mercoledì, 15 novembre 2017
STORIE (IN) SERIE n. 16 – IL RACCONTO DEL POTERE
Storie (in) Serie # 16
(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)
Il nuovo appuntamento dello spazio di Letteratitudine incentrato sulle Serie Tv è dedicato alla omonima manifestazione “Storie (in) Serie” (in corso di svolgimento al Teatro Kismet di Bari). Come di consueto, l’articolo è curato da Carlotta Susca, da pochi giorni in libreria con il volume “Addicted. Serie tv e dipendenze” (LiberAria)
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Il racconto del potere. Presidenti, papi, investigatori, sognatori
Storie (in) Serie, oltre al nome di questa rubrica, è anche una manifestazione multimediale sulle serie TV giunta a Bari alla seconda edizione; quest’anno è ospitata dal Teatro Kismet, da sempre aperto alle sperimentazioni e alle contaminazioni di linguaggi.
Attraverso la proiezione di spezzoni di puntate e il commento degli ospiti, gli appuntamenti di Storie (in) Serie delineano dei percorsi tematici all’interno della smisurata offerta di narrazioni seriali; il primo appuntamento dell’edizione del 2017 ha visto come ospite (accanto a Michele Casella e alla sottoscritta, direttori artistici di questa edizione) Luca Pacilio, direttore della rivista di cinema on line Gli spietati e autore di Il videoclip nell’era di YouTube (Bietti 2014), un libro imprescindibile per chi si occupi di videoclip in Italia.
Esplorando la rappresentazione seriale del concetto di potere, è stato naturale partire dal potere politico come mostrato dall’interno della Casa Bianca in House of Cards, una serie TV di estrema attualità per la recente notizia della sua cancellazione dovuta al sex gate che ha coinvolto Kevin Spacey, protagonista nei panni di Frank Underwood, che nel corso delle prime stagioni attua ogni strategia per diventare presidente degli Stati Uniti e poi continua a lottare con mezzi perlopiù illeciti per mantenere quel potere.
«È un grande spreco di talento. Preferisce i soldi al potere. In questa città è un errore che commettono in molti. I soldi sono come ville di lusso che iniziano a cadere a pezzi dopo pochi anni; il potere è la solida costruzione in pietra che dura per secoli. Non riesco a rispettare chi non vede questa differenza» dice Frank Underwood nella seconda puntata (il “Capitolo 2″) di House of Cards, mettendo in chiaro quale sia la posta in gioco per lui. Già la sigla della serie (che ha anche una versione britannica ma che nasce dal romanzo omonimo di Michael Dobbs, ex capo di gabinetto di Margaret Thatcher) rappresenta perfettamente la solidità del potere che resiste allo scorrere del tempo: lo fa mostrando inquadrature di monumenti statunitensi in time lapse, in cui il brulichio della vita quotidiana e l’alternarsi di giorno e notte mostrano il tempo che scorre mentre i simboli del potere non ne sono intaccati. Se il rapporto di House of Cards con la realtà statunitense è filtrato da una narrazione ucronica (Frank Underwood risultava candidato alle presidenziali del 2016, ed esiste anche un sito della sua campagna elettorale), più penetrante è la satira messa in atto da South Park, che ha reso Mr Garrison un Presidente dalla faccia abbronzata e la capigliatura bionda: qui viene mostrato mentre riceve istruzioni militari e commenta con «Now I can do whatever the f*** I want, right?».
Una diversa rappresentazione del potere politico è quella messa in atto da Paolo Sorrentino in The Young Pope: (continua…)
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