giovedì, 28 giugno 2007
COCCODRILLO SU MENEGHELLO: UNA RIMA IMPERFETTA PER UN GRANDE (di Sergio Sozi)
Cari amici di Letteratitudine,
inauguro una nuova rubrica dal titolo: Ritorno ai classici. Credo che il titolo sia abbastanza esplicativo, per cui non mi dilungherò molto.
Ritorno ai classici. Una rilettura delle grandi opere e dei grandi autori del passato recente e del passato lontano.
Il Novecento, l’Ottocento, fino ai grandi classici greci. Un modo per riscoprire testi e autori della Grande Letteratura e per discuterne assieme.
Ho affidato la rubrica allo scrittore Sergio Sozi al quale ho chiesto di dedicare questo primo numero alla figura di Luigi Meneghello, recentemente scomparso.
(Massimo Maugeri)
Il coccodrillo è quella sorta di necrologio allungato che si fa a proposito della scomparsa di un personaggio pubblico. Il termine è del gergo giornalistico (forse di un tempo?) e direi perciò che, purtroppo, calzi a pennello per un pezzo come questo per Letteratitudine. Oramai, infatti, non è più notizia dell’ultima ora che Luigi Meneghello ci ha lasciati ieri, 26 giugno 2007, all’età di 85 anni (era nato il 16 febbraio del 1922). Lo hanno ritrovato morto, probabilmente a causa di infarto, nella sua casa di Thiene (VC), dove viveva dal 2000. Oltre ai testi narrativi e critici, moltissimo lo scrittore di Malo ha sempre fatto per la nostra Letteratura all’estero, ed esattamente all’università di Reading (Inghilterra), dove nel 1947 fondò e diresse la cattedra di Letteratura italiana, mantenendola fino a tempi recenti.
Luigi Meneghello
.
Comunque, la prima cosa che mi viene ora in mente, è un’osservazione polemica ma, ohimé, indiscutibile: constatare quanto egli era, oramai da lustri, assente dai cuori e dalle menti degli operatori culturali (in genere: giornalisti, docenti, critici, ecc.) italiani, nonostante libri che appartengono ormai all’immaginario comune (Libera nos a Malo, l’esordio narrativo datato 1963, è oggi anche il titolo di una canzone di Luciano Ligabue, tanto per dire una banalità) e ad irridere delle capacità scrittorie di straordinaria originalità per lingua, stilistica, poetica e euristica – ovvero metodologia.
A parlare, infatti, della ”funzione euristica dell’ironia” in Meneghello è Maria Corti, la quale, nell’introduzione a I piccoli maestri (1964), mette in risalto, nel libro presentato ma anche nelle altre opere, il continuo attrito fra ”due culture contrapposte, quasi messe in dialettica” e scatenante appunto questa funzione ironica, che funge da basso continuo, diremmo, per l’intera sua produzione narrativa. Poi, sempre lì, la Corti enumera scientificamente le similitudini fra Libera nos a Malo e I piccoli maestri, pertanto facendoci notare delle altre corrispondenze, oggi utili per fare un quadro generale dell’autore – un autore che la critica italiana deve aver condannato a morte anzitempo, direi, nonostante l’incessante amore da parte soprattutto dei lettori più giovani. Ecco, in conclusione d’articolo, le ulteriori ”costanti” individuate dalla Corti. Le riporto qui perché concordo e perché mi sembra il modo migliore per render giustizia ad uno fra i migliori autori italiani del Secondo Dopoguerra. Un artista della prosa ed un linguista (nel senso di studioso di dialetti e della lingua italiana) eccellente. Un raro esempio di riuscita simbiosi fra realtà soggettiva, realtà oggettiva e arte del narrare (ovvero, secondo i miei termini critici, tout court creazione fantastica).
”(…) C’è un personaggio che dice io e c’è un narratore che, ben distinto, osserva se stesso agire entro le vicende di un mondo lontano.”
”Il mondo della memoria. (…) Il punto di vista della memoria è anche quello che sottilmente determina il tipo di stilizzazione della scrittura e mescolandosi alla vena umoristico-ironica porta lo stile a lievitazione.”
”Il senso della coralità.”
”Ultima costante (…): in ogni opera di Meneghello una funzione basilare ha il linguaggio o, per essere più precisi, il plurilinguismo. (…) Come dire che entro la sua personale lingua, così viva e nei dialoghi lucidamente colloquiale, Meneghello inserisce linguaggi di vari livelli della testualità sociale: il linguaggio delle canzoni popolari, di quelle specificatamente alpine, dei testi poetici letterari evocati, dei comandi militari, della burocrazia italiana, degli intellettuali. La pluridiscorsività sociale si trasforma, direbbe Bachtin, in plurivocità dello scrittore.”
Fin qui Maria Corti, nel 1986. L’ho scelta perché riassuntiva… ai limiti del paradigmatico.
Sergio Sozi
.
.
Sergio Sozi collabora con il quotidiano L’Unità ed il settimanale Avvenimenti, con il mensile triestino Trieste Arte e Cultura, il mensile lubianese Nova revija, il quotidiano sloveno Dnevnik, la Radio Tre slovena e la casa editrice Studentska Zalozba – per la quale ha curato nel 2005 il volume antologico di racconti italiani (1989-2003) ”Carta e carne” (”Papir in meso”, SZ-Beletrina, Ljubljana 2005). Suoi pezzi culturali sono presenti su diversi siti letterari. Da ricordare la pubblicazione di colloqui con Dacia Maraini, Sebastiano Vassalli, Diego Marani e Claudio Magris.
Ha pubblicato "Il maniaco e altri racconti" (Valter Casini Editore, 2007)
Pubblicato in RITORNO AI CLASSICI 25 commenti »
Commenti recenti