giovedì, 18 luglio 2013
VEDUTE DALL’AUSTRALIA
Tempo fa creai una sorta di rubrica intitolata LETTERATITUDINE CHIAMA MONDO. In coerenza con gli obiettivi allora delineati, conto di coinvolgere (all’interno di questo spazio) donne e uomini di cultura che risiedono in altri Paesi (e che – in un modo o nell’altro – hanno un legame con il nostro) per farci raccontare la realtà del luogo in cui vivono e come ci vedono da lì.
Cominciamo con un intervento che proviene dall’Australia offertoci dallo scrittore italo-australiano Antonio Casella (ne approfitto per ringraziarlo) che per tanti anni è stato direttore della Società Dante Alighieri di Perth.
Antonio Casella sarà disponibile a rispondere a vostre eventuali domande sull’Australia e sulle tematiche affrontate sul post.
Grazie, dunque, agli amici di questo blog per l’interesse e la partecipazione con cui seguiranno questi articoli.
A presto!
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L’ITALIA VISTA DALL’ESTERO: vedute dall’Australia
Vivo in Australia dal 1959, vale a dire da una vita. Come tanti emigranti italiani del dopoguerra ho guardato il mio paese di nascita attraverso i decenni e gli oceani che ci separano con un misto di sentimenti che scorre dall’orgoglio alla delusione. E non manca mai un pizzico di nostalgia. Ma lasciamo stare la nostalgia, anche perché in Italia ci vengo con frequenza e poi, oggi come oggi, il mondo te lo porti in tasca sullo Smartphone e i sogni di terre lontane vengono schiacciati dalla realtà di Google Earth.
Ciò nonostante il desiderio di viaggiare, di vedere, di provare emozioni nuove è tuttora vivo. Come pure sopravvive forte il desiderio d’Italia fra la gente d’Australia. Migliaia di miei concittadini si recano ogni anno in Italia in cerca di storia, di arte, di architettura, di eleganza, di buona cucina, di panorami mozzafiato. Cosa paradossale, mentre l’Italia giace in mezzo a una crisi economica, politica e sociale di vaste dimensioni, all’estero il paese riesce ancora a far sognare la gente.
A Perth, nella mia città, c’è una scuola d’Italiano per adulti, gestita dalla Società Dante Alighieri, frequentata da un gruppo eterogeneo di giovani e anziani: gente di razza anglo-sassone o asiatica, altri che magari vantano un nonno, o addirittura un bisnonno italiano e vogliono riallacciare il legame con le proprie radici. Tutti hanno una cosa in comune, una grande passione per l’Italia.
Dice un proverbio inglese , ‘imitation is the best form of flattery.’ Ebbene posso assicurare che lo stile di vita italiano – almeno da come lo si immagina – è molto apprezzato ed emulato nelle città d’Australia. Gli emigranti italiani hanno dato un forte contributo alla rivalutazione dello stile di vita nella mia città di Perth. Tantissimi bar e ristoranti portano nomi italiani e sono gestiti da italiani. Senza dubbio l’Italia – talmente divisa ed autocritica dentro i propri confini – è molto amata all’estero.
L’Australia dei grandi spazi.
Ho l’impressione che sia pure vero il contrario, cioè che l’Australia goda di una reputazione eccellente in Italia (tutto sommato meritata).Viaggiando per l’Italia – in treno, in aereo, per la strada, in piazza – la domanda più frequente che mi si fa è questa: ‘com’è l’Australia, bella vero?’ oppure, ‘come si vive in Australia? Benissimo, no?’ Ti colpisce il fatto che non si tratta di vere domande, s’intravede non tanto il desiderio di sapere o di imparare, ma di convalidare l’immagine dell’Australia che l’italiano si porta in testa. Spesso ne sussegue un commento di puro escapismo, ‘Io l’Australia me la sogno sempre, un giorno ci voglio andare’.
Suppongo che ciò che fa sognare gli italiani sia l’impressione che hanno dell’Australia: ovvero quella di un paese moderno proiettato verso il futuro. Vero, verissimo… ma al di sotto di questa immagine, un po’ blanda e superficiale, non mancano neanche da noi problemi sociali.
In effetti l’Australia è vasta. La distanza da Perth, nel Western Australia, a Sydney è di oltre 4.000 chilometri. Come dire da Roma a Mosca, andata e ritorno. In questo vasto continente ci vivono 23 milioni di persone, poco più di un terzo degli abitanti dell’Italia. A prima vista l’Australia si presenta di una “sparsitá” impressionante, ma il paradosso sta nel fatto che l’Australia è senza dubbio uno dei paesi più urbanizzati del mondo. Oltre tre quarti dei suoi abitanti vivono in cinque grandi città: Sydney, Melbourne, Brisbane, Adelaide e Perth. In queste città, grandi corridoi urbani si allungano per decine di chilometri lungo strisce costiere. Quindi, il paese più sconfinato al mondo ha una concentrazione di energie umane fra le più intense al mondo.
Altro paradosso. L’Australia è il paese delle etnie e delle razze più varie. Un quarto degli abitanti è nato all’estero, se aggiungiamo i loro figli si arriva alla metà della popolazione. Eppure la società Australiana è una delle più compatte, socialmente e politicamente più progressive, più stabili, più linguisticamente omogenee al mondo. Altri paesi moderni, come gli Stati Uniti, hanno una variante linguistica cospicua – nel senso che l’inglese parlato a Boston e ben diverso da quello del Mississippi – da noi l’inglese che si parla a Perth è pressoché identico a quello parlato a Sydney. Questa uniformità si estende pure ai livelli economici. Sommariamente parlando – e fatta eccezione della popolazione indigena, economicamente ancora al di sotto dei livelli nazionali – il tenore di vita di Perth è molto simile a quello di Sydney o Melbourne. Non sorprende dunque l’alto livello di coesione sociale di cui gode il paese. Vero è che, come succede in Italia, i politici non esitano a insultarsi a vicenda dentro e fuori del Parlamento, ma un politico australiano non si permetterebbe mai di lanciare insulti collettivi verso i connazionali che vivono al Sud o al Nord del paese. Non è soltanto questione di forma o di buone maniere, ma di sopravvivenza politica. La compattezza sociale fa parte integrale del tessuto della società australiana e il politico, o partito, che dimostra di essere ‘divisivo’ viene punito alle urne.
Gli italiani d’Australia
Senza dubbio l’emigrante italiano ha trovato talmente terreno fertile in Australia, da potersi “tirare su” e farsi una vita, almeno dal punto di vista economico. Gli italiani arrivarono in Australia fin dall’inizio della colonizzazione del paese. Sulla nave del Capitano Cook, che nel 1777 salpò verso il nuovissimo continente si trovava già un italiano: Antonio Ponto. Gruppi di italiani accorsero verso le miniere d’oro nei famosi ‘gold rush’di Ballarat nella costa orientale e di Kalgoorlie nell’Australia occidentale. Altri si inserirono nei settori dell’agricoltura e nella nascente industria peschereccia di Fremantle alla fine del diciannovesimo secolo. Ma il grande flusso di emigranti italiani avvenne negli anni cinquanta e sessanta, quando non meno di 450 mila emigranti arrivarono in Australia da tutta Italia. Vi trovarono un paese in fase di grande espansione – nel periodo 1950-80, la popolazione dell’Australia si è quasi raddoppiata da 8 a 15 milioni – spinto da un sistema economico laisser-faire in forte bisogno di manodopera. Gli italiani, in maggioranza contadini e manovali dal sud d’Italia – ma non solo- si rimboccarono le maniche e si misero al lavoro facendosi cuochi e camerieri, piccoli bottegai, minatori e agricoltori. Nell’industria edilizia s’inventarono da carpentieri, muratori, piastristi e così via. In pochi anni i più intraprendenti misero su le proprie fabbriche e cantieri, e diventarono costruttori edili a comando di dipendenti…
Furono loro i padri e i nonni eroici dei professionisti, avvocati, medici, uomini d’affari di oggi. Molti hanno avuto successo in politica. Si vedono oggi nomi italiani fra i sindaci delle città e paesi, (lo stesso sindaco di Perth, Lisa Scaffidi, porta nome italiano). Fino a qualche anno fa Morris Iemma, figlio di italiani, era il Premier dello stato più popoloso d’Australia, il New South Wales.
E oggi? L’emigrazione italiana verso l’Australia pressappoco cessò negli anni 70. Solo negli ultimi due anni, all’insegna della crisi in Europa i giovani italiani incominciano a riscoprire l’Australia, come fecero i loro connazionali mezzo secolo fa. L’Australia, guarda caso, ha attraversato un altro periodo di boom, almeno fino al 2012, grazie alle estese miniere di ferro, di carbone e di oro, e ai giacimenti di gas naturale, che la Cina – in fase di frenetico sviluppo – richiede in quantità ingenti. Ma non vedo una nuova ondata di emigranti italiani. I nuovi arrivati sono pochi, per lo più giovani professionisti, in particolare ingegneri, richiesti appunto dalle industrie minerarie nel lontano nord del continente. Altri trovano lavoro in città, principalmente nei caffè e ristoranti. L’Australia di oggi non è quella di mezzo secolo fa che si presentava chiusa in se stessa, insicura e spesso ostile verso gli emigranti. La società di oggi è più aperta, multiculturale, sofisticata e tollerante se non sempre disposta – bisogna anche dirlo – ad accogliere i nuovi arrivati a braccia aperte.
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Tags: Antonio Casella, Australia, LETTERATITUDINE CHIAMA MONDO
Scritto giovedì, 18 luglio 2013 alle 22:24 nella categoria A A - I FORUM APERTI DI LETTERATITUDINE, LETTERATITUDINE CHIAMA MONDO. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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