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martedì, 12 maggio 2020

LA VITA BUGIARDA DEGLI ADULTI di Elena Ferrante diventerà serie Tv

La nuova puntata di Letteratitudine sulle serie Tv è dedicata a “La vita bugiarda degli adulti” di Elena Ferrante

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Roma, 12 maggio 2020 – Netflix e Fandango svilupperanno una serie basata su La vita bugiarda degli adulti, l’ultimo romanzo di Elena Ferrante.

La vita bugiarda degli adulti è un ritratto potente e singolare del passaggio di Giovanna dall’infanzia all’adolescenza negli anni Novanta. La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.

Il romanzo, uscito per Edizioni E/O in Italia il 7 novembre scorso, sarà pubblicato in 25 paesi nel mondo il prossimo primo settembre 2020.

Elena Ferrante è stata inserita nella prestigiosa classifica del Time tra le 100 personalità più influenti dell’anno e i suoi romanzi sono stati tradotti in 45 lingue. La saga de L’amica geniale ha venduto più di 15 milioni di copie e ha ispirato una serie di grande successo, tra i cui produttori figura la stessa Fandango, mentre da altri romanzi sono stati tratti dei film (L’amore molesto di Mario Martone e I giorni dell’abbandono, di Roberto Fenza).

Felipe Tewes, Director of Local Language Original Series Netflix: “Siamo incredibilmente onorati di poter sviluppare una serie basata su La vita bugiarda degli adulti. I libri di Elena Ferrante hanno ispirato e affascinato i lettori in Italia e nel mondo, e siamo entusiasti di portare la sua ultima opera sugli schermi del nostro pubblico globale. Siamo inoltre felici di proseguire la nostra collaborazione con Fandango e di continuare a investire in storie  “made in Italy” uniche che crediamo possano essere apprezzate in Italia e in tutto il mondo”. (continua…)

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venerdì, 17 febbraio 2017

STORIE (IN) SERIE n. 13 – Una serie di sfortunati eventi

Storie (In) Serie

Storie (in) Serie # 13

(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)

Il nuovo appuntamento dello spazio di Letteratitudine incentrato sulle Serie Tv è dedicato alla nuova serie TV prodotta da Netflix: Una serie di sfortunati eventi

* * *

Visor in fabula, o dell’occhiolino di Barney Stinson
La promozione intelligente di Una serie di sfortunati eventi

di Carlotta Susca

La campagna di Netflix per Una serie di sfortunati eventi (USA, gennaio 2017) è perfetta al punto da superare narrativamente il prodotto che promuove: basta scorrere la pagina Facebook italiana di Netflix per ritrovare video e immagini che mettono in atto giochi intertestuali in grado di coinvolgere e gratificare un target abituato a fruire narrazioni seriali e a mischiare riferimenti culturali pop per produrre senso (ironicamente).

In uno dei video promozionali, Neil Patrick Harris, che interpreta il villain della serie, giocando sul trasformismo del suo personaggio (il conte Olaf, che si traveste per tormentare i tre giovani protagonisti), garantisce agli spettatori di parlare a nome proprio:

«Hi, it’s me, Neil Patrick Harris, not Count Olaf, I swear, not Count Olaf, actually me, encouraging you to watch A series of unfortunate events, and I wish you well».

In quanto sé stesso, sottolinea, incoraggia gli spettatori a guardare la nuova serie TV prodotta da Netflix, ma alla fine del suo messaggio strizza l’occhio esattamente come il suo personaggio precedente più famoso, Barney Stinson, lo sciupafemmine di How I Met Your Mother (anche qui era trasformista per mettere in atto le molteplici strategie di conquista contenute nel Playbook, il suo manuale per la seduzione truffaldina). La strizzata d’occhio di Barney Stinson (una rottura della quarta parete, il contraltare ironico dello sguardo in camera di Kevin Spacey/Frank Underwood in House of Cards) rafforza nello spettatore la tendenza a compiere quella che in Lector in fabula Umberto Eco chiama «passeggiata inferenziale», cioè una deviazione da ciò che legge/guarda per attingere a informazioni contenute altrove, ma attive nel testo a livello potenziale. Chi abbia visto How I Met Your Mother inevitabilmente pensa a Barney Stinson quando vede Neil Patrick Harris, e nel video promozionale l’attore rende questa inferenza parte del messaggio, gratificando lo spettatore e moltiplicando la confusione su chi parli veramente. (continua…)

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lunedì, 12 settembre 2016

STORIE (IN) SERIE n. 10 – Netflix

Storie (In) Serie

Storie (in) Serie # 10

(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)

Il nuovo appuntamento dello spazio di Letteratitudine incentrato sulle Serie Tv è dedicato al “caso Netflix”

* * *

Con Netflix le serie tv possono somigliare un po’ di più ai romanzi. Parola di E.M. Forster

di Carlotta Susca

Nelle lezioni tenute al Trinity College di Cambridge nel 1927 (poi pubblicate con il titolo Aspects of the Novel), Edgar Morgan Forster suggerisce un confronto tra il romanzo e il dramma: in «Pattern and Rhytm», lo scrittore sostiene che una struttura narrativa troppo rigida, per quanto sia in grado di conferire Bellezza, nel romanzo lo fa in maniera tirannica, a scapito della mimesi – e quindi dell’immedesimazione dei lettori. Nell’opera drammatica, invece, suggerisce Forster, la rigidità della struttura (una trama in cui tutto torni, costruita come un meccanismo perfetto) è giustificata, perché «la Bellezza può essere una imperatrice sul palco» (p. 145).

Cosa ha a che fare questo con le serie tv?

Se seguiamo il ragionamento di Forster scopriamo anche che una narrazione televisiva, così come una rappresentazione teatrale, consente agli sceneggiatori e allo showrunner di costruire un meccanismo narrativo in cui tutto torni, in cui i singoli elementi trovino una propria collocazione e nulla sia superfluo: gli spettatori saranno più propensi ad accettare la perfezione compositiva perché la storia è messa in scena, proposta per immagini e non per parole. Dalla lettura di un libro ci si aspetta qualcosa che ecceda la scrittura, che sporchi la letteratura di vita: se il romanzo deve essere mimetico, non può essere basato sulla perfezione strutturale, perché la vita non lo è.

È anche vero che applicare le idee di Forster sulla narrazione drammaturgica alle serie televisive non è così scontato, se l’autore accomuna il pubblico del cinema all’uomo delle caverne nell’incapacità di seguire una trama e nella preferenza di una semplice storia che risponda a una serie di ‘E poi?’ (p. 87). Ma ci troviamo nel 1927, il cinema non ha sviluppato appieno le sue potenzialità, e comunque l’autore di Passaggio in India è abbastanza lungimirante da concludere il saggio con l’idea che la letteratura debba fare i conti con le narrazioni audiovisive («will it be killed by the cinema?», p. 151). (continua…)

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Ricordiamo VIRNA LISI con un video che è uno "spot" per la lettura

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