. Aveva 84 anni.
Semiologo, filosofo e scrittore divenne celebre in tutto il mondo dopo la pubblicazione del romanzo “Il nome della rosa“, avvenuta nel 1980 (in Italia per i tipi di “Bompiani”). Fu un successo travolgente e inatteso, con grandissimo riscontro sia dal punto di vista della critica sia da quello del gradimento dei lettori. Best-seller internazionale tradotto in oltre 40 lingue e venduto in cinquanta milioni di copie, “Il nome della rosa” si aggiudicò il Premio Strega nel 1981, fu tra i finalisti del prestigioso Edgar Award nel 1984 ed è stato inserito nella lista de “I 100 libri del secolo di Le Monde”.
Dal romanzo fu tratto, nel 1986, il film omonimo per la regia di Jean-Jacques Annaud, con Sean Connery nei panni di Guglielmo e Christian Slater nel ruolo di Adso.

La produzione “libresca” di Umberto Eco è cospicua. Ricordiamo, tra gli altri: “Diario minimo” (1963), “Apocalittici e integrati” (1964 – con nuova edizione nel 1977).
Tra i romanzi, oltre al citato “Il nome della rosa“, ricordiamo: “Il pendolo di Foucault” (1988), “L’isola del giorno prima” (1994), “Baudolino” (2000), “La misteriosa fiamma della regina Loana” (2004), “Il cimitero di Praga” (2010) e “Numero Zero” (2015), tutti editi in italiano da Bompiani.

Nell’ambito della saggistica ricordiamo: “Il superuomo di massa” (1976), “Lector in fabula” (1979), “Sei passeggiate nei boschi narrativi” (1994), “Sulla letteratura” (2002), “Dire quasi la stessa cosa” (2003).

Intanto, venerdì 26 febbraio uscirà il nuovo libro di Eco per i tipi de “La nave di Teseo“. Si intitola “Pape Satàn aleppe(476 pag. – 20€).

Quella che segue è la scheda del libro…

Crisi delle ideologie, crisi dei partiti, individualismo sfrenato… Questo è l’ambiente – ben noto – in cui ci muoviamo: una società liquida, dove non sempre è facile trovare una stella polare (anche se è facile trovare tante stelle e stellette). Di questa società troviamo qui i volti più familiari: le maschere della politica, le ossessioni mediatiche di visibilità che tutti (o quasi) sembriamo condividere, la vita simbiotica coi nostri telefonini, la mala educazione. E naturalmente molto altro, che Umberto Eco ha raccontato regolarmente nelle sue Bustine di Minerva.
È una società, la società liquida, in cui il non senso sembra talora prendere il sopravvento sulla razionalità, con irripetibili effetti comici certo, ma con conseguenze non propriamente rassicuranti. Confusione, sconnessione, profluvi di parole, spesso troppo tangenti ai luoghi comuni. “Pape Satàn, pape Satàn aleppe”, diceva Dante nell’Inferno (VII, 1), tra meraviglia, dolore, ira, minaccia, e forse ironia.

Dedico, dunque, questo “spazio” alla memoria di Umberto Eco con l’intento di celebrarlo, ma anche con l’obiettivo (e la speranza) di contribuire a far conoscere le opere di questo nostro grande scrittore a chi non avesse ancora avuto modo di leggerle.

Pongo le solite domande (volte a favorire la discussione):

1. Che rapporti avete con le opere di Umberto Eco?

2. Qual è quella che avete amato di più?

3. E l’opera di Eco che ritenete più rappresentativa (a prescindere dalle vostre preferenze)?

4. Tra le varie “citazione” di Eco di cui avete memoria… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?

5. Qual è la principale eredità che Umberto Eco ha lasciato nella letteratura italiana?

Sono graditi (e ringrazio anticipatamente i partecipanti) interventi, contributi vari e la segnalazione di link attinenti ai contenuti di questo post.

Di seguito, due video dedicati a Umberto Eco relativi alla “Consegna a Umberto Eco del Sigillum magnum d’oro – Cerimonia Dottori di Ricerca 2015″ e alla “Lectio Magistralis – Comunicazione Soft e Hard – 2014″.

Massimo Maugeri (continua…)

Pubblicato in A A - I FORUM APERTI DI LETTERATITUDINE, EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, OMAGGI, RICORRENZE, ANNIVERSARI E CELEBRAZIONI   77 commenti »

lunedì, 19 maggio 2008

SI PUO’ LEGGERE UN LIBRO SENZA SAPERE A QUALE GENERE APPARTIENE?

Marco Minghetti mi segnala un post pubblicato sul suo blog.

L’argomento è intrigante e credo che i termini della discussione possano essere racchiusi nelle seguenti domande:

Si può leggere bene un libro senza sapere a quale genere appartiene?

Il lettore ideale (badate, non quello qualunque) deve preoccuparsi dei generi letterari?

Ha ragione Alaistar Fowler quando sostiene che “il genere è molto più un uccello che la sua gabbia”?

Vi invito a partecipare alla discussione dopo aver letto il testo di Minghetti e le opinioni contrapposte di Alberto Manguel e Umberto Eco. E poi a rispondere alle domande proposte dallo stesso Minghetti:

A che genere appartiene Alice nel Paese delle Meraviglie, a quello dei libri per l’infanzia?

E gli Esercizi di stile di Queneau è un mero manuale di retorica?

E i romanzi di Chandler sono riducibili al canone del giallo “hard boiled”?

E le Città Invisibili di Calvino sono dei semplici racconti brevi?

A voi.

Massimo Maugeri

——-

di Marco Minghetti

Che cosa è 1984 ? Un romanzo di fantascienza? Una (anti)utopia? Una storia d’amore? Un racconto sado-maso? La perfetta rappresentazione della vita reale che si svolge oggi in Nazioni come la Birmania? Questa domanda mi frullava in capo mentre ieri sera ascoltavo Hitchens alla Scala presentare il suo ultimo libro La vittoria di Orwell.

Mi si era accesa una sinapsi con quanto avevo ascoltato un paio di giorni prima alla presentazione di un altro libro, Al tavolo del cappellaio matto di Alberto Manguel. In quel caso il relatore era Umberto Eco che, in particolare, si era soffermato su uno dei capitoli del libro, quello dedicato al lettore ideale (ripreso anche in larga parte sul Domenicale de Il Sole 24-ore). Si tratta in effetti di una delle parti più deliziose del testo, di stampo chiaramente borgesiano, in cui si trovano affermazioni del tipo: ” Il lettore ideale non ricostruisce una storia: la ricrea”; “Bisogna essere inventori per leggere bene”; “Il lettore ideale sovverte il testo. Il lettore ideale non dà per scontata la parola dello scrittore”; “Il lettore ideale è un lettore cumulativo: ogni volta che legge un libro aggiunge un nuovo strato di memoria alla narrazione”; “Ogni lettore ideale è un lettore associativo. Legge come se tutti i libri fossero opera di un unico autore eterno e fecondo”.

Eco leggeva e commentava, concordando con l’autore su queste idee, mentre io pensavo a come Manguel avesse perfettamente descritto il lettore ideale del nostro romanzo Le Aziende InVisibili. Ma poi Eco è giunto ad una frase, che ha ritenuto di contestare: “Il lettore ideale non si preoccupa dei generi letterari”. Sbagliatissimo, ha argomentato Eco: è impossibile leggere bene un libro senza sapere a quale genere appartiene. Un giallo è un giallo, una storia d’amore è una storia d’amore, un racconto epico è un racconto epico: se non si conoscono le “regole del gioco” cui ogni testo è sottoposto, le regole cioè del genere cui è stato iscritto dal suo autore, non si può comprenderlo a fondo.

A mio parere Eco qui si inganna: e mi sono permesso di esprimere pubblicamente questa opinione. Prendiamo l’Amleto. Se ci poniamo dal punto di vista di Eco dovremmo leggerlo come se fosse una tragedia, ed un particolare genere di tragedia: la “tragedia di vendetta”, un genere molto praticato ai tempi di Shakespeare. Tuttavia molti critici vedono in Hamlet la prima “detective story” dell’età moderna (Amleto in effetti investiga sulla morte del padre e vuole scoprire l’assassino); Harold Bloom ritiene che Shakespeare (a differenza del Kafka di Borges, che crea i suoi predecessori) abbia plasmato tutti i suoi successori ed in particolare Freud e dunque  vede in Amleto una sorta di dramma psicanalitico; ma naturalmente Amleto è anche una ghost story per eccellenza, è una storia d’amore, è un racconto filosofico. Tom Stoppard ha persino trasformato genialmente la tragedia in una commedia (Rosenkrantz e Guilderstern sono morti).

In sintesi: a me sembra che non solo i grandi libri non possano essere ridotti ad un unico genere letterario, ma che, al contrario, potenzialmente li contengano tutti. Potremmo forse azzardare una sorta di formula: più generi letterari scopriamo in un testo, più è probabile che siamo di fronte ad un capolavoro.

Alcune domande di prova: A che genere appartiene Alice nel Paese delle Meraviglie, a quello dei libri per l’infanzia? E gli Esercizi di stile di Queneau è un mero manuale di retorica? E i romanzi di Chandler sono riducibili al canone del giallo “hard boiled”? E le Città Invisibili di Calvino sono dei semplici racconti brevi?

Dal che si potrebbe forse evincere un’ultima conclusione: ogni grande libro “crea” il suo proprio genere letterario, diventando oggetto di emulazione per schiere di scrittori successivi.

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EXTRAPOST

1. Ringrazio di cuore Valerio Evangelisti per aver pubblicato su Carmilla on line il mio racconto “Mind games”. Vi invito a leggerlo (cliccando qui) e a commentarlo, se vi va, su La camera accanto (4° appuntamento).

Ringrazio Valerio anche per le belle parole spese su “Identità distorte” e su Letteratitudine.

2. Avete un noir o un giallo nel cassetto? Vi ricordo Il Fante di picche, iniziativa segnalata da Enrico Gregori.

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI   112 commenti »

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OMAGGIO A ZYGMUNT BAUMAN

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OMAGGIO A TULLIO DE MAURO

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Ricordiamo VIRNA LISI con un video che è uno "spot" per la lettura

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