sabato, 6 ottobre 2007
CENT’ANNI DI VITALIANO BRANCATI
Cent’anni fa nasceva Vitaliano Brancati (per l’esattezza il 24 luglio del 1907). C’è da dire che la ricorrenza non è passata inosservata. Se ne è parlato molto, quest’estate, sulle pagine culturali di quasi tutti quotidiani.
Vi propongo due video relativi alla bella mostra organizzata a Catania in occasione del centenario presso il centro fieristico “Le Ciminiere” (sponsorizzato dal Ministero dei Beni Culturali e dall’Assessorato alla Cultura della Provincia Regionale di Catania). Ne approfitto per ringraziare la professoressa Sarah Zappulla Muscarà per la sua disponibilità.
(Qualora non riusciste a visualizzare i video cliccate sui rispettivi titoli per poterli visionare direttamente su YouTube).
Di seguito vi riporto un mio articolo pubblicato sulla pagina Cultura de Il Mattino del 23 luglio 2007.
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Mostra centenario nascita Vitaliano Brancati (parte I)
Mostra centenario nascita Vitaliano Brancati (parte II)
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Cent’anni son passati da quel 24 luglio del 1907 che segnò la nascita di Vitaliano Brancati, autore siciliano che si è conquistato con merito un posto di rilevo nella storia della letteratura italiana del Novecento. Conquista avvenuta nonostante la prematura scomparsa, avvenuta a Torino il 25 settembre del 1954 quando aveva 47 anni: età – di norma – in cui uno scrittore comincia a dare il meglio di sé. Una ricorrenza da ben celebrare, dunque. La moglie Anna Proclemer – che al marito ha voluto dedicare un pensiero in cui esprime ammirazione e amore ancora vivi: «Darei quel che mi resta da vivere per avere la possibilità di leggere una tua pagina sulla realtà italiana di oggi» -, insieme alla figlia Antonia, domani sera a Catania presenterà alle «Ciminiere» il recital «Viaggio intorno a Brancati» e nello stesso giorno si aprirà la mostra «Dalla Sicilia all’Europa, attraverso Brancati», curata da Enzo Zappulla e Sarah Zappulla Muscarà, Annamaria Andreoli e Franca De Leo, nell’ambito di Etnafestival. Perché è bene ricordare il Brancati scrittore, ma gli onori della ricorrenza vanno tributati anche allo sceneggiatore di cinema, all’autore di opere teatrali, al saggista e giornalista. Sono tanti i meriti dell’autore nato a Pachino e cresciuto a Catania, ma tra tutti primeggia la capacità di aver saputo conferire alla propria opera una forte connotazione umoristica. Forse è proprio questa l’eredità principale che lascia. Del resto Brancati non ha mai nascosto l’importanza che egli stesso attribuiva al comico, come è dimostrabile da questo stralcio tratto dal volumetto I piaceri: «Si ha paura del comico come di un potere diabolico. (…) Il male di non sopportare l’ironia non è vecchio in Italia. Comincia col Seicento. Nel Cinquecento, invece, il popolo italiano possedeva, insieme col più alto senso della realtà (Machiavelli), la più intelligente e poetica ironia (Ariosto). Dopo quel secolo, l’ironia abbandona l’Italia, lasciando al suo posto una forma pigra, passiva, rozza come la vignetta o la barzelletta. Eppure in nessuna parte del mondo essa è necessaria come da noi». Sciascia individuò in Brancati lo scrittore nazionale che meglio aveva saputo rappresentare le due tragicommedie italiane: quella del fascismo e quella dell’erotismo, intrecciandole in un contesto in cui il rispetto della vita privata e delle idee dei singoli erano ignoti o dimenticati, e tratteggiandone – al tempo stesso – le manifestazioni comiche in guisa tale da inglobare nel comico anche le situazioni tragiche. Il comico, il grottesco, l’ironia beffarda, veicolati attraverso l’erotismo, esplodono in Don Giovanni in Sicilia e rimbalzano con intensità variabile nelle altre opere dell’autore siciliano, fino a cedere il passo al sorriso amaro che si trasmuta in ossessione tragica nelle pagine di Paolo il caldo. Nel corso delle celebrazioni le tematiche saranno approfondite e riproposte. Sperando che non venga riproposto con altrettanto zelo il termine «gallismo», anacronistico e usurato. Forse sarebbe meglio far riferimento al – più generico, ma efficace – «umorismo brancatiano». Come ha scritto Enzo Siciliano a proposito del Don Giovanni in Sicilia: «Non è lo straordinario caratteriale di una piccola comunità che Brancati racconta, ma l’ordinario della comunità nazionale. (…) Pensare che egli fosse semplicemente uno scrittore siciliano o catanese significa fargli torto: fare torto non solo alla vitalità della sua immaginazione, ma alla luciferina forza conoscitiva che la possedeva e che esprimeva». Ha ragione. Per questo comprimere, oggi, l’opera di Brancati nei confini angusti del «gallismo» potrebbe tradursi, implicitamente, in un’involontaria accusa di effimero e datato provincialismo.
Massimo Maugeri
Vorrei invitarvi a ricordare Brancati e le sue opere. Ci state?
Un suo libro che avete amato. Un film da lui sceneggiato, o tratto dalle sue opere, che ricordate con piacere. Una sua opera teatrale, o altro. Fate voi.
Grazie.
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