giovedì, 11 marzo 2010
SE NIENTE IMPORTA, PERCHÉ MANGIAMO GLI ANIMALI?
Il giovane scrittore americano Jonathan Safran Foer ha pubblicato di recente un saggio che sta facendo “parlare” parecchio di sé (sia sulle pagine culturali cartacee, sia sul web: segnalo, tra gli altri, il dibattito condotto su Satisfiction dall’amico Gian Paolo Serino… a cui vanno tante congratulazioni per il nuovo editore di Satisfiction/rivista: Vasco Rossi).
Il titolo di questo nuovo libro di Foer – Se niente importa, perché mangiamo gli animali? (Guanda, 2010) – contiene al suo interno una domanda, sulla quale si potrebbe discutere a lungo (che è, appunto): perché mangiamo gli animali?
Per farvi capire di cosa tratta, riporto – di seguito - una parte della scheda che trovate sulla bandella laterale:
Jonathan Safran Foer, da piccolo, trascorreva il sabato e la domenica con sua nonna. Quando arrivava, lei lo sollevava per aria stringendolo in un forte abbraccio, e lo stesso faceva quando andava via. Ma non era solo affetto, il suo: dietro c’era la preoccupazione costante di sapere che il nipote avesse mangiato a sufficienza. La preoccupazione di chi è quasi morto di fame durante la guerra, ma è stato capace di rifiutare della carne di maiale che l’avrebbe tenuto in vita, perché non era cibo “kosher”, perché “se niente importa, non c’è niente da salvare”. Il cibo per lei non è solo cibo, è “terrore, dignità, gratitudine, vendetta, gioia, umiliazione, religione, storia e, ovviamente, amore”. Una volta diventato padre, Foer ripensa a questo insegnamento e inizia a interrogarsi su cosa sia la carne, perché nutrire suo figlio non è come nutrire se stesso, è più importante. Questo libro è il frutto di un’indagine durata quasi tre anni che l’ha portato negli allevamenti intensivi, visitati anche nel cuore della notte, che l’ha spinto a raccontare le violenze sugli animali e i venefici trattamenti a base di farmaci che devono subire, a descrivere come vengono uccisi per diventare il nostro cibo quotidiano.
Riporto anche questo brano, estrapolato dal libro:
“E’ antropomorfismo provare a immaginarsi dentro la gabbia di un animale d’allevamento? E antropodiniego non farlo?
Una gabbia per galline ovaiole concede in genere a ogni animale una superficie all’incirca di quattro decimetri quadrati: uno spazio grande poco meno di un foglio A4. Le gabbie sono accatastate in pile da tre a nove — il Giappone detiene il record d’altezza per le gabbie di batteria, con pile di diciotto gabbie — in capannoni privi di finestre.
Entra mentalmente in un ascensore affollato, un ascensore così affollato che non riesci a girarti senza sbattere (esasperandolo) contro il tuo vicino. Un ascensore così affollato che spesso rimani sollevato a mezz’aria. Il che è una specie di benedizione, perché il pavimento inclinato è fatto di fil di ferro che ti sega i piedi. Dopo un po’ quelli che stanno nell’ascensore perderanno la capacità di lavorare nell’interesse del gruppo. Alcuni diventeranno violenti, altri impazziranno. Qualcuno, privato di cibo e speranza, si volgerà al cannibalismo.
Non c’è tregua, non c’è sollievo. Non arriverà nessun addetto a riparare l’ascensore. Le porte si apriranno una sola volta, al termine della tua vita, per portarti nell’unico posto peggiore…”
Come vi dicevo, questo è un libro che sta facendo “parlare di sé” (c’è chi è d’accordo con Foer e c’è – ovviamente – chi non la pensa come lui).
Per favorire la discussione estrapolo alcune domande dalla recensione del sito Ibs (linkata sopra).
Da dove viene la carne che finisce sui nostri piatti? Com’è prodotta? Come sono trattati gli animali e in che misura è importante? Quali effetti ha mangiare gli animali sul piano economico, sociale e ambientale?
E poi…
Davvero “niente importa”, pur di salvaguardare interessi economici e soddisfazione della gola? Non ci sono alternative possibili?
Ne aggiungo qualche altra…
Secondo voi la frase “mangiare (troppa) carne fa male” è vera o falsa?
Vi è mai capitato, in generale, di interrogarvi sulle vostre abitudini alimentari?
Vi siete mai posti il problema della salute e delle condizioni in cui vivono gli animali da allevamento?
Nella nostra società esiste ancora il cosiddetto “peccato di gola”?
Domanda provocatoria: se Dante dovesse scrivere oggi la Divina Commedia… contemplerebbe ugualmente il “girone dei golosi”?
In basso, un video con Safran Foer. Nei prossimi giorni arricchirò il post con ulteriori contributi e spunti.
Intanto, se volete, potete cominciare a dire la vostra…
Massimo Maugeri
(continua…)
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