lunedì, 8 aprile 2013
OMAGGIO A PAOLO DE CRESCENZO
Pubblico con piacere questo contributo messomi a disposizione dall’amico Franco Pezzini, dedicato alla memoria di Paolo De Crescenzo (che ricordo con particolare affetto anche per via della sua partecipazione al dibattito di Letteratitudine dedicato alla “letteratura dei vampiri“).
Massimo Maugeri
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RICORDO DI PAOLO DE CRESCENZO
di Franco Pezzini
Ci sono persone che hanno la capacità di conciliare il sogno – con quanto di azzardato o cocciuto ciò comporti, perché un sogno è più che un’aspirazione, un forte interesse o persino una passione – con la sana concretezza, impastata di fatica quotidiana: persone che sanno insomma armonizzare i due termini, senza rinunciare al secondo ma senza mai permettere che il primo sia avvilito. Vorrei iniziare a ricordarlo così, Paolo De Crescenzo, rispondendo all’invito dell’amico Maugeri su uno spazio a lui dedicato.
Tengo poi da subito ad aggiungere qualcosa che non riguarda un semplice dettaglio del ritratto, ma la chiave e il combustibile di quella capacità: cioè la sovrabbondanza di umanità (burbera, ironica, esigente ma rispettosissima, affettuosa) che chiunque abbia frequentato un po’ Paolo non poteva non riconoscergli. E che rappresenta – è un discorso già fatto – una merce non troppo considerata sul listino degli interessi diffusi: eppure, senza retorica da coccodrilli, è ciò che rende speciale condividere con una persona, lavorarci insieme. E continuare a ricordarla – e farcela mancare – quando gli occhi si siano chiusi.
Molti aspetti della vita di Paolo sono stati richiamati nei primi articoli a caldo, i giorni successivi alla morte: testimonianze, in particolare, sull’avventura di fondazione e conduzione di una casa editrice votata all’horror di qualità, sullo stile delle scelte autorali, sulla costruzione di una “squadra” italiana, e in ultimo sulla parabola che attraverso crisi economica generale e malattia ha condotto al suo abbandono del timone – e su ciò non tornerei. Mi sembra invece importante riprendere un aspetto particolare dell’esperienza della Camelot gotica edificata in quel breve volgere d’anni, perché permette di non guardare soltanto indietro ma avanti, a un’eredità ideale, a un futuro.
Lo stile di Paolo era di far collaborare le persone. Per carità, in un contesto di base imprenditoriale, non per generico buonismo: eppure tale mettere insieme non era semplicemente funzionale a un risultato di cassa. Il progetto editoriale si configurava come culturale ad ampio raggio: non solo un portfolio di autori più o meno apprezzati dagli acquirenti, non solo una “scuderia” di penne di qualità per introduzioni e prefazioni ai romanzi, ma un bacino di interlocutori con cui confrontarsi e sognare. Di qui progetti continui, fino alla fine: progetti in molti casi portati avanti e approdati a esiti felici, in altri ridefiniti via via o abbandonati per scelta, in altri ancora caduti con la fine della sua direzione. E ciascuno di noi che (in forme diversissime) con Paolo abbiamo collaborato trattiene probabilmente nel proprio archivio qualcuna di queste avventure mancate.
Uno stile, comunque, che permetteva di cogliere senso e sensatezza di un piano altrimenti folle come la fondazione di una factory dell’horror su carta nel nostro paese: e qualcosa della relativa latitudine e profondità può avvertirsi nel vivacissimo scambio in questo stesso sito a proposito della letteratura di vampiri (e altri orrori), con la squadra Gargoyle fortemente presente. L’horror insomma non baraccone di effetti facili, ma linguaggio degli imbarazzi di una società, dei suoi timori e desideri inconfessati o inconfessabili, delle sue crisi; linguaggio-antidoto alle certezze manipolatorie tanto spesso calateci addosso, linguaggio-laboratorio per l’emersione dei demoni di un orizzonte culturale. Linguaggio che irride la conciliazione a poco prezzo, e capace – se valido, “di qualità” – di lasciare il segno nel lettore. Come dice Arthur Machen, l’orrore può aggiungere bellezza alla vita, e anzi il terrore, in qualche modo, è la preghiera alla bellezza sconosciuta. E a questo genere in Italia considerato spesso impresentabile – al punto da favorire l’etichettatura di testi horror come thriller o noir, qualifiche considerate meglio vendibili – Paolo col suo lavoro ha offerto, si può dire, una dignità nuova.
Tutto ciò permette di guardare avanti. E non entro ora nel merito specificamente editoriale, ma piuttosto in quello di uno stile, un modo di rapportarsi. Paolo faceva incontrare le persone, le faceva sognare insieme. Bene, se gli autori da Paolo radunati, in controtendenza a un mondo culturale spesso nel segno dell’individualismo, riusciranno a mantenere vivo quel tessuto e inventarsi occasioni d’incontro, magari più vivaci e personali di uno scambio su youtube; se al di là dei diversi marchi delle pubblicazioni e dei confini del fandom, continueranno a condividere i sogni – un sognare che è ragionare e progettare insieme, anche se non ha connotati di idillio e non toglie fatica; se riusciranno a contagiare altri con questo stile, mostrando che il Fantastico non è solo o banalmente un’evasione ma una messa a fuoco alla giusta distanza del mondo in cui siamo immersi, allora potrà cambiare anche in Italia la percezione dell’horror. Un risultato che non si consumerebbe in una semplice questione di target, traducendosi in una ben più ampia circolazione di istanze critiche, di salutari provocazioni e spiazzamenti. Una sfida insomma che, per quanto ardua in una situazione come quella italiana, non giace nel limbo delle utopie irrealizzabili – e ci farebbe un gran bene.
E ciò, ripetiamolo, in particolare grazie a Paolo.
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Tags: paolo de crescenzo
Scritto lunedì, 8 aprile 2013 alle 19:23 nella categoria A A - I FORUM APERTI DI LETTERATITUDINE, EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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