mercoledì, 22 luglio 2020
ARGO IL CIECO di Gesualdo Bufalino (Leggerenza n. 22)
Insieme con i temi della malattia, della morte, dell’amore fatale, della memoria, della guerra, già frequentati in Diceria dell’untore (il romanzo inaugurale considerato il suo capolavoro, ma da molti ritenuto inferiore ad Argo il cieco), motivo centrale della ricerca di Bufalino è il tempo. Ed è il tempo che profila Argo il cieco come mezzo di contrasto dei cambiamenti che produce intus et in cute e come carico di mal-aimé. Un terreno questo sul quale ha particolarmente indugiato la cultura decadentista alla quale Bufalino fortemente ha voluto richiamarsi, sottraendosi a quella che Maria Corti chiamava “glaciazione neorealista” e alle illecebre del naturalismo per porsi in assoluto afelio rispetto al mainstream guidato da un suo confrére qual è Sciascia.
Entro questa prospettiva, Argo il cieco segna certamente un maggiore distacco dal realismo rispetto a Diceria dell’untore di cui pure non costituisce che un seguito in termini autobiografici ma soprattutto uno sviluppo in ambito letterario. E ne è superiore non perché accentua i primi ma perché accresce il secondo in una poetica più pura e spirituale. Del resto fu lo stesso Bufalino, richiesto di rivelare il suo titolo preferito, a indicare Argo il cieco, romanzo più decandestico a motivo proprio del ruolo che il tempo vi svolge. (continua…)
Pubblicato in LEGGERENZA (a cura di Gianni Bonina) Commenti disabilitati
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