max-maugeri-twitter-fb

CLICCA ogni giorno su... letteratitudinenews ... per gli aggiornamenti

Più di 50.000 persone seguono

letteratitudine-fb (Seguici anche tu!)

Avvertenza

La libertà individuale, anche di espressione, trova argini nel rispetto altrui. Commenti fuori argomento, o considerati offensivi o irrispettosi nei confronti di persone e opinioni potrebbero essere tagliati, modificati o rimossi. Nell’eventualità siete pregati di non prendervela. Si invitano i frequentatori del blog a prendere visione della "nota legale" indicata nella colonna di destra del sito, sotto "Categorie", alla voce "Nota legale, responsabilità, netiquette".

dibattito-sul-romanzo-storico

Immagine 30 Storia

letteratura-e-fumetti

 

dicembre: 2021
L M M G V S D
« nov    
 12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
2728293031  
letteratitudine-fb
letteratitudine-su-rai-letteratura
domenica, 30 settembre 2012

LIA LEVI, ospite di “Letteratitudine in Fm” del 28 settembre 2012

È online la puntata con, LIA LEVI, ospite di “Letteratitudine in Fm” del 28.9.2012

lia-levi-la-notte-dell-oblio

Ospite della puntata di venerdì 28 settembre 2012, è stata la scrittrice Lia Levi con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “La notte dell’oblio” (e/o). È stata un’ulteriore occasione per discutere delle leggi razziali e… del silenzio che ne è seguito.

Dello sterminio si tace… Negli anni del dopoguerra è calata sul Paese una coltre che perdurerà nei decenni. Ne abbiamo discusso insieme Lia Levi.

PER ASCOLTARE LA PUNTATA, CLICCA SUL PULSANTE AUDIO

* * *

Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il venerdì mattina (h.13 circa) e – in replica – il martedì sera (h. 20,30) e il mercoledì mattina (h. 11,00). Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.

-

[Cliccare sui link, per seguire LetteratitudineNews e LetteratitudineRadio]

Pubblicato in LETTERATITUDINE RADIO (trasmissione radiofonica curata e condotta da Massimo Maugeri)   Commenti disabilitati

sabato, 12 aprile 2008

DI PROTEO E DEGLI INTRIGHI. VEIT HEINICHEN

Conoscete Veit Heinichen?

Ecco qualche cenno biografico.

È uno scrittore tedesco, nato a Villingen-Schwenningen il 26 marzo del 1957.

Si è laureato in economia a Stoccarda, ottenendo una borsa di studi della Mercedes-Benz per la quale ha anche lavorato nella sede della direzione generale. Poi ha lavorato come libraio e ha collaborato con diversi editori.

Nel 1994 è stato co-fondatore della Berlin Verlag di Berlino (diverse volte premiata come “Casa editrice dell’anno”) di cui è rimasto direttore sino al 1999.

Dal 1997 vive a Trieste, città di mare e di confine dove ha voluto ambientare i suoi romanzi. Una città che descrive nella sua complessità, tra bora e multicultura. Ogni libro approfondisce sia aspetti storici che elementi di estrema attualità offrendo sempre un piacevole quadro di una città di mare, dove si mangia bene e la cultura e l’arte hanno molto da offrire.

Il personaggio principale dei suoi libri è un poliziotto: il Commissario Proteo Laurenti, salernitano trapiantato da anni a Trieste, proprio come il suo padre letterario.

Heinichen ha ricevuto il Premio della RTV Brema 2005 per il miglior giallo 2005 (Bremer Krimipreis 2005). È stato finalista per il Premio Franco Fedeli, Bologna, 2003 e 2004, per il miglior giallo italiano dell’anno.

Ricordiamo le seguenti pubblicazioni:

I morti del Carso

Morte in lista d’attesa

A ciascuno la sua morte


Di seguito potrete leggere l’intervista realizzata da Sergio Sozi in esclusiva per Letteratitudine.

Vi invito a leggerla con attenzione perché è ricca di spunti interessanti (sui quali potremo discutere).

Intanto pongo due domande collegate, appunto, all’intervista:

Ritenete che il romanzo giallo sia particolarmente adatto a rispecchiare la società moderna? (Vi invito, se potete, a motivare la risposta).

Ritenete che le notizie dei giornali siano davvero così stereotipate come sostiene Heinichen (nell’intervista) ?

Massimo Maugeri

_________________

_________________

Intervista a  Veit Heinichen (di Sergio Sozi)

 sergio-sozi.JPG

Ho incontrato il 22 gennaio 2008 a Lubiana lo scrittore tedesco Veit Heinichen – creatore della fortunata serie gialla del commissario Proteo Laurenti e vivente da un decennio a Trieste come il suo protagonista, poliziotto di origine meridionale (qualche titolo: I morti del Carso e A ciascuno la sua morte). I suoi romanzi sono tradotti in Italia da E/O e la serie di film televisivi che ne è stata tratta ha ottenuto in Germania nove milioni di spettatori. Una nuova serie verrà perciò nuovamente girata nel Capoluogo del Friuli-Venezia Giulia. Per venire a noi, questo è quanto scaturito dal nostro colloquio, svoltosi passeggiando tranquillamente alle undici di sera davanti al club jazzistico ”Gajo” (nel pieno centro di Lubiana), dove pochi minuti prima l’autore aveva tenuto un incontro pubblico nell’ambito del noto festival sloveno ”Fabula”.

 

Heinichen è un giallista, e noi lo conosciamo grazie ad un personaggio che è il commissario Proteo Laurenti… Ecco, noi Italiani in genere sappiamo chi è Proteus, mitologicamente parlando…

Ecco, Proteus, poveretto, è nato a Salerno e poi ha subíto tutta la classica carriera di un poliziotto tipico italiano della sua età, che veniva mandato da Sud a Nord, spedito da Ovest ad Est finché non si è inchiodato, diciamo cosí, a Trieste – una città di cui lui non sapeva tanto. Arriva a Trieste, dunque, con questo nome, Proteo Laurenti, e constata che tutti ne ridevano; perché? Perché negli abissi del Carso, nella profondità buissima dove ci sono le acque sotterraneee, vive un animaletto che ha oltre centomila anni, una specie di lucertola, priva di occhi, bianca, il cui nome scientifico è Proteus Anguinus Laurenti. Invece i genitori del personaggio pensavano ovviamente alla mitologia classica, a quel dio che riusciva a trasformarsi in qualsiasi materia e a non essere catturabile. Non sapevano che sarebbe un giorno diventato, proprio a Trieste, colui che avrebbe dovuto catturare gli altri e dunque anche scavare negli ”abissi”.

 

Ah, ecco; perciò il significato, diciamo, è metafora, piú che di ”proteiformità”, del ”vivere negli abissi”…

Sí: di vivere e scavare. E in piú c’è un altro aspetto, perché come si chiama questo animaletto in sloveno? Ecco si chiama (traduco) ”Pesciolino umano”, e infatti anche Proteo Laurenti ha i suoi lati umani… non è lo sbirro freddo: è uno che vive in contesti sociali molto forti, ha tre figli, una moglie, un’amante; diciamo che è il prototipo del cittadino italiano.

 

Già. Ma mi dica, come mai Lei – il ”burattinaio” – lo ha posto cosí: lo ha fatto emigrare dalla Campania fino ad una zona molto germanica – o almeno mitteleuropea – come quella di Trieste.

Vorrei dire che le espressioni ”mitteleuropeo o Mitteleuropa” sono state sicuramente molto superate, se parliamo del centro dell’Europa, perché i mezzi di comunicazione e di trasporto sono diventati molto veloci – rispetto a questi termini un po’ ”magrisiani” che si rivolgono indietro, all’Impero Austroungarico, e anche rispetto a queste piccole distanze. Ovviamente è una zona molto interessante, è un punto cruciale dell’Europa, perché qui si incontrano le tre grandi culture europee: quella di origine romana, quella slava e quella germanica; qui il Mediterraneo s’incontra con il mondo del Nord e dunque si incontrano le formazioni – direi quasi ”mentali” – del mare e della montagna, e, in piú, ovviamente, l’Ovest e l’Est. Inoltre questa città, Trieste, venne costruita e fatta grande e famosa da un insieme di oltre novanta etnie, cosí abbiamo anche l’insieme di Mercurio e Apollo – perché è anche una città molto forte nella Letteratura (a Trieste è sempre nata della Letteratura). Se parliamo degli ultimi due anni dell’esilio di Casanova: ebbene, in che lingua Casanova scrisse le sue memorie? In francese. Poi Stendhal (che passò a Trieste l’inverno del 1830-31) invece non la amava e diceva che sarebbe stato meglio esser rapinati da una banda di ladri catalani che esser colpiti una volta solamente dalla bora. Inoltre, in città capitò il giovane Sigmund Freud, che scriveva il suo primo discorso scientifico, cosí facendo quasi il primo errore ”freudiano”, poiché studiava gli organi sessuali dell’anguilla. Jules Verne, nel 1850, vi fece delle ricerche approfondite per un fantastico romanzo, veramente fantastico in tutti i sensi: il ”Mathias Sandorf”. E Rilke, nel castello di Duino, con le sue Elegie; Srečko Kosovel (scrittore di lingua slovena e Rimbaud del Ventesimo secolo); poi ancora Italo Svevo – che portava in sé Mercurio e Apollo perché era commerciante. Lo stesso, in seguito, per Umberto Saba ed oggi per un Boris Pahor e un Claudio Magris – Pahor, scrittore di lingua slovena, io veramente lo considero molto piú importante perché ha scritto i grandi romanzi di questo secolo, dando luce ai crimini del fascismo e ai cambiamenti in questo spazio, molto complesso, pieno di contraddizioni ma anche di ponti fra le contraddizioni.

 

Tornando alle sue opere, come mai proprio dei gialli? Da un personaggio ”proteiforme” come lei, io mi sarei aspettato magari qualcosa sullo stile del nostro Gadda oppure uno di quei falsi gialli alla maniera di Sciascia.

Mah… grande sfida. Due scrittori che io ammiro profondamente. Perché il giallo? Perché è un genere molto adatto per rispecchiare la società moderna. Se il romanzo di per sé è sempre stato uno specchio di un’area e di un’epoca, il romanzo giallo lo è ancora di piú perché si concentra molto fortemente sulle nevrosi e sugli estremi di un’area e di un’epoca. Posso anche ricordare che esistono due grandi opere della Letteratura mondiale che io ho sempre considerato come dei gialli – ”Delitto e castigo” di Dostoevskij e ”Il rosso e il nero” di Stendhal. Allora lasciamo via questi ”cassetti” in cui dobbiamo mettere le cose, lasciamo via le generalizzazioni… C’è anche della gente che mi dice: ”I tuoi libri non sono gialli, ma romanzi storici”; per me va tutto bene.

 

E sono romanzi storici, questi suoi, visto che Lei si documenta con fare certosino?

Beh: io faccio il mio lavoro, come lo faceva il grande Sciascia o anche Gadda, i quali hanno sempre descritto gli spazi in cui vivevano: erano osservatori perfetti, precisi, non lasciavano via niente. E questo fa Letteratura. Perché? Perché, in confronto agli altri media, la narrazione diventa pessima se lascia via le cose. I media oggi trattano tanto con la verità ”oppressa”, ossia con la metà della verità; mi spiegherò: non è la bugia il problema, la bugia si svela sempre da sola, ma prendendo le notizie, oggi, vediamo che una parte della verità è oppressa e l’altra parte diventa ”l’assoluto” e questo il romanzo non può farlo e il narratore ancora di meno.

 

Perciò il narratore ha il dovere, secondo Lei, di trovare una verità completa.

Per questo ha anche un mezzo che è anche molto diverso dagli altri: un libro di due, trecento pagine o perfino cinquecento; per questo, allora, lo scrittore può dare spazio a tutti: a quelli che gli piacciono e a quelli che non gli piacciono, ma, lasciandone via uno, diventa un disastro.

 

In poche parole, esiste una realtà corale all’interno di un romanzo. Il romanzo di oggi non è piú un romanzo monologante ma ”plurivoco”.

Sicuramente. E c’è un’altra cosa, poi: nessun altro mezzo e nessun altro genere dà spazio a tutti e quattro i gruppi coinvolti.

 

Mmmh… ovvero, chiarendo il concetto…

Intendo dire: gli investigatori, le vittime, i delinquenti e… chi è il quarto gruppo? Siamo tutti noi, a cui piace talmente tanto delegare il male e il bene ma soprattutto volgere le spalle a questi fatti che ci circondano. Se pensiamo al futuro e a come crearlo, servirebbe ammettere un po’ di piú che ne siamo tutti coinvolti.

 

In cosa: in un crimine? (dico sorridendo)

In tutti i crimini e in tutte le vicende e le cose che ci circondano, siano quella dell’immondizia a Napoli, siano i grandi fallimenti imprenditoriali, della Parmalat e via dicendo… dico che ne siamo tutti coinvolti. Ma ci piace troppo, stiamo ancora troppo bene per capire che queste cose ci sono e che ci circondano, ci concernono, influenzano la nostra vita.

 

Bene. Ma questa, magari, è una cosa che noi troviamo anche nei giornali. Nel senso che i giornali ce ne dànno uno spaccato.

Invece no. I giornali vivono di uno stereotipo enorme. Nessuno ci ha mai svelato, nelle ultime settimane, quante volte si sono ripetute queste cose dell’immondizia in Campania. Nessuno ricorda mai il fatto che ci sono stati almeno nove commissari straordinari coinvolti in queste cose. Nessuno scrive che ogni giorno, da dieci anni, partono dall’Italia per la Germania Ovest ed Est tre treni pieni d’immondizia (i tedeschi ovviamente ne sono contentissimi perché cosí fanno lavorare le proprie strutture). Lí, smaltire una tonnellata di rifiuti costa duecento euro – trasporto incluso – mentre in Campania costa duecentonovanta euro. Vorrei sentire questo dai media, perché solo cosí il cittadino può farsi un’immagine completa. Io purtroppo, che vivo con piacere in Italia e che ho avuto anche un ruolo di ”missionario” nei confronti dei tedeschi e di altri europei, devo dire che lí in Germania esiste sempre lo stesso stereotipo: in Italia non funziona niente. E non è vero: ci sono cose che in Italia funzionano molto meglio che in Germania: per esempio le telecomunicazioni e la burocrazia – sono stato imprenditore in Germania e lo so. Avevo un ruolo difficile: il missionario fra Tedeschi ed Italiani, e ambedue non mi credevano. Ho la sensazione putroppo che gli Italiani siano diventati recentemente un popolo con una memoria quasi inesistente.

 

Una memoria storica corta. Significa che l’Italia vive una contemporaneità dalla quale non riesce ad uscire. O sbaglio?

Io credo che questa sia solo teoria, perché anche l’Italia uscirà da questa contemporaneità; perché la contemporaneità è una cosa semplice che si sviluppa sempre in avanti. Non siamo mica in una tribú nella giungla. Non è vero: vedo gente in gamba, che si muove e torna dall’estero volendo investire impegno ed esperienza. Solo che dobbiamo rompere con alcune strutture e soprattutto… be’, facciamo esempio: Mastella perché si è dimesso? Per mantere il piccolo potere che ha. Semplicemente, se ci saranno adesso delle nuove elezioni, avranno la vecchia legge elettorale: significa che i piccoli partiti rimarrano sempre quelli che possono far cadere o frenare o portare avanti un progetto. Ma di popolo e di maggioranza non si parla molto: si parla solo dei piccoli rompi*****.

 

(Ridacchio) Per tornare alla Letteratura. Questo suo Proteo Laurenti mette sempre le mani in delitti abbastanza particolari ed in lui è presente un modus operandi tipico dell’investigatore.

Questo ha molto a che fare con la città in cui si trova, perché Trieste è una città particolare: varie volte confermata alla prima posizione nella qualità della vita in tutto il Paese; al secondo posto guardando ai depositi bancari; insomma una qualità della vita altissima: si sta bene a Trieste, non c’è microcriminalità o quasi. Siamo una città portuale e confinaria dove si riunisce e passa l’Europa, cosí non abbiamo a che fare con tanti omicidi… meglio cosí: non devi neanche chiudere a chiave la porta di casa! Laurenti invece ha a che fare con i casi tipici – che sono sempre europei: io non racconto mai una cosa che coinvolga solo i triestini, perché ogni cosa che tocca Trieste ha sempre a che fare con l’Europa. E questa è la particolarità del luogo, in senso positivo o negativo. Significa che abbiamo a che fare con una città multiculturale e plurilingue, una città dai contrasti enormi che va dal mare fino al Carso; una città che non ha una cucina tipica: abbiamo una vasta scelta di tutto. Un luogo, insomma, dove la diversità è una ricchezza, ma che ha le sue nevrosi, ovvero i grandi ”casi” europei: traffico d’organi – le cui investigazioni vengono gestite dalla Magistratura triestina in tutta Italia, in collaborazione anche coi colleghi europei; per non dire dei grandi coinvolgimenti, massonici e di Gladio, riguardanti la fine di Roberto Calvi: avevano il centro a Trieste e ne erano coinvolti personaggi triestini o triestini acquisiti… parlo di un Flavio Carbone, per esempio, che aveva tredici aziende a Trieste e che spacciava poi terreni in Sardegna. Guardiamo la storia di questi terreni, vediamo chi ha venduto queste terre che diventavano unite per esser la base per la Certosa. È cosí: a Trieste abbiamo sempre l’Europa – a Trieste nessuno paga il ”pizzo” e trenta chilometri piú lontano capita già.

 

Capita già? (dico essendone stupito). A proposito di questo Lei mi fa venire in mente un titolo: ”Gomorra”.

Bravo, Saviano, bravissimo! A me piace perché è uno intelligentissimo che mostra questo coraggio civile che pochi hanno. Magari, no anzi sicuramente, non si è immaginato il fuoco che accendeva. Sicuramente no. Non lo invidio per la situazione in cui vive, ma devo dire che è un uomo con il coraggio civile che mi aspetto da tutti. Cambierebbe immediatamente tutto. Invece la gente sta bene senza muoversi, accomodata sul divano con le noccioline.

 

I difetti degli Italiani: forse l’indifferenza, l’apatia…

Io sono contrario a tutte queste generalizzazioni, non servono. C’è gente ”cosí” e gente ”cosà”.

 

Be’, ma nella mentalità comune…

Della mentalità comune mi vieto di parlare, perché, con quattro traslochi che ho fatto in Europa, ho sentito tutti questi luoghi comuni. Tutti e di piú. Lasciamo perdere e guardiamo direttamente negli occhi dell’altro.

 

Già, questa è la cosa fondamentale, forse (concludo accondiscendente nel congedarmi con il sorprendente e disponibilissimo Veit Heinichen. Ai posteri, perciò, e agli astanti, l’ardua sentenza: senza ”luoghi comuni” ci resterà in mano solo uno sterile ”non luogo”?).

(Sergio Sozi)

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, RITORNO AI CLASSICI   126 commenti »

lunedì, 19 novembre 2007

IN UNA LINGUA CHE NON SO PIU’ DIRE di Tea Ranno (recensione di Simona Lo Iacono)

Tea Ranno: “In una lingua che non so più dire”

(edizioni E/O, 2007, euro 17, pagg. 223).

Recensione di Simona Lo Iacono

Un libro sulla necessità del ritorno. Un viaggio a dorso di ricordi da nord a sud, dal futuro al passato, dalla terra ferma, arpionata alla riva, a un’isola galleggiante e senza sponde, naufragata tra le correnti. Dopo il maestoso esordio di “Cenere” (ed. e/o, 2006) Tea Ranno, scrittrice siciliana di razza e dal meraviglioso talento visionario, affonda la penna tra le maglie della nostalgia, dei solchi lasciati dalla memoria.

Andrea, magistrato e rampollo di una famiglia dell’alta borghesia siciliana, abita a Milano e non torna a casa da 42 anni. Non è una scelta. E non è neanche l’opposto. È come dev’essere, il fluire di una vita che si è innestata da sé su binari di comodità e buone amicizie, tessuta con l’ago fino di chi inanella, uno dopo l’altro, successi su successi. La moglie, una rampante avvocatessa milanese, si divide con disinvoltura tra amanti e schermaglie da tribunale, ostentando un’eleganza sobria e ricercata: tailleur che la fasciano ai fianchi e foulard di Gucci annodati con civetteria. I figli, ormai universitari e abituati alle sue assenze, gli scivolano accanto senza parole, in silenzi carichi di complicità con la madre. È quello che si direbbe un uomo arrivato, Andrea. Un uomo fortunato, anche, forse appena appena fuori dai ritmi assordanti di una Milano in cui fa fatica a riconoscersi, o forse solo distratto, assorbito dalle solennità un po’ demodé delle aule giudiziarie, dal passo che ticchetta tra corridoi intricati in cui toghe e nocche da cassazionista frusciano come fossero seta.

Eppure. Voci ancora lo abitano. E volti. Balbuzie di un nonno amato e ostinatissimo, impegnato in fittizie battaglie napoleoniche colle quali crede di cambiare il corso della storia. E poi paesaggi ammantati di fasti, sole e scogli come anime di fuoco, sigilli di una terra calda, dura, arida di inverni. Ed ecco allora venir fuori da una – impensabile – piega della mente la casa padronale, stanze dentro stanze orpellate di salotti retrò in cui risuonano voci di bambini, latrati di cani, lievitare di amori. Resti e resti di un passato che è dannazione e incantamento, una malìa suscitata all’improvviso dalle parole di una amante che non crede alla facciata di uomo soddisfatto e inconsapevolmente dà il via al fiume torto della memoria. Ma da quel momento è difficile dire basta: strappi del cuore, annaspi di moribondo. Il viaggio è già cominciato. Nel sud. Nel tempo. Dritto a lei, all’immagine di una donna, al suo spettro di compagna fedele sovrapposta a ogni altro corpo. Teresa. Teresa. Teresa. Per Andrea è nome e invocazione, sacra unzione di eternità, maritaggio fantasioso di destini. Teresa fumigante di sogni, di letture, di studi. Teresa accesa da abiti neri in cui spicca come corallo. Teresa dei baci non dati e degli addii. Potesse disegnarla ne farebbe una musa ispiratrice e paziente che presenzia a ogni sua intemperanza. Fosse fuoco ne farebbe una scintilla barbagliante nello scuro o una stella incauta e liquefatta. Fosse mattino ne farebbe una coltre da spostare con lentezza, fosse mare una sirena, fosse aria un fiato che riscalda, una voce che rimanda.

E se quella voce, poi, avesse vita e volontà propria, flutti di farfalla o ali di poesia, Andrea è sicuro che gli parlerebbe, che lo avvertirebbe. Che gli direbbe: – brutta bestia, Andrea, la nostalgia. Brutta bestia. Ti prende coi suoi artigli quando meno te l’aspetti, rispolvera ricordi rimossi, ombre dimenticate, solchi fondi lasciati sulla sabbia che una risacca improvvisa non cancella.

Brutta bestia. E poi. Quel dubbio gusto del tempo. Quel farti credere che non sia trascorso, mentre decenni ti sono scivolati addosso, feroci, impietosi, restituendoti il riflesso di un viso rigato, bianco. Ma il gioco s’è innestato colla prima voce che è venuta a visitarti, con l’odore di un fumastro di farina o col guizzare di pesci che solcano mari antichi, abitati da viandanti impastati di parlate straniere. Basta niente e sei lì, sulle rive di un paese che immaginavi morto e che ti balza innanzi senza spaesamento, senza lentezza. Ma se cerchi un fantasma credendolo reale, Andrea, aspetta. Fermati sul ciglio di una strada, chiedi a qualcuno che sappia dirti dove andare. Ancora una volta, aspetta. Vedi, alle volte è meglio non voltarsi indietro. È meglio fingere che il passato non sia già trascorso. Meglio che scoprirlo diverso, senza nome. Senza un solo alito che possa farti credere che ti è appartenuto.

Simona Lo Iacono

____________________________________________

AGGIORNAMENTO del 21 novembre 2007

Brano tratto da IN UNALINGUA CHE NON SO PIU DIRE di Tea Ranno. Edizioni E/O

-

Capitolo Ventunesimo (pp. 189-190)

-

E se adesso, per un prodigio, ci fosse concesso di riavvolgere il tempo e tornare al giorno – il quindici del mese di luglio del 1959, mercoledì, S. Bonaventura, giorno prima della festa della Madonna del Carmelo, in cui avrebbe suonato la banda, ci sarebbero stati i fuochi d’artificio, le corse col sacco, l’albero della cuccagna, e i devoti con lo scapolare sarebbero andati in processione per il paese, e si sarebbe riso e scherzato; e Teresa non ce l’avrebbe proprio fatta a ridere e scherzare, ad accogliere i cugini, a sopportare il peso di quella giornata impossibile da vivere – se ci fosse concesso di tornare a quel giorno, allora sì, anche noi ci precipiteremmo a dire:

Attenta, Teresa, attenta

non lasciarti tentare

non farti ingannare dal fumo che ti sembra sostanza e sostanza

invece non è

non aspettare di sentire parole che vorresti fossero dette e invece

dormono in gola a quarant’anni d’attesa.

Attenta, Teresa, attenta

non ascoltare le voci che ti promettono nella morte la pace.

Teresa,

le voci pazze non portano bene

neppure il mare le porta:

schizza e ribatte, torce le schiume ma non ti restituisce il ritorno

di chi non vuole tornare.

Attenta, invece, a queste nostre parole

che vengono da un altro tempo

che ti girano intorno, Teresa, qui sui binari, per dirti:

attenta,

alzati, la stazione è a un passo, salta sul treno e vai

vedrai, ti aspetta e non lo sa, Teresa,

anche lui ti sta aspettando, e ogni volta che qualcuno suona alla

porta solleva di scatto la testa e chiede: «Chi è?»

e Felicia risponde: «La sua signora madre»,

oppure: «Un garzone»

oppure: «Il postino»

e quando dice: «Il postino» lui vola a vedere se tra le buste ce ne

sia una con su scritto Teresa,

e persino Felicia capisce che là, in quella Sicilia africana dalla

quale è venuto, c’è qualcuno, sicuro una donna, che gli ha mangiato

il cuore.

E quella donna sei tu, Teresa, alzati, su, ascolta…

Ma tu non senti, non parli, aspetti soltanto il treno: che si faccia

vicino, si sbrighi,

e stringi nella mano la madonna, i grani di quarzo

che ti facciano di sasso

intanto che il rombo s’avvicina.

Attenta, Teresa, attenta

non pensare che non verrà a cercarti.

Un giorno sì, verrà, ma solo per piangere,

un uomo tutto bianco, Teresa,

con le rughe negli occhi

e la bocca spaccata.

Attenta, Teresa,

attenta alle parole che vanno e vengono e sanno di sale

sanno di nulla se nulla è impietrarsi nel ricordo.

Teresa, attenta

al niente che ti gira intorno e non ha ragioni, Teresa, e affonda

nella memoria.

Attenta, Teresa,

ché gira e rigira ripeschi lo stesso tormento,

attenta al passato,

che non ti uccida, Teresa.

Attenta, Teresa,

al treno che viene e non lo vedi,

attenta allo stridore dei freni, al balzo, Teresa, che ti spezza e ti

frammenta.

Attenta, Teresa, attenta

al freddo che ti buca le ossa

alla cenere che ti colma la bocca

attenta

al buio che non ha voci, Teresa,

attenta.

«Scrivi che mi ami, Andrea, scrivi» implori, lì alla curva del

Cavaliere.

Ma nulla, solo un raschio di cicale.

E allora alzati, su, Teresa, alzati,

perché la terra non soffochi inutilmente il tuo fiato e l’ira non si

faccia resa.

Teresa, attenta

al solco che qualcuno va tracciando per te:

non metterci i piedi, Teresa, non camminarci dentro,

attenta alla bugia delle voci che ti promettono pace,

non hanno fondo, non hanno importanza.

Attenta al richiamo d’un diavolo che non vuole per te paradisi e

ti tormenta nel ricordo di quello che è stato

e ti pietrifica, Teresa,

come la moglie di Lot, che si voltò a guardare lo scempio di

Sodoma e per la pena e l’angoscia si sbiancò in una sola lacrima

di sale.

____________________________________________

EXTRAPOST

(Massimo Maugeri)

1. Un grandissimo ringraziamento agli amici di “Scritture&Pensieri”, inserto domenicale di libri del quotidiano “Il Corriere Nazionale” brillantemente curato da Stefania Nardini, per aver pubblicato un articolo su Letteratitudine all’interno del numero di domenica 11 ottobre. Vi riporto un passaggio:

Si chiama “Letteratitudine”, ed è un blog letterario d’autore di Kataweb/Gruppo L’Espresso, curato dallo scrittore siciliano Massimo Maugeri. Blog molto visitato e “partecipato”: nella maggior parte dei post (articoli) i commenti dei frequentatori superano il centinaio. Maugeri lo ha creato definendolo open-blog e coinvolgendo scrittori, lettori, librai, critici e giornalisti culturali: una community che tende ad allargarsi sempre più confrontandosi e dibattendo su libri e temi di natura letteraria e culturale.

2. Ricevo (da Sabrina Campolongo) e segnalo quanto segue.

C’è un bambino, che si chiama Gramos che ha undici anni e una malattia terribile e rara. Un bambino che vive in Kosovo, in una zona ancora militarizzata. Cliccando sul suo nome si può ascoltare tutta la sua storia e vedere il suo viso. Chi decide di aiutarlo può farlo attraverso un libro di fiabe, acquistabile a questo indirizzo https://www.lulu.com/content/1423738.

Le donazioni saranno gestite dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

Pubblicato in LETTERATURA È DIRITTO... È VITA (a cura di Simona Lo Iacono), SEGNALAZIONI E RECENSIONI   154 commenti »

Letteratitudine: da oltre 15 anni al servizio dei Libri e della Lettura

*********************
Regolamento Generale europeo per la protezione dei Dati personali (clicca qui per accedere all'informativa)

*********************

"Cetti Curfino" di Massimo Maugeri (La nave di Teseo) ===> La rassegna stampa del romanzo è disponibile cliccando qui

*********************

*********************

*********************

*********************

OMAGGIO A ZYGMUNT BAUMAN

*********************

OMAGGIO A TULLIO DE MAURO

*********************

RATPUS va in scena ratpus

*********************

Ricordiamo VIRNA LISI con un video che è uno "spot" per la lettura

*********************

"TRINACRIA PARK" a Fahrenheit ...

LETTERATITUDINE su RaiEdu (clicca sull’immagine)

letteratitudine-su-rai-letteratura

letteratitudinelibroii richiedilo con lo sconto di 4 euro a historicamateriale@libero.it o su ibs.it - qui, il dibattito sul libro

letteratitudine-chiama-mondo

letteratitudine-chiama-scuola

Categorie

contro-la-pedofilia-bis1

Archivi

window.dataLayer = window.dataLayer || []; function gtag(){dataLayer.push(arguments);} gtag('js', new Date()); gtag('config', 'UA-118983338-1');
 
 

Copyright © 1999-2007 Elemedia S.p.A. Tutti i diritti riservati
Gruppo Editoriale L’Espresso Spa - P.Iva 05703731009