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martedì, 11 ottobre 2011

CRONACHE DI INIZIO MILLENNIO

cronache-di-inizio-millennioChe cosa rimane del decennio che ci stiamo lasciando alle spalle?

Qual è l’evento “caratterizzante” degli anni 2001-2011?

Se vi venisse chiesto di redigere una classifica degli eventi più importanti che si sono avvicendanti in questi dieci anni… come la stilereste? (per ordine di importanza…)

Quali eventi, a vostro giudizio, sono rimasti “in sordina” e meriterebbero, viceversa, maggiore risalto nella nostra memoria?

E come si differenzia il decennio che si sta per concludere da quelli che lo hanno preceduto?

Vi invito a rispondere a queste domande, ispirate dalla recentissima pubblicazione del volume “Cronache di inizio millennio” (Historica, 2011) curato dal duo letterario Laura Costantini e Loredana Falcone. Si tratta di una antologia che ha come sottotitolo “32 autori italiani raccontano gli anni 2001/2011” a cui ho partecipato anch’io con grande piacere, invogliato dallo scopo benefico del progetto (come meglio precisato di seguito).
Dalla scheda del libro: “Dieci anni densi di avvenimenti, cambiamenti, cataclismi climatici, politici e sociali che vale la pena raccontare per lasciarne traccia e, senza avere la pretesa di un’interpretazione sociale e antropologica, poter restituire il sapore degli anni che ci siamo trovati a vivere”.
Dicono le curatrici: “Quello che abbiamo chiesto agli autori che hanno aderito (32 tra famosi ed esordienti) è di raccontare uno di questi anni, di questi avvenimenti. Dalle Torri Gemelle all’avvento di Facebook, dallo Tsunami ai Mondiali di calcio 2006, dal G8 di Genova al terremoto dell’Aquila. Sono solo esempi nella massa di stimoli che il decennio ha potuto fornire a tutti noi che scriviamo esercitando la passione della memoria e della parola.”

Il ricavato delle vendite verrà devoluto all’A.V.S.I. per il progetto “Al lavoro! Attività di formazione professionale e avvio al lavoro per i giovani di Rio de Janeiro”.
Mi piacerebbe che partecipassero al dibattito tutti gli autori coinvolti nel progetto (magari potrebbero raccontarci perché hanno scelto proprio quella data e quell’evento).

Laura Costantini mi aiuterà ad animare e a moderare la discussione.
Di seguito, l’elenco degli autori che hanno aderito al progetto e la bella prefazione firmata da Marino Sinibaldi.

(Inutile aggiungere che siete tutti invitati a rispondere alle domande del post).

Massimo Maugeri
(continua…)

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lunedì, 1 marzo 2010

DIBATTITO SULLA LETTERATURA DEI VAMPIRI… E DI ALTRI ORRORI

Aggiorno questo post dedicato al dibattito sulla “letteratura dei vampiri” (che nel frattempo si è trasformato in dibattito sulla “letteratura dei vampiri… e di altri orrori“), inserendo il contributo alla discussione fornitomi da Sergio Altieri (in arte Alan D. Altieri): scrittore, traduttore e direttore editoriale delle collane Mondadori distribuite in edicola. Ne approfitto per ringraziarlo. Segue il post originario pubblicato il 1° marzo 2010.
Massimo Maugeri

* * *

Il (nuovo) giorno del vampiro
Alan D. Altieri

ovvero

Il fascino (indiscreto & eterno)
dell’immortalita’ malefica

* * *

sergio-altieriWhat the hell! Proprio quando ricominciavamo a sperare nella validità dei vecchi metodi. Ma sì, ya all know what I mean: anzitutto santo martello & saKro piKKetto. Più crocefissi assortiti, aglio a grappoli, acqua pura (really? we still got that?) a damigiane, specchi possibilmente non incrinati, etc etc etc. Insomma, tutta l’attrezzatura obbligata e obbligatoria del piccolo vampirista perfetto, tale da sbarazzarci di quegli invadenti salassatori.
Giusto?
Tutto sbagliato.
Guess what: della lista di cui sopra – e senza, almeno per ora, ricorrere agli strabilianti trucchetti post-techno degli ultimi tempi, tipo proiettili di luce & affini – non funziona più un accidenti di niente. Di certo non funziona più un accidenti di niente nel “nuovo giorno del vampiro”.
Difatti, chi non muore – e questi mai che tirino veramente cuoia – si rivede. Per cui una nuova, radiosa alba popolata da orde si sukkiasangue è sorta su questo nostro pianetucolo dolente in attesa del catartico, liberatorio 2012. E non è affatto detto che non siano proprio loro, i vampiri, a mettere la parola fine al nostro inquinato, sovrappopolato, tormentato destino di bipedi imperfetti ormai decisamente e miseramente slittati nell’(in)umano.
Discutibili facezie a parte – pressoché in ogni forma della comunicazione scritta e iconografica – l’intera mitologia vampirica sta vivendo una inedita (ennesima) eterna giovinezza.
Francamente, e passatemi la notazione personale, allo scrivente la cosa va alla grande. Leggendo da ragazzo l’immortale – in senso di capolavoro letterario – “Dracula” di Bram Stoker, nella fenomenale traduzione dell’ugualmente immortale Francesco Saba Sardi, mi schieravo tutto dalla parte del Principe delle Tenebre. Già eretico nell’adolescenza, quindi? Peggio: eretico, blasfemo, nonché politikamente scorrettissimo. E vi argomento anche perché:
- Dracula è solo, ma proprio solo, (R.M. Renfield non è nemmeno il suo garzone di bottega) in lotta per sopravvivere contro un intero universo: sopravvissuto suo malgrado a un passato di orrori, costretto a fare i conti con un amore disperato e impossibile, condannato a coesistere con la propria mostruosità endogena. Ditemi voi se non è questo IL vero eroe romantico di tutti i tempi, letteralmente…;
- gli avversari di Dracula sono l’orgia degli scornacchiati: abbiamo il moscio rimbecillito (Jonathan Harker), il mandriano da trivio (Quincey Morris), il demente tossico (Dr. Jack Seward), e, dulcis-in-fundo, il vittoriano scassapalle sessualmente frustrato (Abraham Van Helsing). Come on, guys, get a life… No, even better: get a death!;
- le ganze di Dracula sono il meglio sulla piazza: a partire dalle tre sexy vampirelle su nella nera fortezza dei Karpazi (okay, ladies, let’s rock!), per passare alla spumeggiante Lucy Westenra (ready to jugular, old boy!), chiudendo in bellezza con la delicata (ma non troppo) Mina Harker (just suck me dry, my Prince!).
Insomma, Dracula Forever.
A tutti gli effetti, il forever di cui sopra continua a funzionare. Ormai da quasi due secoli l’oscuro eppure tormentato, truculento eppure fascinoso, Conte Dracula – e pressoché tutte le sue incarnazioni/deviazioni/ rivisitazioni/approssimazioni successive – rimangono una dominante primaria dell’immaginario individuale e collettivo.
A parere dello scrivente, è il fascino inevitabile dell’immortalità.
Esatto: transitare attraverso lo spazio e il tempo senza tutte quelle menate mistico-messianiche stile Highlander, osservando e studiando, testimoni occulti dell’umana fallacità senza peraltro farne parte. Al di sopra di tutto e al di là di tutti. In sostanza, quanto di più vicino si riesca ad arrivare alla divinità. D’accordo, c’è un prezzo da pagare: no immagini riflesse, no luce del sole, no cenette gourmet (che non siano emoglobiniche), no un po’ di altre inutili frescacce della vita diurna. Ma in definitiva, what the hell, right?
Senza nemmeno osare di ripercorrere l’intera epopea dei vampiri dalla carta stampata, al grande & piccolo schermo, tutta la strada fino ai fumetti e ai videogame, lo scrivente si limiterà a tentare di analizzare i trend più recenti di un filone narrativo (inteso nel senso più lato possibile) che si è già guadagnato l’immortalità’:

vampiritrend #1) vampiri “classic”: non a volte ma sempre ritornano, un po’ come quel buon barolo invecchiato al punto giusto. Profetessa indiscussa di questa rivisitazione rimane la grande Ann Rice. Nei primi anni ’80, con il vampirismo erroneamente considerato materiale da biblioteca, il Lestat creato da Ann Rice – e la sua intera saga susseguente delle “Vampire Chronicles” – riporta in primo piano queste creature ambigue e minacciose, efemeriche e seducenti. In film, abbiamo la riuscita trasposizione di “Interview with the Vampire”, magistralmente diretta da Stephen Frears, seguita purtroppo della bufala – al di là della presenza della meravigliosa e compianta Aliyah – tratta da “Queen of the Damned”. In ogni caso, l’universo estetizzante e diabolico creato da Ann Rice rende tuttora in modo fenomenale. In questa direzione, il vampiro classico, non va dimenticata l’opera della valida narratrice Chelsea Quinn Yarbro con la sua saga del Conte Saint-Germain, pubblicata integralmente in Italia della eccellente casa editrice Gargoyle. Così come non va trascurata l’ultimissima incursione meta-vampirica a opera niente meno che del nipote del divino Bram. Ecco quindi “Dracula the Undead”, a firma Dacre Stoker & Jan Holt (Undead, gli Immortali, PiEmme, 2010), ottima resurrezione del “Divin Conte” quasi in salsa steampunk, con la partecipazione straordinaria di Jack the Ripper, la Contessa Batory e via smembrando.
Insomma, quei volti lividi e affilati, quelle marsine con svolazzante jabeau appena chiazzato di rosso, continuano a tirare al massimo dei giri… Oops, dei kanini;

trend #2) vampiri “stylè”: o anche “vampiri Prada”. Difatti: alti ma non eccessivi, belli ma non sbracati, palestrati ma non ipertrofici, eleganti ma non azzimati, seducenti ma non ambigui, insomma dalla loro le hanno proprio tutte, inclusa una millenaria società parallela nemmeno troppo sotterranea rispetto alla strafottuta società umana. Avete presente? Ma sì, sono loro: la gang cromaticamente virata all’azzurrino di “Underworld”. Ipnotico okkione glauco-livido modello Ice 9 (Kurt Vonnegut for President!), magnifici spolverini di cuoio liscio e abbastanza volume di fuoco full-automatic da livellare Manhattan.
Da un punto di vista visuale, quella del vampiro “stylè” è diventata una proposta dalla quale è ormai difficile discostarsi. Sarebbe un po’ come fare vedere astronavi a forma di sigaro con le grandi ali (pure pulp anni ’50) al posto delle maestosamente lente strutture ipercomplesse inaugurate da Stanley Kubruck (2001), portate poi all’estremo da Ridley Scott (Alien).
Dalla orgiastica e sanguinaria proposta botti & spari, sesso & krudeltà della serie “Anita Blake: Vampire Hunter” a firma della dura & pura Laurell Hamilton, passando per i new gothic “Southern Vampire Mysteries” di Sherrilyn Kanyon, fino alla primariamente romantica (addirittura “vegetariana”) ninna-nanna adolescenziale di “Twilight”, con l’abile Stephanie Mayer al timone, il vampiro “stylè” domina ampiamente la scena. Sarà quindi interessante osservare quale sarà la prossima evoluzione di questo trend. Come on, boys & girls, non potremo avere kanini in salsa Dolce&Gabbana e Moccia per sempre… o no?;

trend #3) vampiri “monstre”: qui si fa addirittura un passo evolutivo all’indietro rispetto a Dracula, eterno vate. Il vampiro mostruoso è solamente una belva infame assetata di sangue. Troppi dentoni e troppo poco cervello, brutto come una qualsiasi sessione parlamentare itaGLiana e aggressivo come l’ultimo cretino analfabeta appena espulso dalla casa/casino di “pikkolo fratello scemo”. Il vampiro “mostre” è buono per una sola cosa: essere fatto fuori, se possibile nel modo più orrido & splatter immaginabile.
Decisamente spostati sul “monstre” sono i puzzosi e fetidi vampiri di “Midnight Mass”, non indifferente ritorno letterario del sempre azzannante F. Paul (“The Keep”) Wilson, pubblicato in Italia parimenti da Gargoyle con il titolo di “Messa di mezzanotte”. Nella loro cannibalica invasione del mondo, i vampiri di Wilson sono molto più attirati dai sanguinacci trucidi che non dalle pulzelle. Beh, a opera degli umani che non mollano, mal gliene incoglierà: come get it, sucka!
Piccolo grande trionfo di come si affrontano i vampiri “mostre” rimane “30 days of night”, trasgressivo fumetto ideato da Steve Niles & Nigel Templesmith, diventato poi un inaspettato successo cinematografico da quasi ottanta milioni di dollari d’incassi diretto dall’abile David Slade. L’idea di base è tanto semplice quanto sinistra: Barrow, Alaska, l’ultimo avamposto civilizzato del Nord AmeriKa, è alle soglie di un intero mese di notte artica. Da chissà dove (citazione diretta della nave dei topi di Dracula) arriva un tetro cargo maledetto. Dal cargo maledetto sbarca l’orda dei vampiri “monstre”, a cui frega solamente di aprire carotidi. Welcome to Barrow, suckers! Mai realmente scadendo nel clichè ma dando ampio spazio al mattatoio, il lavoro di Slade è la quintessenza di tutti i claustrofobici film d’assedio, un “Precinct 13” con i sukkiasangue al posto dei gangstar (o degli sbirri marci). Eppure, c’è almeno un passaggio magistrale. Marlowe, un nome una garanzia letale – interpretato da un irriconoscibile Danny Houston, figlio del compianto maestro John Houston – sta per cibarsi dell’ennesima vittima implorante la grazia di dio. Quasi con rassegnata tristezza, Marlowe indica verso in cielo, scuote il capo: “No god”. Dopo di che, slurp! Insomma, finalmente anche all’inferno ci siamo accorti che dio è morto;

trend #4) vampiri “epidemic”: per i quali il vampirismo è generato da un virus (in senso lato). Tante zanne, ecchissenefrega delle ali da pipistrello, potenziale capacità di affrontare la luce solare. In sostanza, il “virus vampirico” muta, distorce e inghiotte l’umano.
Fino a oggi, un unico, straordinario precursore di questa inevitabile variazione sul tema: Richard Matheson con il suo capolavoro della SF apocalittica “I am legend”. Portato in film ben tre volte – “L’ultimo uomo della terra” (1964, diretto da Sidney Salkow) “The Omega Man” (1971, diretto da Boris Sagal), “I am Legend” (2008, diretto da Francis Lawrence) – “I am Legend” affronta con incredibile maestria tutte le paure dell’uomo: solitudine, vuoto, alienazione, distruzione, autodistruzione… Non una sola sfumatura dello spettro emotivo è lasciata fuori da questo prodigioso apologo del lato oscuro. Sono davvero vampiri, le creature di “I am Legend”, o sono forse la prossima evoluzione di una razza già estinta? Nel suo libro, Matheson si limita a suggerire una risposta, lasciando al lettore le scelta interpretativa cruciale.
Meno riusciti i film: troppo datato il primo, troppo patriottico il secondo, troppo incompiuto il terzo. Pur con il valido Will Smith protagonista in un inaspettato ruolo duramente drammatico, pur con una fenomenale prima metà nella New York svuotata e spettrale, il terzo “I am Legend” si affloscia nel finale, anzi nei due finali, area dove più la narrazione discosta dal testo di Matheson.
Per contro, quello dei vampiri “epidemic” è il trend che contende ai vampiri “stylè” la supremazia del genere. In questo senso, un contributo determinante – sia visuale che scritto – viene dal fuoriclasse Guillermo Del Toro, sceneggiatore e regista iberico ormai solidamente trapiantato a Holly-weird. Imbattibile artista delle creature insettiformi – straordinari gli effetti dal crepuscolare “Cronos” (1993) fino all’estetizzante “Il labirinto del fauno” (2006) passando per il feroce “Mimic” (1997) – Del Toro inserisce nel tema vampirico una sua personalissima svolta già in “Blade II” (2002). Sta sorgendo una razza di vampiri “infetti”, meglio sterminarli o… modificarli geneticamente in vista della irresistibile ascesa del prossimo vampire empire?
Temeraria tematica biochimica che Del Toro riprende letterariamente in “The Strain” – “La Progenie”, Mondadori, 2009 – primo volume di ambizioso progetto trilogico scritto a quattro mani con Chuck Hogan. Anche qui, il vampiro è l’untore principe di New York.
Per molti versi, il vampiro “epidemic” potrebbe essere la saldatura di contaminazione – oh, come on, THAT again? – con il genere zombi. Emblematici in questa sanguinaria terra di mezzo i due non indifferenti film “28”, giorni e settimane dopo. Quelle orde assatanate e urlanti sono zombi, sono vampiri, o sono qualcosa d’altro?

Well, qualsiasi cosa siano le creature di cui sopra, qualsiasi validità vogliate dare ai trend di cui sopra, almeno su un punto possiamo concordare. Eh, già, proprio come il rock & roll:

Vampire is here to stay, vampire will never die!

————

Post del 1° marzo 2010

vampiroSono molto lieto di poter avviare questo dibattito sulla “letteratura dei vampiri”… [intendendo per letteratura dei vampiri quella che ha (e che ha avuto) come protagonisti il conte Dracula and friends...]
Per discutere di questo tema ho invitato alcuni ospiti speciali:
- Simonetta Santamaria (altresì nota con l’appellativo di Simonoir), scrittrice di romanzi horror, la quale ha di recente pubblicato un sanguigno saggio edito da Gremese e intitolato, appunto, “Vampiri. Da Dracula a Twilight
- Laura Costantini, scrittrice e giornalista, la quale ha dichiarato pubblicamente il suo amore per le storie di Stephanie Meyer
- Flavio Santi, autore del romanzo “L’ eterna notte dei Bosconero” (Rizzoli)
- Danilo Arona (autore, tra gli altri, del romanzo “L’estate di Montebuio”, nonché di un contributo sulla nuova edizione di “Io credo nei vampiri” di Emilio de’ Rossignoli), Gianfranco Manfredi (che – tra le altre cose – ha predisposto la bella antologia “Ultimi vampiri”) e Claudio Vergnani (autore di “Il diciottesimo vampiro”)… tutti e tre della scuderia Gargoyle.
Ho poi esteso l’invito a Paolo De Crescenzo (uno dei massimi conoscitori di cultura horror in Italia, nonché editore della Gargoyle), Franco Pezzini (uno dei più preparati tra gli intellettuali specializzati in “letteratura terrifica”).

Premesso che il dibattito è aperto a tutti… altri ospiti potranno essere “invitati” nel corso della discussione.

Di seguito leggerete: la recensione di Francesco Di Domenico al saggio “Vampiri” di Simonetta Santamaria, un articolo sul caso “Twilight” firmato da Laura Costantini, le schede dei libri di Flavio Santi, Danilo Arona, Gianfranco Manfredi e Claudio Vergnani, Franco Pezzini. Nel corso della discussione avrò modo di fornire ulteriori notizie sui suddetti romanzi e sugli ospiti invitati.

Per favorire la discussione ho pensato di porre le seguenti domande:

- Perché la figura del vampiro è così prepotentemente entrata a far parte nell’immaginario collettivo mondiale?

- Il sentimento suscitato dal vampiro è più vicino alla paura o al fascino? E perché?

- Che scarto esiste tra la figura storica del vampiro e quella “trasfigurata” nella fiction letteraria, cinematografica e fumettistica? L’esistenza di questo scarto (ammesso che ci sia) è nota? È importante che lo sia? Che percezione avete, in proposito?

- Cosa è cambiato nella “letteratura vampirica” (ammesso che qualcosa sia cambiato) da Bram Stoker a oggi?

- La letteratura italiana che si “occupa” dei vampiri è all’altezza di quella espressa in altre parti del mondo (quella anglosassone, per esempio)?

- C’è un pregiudizio, da parte dei lettori italiani, a favore dei romanzi sui vampiri di matrice angloamericana (e a svantaggio di quelli scritti in Italia)?

- Avete mai letto “Le notti di Salem” di Stephen King? Che posizione occupa, questo romanzo di King, nella storia della “letteratura vampirica”?

- A cosa è dovuto il successo planetario della saga Twilight della Meyer?

- Rispetto all’età dei lettori: il successo di Twilight è generalizzato o è più generazionale? Rispetto al sesso dei lettori: è un successo “di genere” o è indistinto? Che percezione avete, in proposito?

- In generale: l’horror può esercitare una funzione “esorcizzante” delle paure legate alla quotidianità e alla vita reale?

Altre domande potrebbero essere formulate nel corso della discussione che sarà più che mai improntata sullo scambio, sull’arricchimento reciproco e sulla interattività.

Massimo Maugeri

(continua…)

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venerdì, 24 aprile 2009

NON SONO MAI PARTITO, di Pietro Treccagnoli

Pietro Treccagnoli vive a Napoli e lavora a «Il Mattino». Ha scritto “Non lo chiamano veleno” (Avagliano, 2006). “Non sono mai partito” è il suo secondo romanzo (Cento Autori, pagg. 112, euro 10).
In questo nuovo libro Treccagnoli tratteggia un viaggio a cavallo tra i favolosi anni Sessanta e un ’77 troppo presto dimenticato, tra terroristi e figli dei fiori, tra un passato di rivoluzioni vere o sognate e un presente da reality show.

Su l’Indice dei libri del mese Vincenzo Aiello ne parla così:
«Dopo l’esordio narrativo del 2006 con Non lo chiamano veleno (Avagliano), dove la mafia dei Casalesi veniva vista – ante Gomorra – sotto la lente narrativa di un noir livido e ironico, con Non sono mai partito, Pietro Treccagnoli torna a parlarci, con la sua lingua saporitamente narrativa, di questo oggi fatto di reality finti e di finte realtà. L’autore fa questo ricorrendo a due registri narrativi. Il primo vede protagonista il commissario Ascione in pensione che cerca, su invito di un padre, il di lui figlio Serafino, un fricchettone del 1977, che al momento del rapimento Moro era sparito da Giugliano per andare a liberare lo statista democristiano. Nell’altro controcanto metaletterario si trova un cinquantenne che, dopo trent’anni da quegli avvenimenti, spinto da una figlia quindicenne, si spinge a ricordare i suoi sogni che diventarono presto bisogni”. (…) Il pastiche dialettale si sposa con un buon italiano, in un esperimento narrativo, che al di là dei fatti narrati, è la vera cifra di questo alfabeto giuglianese che sa di mele annurche e di scampie».

Ne parliamo in maniera approfondita con lo stesso autore e con Simonetta Santamaria e Francesco Di Domenico, che hanno recensito il libro e mi aiuteranno ad animare e moderare la discussione.

Vi propongo un paio di domande per avviare un dibattito collaterale sui temi affrontati dal libro:
Fino a che punto è possibile liberarsi dei fantasmi del proprio passato?
Ma poi è giusto tentare di liberarsene?
Non è meglio conviverci, correndo il rischio di dover ammettere a se stessi: non sono mai partito?

Di seguito, le recensioni della Santamaria e di Di Domenico.

Massimo Maugeri
(continua…)

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venerdì, 21 novembre 2008

LA LETTERATURA DEL TERRORE E SIMONETTA SANTAMARIA

Che rapporti avete con la letteratura del terrore?
Ne siete appassionati? Vi lascia indifferenti?
Vi disgusta?
In ogni caso essa vanta una storia piuttosto lunga, che coincide – più o meno – con la nascita del romanzo gotico classico; ovvero il 1764: anno di pubblicazione de “Il castello di Otranto” di Horace Walpole.
Poi si evolve con il “Dracula” di Bram Stoker, con il “Frankenstein” di Mary Shelley e con l’opera di Edgar Allan Poe. Senza dimenticare il celeberrimo “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Stevenson, che diventa pietra miliare anche del cosiddetto tema del doppio.

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento bisogna ricordare H. P. Lovecraft (1890-1937), ma anche Gaston Leroux (autore de “Il Fantasma dell’Opera“).

Un filone particolare della letteratura gotica dà vita la cosiddetto genere horror diventato famoso anche grazie ai libri di autori come Stephen King e Peter Straub.

Ulteriori dettagli li potete trovare all’interno di quest’ottima rubrica tenuta da Sabina Marchesi, guida giallo e noir del portale supereva.it. 

In questo post, invece, nell’ambito dell’horror all’italiana presentiamo Simonetta Santamaria e il suo libro “Dove il silenzio muore” edito da Centoautori.

Lo introducono per noi Francesco Di Domenico e Enrico Gregori, che mi daranno una mano a moderare e animare la discussione.

Un post a due binari, dunque:
- la letteratura del terrore, in generale (nell’ambito della quale chiamo a intervenire la già citata Sabina Marchesi)
- e… Simonetta Santamaria (presentata da Francesco Di Domenico e Enrico Gregori)

Siete tutti invitati a partecipare.

Massimo Maugeri
P.s. Vi anticipo che a partire da domani e per tutta la prossima settimana sarò in viaggio di lavoro e mi sarà difficilissimo – se non impossibile – partecipare alle discussioni.
(continua…)

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   155 commenti »

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