martedì, 4 giugno 2013
MUNCH URLA E KIRKEGAARD TREMA
La nuova puntata de “Il sottosuolo” di Ferdinando Camon… tra Munch e Kirkegaard .
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MUNCH URLA E KIRKEGAARD TREMA
In questi giorni si apre in Europa una serie di mostre delle opere di Edvard Munch, in Norvegia (dove il pittore nacque 150 anni fa), in Svezia, Svizzera, Italia (Venezia e Genova). Rivedremo più volte sui giornali le varie versioni dell’“Urlo”, il suo quadro più famoso. Rivedremo “La Disperazione”, “La fanciulla malata”, “Il Vampiro”, gli autoritratti. Sarà un’immersione nell’angoscia. Perché tanta angoscia? Perché così spesso la morte e la disperazione? Cosa c’è nel suo mondo? E cosa manca?
“L’Urlo” è del 1893. Epoca cruciale nella cultura europea, la fine dell’Ottocento, perché sono gli anni in cui Freud pensava alla presenza nell’uomo di parti che l’uomo non conosce e non controlla. L’uomo non è tutto Io, cioè tutto coscienza. Compito dell’uomo è farsi coscienza, “dov’era l’Es, deve diventare l’Io”. L’uomo dell’”Urlo” ha visto qualcosa che lo spaventa. Visto, o intravisto. L’urlo non è rabbia o follia, ma spavento. L’uomo che urla è solo. Ci sono due figure alle sue spalle, due uomini che sembrano parlarsi, in ogni caso non han visto ciò che ha visto l’uomo urlante. Non c’è rapporto tra questo e quelli, non si forma gruppo, non c’è umanità. L’autore ha coscienza e memoria di come questo quadro gli è nato nella mente, e lo racconta, parlando di una visione: “Camminavo per la strada con due amici, il sole tramontava e il cielo si tinse di rosso sangue, mi fermai, mi appoggiai sfinito a un recinto, sul fiordo nerazzurro e sulla città schizzarono sangue e lingue di fuoco, i miei amici continuavano a camminare e io tremavo di paura e sentivo un grande urlo infinito nella natura”. L’uomo urlante ha appena visto la dissoluzione del mondo, la fine cosmica, la morte di tutto. Se è possibile, e io credo che sia possibile, una lettura in chiave fideistica dell’Urlo, l’Urlo è l’uomo che non ha nessuno, sta su un ponte, sotto di lui l’abisso, non vede salvezza. È possibile intendere l’urlo come un’invocazione. Un urlo per l’assenza di Dio e un’invocazione perché si presenti. Dico queste cose, e mi s’affacciano al cervello altre letture fideistiche di autori sedicenti atei: Moravia, per esempio, e Pasolini. (continua…)
Pubblicato in IL SOTTOSUOLO (di Ferdinando Camon) 16 commenti »
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