lunedì, 22 giugno 2015
STORIE (IN) SERIE n. 2 – La serie perpetua – Community e la consapevolezza di essere personaggi
(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)
La serie perpetua – Community e la consapevolezza di essere personaggi
a cura di Carlotta Susca
Cosa succede a un personaggio quando è consapevole di essere tale? Come si struttura una serie televisiva i cui protagonisti non siano gioiosamente inconsapevoli dell’esistenza di tutte le altre serie simili a quella di cui fanno parte?
In molti degli universi seriali di cui siamo fruitori, i protagonisti portano avanti il proprio ruolo ignorando i loro omologhi (il bello, la svampita, la secchiona…), ma se nella vita vera ci capita di sottolineare le similitudini con situazioni viste al cinema o lette nei romanzi, può capitare che anche i personaggi siano a conoscenza delle citazioni presenti nelle loro vicende, e che, consapevoli di essere parte di uno show, siano anche portati a renderlo interessante, a preoccuparsi della mancanza di trama di qualche puntata.
È ciò che accade nella meravigliosa Community, ideata da Dan Harmon e composta (per il momento) da sei stagioni dalle vicende travagliate: prima della quarta Harmon è stato licenziato dalla NBC, per tornare come showrunner della quinta e poi cercare una nuova piattaforma per la sesta, che è andata in onda su Yahoo Screen, on demand (nell’ultima puntata Harmon fa in modo che siano gli stessi personaggi a prendere le distanze da quella quarta stagione apocrifa).
I personaggi, quindi – un settetto scombinato, male assortito eppure affiatatissimo – sanno di essere parte di uno spettacolo? A dire il vero solamente Abed, il cinefilo onnivoro con probabile diagnosi da Asperger (un must delle comedy, a quanto pare, se si pensa a The Big Bang Theory e a Sheldon), che non solo riconduce ogni situazione a qualcosa di già visto, ma che favorisce il riprodursi di schemi narrativi collaudati, e che conia il mantra adatto alla prosecuzione di Community: «six seasons and a movie» (al punto che la sesta stagione si conclude con un invito alla battaglia, #andamovie: fan, unitevi e reclamate il seguito!).
Harmon non si limita a citare classici della rappresentazione dell’adolescenza (Breakfast Club), capolavori immortali (Il Padrino, Quei bravi ragazzi) e personaggi che conosce chiunque (Gollum): impasta la sua materia narrativa con topoi da cassetta (lo scambio di corpi di Tutto accadde un venerdì) e la plasma in forme sempre diverse. L’avvocato non laureato Jeff, l’attivista svampita Britta, l’ex promessa sportiva Troy, il tardone Pierce, la madre Shirley, la dolce Annie – e, ovviamente, Abed, il deus ex machina – sono trasposti in personaggi di plastilina, player di un videogioco alla Super Mario, marionette tipo Muppet, cartoni animati in una puntata di G.I. Joe. (continua…)
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