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domenica, 16 dicembre 2007

CARA ITALIA, DIMMI COME TI VEDONO E TI DIRÒ CHI SEI

Nei giorni scorsi il New York Times ha dedicato alla nostra Italia un articolo in prima pagina. Un articolo che ha fatto il giro del mondo.

In quell’articolo si sostiene che il nostro paese soffre di una sorta di ”depressione collettiva” che passa dall’economia, alla politica, fino alla società.

Che peccato!, sostiene in estrema sintesi il NYT. Sì, perché l’Italia è un Paese ”che tutto il mondo ama perché è vecchio ma ancora affascinante”. E tuttavia, sebbene sia ”adorato all’estero e nonostante tutti i suoi innati punti di forza, l’Italia non sembra amarsi e gli italiani sono il popolo meno felice dell’Europa occidentale.”

”Per la maggior parte, i problemi non sono nuovi e questo è il problema”, sottolinea il New York Times, secondo cui l’Italia ne è preda da così tanti anni che nessuno sembra sapere ”come cambiare o se sia ancora possibile.” Senza contare che quelli che erano i punti di forza dell’Italia “si stanno trasformando in debolezze”. Sarebbe il caso delle piccole e medie imprese che si trovano, oggi, a dover competere con l’economia globalizzata e con il neocolosso cinese.

Ronald Spogli, ambasciatore americano a Roma, ha avvertito del rischio di un diminuito ruolo internazionale dell’Italia e di difficoltà nel rapporto con Washington: ”Devono tagliare l’edera cresciuta intorno a questo fantastico albero vecchio di 2.500 anni che minaccia di ucciderlo”; ma l’impressione, ha continuato, è che ”il malessere nasca dalle poche speranze di tagliare quell’edera e questo rende gli italiani tristi e arrabbiati.”

Il giornale americano non manca di osservare che di siffatta rabbia si sia fatto portavoce nei mesi scorsi Beppe Grillo con il suo “V-day” e il suo “Basta!” rivolto a tutte le forze politiche e al sistema. E non è un caso, sempre secondo il quotidiano, che i bestseller dell’anno siano stati La Casta e Gomorra.

L’allarme, sostiene il NYT, passa anche dalla questione generazionale. In un contesto del genere, non stupisce più di tanto che ”il 70% degli italiani tra i 20 e i 30 anni vivano ancora a casa, condannando la giovinezza ad un’estesa e improduttiva adolescenza, mentre molti delle menti più brillanti, come i poveri di un secolo fa, lasciano l’Italia”.

E poi… sapete cosa ci rimane dopo la morte di Luciano Pavarotti?

Ce lo spiega un ragazzo intervistato: ”ci sono rimasti solo la pizza e la pasta.”

È proprio così? Non del tutto. Perché, come precisa il giornalista americano, è vero che ”non ci sono nuovi Rossellini, Fellini o Loren, ma ci sono la Ferrari, la Ducati, la Vespa, Armani, Gucci, Piano, Illy, Barolo.”

Certo, il problema è che ”gli imprenditori lamentano di essere soli: i politici offrono poco aiuto per rendere l’Italia competitiva e questo resta l’ostacolo principale. L’imprenditoria vuole meno burocrazia, più leggi sulla flessibilità del lavoro e maggiori investimenti nelle infrastrutture per favorire il movimento delle merci.”

Che destino ci aspetta? Secondo gli amici americani, se non cambiamo rischiamo di fare la fine della Repubblica di Venezia: ”Bloccata dalla grandezza del passato, con gli anziani turisti a fare da incerta fonte di vita.”

Insomma, l’Italia come una sorta di Florida d’Europa.

Secca e schietta la replica del nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Scommettete sull’Italia, sulla nostra tradizione e il nostro spirito animale. (…) Ci vuole continuità nella politica di governo in alcuni campi come la difesa, l’università e l’economia. Ciò detto l’Italia è assolutamente un paese forte su cui vale la pena di scommettere”.
Diversa l’opinione di Walter Veltroni, sindaco di Roma e leader del Pd: “Siamo un paese che deve scrollarsi di dosso questa specie di scimmia della paura di ogni cosa nuova perché c’è l’idea che ogni cosa nuova che accade debba spaventare. Quando ci sono delle novità, se sono giuste, fanno bene a tutti.” Secondo Veltroni, il New York Times “non ha scritto cose infondate: il paese ha i fondamentali per farcela, ma è il contesto, la farraginosità del sistema politico e istituzionale, il clima di odio e di contrapposizione che determina lo stato non sereno al quale il quotidiano statunitense ha fatto riferimento. (…) L’Italia ha bisogno obiettivamente di ritrovare fiducia, sorriso, serenità, energia e speranza puntando sui seguenti punti di forza: la grande vita culturale, un meraviglioso sistema delle imprese, ragazzi di primissimo livello, gente che vuole lavorare”.

Ora, pensando agli americani verrebbe da dire: guarda un po’ da che pulpito viene la predica!

Ma non si accorge, il New York Times, che il sogno americano per molti cittadini a stelle e strisce si è trasformato in qualcosa che somiglia molto a un incubo?

Ma che cosa pensano ‘sti americani?

Che sia finito il Bel Paese?

Che gli italiani non siano più Bella Gente?

Che abbiamo lasciato il mandolino ad ammuffire dentro la custodia? Le pizze a bruciare dentro il forno? La pasta a scuocere in pentola?

Domande – queste – che potrebbero essere condivisibili, ma anche banali. E di comodo. E forse le considerazioni di comodo non portano da nessuna parte.

Rimane il fatto che dal di fuori vedono Beppe Grillo come una sorta di “comprensibile e inevitabile rivolta interna” al sistema, e il duo “La casta”-“Gomorra” (che credo siano anche i nostri libri più noti e letti all’estero) come gli anticorpi saggistico-letterari all’italico malessere.

È proprio così?

Siamo davvero così depressi?

Siamo sul serio il popolo meno felice dell’Europa occidentale?

E fino a che punto non ci amiamo più?

E poi, esiste davvero una sola Italia?

Massimo Maugeri


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Scritto domenica, 16 dicembre 2007 alle 23:19 nella categoria PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

129 commenti a “CARA ITALIA, DIMMI COME TI VEDONO E TI DIRÒ CHI SEI”

Sicuramente conoscevate la notizia.
Ripeto le domande:
Siamo davvero così depressi?

Siamo sul serio il popolo meno felice dell’Europa occidentale?

E fino a che punto non ci amiamo più?

E poi, esiste davvero una sola Italia?

Postato domenica, 16 dicembre 2007 alle 23:33 da Massimo Maugeri


La “domandona” è: come si potrebbe, a vostro avviso, cambiare tendenza?
Mi raccomando, dite la vostra. I nostri politici aspettano le vostre risposte e i vostri interventi sulla questione.
;)
Io li leggerò domani.

Postato domenica, 16 dicembre 2007 alle 23:35 da Massimo Maugeri


Io sarò molto sintetico. Secondo me gli americani dovrebbero starsi zitti. Invece di guardare in casa d’altri dovrebbero vedere meglio in casa propria. Tra le altre cose c’è n’è una che è ben più grave della depressione collettiva. Si chiama pena di morte.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 00:12 da Antonio


Io sonoi ottimista ma questa volta la vedo brutta. Mi interesso di politica da quando avevo 15 anni ed ora ne ho tanti. Ho votato un partito di sinistra dell’ attuale coalizionedi governo. Prodi, stasera alla trasmissione di Fazio ha detto di essere paziente. Io la pazienza la sto perdendo. quello che più midispiace di Prodi è “la sua deriva militarista”
Parole di Alex Zanotelli. Osservo come evolverà il Partito democratico di Veltroni. M’ impongo di sperare ma non posso non contestare certi comportamenti di molti politici. Fanno molte chiacchiere, molte presenze televisive, ma sempre più cittadini non si riconoscono in quei linguaggi e
in verte scelte. Buona speranza a tutti.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 00:15 da Franca Maria Bagnoli


Ma noi con quali occhi ci guardiamo?
Il punto è chiedersi come ci sentiamo.
Bene? Male?
E’ possibile che chi ci osserva veda ciò che ci sfugge…ma non vede ciò possiamo, le nostre possibilità più autentiche. Allora proviamo a vederle noi!!!
Da Hefedra

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 00:15 da hefedra


Se ci guardiamo noi, va bene.
Ma ce lo devono dire gli americani come siamo?

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 00:21 da Antonio


Giusto, Antonio: dobbiamo guardarci allo specchio noi, che gli americani non fanno testo – hanno le loro esigenze incentrate solo ed esclusivamente sull’economia e per me non esistono in quanto punto di riferimento migliorativo. Esistono Dante e Petrarca, Boccaccio, Croce, De Sanctis, loro si’. E gli altri europei: Kant, Hegel, Goethe, Rilke, eccetera.
Tuttavia noi Italiani dovremmo migliorare ”dentro”, fra di noi: criticandoci a vicenda con benevolenza e non per ottusita’, evitando le partigianerie e i conflitti inutili e fini a se stessi. Ci manca l’amor di Patria, questo e’ un dato di fatto, purtroppo. E lo si vede: niente sussidio di disoccupazione, lavoro nero a iosa, brutalita’ e violenza, estraneita’ onnipresenti. Unico caso in Europa di gente che convive cosi’ male. Quasi barbaricamente, oserei dire! Pero’ i punti cui riferirsi, in modo da uscire dall’impasse della modernita’ – la modernita’ per come la vedo io: americana e indigesta – , i punti forti per uscire dal conflitto italo-americano delle concezioni esistenziali, sono le nostre tradizioni, in primis, poi quelle dei Paesi europei centrali – Germania, Francia, Slovenia, Austria. Ma sempre senza perdere la nostra identita’, sacra e antica.
Insomma: smettiamola di confrontarci con gli statunitensi. L’Europa e’ ricca di interlocutori inascoltati e validi. Piu’ validi degli U.S.A.
Sergio Sozi
P.S.
Il mio mestiere non e’ il politologo: ho provato ad esprimermi senza nulla pretendere.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 01:42 da Sergio Sozi


Sig.ra Hefedra,
Lei ha ragione: noi dobbiamo essere migliori fra di noi italiani, e cio’ sarebbe possibile solo smettendo di evitare i problemi che abbiamo: secondo me il problema principale e’ la democrazia intesa malamente, ossia come semplice possibilita’ di fare il nostro singolo porco comodo. La democrazia e’ sensibilita’, famiglia, fede, Patria, condivisione, correzione reciproca, cultura, poesia, arte.
Quando in un Paese fare gli scrittori o gli artisti in genere vuol dire fare la fame, vuol dire che la democrazia vi e’ intesa male. Quando in un Paese basta fare scandalo per fare i soldi nelle arti, vuol dire che la gente e’ decaduta, e che dovrebbe guardare alle spalle quel che gli dissero i Padri: i Giotto, Dante, Petrarca, Raffaello, Virgilio, Marco Aurelio, Seneca, eccetera.
Se invece continuiamo a vedere le veline televisive… ehhh…
Suo
Sergio

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 01:57 da Sergio Sozi


Ogni periodo è desueto perchè è il futuro che prorompe, e nessuno è veramente così lungimirante da passare per un indovino. Detto questo, stiamo vivendo in modo sconcertante un individualismo accecante.
E’ come se la televisione, facendo sue tutte le situazioni, le trasformi in camere a gas, dove ogni individuo per no boccheggiare non spalleggi nessuno tranne che se stesso e il proprio spazietto che ama costruirsi infrangendo ogni regola etica e morale.
L’Italia, però, è unica e non capisco come un corrispondente USA, ancor più, credo abbastanza giovane, questo Mr.Ian Fisher, abbia potuto giudicarci in un modo assolutamente discutibile.
Ripeto, dal momento che ad essere unica non è soltanto un pezzo di Europa, ma ogni regione, ogni comune, ogni appezzamento del nostro territorio fonda le proprie radici in storie completamente diverse, ad essere unici sono tutti gli italiani…quindi esprimere un giudizio globale sul nostro Paese, mi sembra cosa impossibile.
L’unica cosa che mi sento di poter condividere con Fisher è il fatto che lui ci ritenga un popolo di depressi ma senza entrare nel merito e nel dettaglio della questione, perchè in effetti vorrei sapere da lui, se siamo dei depressi che si curano (vedi il consumo di farmaci antidepressivi) e già appurando questo dato e confrontandolo con gli altri paesi, potrebbe chiarire molte più cose, oppure se, secondo lui, siamo dei depressi incurabili, da curare o se in ultima analisi, ha inteso dire depressi, ma voleva intendere, dei falliti, degli emarginati, degli insicuri, o qualcosa del genere…In questo caso, mi sorge il dubbio, che come al solito non si possa interloquire e dissertare su un simile argomento, soltanto basandosi su un titolone. E qui, nasce lo spunto per ribadire un fatto che mi sta molto a cuore: l’uso improprio degli spazi comunicativi, a seconda della fonte dalla quale provengono. Così, finisco, chiedendo di poter visionare l’intero articolo di Fisher nella versione originale, perchè si sa, spesso le traduzioni non rispettano il pensiero dell’autore….e se Fisher avesse voluto sollevare soltanto una provocazione e allora ben vengano i giornalisti che provocano, almeno se ne può parlare più a lungo e con maggior coinvolgimento: del resto una cosa in comune con la nostra America l’abbiamo ed è la Libertà di espressione, che sia espressa in forma ufficiale o meno, sulla carta o virtuale…Gli Italiani una cosa l’hanno imparata, se vogliono si sanno difendere, e non ingoiano più tanti rospi in silenzio…”zitto e mosca” non lo dicono neanche più nella piazza rossa.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 02:06 da gabry conti


Qui mi aspetto un intervento magnifico: quello di Gianfranco Franchi. Franchi e’ un Colosso di Rodi! Una delle Sette Bellezze del Mondo! Avanti, Franco: scrivi! Ti si aspetta!

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 02:10 da Sergio Sozi


D’accordo, Gabriella Conti: bisognerebbe leggere l’articolo di Ian Fisher (qui manco citato), pero’ un dato di fatto mi sembra evidente: siamo un Popolo che soffre di una depressione di tipo patologico (da curare insomma secondo me) ma per dei motivi a monte che mi sembrano riconducibili, semplificando, ad una sola questione: il rapporto con la modernita’. Un rapporto mai accettato. Per fortuna e per sfortuna. E siamo punto accapo!
Bentornata su Letteratitudine, Gabry!
Sergio

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 02:21 da Sergio Sozi


siamo un paese che ha bisogno di fiducia al di là della classe politica.
ci siamo convinti per uno sciagurato meccanismo elettorale che tutto passa per la politica.
questo ha fatto si che la voglia di rischiare individuale si sia ridotta ad una attesa di scelte politiche che non verranno mai.

massimo maugeri
la spezia

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 09:13 da massimo maugeri


Caro Massimo,

Esistono uomini d’ogni genere:
lo sciocco, l’egoista, l’avaro, l’ignorante.
Difficile giudicare i folli perchè loro non capiscono:
chi occupa il primo posto comanda.
Tutti gli uomini vorebbero comandare,
il potere porta all’arroganza, irragionevole il loro fare,
sono come il cuculo.
Non amano ma si amano,
cantano solo per loro.
Parole, tante parole, ma a conti fatti
NOI ITALIANI NON SIAMO STATI MAI SICURI
DI MANGIARE OGNI GIORNO.

MASSIMO, OGGI COME OGGI ABBIAMO TUTTO
DA RIVEDERE : IL DIO S O L D O, IL DIO I O.
IL DIO CHE NON PREGHIAMO.

CARI SALUTI. caterina evviva gli italiani

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 10:59 da caterina


A me pare che la “radiografia americana” al paziente Italia abbia messo in luce dei mali reali. Nemmeno io ho letto il testo in originale dell’articolo (a parte che non sono brava in inglese), ma mi pare di cogliere una sorta di dispiacere, di rammarico, dovuto ad un amore di fondo che si ha per l’Italia. Io credo che l’articolo del Times debba essere inteso in senso positivo, come un’esortazione a scrollarsi di dosso paure e dubbi ed a rialzare la testa.
E’ possibile rialzare la testa?
Secondo me sì. Sempre.
Smile

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 11:13 da Elektra


Una settimana prima il rapporto Censis ci fotografava come una poltiglia sociale, una mucillagine informe di individualisti con poche prospettive, depressi, tristi, che leggono un po’ di più di prima, ma restano sempre sotto una media decente. Testuale: “…le dinamiche di sviluppo in atto restano dinamiche di minoranza, che non filtrano verso gli strati più ampi della società. Lo sviluppo non filtra sia perché non diventa processo sociale, sia perché la società sembra adagiarsi in un’inerzia diffusa, una specie di antropologia senza storia, senza chiamata al futuro. Una realtà sociale che diventa ogni giorno una poltiglia di massa; impastata di pulsioni, emozioni, esperienze e, di conseguenza, particolarmente indifferente a fini e obiettivi di futuro, quindi ripiegata su se stessa. Una realtà sociale che inclina pericolosamente verso una progressiva esperienza del peggio.”
Mi chiedo: è così diverso da ciò che ha scritto il NYT? A me sembra una conferma, vista dall’altra parte dell’oceano, di ciò che hanno osservato i ricercatori nostrani. Stiamo guardando il dito invece della luna.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 11:44 da gcanc


io di politica non me ne intendo, posso dire pero’ che la depressione collettiva esiste in questo momento, per il lavoro , per le case che non si possono acquistare facilmente e per tante piccole ragioni……….i nostri figli, o non hanno un lavoro o hanno un lavoro insoddisfacente economicamente, mia figlia ha un lavoro presso una cooperativa privata in una A.S.L. ma guadagna solo 820 euro al mese, come potrebbe abitare per conto suo??? come potrebbe pagarsi un mutuo e vivere da sola?? fino a quando dovra’ stare a casa nostra?? quale ragazzo deve incontrare che guadagna abbastanza da consentire loro di vivere insieme e farcela da soli ???
e noi? sommersi dalle tasse e dalle spese (parlo di spese necessarie) – non fanno altro che “comunicarci” degli aumenti – nella realta’ nessuno interviene per non farli avvenire questi “aumenti” – ce li comunicano e basta……….dico sempre le stesse cose …..diciamo tutti cose vecchie……..gli stipendi sono sempre quelli…..e tutto aumenta…..ma per chi ci hanno preso? per Rockfeller ??……..a volte penso che ci vorrebbe una rivoluzione………..da ultimo anche lo sciopero dei TIR e’ stato un pretesto per far aumentare anche i generi alimentari dei quali purtroppo tutti ne abbisognano…..ma insomma…..in che italia stiamo vivendo???? chi ci sta governando????? chi ci sta tutelando????? VERAMENTE NON CI SI CAPISCE PROPRIO PIU’ NIENTE !!!!!! i telegiornali sono pieni di liti fra i politici, ma pensa un po’, nenahce loro riescono a capire dove andare a parare i colpi…..
che fare per cambiare?….?….? bella domanda….qui dove ti butti ti butti male…….bisognerebbe prima cambiare tutte le teste ma dall’alto……sono loro che devono prima di tutto cominciare a pensare il bene per noi, non solo per loro……..
parole stupide ma….significative…..
saranno utili tutte queste nostre lamentele????? BOH!!!!
saluti cari anna

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 11:53 da anna di mauro


mi verrebbe da urlare “forza Italia!”
Da qualche anno non si può più fare nemmeno questo.
Ci hanno rubato pure la possibilità di autoesortarci in maniera libera.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 12:56 da lucio


Gli americani amano fare gli esperimenti. Di qualsiasi genere, utilizzando materiale organico e inorganico, umano animale e sintetico. Gli americani amano la psicologia spicciola, la praticano nelle sue diverse forme, la venerano attraverso complicati riti di partecipazione logica.
Per esempio sono stati scelti due gruppi di studenti, ventenni, con cui fare l’ennesimo esperimento. Si è lasciato il primo gruppo per due giorni consecutivi a vegetare davanti al più efferato dei videogames e si è chiuso il secondo gruppo in biblioteca a leggere. Dopo qualche tempo sono stati messi insieme entrambi i gruppi, in una sala in cui venivano proiettate immagini di guerra e di mutilazioni tratte da film e da tg.
Tutti gli studenti indossavano un apparecchio con cui misurare il proprio battito cardiaco.
Quelli che erano stati chiusi nella biblioteca avevano tachicardia, palpitazioni e sudorazione di fronte a tali immagini. Gli altri, i ragazzi dei videogames, rimanevano impassibili, senza reazione alcuna.
Gli americani amano analizzare le loro debolezze, visualizzarle al microscopio sezionarle e misurale, per poi farsene un bel niente. E’ come allargare ogni volta le braccia e dire che tanto è così, non c’è niente da fare il destino dell’uomo è ineluttabile.
Solo ad un americano, come Herry Kissinger poteva venir in mente di scrivere un Memorandum nel 1974 e intitolarlo: “Implicazioni della crescita mondiale della popolazione per la sicurezza degli Stati Uniti e i suoi interessi all’estero” in cui proponeva: “lo spopolamento, come prima priorità della politica USA verso il Terzo Mondo” Kissinger trasformò questo Memorandum in un manifesto ambientalista, e Costeau ribadì che un solo americano aggravava con il suo stile di vita l’ecografia terrestre più di venti abitanti del Bangaledesh. (notizia estrapolata da http://www.effedieffe.com a cura di Maurizio Blondet)
“SIAMO TUTTI AMERICANI?” Il punto interrogativo mi fa tirare un sospiro di sollievo, si tratta di un dubbio e non di una certezza.
Siamo tutti impazziti? Come le mucche cannibali, i maiali clonati, i pennuti avariati o aviariati (pardon).
Siamo tutti impauriti?
Se proviamo a ricordare una data non casuale della nostra vita, l’11settembre del 2001, sicuramente ciascuno di noi ricorda esattamente cosa abbia fatto quel giorno e cosa abbia pensato dopo avere acceso la televisione.
Quel giorno è paragonabile forse solo, alla nascita o alla morte di un proprio caro.
Si tratta di una data indimenticabile.
Nello schermo mentre le torri crollavano, prendeva forma un disegno oscuro e inedito che avrebbe segnato l’inizio di una nuova storia.
O meglio, stavamo assistendo all’origine del mito, un mito virtuale che avrebbe generato e contenuto la paura della grande comunità globale.
Gli americani ci hanno decivilizzato. A suon di cioccolate e sigarette.
Ci hanno illuso di essere un paese ricco e felice. Adesso ci presentano il conto. dopo che ci siamo svenduti ai mercanti di telefonini e giubbini, dopo aver assistito al nostro declino, vogliono farci curare. Non siamo depressi, siamo finalmente diventati saggi, vediamo le cose con gli occhi dei vecchi. Si, siamo vecchi, perche’ veniamo da lingue antiche, da villaggi nascosti fra montagne e vallate, perche’ ad un vecchio, non resta solo la morte, ma la possibilita’ di mondi migliori.
Non siamo infelici, stiamo meditando, stiamo cercando di capire quale sia la strada migliore. Per questo siamo in tanti a scrivere, per testimoniare, che in questo momento cosi’ inerte, qualcuno ha annotato i fatti e misfatti, nascosti magari dietro storie di vita quotidiana, ma carichi di significati.
Non siamo stanchi, stiamo solo aspettando.

Vita da pesci

Il libero sviluppo di ciascuno é la condizione per il libero sviluppo di tutti
(K.Marx, Il Manifesto)

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 14:36 da francesca serra


Condivido e sottoscrivo totalmente le parole dello scrittore viaggiatore Massimo Maugeri (La Spezia) e aggiungo che quell’infelice legge elettorale maggioritaria ha precipitato la nostra decadenza con la velocità della luce.
Siamo depressi eppure lo nascondiamo bene. Sabato pomeriggio ho fatto un giro in centro paese (paese, non città!), e cosa ho visto? Un carnevale natalizio da raccapriccio! Zampognari elegantissimi scortati da majorettes, scosciate, in minituta verde con contorno di pelliccia bianca e stivaloni copriginocchio (vorrei dire sado-maso) in vernice nera; un trenino rumoroso che transitava ininterrottamente per le vie del paese; spezzoni di bande musicali che a tutto fiato verseggiavano con furore i “dolci canti”; tantissime luci a grappolo (che fanno così fine!) ; una capanna in stile carozzone d’altri tempi con agghiaccianti statue a grandezza reale; i negozi semivuoti tranne quello frequentatissimo dei prodotti equo e solidale. E anch’io, lì, ho fatto la mia spesa.
Ma che fine hanno fatto i presepi di quartiere? Quelli dei centri storici – ognuno diverso e caratteristico- quello in riva al lago? E le illuminazioni di un tempo, un po’ buie ma calde e fioche come le case contadine prima dell’energia? E gli asinelli, le pecore, gli zampognari quasi veri? Fisarmoniche e ghironde? E poi chi mi spiega le ludoteche ( il cui allestimento è stato offerto dal giornale locale), dove gratuitamente dei giovani clown ti pitturano la faccia?
Che sconforto apprendere che tutto è stato azzerato dalla Pro-loco che firmando un vantaggioso contratto commerciale con una cooperativa, si è assicurata “la copertura dell’intero periodo natalizio”!
Ho acquistato il necessario e mentre rientravo pensavo ad un progetto scritto a settembre per le animazioni natalizie in un comune della Brianza e rifiutato dall’amministrazione perché “troppo raffinato”.
Non siamo fatti per il maggioritario; che l’Italia ritorni proporzionale e che la mediazione diventi il principio per confrontare idee e opinioni. Un po’ come qui a Letteratitudine.
A dopo

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 14:54 da miriam ravasio


Non si può essere generalisti nei confronti di un paese, e Mr.Ian Fisher è un corrispondente americano del NYT ma dall’Italia…e quindi, penso che questa volta abbia preso lucciole per lanterne..in quanto, credo proprio sia giunta l’ora di considerare l’Europa nel suo insieme e non l’Italia se si vuole essere credibile con un minimo di realismo tra le righe.
Quindi, se Fisher la pensa così, il suo giornale dovrà chiamarsi New York past Times…in quanto un po’ demodè o superato in ordine di tempo. O mamma mia, non volevo assolutamente investire il lessico in qualcosa di francesizzante, perchè proprio oggi con la notizia che Sarko sta con la modella ….allora significa che almeno una tra le donne italiane tanto depressa non è!!!
Però consentitemi l’ardire…e mi chiedo, ma questi signori uomini, si danno all’antiquariato, o per meglio dire, preferiscono l’usato….Fossi un uomo io, se dovessi scegliermi una seconda o terza compagna, vorrei fosse nuova di zecca….e non ripassata in padella, fritta e rifritta…ma che roba…comunque sia, se va bene a loro, niente da ridire..
Volevo dire una cosa che mi sembrava importante a proposito di Italia depressa ma per il dispiacere di vedere tutti questi politici scegliersi delle cicoriette ripassate in padella….m’è venuto un nervoso da farmi dimenticare tutto quanto, se mi ritorna in mente vi riclicco. Ciao

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 16:39 da gabry conti


“Fossi un uomo io, se dovessi scegliermi una seconda o terza compagna, vorrei fosse nuova di zecca….e non ripassata in padella, fritta e rifritta…”, scrive Gabry Conti.

Mi pare un decoroso epitaffio su quel post nel quale, su sollecitazione della Finocchiaro, si invitava a considerare quanto le donne siano migliori degli uomini.
Che lo siano, io lo sostengo da tempo, anche se non “nuove di zecca” come una macchina appena uscita dal concessionario.
Certo, se “usata”, potrebbe avere qualche ammortizzatore cigolante e ostico. E questo, a letto, è un problema. Perché, del resto, che cosa ci vuoi fare con una donna se non sbatterla su un materasso e suonarla come un tamburo finché non si sfonda?
Ma che imbecille quel Sarkozy! E’ andato a prendersi la “ripassata in padella” manco fosse una cicoria col peperoncino!
Carne fresca, caro mio! Verdura di stagione, e che cazzo!
Ma vuoi seguire o no le perle di saggezza di Gabry Conti?
Ti sei andato ad accaparrare un’usata, quando è universalmente noto che una donna, per farti felice, deve essere vergine e, preferibilmente, infibulata. Se poi ha pure la cintura di castità con combinazione ad algoritmi meglio ancora.
Care ospiti di questo blog, capisco che è dura apprendere simili verità specialmente nell’imminenza del Natale. Ma sappiate che se siete intorno ai 40 o più, se vi è capitato (per pura disgrazia) di darla a qualcuno, riavendola indietro ci mancerebbe, ma soprattutto se avete il tagliando scaduto, abbandonate l’ipotesi che qualcuno sano di mente vi si raccatti. Rimarrete sole e senza nulla da fare. Vi troverete perciò di fronte due alternative: leggere gli interventi di Gabry Conti o suicidarvi.
La seconda mi pare di gran lunga la più indolore.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 17:11 da Enrico Gregori


Scusate il solito fuoritema, ma volevo farvi sorridere un po’ con la mia ironia sulle compagne riciclate..stile Fini e Sarkò….ma con tutto questo ardore giovanile dei nostri politici dove l’avrà mai potuta vedere la depressione il sig.Fisher, proprio me lo chiedo…
xSergio Sozi, grazie per i tuoi pensieri, ma non dire che sono ritornata a Letteratitudine, perchè nel web, nessuno sbatte mai la porta quando se ne va, con quello che costano gli hard disc, noi entriamo ed usciamo dai siti che vogliamo quando ci pare e piace e con la massima calma e serenità. Ciao e Auguri…
Alla fine, sai cosa ti dico, Sergio, che il detto che siamo quello che mangiamo corrisponde al vero, sono sicura che Fisher i cibi delle nostre tradizioni culinarie del Natale finora non li ha mai degustati, ecco perchè vede tutto grigio….
Più scrivo a tal riguardo e più mi rendo conto di essere una grande bugiarda, anche con me stessa, ma non ammetterò mai che Ian Fisher qualche ragione la potrebbe avere…mai e poi mai!
So’ de’ Testaccio, quindi so de coccio!

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 17:14 da gabry conti


Accidenti che telepatia, mi sono persa il contributo di Gregori, perchè in effetti, scrivevamo i nostri commenti in simultanea e non avevo letto il suo ultimo….Però, descrittiva l’ambientazione un po’ sarcastica di Enrico…certo avevo inteso dire di essere io di bocca buona, ma lui, a quel che scrive, è mangereccio, gli piacciono anche i funghetti avvelenati..e abituato com’è a cibarsene ne distribuisce a destra e a manca…Ma è consolante il tuo scritto Gregori, credevo di essere l’unica ad andare fuori tema, ma tu mi batti….e per non arrivare a parimerito, dato che si parlava di Fisher, ti dico anche che adesso delle mie idee sono ancora più convinta… e a te , la libertà di sceglierti pezzi di molecole e cellule altrui in libera uscita….anche questa non scelta delle primizie forse vuole dire essere depressi….e certamente a ben guardare col microscopio, l’usato, di depressioni ne dovrebbe avere molte…a meno che, non siano processi cicatriziali o patologici o estetici…ma se a te, Enrico, non disturbano, buon divertimento…
Però, dopo la materazzata come la chiami tu, fatti un bagno con Ace diluita…..

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 17:25 da gabry conti


Siamo bambini che credono di potersi permettere ogni capriccio. Abbiamo un animo sentimentale, piangiamo e gioiamo davanti al dolore tanto per fare teatro e non sempre per necessità vera e sentita.
Amiamo la libertà e confondiamo il dovere con il diritto di cittadino solo perché ce la vogliamo concedere ad ogni costo.
Siamo maestri del camuffamento, del fraintendimento, perché perseguiamo, prima di tutti, gli interessi propri.
Siamo anche troppo buoni, tanto da confondere il vero senso dell’esserlo e da non intendere quando è arrivato il momento d’essere decisivi e pretendenti per una buona causa.
I nostri pregi sono nella creatività, nella forte inclinazione alla scoperta, all’avventura, ma dopo tendiamo a voler ritornare a casa dalla famiglia.
Gli altri popoli ci guardano con sospetto, che intendono giustificato dalla nostra inaffidabilità innata e opportunistica.
L’italiano povero è sincero e semplice d’animo, buono di cuore, mentre il ricco è egoista, ipocrita e faccendiere.
In noi sono presenti alcuni contrasti caratteriali che si sono formati durante i molti secoli d’occupazione straniera e soprattutto durante il lungo periodo di dominazione politica e culturale dello stato della chiesa, che fu un vero periodo di divieti, schiavitù, sfruttamenti e persecuzioni contro tutti quelli che contrastavano la loro ideologia “pseudo-religiosa”, dietro la quale agiva in maniera infame ed oscura la sua fama di potere su tutto e tutti.
Anche oggi, non ci siamo liberati del tutto di lei, e lo dimostra lo stato morale e spirituale di degrado dei rappresentanti della politica, dell’economia, del modo del lavoro e dei sindacati.
L’italiano risorgerà e come sempre lo farà alla sua maniera, confondendo il diritto con il torto e l’obbligo.
Sarà sempre difficile per noi creare giustizia e libertà, intesa come frutto di un processo di maturazione che comprende sempre l’adempimento degli obblighi e non solo la richiesta dei diritti e sostenimento gratuito.
Saluti,
Lorenzo Russo

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 17:38 da Russo Lorenzo


Alla fine, però, tra intendimenti e fraintendimenti vari, una grossa risata me la sono fatta, con il grande Enrico, rileggendoti, mi sei piaciuto, e suppongo tu stia dalla mia parte, nonostante, quel pizzico di ironia in più che sai mettere nelle tue frasi…Mi sei piaciuto, ma come temo, e specifico che per la parità dei sessi che avevo dimenticato di evidenziare, anche tu sei usato…e quindi non fai per me….
Lo so, che dal momento che la parità che si è intesa fino a ventanni fa, riguardava soltanto il sesso femminile…in quanto a incontaminazione degli interstizi locali…., ma che ci capiti un uomo anch’esso fritto e rifritto, mica è una fortuna, anzi….secondo me, questa è la vera depressione della storia del genere umano, considerare le persone come elementi spaziali a circa 1 metro dal suolo, da usare e gettare, oppure usare e riusare, come fossero quegli spazi, delle gabbie di uno zoo per animali alquanto maldestri….Mi nasce il dubbio, che la “Fisher depression” fosse di questo genere, dal momento, che la qualità dei rapporti sentimentali e sessuali è scaduta da un pezzo…e in quanto ad educazione sentimentale, c’è da piangere…..
Sono sicura che Fisher, ha inteso voler dire proprio questo….”Uomini italiani, non siete capaci neanche di……………..
A ben riflettere, l’unico tipo di depressione che incide costantemente sulla qualità della vita umana è proprio quel genere di cui ho accennato…e tutto il resto viene di conseguenza, non credete?

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 17:40 da gabry conti


@ gabry conti:
una tua grande fortuna è che dei tuoi interventi non si capisce quasi una mazza. Però, quel poco, credo verrà apprezzato moltissimo da tante donne che intervengono in questo blog.
Vado, con ciò, a farmi il bagno con l’Ace diluita se tu prometti di passarti il Vetril nel cervello

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 17:45 da Enrico Gregori


credo di non capire molto bene cosa stia succedendo, sono un po’ tonta.
confido che gli interventi di gabry conti siano una boutade.
soprattutto il secondo.
su sarkozy e fini avrei una marea di cose da dire, ma sicuramente le loro vite private sono affari loro.
e su usati e nuovi, molecole e cellule altrui…
alle volte i peggiori nemici delle donne sono le donne stesse.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 17:51 da gea


Certo che l’italia è depressa! E gli italiani con lei… Esistono più Italie e più italiani? Ovvio, e tutti ugualmente depressi. Quelli consapevoli non possono farne a meno, gli inconsapevoli, beoti, lo sono ancora di più perchè, forse inebriati da un lusso e un benessere sempre più elitari, non si rendono conto e tirano a campà…

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 17:54 da Info Oltre


Forse è vero che siamo depressi, ma io non userei questa parola per definire un popolo che sta perdendo la propria identità.
Quanto all’essere i più tristi d’Europa, via mi sembra eccessivo! Temo proprio che vi siano popoli ben più poveri e tristi di noi.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:28 da giuse


Intanto un ringraziamento a tutti coloro che hanno scritto finora.
Molti dei vostri commenti valgono quanto veri e propri articoli.
Bravi.
E grazie davvero.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:39 da Massimo Maugeri


@ Gabry Conti e Enrico Gregori:
Lo so che non dovrei scriverlo, ma il vostro “scambio” surreale mi ha fatto divertire per cui…

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:39 da Massimo Maugeri


Gabry Conti ti presento Enrico Gregori.
Enrico Gregori ti presento Gabry Conti.
Vi comunico che avete vinto una cena a casa di sergio Sozi, in Slovenia. Per l’occasione cucinerà la nostra superSimo letteraria (Simona Lo Iacono) che ho l’impressione sia la miglior cuoca di letteratitudine.
Io avrò l’onore di servire ai tavoli.
;)

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:42 da Massimo Maugeri


@ gabry conti:
grazie per esserti resa conto che, essendo io usatissimo, non faccio per te. In realtà non mi era passato manco per l’anticamera del cervello di “fare per te”. Comunque il tuo (non richiesto) chiarimento diciamo che lo prendo benevolmente come uno scampato pericolo.
Potrei immergere un braccio nella vasca dei piranhas, tirare calci nei coglioni a un leone addormentato, dare del ricchione a Myke Tyson, ma anche il mio coraggio ha dei limiti!

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:42 da Enrico Gregori


@ massimo:
grazie ma sono a dieta da oggi fino al 2075
:-)

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:43 da Enrico Gregori


Massimo se ti serve qualcuno che lava i piatti, chiamami.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:44 da eventounico


@ Gabry.
Certo che però il tuo commento sul duo Carla Bruni / Sarkozy si presta a interpretazioni strane, nel senso che potrebbe essere firmato dal re dei maschilisti.
Però sono certo che il tuo era un intervento (smaccatamente) ironico. O no?

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:45 da Massimo Maugeri


Bene, il caro Eventounico laverà i piatti ed Enrico si limiterà a gustare i vini della cantina di casa Sozi.
;)

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:47 da Massimo Maugeri


@ evento:
ma allora non capisci nullaaaaaaaa. i piatti le lavano le donne over 40 e dopo cena ce le sbattiamo a scosciacapretto cantando “Rosina dammela”. Che altro ci vuoi fare con quelle babbione usate?

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:47 da Enrico Gregori


Mi avete chiesto il pezzo di Fisher in originale.
(Il post l’avevo scritto sulla base delle notizie diffuse dalle agenzie stampa italiane: Ansa, Adnkronos Italia, ecc.)
In ogni caso sono riuscito a recuperare l’articolo dal sito del NYT
Lo inserisco nel successivo commento, ma non chiedetemi di tradurvelo.
:)

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:50 da Massimo Maugeri


IN A FUNK, ITALY SINGS AN ARIA OF DISAPPOINTMENT
By IAN FISHER
Published: December 13, 2007
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ROME — All the world loves Italy because it is old but still glamorous. Because it eats and drinks well but is rarely fat or drunk. Because it is the place in a hyper-regulated Europe where people still debate with perfect intelligence what, really, the red in a stoplight might mean.
But these days, for all the outside adoration and all of its innate strengths, Italy seems not to love itself. The word here is “malessere,” or “malaise”; it implies a collective funk — economic, political and social — summed up in a recent poll: Italians, despite their claim to have mastered the art of living, say they are the least happy people in Western Europe.
“It’s a country that has lost a little of its will for the future,” said Walter Veltroni, the mayor of Rome and a possible future center-left prime minister. “There is more fear than hope.”
The problems are, for the most part, not new — and that is the problem. They have simply caught up to Italy over many years, and no one seems clear on how change can come — or if it is possible anymore at all.
Italy has charted its own way of belonging to Europe, struggling as few other countries do with fractured politics, uneven growth, organized crime and a tenuous sense of nationhood.
But frustration is rising that these old weaknesses are still no better, and in some cases they are worse, as the world outside outpaces the country. In 1987, Italy celebrated its economic parity with Britain. Now Spain, which joined the European Union only a year earlier, may soon overtake it, and Italy has fallen behind Britain.
Italy’s low-tech way of life may enthrall tourists, but Internet use and commerce here are among the lowest in Europe, as are wages, foreign investment and growth. Pensions, public debt and the cost of government are among the highest.
The latest numbers show a nation older and poorer — to the point that Italy’s top bishop has proposed a major expansion of food packages for the poor.
Worse, worry is growing that Italy’s strengths are degrading into weaknesses. Small and medium-size businesses, long the nation’s family-run backbone, are struggling in a globalized economy, particularly with low-wage competition from China.
Doubt clouds the family itself: 70 percent of Italians between 20 and 30 still live at home, condemning the young to an extended and underproductive adolescence. Many of the brightest, like the poorest a century ago, leave Italy.
The stakes have risen so high that Ronald P. Spogli, the American ambassador and someone with 40 years of experience with Italy, warns that it risks a diminished international role and relationship with Washington. America’s best friends, he notes, are its business partners — and Italy, comparatively, is not high among them. Bureaucracy and unclear rules kept United States investment in Italy in 2004 to $16.9 billion. The figure for Spain was $49.3 billion.
“They need to sever the ivy that has grown up around this fantastic 2,500-year-old tree that is threatening to kill the tree,” Mr. Spogli said.
But interviews with possible prime ministers, businesspeople, academics, economists and other Italians suggest that the largest reason for this malaise seems to be the feeling that there is little hope that the ivy can be cut, and that is making Italians both sad and angry.
An Angry Message
“Basta! Basta! Basta!” Beppe Grillo, a 59-year-old comic and blogger with swooping gray hair, howled in an interview. The word means “enough,” and he repeated it to make his point to Italy’s political class clear.
In recent months, Mr. Grillo has become the defining personification of Italy’s foul mood. On Sept. 8, he gave that mood a loud voice when he called for a day of rage, to scream across Piazza Maggiore in Bologna an obscenity politely translated as “Take a hike!”
A few thousand people were expected. But 50,000 jammed into the piazza, and 250,000 signed a petition for changes like term limits and the direct election of lawmakers. (Voters now cast their ballots for parties, which then choose who serves in Parliament, without the voters’ consent.)
His message was enough inaction and excess (Italian lawmakers are the best paid in Europe, driven around by the Continent’s largest fleet of chauffeured cars), enough convicted criminals in Parliament (there are 24), enough of the same, tired old faces.
“The whole kettle of fish stinks to high heaven!” he yelled. “The stench rises from the sewers and swirls around and you can’t cope.”
Mr. Grillo leans to the political left, but he spares neither side in his sold-out shows and popular blog. The problem, he said, is the system itself.
There is a link between the nation’s errant political system and its worsening mood. Luisa Corrado, an Italian economist, led the research behind the study at the University of Cambridge that found Italians to be the least happy of 15 Western European nations. The researchers linked differences in reported happiness across countries with several socio-demographic and political factors, including trust in the world around them, not least in government.
In Denmark, the happiest nation, 64 percent trusted their Parliament. For Italians, the number was 36 percent. “Unfortunately we found this issue of social trust was a bit missing” in Italy, Ms. Corrado said.
Two popular books that set off months of debate capture the distrust of large powers that cannot be controlled. One, “The Caste,” sold a million copies (in a nation where sales of 20,000 make a best seller) by exposing the sins of Italy’s political class and how it became privileged and unaccountable. Even the presidency, once above the fray, was not spared; the book put the office’s annual cost at $328 million, four times as much as Buckingham Palace.
The other book, “Gomorrah,” which sold 750,000 copies, concerns the mob around Naples, the camorra. But politics, it argues, allows the camorra to flourish, keeping Italy’s lagging south poor, and organized crime, by a recent study, the economy’s largest sector.
These are Italy’s age-old problems, but Alexander Stille, a Columbia University professor and an expert on Italy, argues that this moment is different. While the economy expanded, from the 1950s to the 1990s, Italians would tolerate bad behavior from their leaders.
But growth has been slow for years, and the quality of life is declining. Statistics now show that 11 percent of Italian families live under the poverty line, and that 15 percent have trouble spreading their salary over the month.
“The level of anger is great because before you could slough it off,” Mr. Stille said. “Now life is harder.”
Italians rarely associate the current crop of aging leaders with a capacity to change. They are the same people who have traded terms in power for more than a decade. Last year, Silvio Berlusconi, Italy’s richest man who became prime minister for the first time in 1994, was voted out for not keeping his promises for American-style growth and opportunities based on merit. When he left office, economic growth was at zero.
But it became clear that getting rid of the center-right Mr. Berlusconi would be no magic cure. Romano Prodi, who had served as prime minister from 1996 to 1998, won, but he was saddled with a shaky coalition of nine warring parties.
He promised a clean slate, but his unwieldy center-left government disappointed with its first symbolic act: its cabinet had 102 ministers, a new record. He has pushed through two reform packages, and the economy is growing again. “Ours is not a happy situation, but it is better than before,” he said.
But the government has fallen once and threatens to fall again at every difficult vote. Small proposals bring protesters to the streets, one hurdle to making changes as protected interests seek to preserve themselves. Pharmacists shut their doors this year when the government threatened to allow supermarkets to sell aspirin. The cost for just 20 aspirin tablets at a pharmacy is $5.75.
The measure passed, but the government is largely paralyzed. Voters are fed up, and Mr. Prodi’s foes know it.
“I understand the bad humor, the malaise,” said Gianfranco Fini, leader of National Alliance, the second-largest opposition party. “People are starting to get strongly angry because you have a government that doesn’t do anything.”
The Generational Divide
“It’s a sadness that what could be isn’t — that we are not a normal country,” said Gianluca Gamboni, 36, a financial adviser in Rome, summing up how he feels about Italy, which he loves, but which drives him insane.
Unlike the older generation, he travels and sees how much better things work elsewhere. He does not spare himself: he still lives with his parents, not because he wants to, but because only now, after seven years at his job, can he afford Rome’s high rents. He is finally considering a place of his own.
Mr. Gamboni is on the younger side of Italy’s generational divide — a lens through which many of the country’s problems come into focus. It is one of several subterranean forces, easy to overlook at first, but that taken together make clear how much Italy has changed over the past several decades and how little that change has been digested.
Over a century, ending in the 1970s, 25 million Italians left for better lives elsewhere. Now, Italy is home to 3.7 million immigrants. The Roman Catholic Church’s position is diminishing, from a cultural pillar to a lobbying group.
Politically, Italy seems not to have adjusted to the death, in 1992, of the Christian Democrats, who governed for more than 40 years. Economically, it was once easy to solve problems by devaluing the currency, the lira. That is now impossible with the euro, which has also increased prices, particularly for housing.
Then there is the family. The divorce rate has risen. Large families are a thing of the past. Italy has one of Europe’s lowest birth rates, the fewest children under 15 and the greatest number of people over 85, apart from Sweden. Unemployment is low, at 6 percent. But 21 percent of the population between 15 and 24 did not work in 2006. And the old are not letting go.
Evidence of Italy’s age is everywhere. In parks, clutches of old ladies coo at a single toddler. On television, stars are craggy. (The median age for the presenters of this year’s Miss Italia contest was 70. The winner, Silvia Battisti, was 18.) In the political sphere, Mr. Prodi is 68, Mr. Berlusconi 71.
“The generational problem is the Italian problem,” said Mario Adinolfi, 36, a blogger and an aspiring lawmaker. “In every country young people hope. Here in Italy there is no hope anymore. Your mom keeps you home nice and softly, and you stay there and you don’t fight. And if you don’t fight, it is impossible to take power from anybody.”
“We don’t have a Google,” he added. “We can’t imagine in Italy that a 30-year-old opens a business in a garage.”
Selling a Notion of Italy
In September, word spread through a house of young Romans, over beer and pasta, that Luciano Pavarotti, the tenor and arguably the world’s most famous Italian, had died. “Damn it!” yelled Federico Boden, 28, a student. “Now all we have is pasta and pizza!”
Italy does not seem to rank as it once did for greatness. There is no new Fellini, Rossellini or Loren. Its cinema, television, art, literature and music are rarely considered on the cutting edge.
But it does have Ferrari, Ducati, Vespa, Armani, Gucci, Piano, Illy, Barolo — all symbols of style and prestige. What Italy has is itself, and many believe that the future rests in trademarking mystique into “Made in Italy.”
Italian wine was an early test. Producers moved with success from quantity swill to quality. Illy, the coffee house, has flourished by combining quality and uniformity with innovation in methods and style in presentation.
“This is where Italians are winners,” said Andrea Illy, the company’s president. “Use your particular strengths, which are beauty and culture.”
But Italian industry depended on low wages, making it vulnerable to competition from China as labor costs rose. Alarms began ringing years ago, with fears that many of Italy’s traditional businesses — textiles, shoes, clothes — could not compete. Many could not. In Friuli-Venezia Giulia, a chair-making capital, the number of chair companies has shrunk to about 800 from 1,200.
“At first they thought this phase would just pass,” said Massimo Martino, director of Maxdesign, a furniture company. “But in reality, many businesses ended up closing because fundamentally the market didn’t need them anymore. They didn’t want to change.”
Some companies took up the challenge. Wood was the primary material there, but Mr. Martino began to create chairs, mostly of molded plastic, well designed but inexpensive. Others decided that competing against China on price was impossible. Instead, the aim would be quality and Italy’s uniqueness, something China could not match.
Pietro Costantini, who runs a third-generation furniture company, said he began focusing not just on the upper end — he makes extra-large furniture for big Americans — but also on creating lines that would sell the Italian lifestyle itself. Customers are returning.
But entrepreneurs complain that they are alone. Politicians offered little help making Italy competitive, and this remains a major impediment to making their gains grow. Businesses want less bureaucracy, more flexible labor laws and large investments in infrastructure to make moving goods around easier.
“Now it’s time to change,” said Luca Cordero di Montezemolo, the chairman of Fiat and the president of Ferrari and the influential business group Confindustria. “If not, why are we going down in every classification of competition in the country? The reason is that in the best of cases we are stopped.”
It is not clear that this “Made in Italy” strategy will be enough. Skeptics argue that foreign investment, research and development funds and money invested by venture capitalists remain too low, as does Italy’s competitiveness.
But the nation’s entrepreneurs are a bright spot in a landscape with few others. Some argue that the younger generation is another key, if not now then when those in power die. They are educated, they are well traveled and, as Beppe Grillo does when he is attracting his masses, they use the Internet.
Two center-left parties merged to produce the Democratic Party, aimed at overcoming the system’s crippling fragmentation. All sides finally agreed that a new electoral law must be redone to give more breathing room to the winner of the next elections — crucial for pushing through any major changes.
But understanding the problems is the smallest step. Many worry in the meantime that Italy may share the same fate as the Republic of Venice, based in what many say is the most beautiful of cities, but whose domination of trade with the Near East died with no culminating event. Napoleon’s conquest in 1797 only made it official.
Now it is essentially an exquisite corpse, trampled over by millions of tourists. If Italy does not shed its comforts for change, many say, a similar fate awaits it: blocked by past greatness, with aging tourists the questionable source of life, the Florida of Europe.
“The malaise is: ‘I can see all that, but there is nothing I can do to change it,’” said Beppe Severnigni, a columnist for Corriere della Sera.
But, he said, “to change your ways means changing your individual ways: refusing certain compromises, to start paying your taxes, don’t ask for favors when you are looking for a job, not to cheat when your child is trying to reach admission to university.”
“That’s the tricky part,” he said. “We have reached a point where hoping for some kind of white knight coming in saying, ‘We’ll sort you out,’ is over.”
“We Italians have our destiny in our hands more than ever before,” he said.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:51 da Massimo Maugeri


Potrò leggervi stanotte.
Fate i bravi e sorbitevi l’articolo in inglese. Anzi, in americano.
;)

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 18:52 da Massimo Maugeri


Carissimi Massimo,Enrico , Sergio,Eventounico e grazioziose donzellette
del blog, per strapparvi un sorriso, anche se c’è ben poco da ridere, ho composto per voi, fresca di giornata, una rozza e strampalata filastrocca ” un pò per gioco e un pò per non morir” di pizzichi, sullo scottante tema che ci assilla e mette in crisi tutta la famiglia:-
L A MANOVRINA
Stamani per il bene del Paese,
nel confuso regno politichese
per la nostra indebitata Italietta
che per vari motivi non decolla,
e come colabrodo ovunque crolla,
è stata escogitata e partorita
l’ultima vessatoria manovrina
che dovrebbe evitare la rovina!
Per gli scioperi nei diversi settori
dall’Europa ci sbatteranno fuori.
Muta di testa in testa, il metodo
essenziale per salvare la barca.
La nostra cena è parca, più leggera,
non basta e via con l’altra stringatina
che trasporta alle stelle la benzina.
Il buco delle spese è colossale,
vertiginosa l’inflazione sale.
Ma noi che siamo un popolo di santi,
pazienti rassegnati e..poveretti;
dopo il Natale, tempo di perdono,
nella calza fra carboni e dolcetti,
Italiani facciamoci un bel dono:-
quei politici che sono lestofanti
mandiamoli a zappare tutti quanti!
M. Teresa
e lasciatemi divertire…..altrimenti divento depressa pur io..

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 19:18 da M. Teresa Santalucia Scibona


Perdonami Salvo, mi sei sfuggito dalla penna, spero di non aver dimenticato nessun altro. La sventata testolina comincia a perdere
qualche pezzo.
La sempre meno vispa teresa

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 19:25 da M. Teresa Santalucia Scibona


@ M. teresa

Mi dispiace, cara, ma questa non posso perdonartela. Da quando sei andata a fare i bagordi con quel rude romanaccio, ti sei dimenticata di me.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 19:46 da Salvo zappulla


E’ stato veramente un gran piacere stare con voi, mi sono divertita moltissimo….siete veramente uno spasso, e di solito, persone che si accendono come Enrico Gregori sono sempre donne, ed invece…sorpresa è Enrico….che più simpatico di così non si può. Dunque, ora mettetevi al riparo dalla luce che emana il mio cervello dal momento che la scelta del Vetril suggeritomi da Enrico, lo ha reso luminoso come una stella…
Certo che sì, Massimo, vi seguo da un po’ e ormai ho capito che anche il web sta diventando come ogni altro mezzo di comunicazione, cioè una specie di gossip…e per svegliare un po’ il tono dei commenti occorre spararne delle belle…
In quanto al duo Bruni-Sarko, figurati, chissà cosa pagherebbero i nostri giornali di gossip che anche da noi, ci fosse un presidente che se la spassa….e poi, scusa, in verità, che il presidente francese abbia scelto o scelga un’italiana è un onore per noi…anzi per l’occasione, mi piacerebbe che qualche corrispondente francese ci illustrasse le storie private dei presidenti francesi, perchè so, che ne avrebbero tante da raccontare…oppure dovremmo chiedere notizie magari alla signora Cardinale..che è la più francese delle italiane….
Da noi, occorre risalire forse a Gronchi….se non sbaglio oppure a Einaudi…ma oramai non ci interessa più di tanto…
Stasera mi leggo l’articolo di Fisher, già dando un’occhiata mi sembra proprio americano, ho visto più frasi che iniziano con – Because – che in tutto il mio corso di inglese…Già questo è un motivo per intuire che forse sono i nostri giornalisti a sentirsi depressi, se guardiamo lo stile e il modo di esprimersi, c’è da piangere, pensa, Massimo, se da noi si cominciassero le frasi con la parola – perchè – a ripetizione…
Ho anche visto che si cita Severgnini, e allora, mi preoccupo ancora di più, perchè con Beppe, diversi anni fa, ebbi a replicare contro una sua visione irreale dell’ambiente ministeriale italiano, e lui non sapeva che trentanni fa, nei nostri ministeri, si viveva tra bagarozzi e cimici…..e quindi, se fossimo stati veramente dei depressi, a quest’ora gli italiani non ci sarebbero neanche più…e quindi, non solo come scrive alla fine, il nostro destino è nelle nostre stesse mani, ma tutta la nostra storia e il nostro futuro poggia sulla nostra forza, coraggio e ottimismo….Insomma, caro Ian dei miei stivali, nessuno è più forte di noi al di là dell’Oceano che ci divide….parola di poeta un po’ burlona…

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 20:04 da gabry conti


La frase peggiore di Fisher che già mi crea qualche incomprensione..

“It is not clear that this “Made in Italy” strategy will be enough”

e replico, :..Caro Fisher, non chiami – strategia – il – made in Italy –
perchè il made in Italy è un tipo di petrolio che non inquina, pensi un po’, ma allunga la vita….

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 20:13 da gabry conti


mai avrei creduto alla mia età di condividere una visione politico-sociologica di severgnini, max respect per il sense of humour e la capacità di spiegare le palle di neve agli eschimesi, però..
ma stavolta ci ha azzeccato.
ho sempre pensato che la classe politica di un paese fosse lo specchio del medesimo, che quando è corrotta e sprecona sia il miglior alibi a spreco e corruzione spicciola, che a gridare ai ladroni serve a giustificare evasione fiscale e falso in bilancio.
ma io vengo da una famiglia vecchio stampo, dove la coscienza pulita era requisito essenziale per giudicare e protestare. anche violentemente, anche in modi estremi. anche finendo in montagna o in campo di concentramento.
pagando sulla propria pelle l’ideale di un mondo migliore.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 20:46 da gea


“Poi dice che uno si butta a sinistra”
Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis Di Bisanzio Gagliardi, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e Illiria, principe di Costantinopoli, di Cilicia, di Tessaglia, di Ponto, di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e d’Epiro, conte e duca di Drivasto e di Durazzo – in arteTotò.
Oppure “A me mi ha rovinato Carlo Erba”.
E’ forse nel surrealismo folle del principe De Curtis che va ricercata la chiave di lettura di tutto il ragionamento.
Noi siamo depressi chi? Siamo effettivamente una nazione unita? Dire “italiano”, quanto vale in Italia? All’estero sicuramente molto (“ciao sei italiano? Anch’io, che bello!”), ma nel bel paese non tanto.
Viviamo dal 1860 una forma di sottomissione culturale allo straniero mai sopita; eravamo forse più uniti prima dell’”unità”; scherniamo i cugini francesi e quelli ci stanno comprando (da Auchan che ha fagocitato il gruppo Rinascente- Cittàmercato, ad Air France che tra poco inghiotte Alitalia).
Nel 1978, quando i comunisti francesi erano considerati stalinisti duri e puri, mentre Berlinguer annacquava nel sangiovese il suo comunismo, trovandomi a Parigi e passando davanti alla sede del Pcf notai una cosa strabiliante: la bandiera rossa del partito era quasi nascosta tra decine di bandiere tricolori, erano prima francesi, poi comunisti o cos’altro.
Sembra che la storia ci abbia travolto subito, dalle guerre coloniali – che non avevamo ancora deciso una bandiera (l’arretrato Venezuela di Chàvez ne aveva già una nel 1811)- ci siamo sparati la 1° guerra mondiale, come un neonato che cade sui sul bordo della culla coi testicoli.
Parliamo italiano dal 1960 (grosso modo, io sto ancora tentando).
Quale Italia è depressa? Quella di Macomer, o di Santa Margherita? Quella di Mondragone o di Todi?
Neanche la costruzione europea ci ha convinti ad avere un atteggiamento diverso verso “la patria” (questo sostantivo che non regalerò mai a nessuno); tutti i paesi che, obtorto collo, hanno dovuto sottoscrivere un patto ineluttabile di condivisione, si sono attrezzati culturalmente a proteggere le peculiarità delle loro tradizioni, noi abbiamo fatto una corsa all’inverso assorbendo tutto il marcio della progressione mercantile della globalizzazione.
Ora siamo a tirare su col naso per “lesa maestà di patria” (ieri sera, persino la simpatica Littizzetto si scagliava contro gli americani). Non so che diavolo abbia detto mister Fisher (sono riuscito a tradurre solo Fisher, che in napoletano dovrebbe significare “Piscione”), ma credo che sia stato un bene il suo intervento perché ha infilato il dito in una piaga purulenta, quella dell’assenza di una dignità nazionale, quella si mortificante.
La mancanza di una dignità collettiva che ogni tanto si risveglia correndo appresso all’oratore di turno, fosse Grillo o l’altro imbonitore televisivo di Arcore, o che si ritrova quando 11 miliardari vincono il campionato del mondo di calcio andando a rappresentare, quella si “nazione unitaria”, degli imbrogli e del “tanto lo fanno tutti”( non si spiegherebbero gli oltre 10 milioni di voti ad un tizio che ti invita a violare la legge, o la mancanza di dimissioni di un imbecille, che farà pure bene il vice-ministro, ma quando si fanno delle figure di merda si dovrebbe andare a casa, Lionel Jospin insegna – ancora i francesi).
Gli americani.
Ogni tanto vado in Virginia, nonostante questo ho imparato solo a dire “one coffee, please” e “where it’s the restroom?”. Però ho la presunzione di comprendere un tantinello gli americani: il “New York Times” lo leggono solo a Manhattan e forse a Tribeca Robert De Niro se lo fa comprare per darsi un tono, ma non ci capisce una mazza.
Gli americani che conoscono le vicende sociali e politiche dell’Italia vivono tutti intorno al fiume Hudson, detestano la Napoli della camorra ma vanno a cena da “Mamma Rosa” nella 42° av., dove da Mondragone e Casal di Principe le arrivano due volte a settimana le mozzarelle doc che serve a 50 dollari a porzione (sapete sicuramente che è stato riscontrato un alto tasso di diossina nel latte della mitica mozzarella aversana per i rifiuti tossici sepolti).
Se dici ad un americano che fai politica, ti chiedono “Perché, non ti piace lavorare? La politica da noi la fanno o i ricchi o gli sfaticati”.
E vero che ogni tanto si prendono a cazzotti o vanno nei mall a sparare alle cassiere, ma sono oltre 200 ml. Divisi per una cinquantina di stati; lavorano sodo tutta la settimana, ma non è vero che il sabato sera s’intronano di wishkey (bourbon) come Benito sul presepe, vanno a teatro, a ballare e a pesca.
Mister Fisher vive sicuramente a Roma e pasteggia in via Veneto, prende il drink al “Caffé Greco e ogni tanto parla d’Africa con Vueltroni (Weltron il magnifico), sarà guardando negli occhi il Ualter che ha scoperto la “depressione” degli italiani o guardando nella scollatura della Palombelli (li ti deprimi di brutto).

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 20:47 da francesco di domenico


c’è una ‘a’ di troppo.
quinta riga.
scusa sergio:-)
p.s. sono lieta che gabry conti abbia chiarito che scherzava.
oggettivamente non era chiarissimo.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 20:50 da gea


Ave a tutti.

Per prima cosa, rilancio il magnifico intervento di Sergio Sozi:

“Tuttavia noi Italiani dovremmo migliorare ”dentro”, fra di noi: criticandoci a vicenda con benevolenza e non per ottusita’, evitando le partigianerie e i conflitti inutili e fini a se stessi. Ci manca l’amor di Patria, questo e’ un dato di fatto, purtroppo. E lo si vede: niente sussidio di disoccupazione, lavoro nero a iosa, brutalita’ e violenza, estraneita’ onnipresenti. Unico caso in Europa di gente che convive cosi’ male. Quasi barbaricamente, oserei dire! Pero’ i punti cui riferirsi, in modo da uscire dall’impasse della modernita’ – la modernita’ per come la vedo io: americana e indigesta – , i punti forti per uscire dal conflitto italo-americano delle concezioni esistenziali, sono le nostre tradizioni, in primis, poi quelle dei Paesi europei centrali – Germania, Francia, Slovenia, Austria. Ma sempre senza perdere la nostra identita’, sacra e antica.
Insomma: smettiamola di confrontarci con gli statunitensi. L’Europa e’ ricca di interlocutori inascoltati e validi. Piu’ validi degli U.S.A.
Sergio Sozi”

Da meditazione, per tutti.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 20:50 da Gianfranco


ah.
non mi sembra che il gossip sia un granchè come sveglia.
a me personalmente fa altri tipi di effetto.
:-)

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 20:54 da gea


“E tuttavia, sebbene sia ”adorato all’estero e nonostante tutti i suoi innati punti di forza, l’Italia non sembra amarsi e gli italiani sono il popolo meno felice dell’Europa occidentale.””

> In prima battuta, il New York Times dovrebbe evidenziare che parte del malessere deriva dall’occupazione militare del nostro territorio, in atto da una sessantina d’anni abbondanti; occupazione militare che ha implicato annullamento dell’autonomia in politica estera e evidenti e abnormi influenze nella politica interna (cfr. riforma scolastica; riforma del contratto dei lavoratori; bipolarismo nella nostra sedicente “repubblica democratica” fondata sulla partitocrazia; etc)
*
Quando una nazione perde sovranità non può essere salutata come “Stato Indipendente”: quando la nazione che ne parla è quella occupante non vedo cosa possa osservare con equilibrio e serenità e distacco.
*
Ciò detto. Trovo intellettualmente imbecille che qualcuno parli di 60 milioni di persone come fossero una sola entità. Non credo nella propaganda né in certe forme di assimilazione di popoli e realtà così diverse in una e una sola. Oggi siamo italiani per il fisco, nelle urne (elettorali) e per gli eventi sportivi. Il resto è storia dei territori – dialetti inclusi – e le semplificazioni sono snaturanti.
Lo yankee idiota che parla di “italiani” confondendo realtà poverissime e degradate con quella – che so – industriale avanzata di certa Milano è uno yankee che sta facendo politica. Non parla ai cittadini, parla a chi chiama “massa” i cittadini.
*
Ciò detto. L’Italia – territorio occupato da basi militari “NATO”: buona piattaforma militare, discreto mercato, ottimo albergo per turismo non sempre (non più) sessuale, con buona pace di Gore Vidal e delle sue memorie italiote, vive un momento di grave depressione culturale: l’arte spiega. La Letteratura, il Cinema, la Musica: hanno, evidentemente, smarrito coscienza dell’appartenenza ad altra (altre!) tradizione (tradizioni!). Il che significa: hanno smarrito l’essenza.
*
Non sono le librerie, le sale e gli scaffali sono pieni di arte americana e angloamericana: ma la nostra scrittura s’è fatta yankee. Certi scrittori italiani sono ridicoli come quei cantanti che replicavano il pop commerciale americano spacciandolo per loro creazione. La sudditanza s’è trasformata in un gioco di specchi. Molti dei nostri letterati sono vostre scimmie. Stesso vale per cinema e musica. Di quale Italia parlano? Di quella che emula tutto ciò che deriva dallo Stato Padrone?
E’ ovvio che sia depressa. Provate voi a travestirvi per 60 anni come zio Gastone quando state peggio di Zio Paperino:)
*
Il discorso sarebbe interminabile. Saluti e omaggi e pardon per l’intrusione, e per gli inevitabili refusi.

gf

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 21:04 da gianfranco


Dimenticavo. Veltroni e Napolitano non devono arrogarsi nessun diritto a parlare in nome degli italiani. Devono parlare a nome di questo Stato, che amministrano: non coincide più con la patria dei cittadini, è solo uno strumento di controllo e governo. Punto. Voi non siete più niente. Siete governanti, non governatori. Siete badanti. Ben pagate.
*
Devono essere gli intellettuali e gli artisti a rispondere, non i nostri politici. Quelli devono amministrare, amministrare e basta, possibilmente senza avallare ulteriore corruzione e ulteriore impoverimento culturale. State zitti, meglio. Soprattutto se ex comunisti e filoyankee, come il cittadino Walter. Stai cheto e pensa al traffico di Roma. Meglio.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 21:34 da gianfranco


xGea
Peccato per quello che potresti pensare di me, ma sappi, che io vivo scherzando….quindi, anche quando faccio la burlona forse sono più seria del solito….Ciao e buon proseguo, ora mi vado a leggere il pezzo da tradurre, mi farà bene per ripassare un po di Inglese, male non fa, del resto trovare 4 fogli A4 che parlino del nostro Paese non è cosa da sottovalutare…è l’indifferenza il male del secolo e mi sembra che Fisher non ne soffra.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 21:37 da gabry conti


Trovo imbarazzante che da una realtà così intellettualmente e storicamente giovane qualcuno riesca a tirar fuori dal cilindro simili giudizi; l’unica reazione che mi suscitano tutte queste parolone è solo il sorriso indulgente dell’adulto davanti a un bambino che prova a fare discorsi da “grande”.
La vera e unica difficoltà delle generazioni di oggi, se mai, è proprio il contrario del leggere solo Gomorra o Stella: è il peso di secoli e secoli di genio che, forse, è più intollerabile di qualsiasi contingenza, la sensazione che tutto possa forse esser stato già scritto.
Un saluto a tutti

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 21:37 da thalia


molti anni fa, fronte albanese.
mussolini in trasferta, in visita alle truppe vittoriose, rende omaggio ai feriti in un piccolo ospedale da campo.
passa tra i letti con aria baldanzosa, fermandosi al capezzale di ognuno, finchè arriva da un soldato ridotto malissimo, bendato e sanguinante, che sta soffrendo silenziosamente le pene dell’inferno.
’sono il DUCE, e ti porto il saluto della Patria!’
quello apre gli occhi, lo guarda con scarso interesse, e fa:
‘…bravo, bravo…’
ecco.

p.s.
@gabry: …brava,brava…
:-)

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 21:54 da gea


Che dire, la mia impressione è che il giornalista Ian Vattelappesca abbia incollato con lo sputo un po’ di luoghi comuni oggi in voga. Probabilmente il suo editore lo stava tempestando da tempo di email, ma il ragazzotto in trasferta (romana mi pare di capire) passava le notti a gozzovigliare tra osterie e salotti buoni, quindi non aveva tempo per scrivere un articolo come si deve. Poi l’editore deve essersi incazzato di brutto, gli avrà detto: senti Ian, ci costi una barca di soldi (tra l’altro devi smetterla di comprarti la carta igienica da Armani) quindi se non mandi il tuo articolo entro 48 ore ti faccio rispedire nel nostro distaccamento del Bronx. Il pover’uomo a questo punto cosa poteva fare? C’era un’unica soluzione: comprarsi una bottiglia di bourbon, mezza di minerale (gli americani allungano sempre gli alcolici, a loro piacciono i sapori edulcorati) e rintanarsi nell’attichetto in via Borgognona a scrivere le sue quaranta e passa righe di luoghi comuni. Guardate che la vita dell’inviato non è mica semplice, soprattutto se la destinazione è Roma. Voglio dire, se a Ian avessero dato la possibilità di corrispondere, che so, da Bagdad, allora sì che avrebbe fatto carriera. C’erano un sacco di cose da dire su quei cattivacci degli islamici, a cominciare dal fatto che trattano male le donne e mandano i bambini a fare la guerra.
Il nostro caro Ian avrebbe ovviamente omesso il piccolo particolare che gli americani i bambini e le donne li massacrano proprio, a patto però che questi non siano di nazionalità statunitense. Eh, sì, perché loro di guerre ne fanno e molte anche ma, per carità, mai a casa loro, che altrimenti gli si rovina il giardino. Infatti non si sa perché si occupino così tanto dei problemi del medioriente mentre di quelli africani se ne sbattono alla grande. Come mai il Burka è una nefandezza mentre l’infibulazione no? Non sarà mica che in Africa di petrolio estraibile non ce ne è?
Torniamo a Ian va’, altrimenti mi arrabbio sul serio.
Alle cinque e venti di mattina il nostro eroe, alla soglia del coma etilico ha quasi terminato di vergare il trafiletto che lui spera gli procurerà, se non il Pulitzer, almeno una certa popolarità. Per la verità si è fatto prendere la mano, ha iniziato controvoglia e adesso è contento di avere compiuto lo sforzo. Si sa, uno si mette al computer con le balle che gli girano e magari gli viene fuori un’opera d’arte.
Soprattutto è soddisfatto di avere dato voce alla flebile intuizione che lo ha colpito come un treno in corsa alle due e trenta di quella stessa notte: e se per una volta ne parlassi veramente male? In fondo questo minuscolo paese dalla forma di uno stivale di Magli sta sul cazzo a molti. Let’s face it, come dicono loro, diciamocelo, piccola lingua di terra adagiata nel mediterraneo come una donna dalle forme prosperose ma allungate … è qui che l’amico Ian fa trasparire solo un po’ della sua invidia da puro Wasp; l’Italia è un paese dove tutti mangiano bene e tanto, ma dove solo pochi ingrassano. Ma come sarebbe? Vi ingozzate, non fate footing, e siete pure belli? E no Eh! Allora sapete che vi dico? Io allora scrivo che siete tristi, tiè, prrrrr. Così vi imparate. Rigiro la frittata in modo che certi libri che scrivete non appaiano come una meditata autocritica, bensì come il pianto disperato di un infante. E siccome mi urta anche che la Divina Commedia non l’abbia scritta Truman Capote vi schiaffo lì l’affare dei “grillini”. Ecco, ecco, questa sì che è buona: milioni di italiani in piazza a manisfestare contro gli abusi di potere, l’Italia è allo sfascio! La corruzione è dappertutto.
Gli italiani sono tristi, corrotti e non si depilano le ascelle.
Per fortuna ci siamo noi americani che facciamo un sacco di sport, non fumiamo e non andiamo nemmeno a votare, sì perché noi dei nostri politici ci crediamo ciecamente. Occhio non vede cuore non duole.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 22:09 da F. M. Rigo


Non è un problema di depressione, ma di educazione. Di educazione al confronto, prima di tutto, e all’interesse – vero, dolorante, quotidiano – dei cittadini.
I tribunali sono pieni di richieste per decreto ingiuntivo (cioè di istanze di recupero crediti) e di cause di lavoro. Le aule di udienza sono assediate da problemi di sopravvivenza e malattia, precarietà e mantenimento di figli minori.
Tutto questo la dice lunga. Ci sono urgenze sanguinose, per le quali le famiglie non hanno altra strada se non quella di arrivare innanzi a un giudice chiedendo giustizia.
Quando i tribunali rigurgitano carte e lavoro è sempre un cattivo segno. Vuol dire che gli altri poteri dello stato non riescono a soddisfare le esigenze primarie della società.
Altro che depressione. Piuttosto disperazione.La vedo dipinta sui volti di mogli separate che chiedono il mantenimento per i figli a mariti che campano con 500 euro al mese e hanno già una seconda famiglia. La vedo nei commercianti che non recuperano le somme anticipate per le forniture, o nei professionisti che faticano a farsi rtribuire prestazioni già rese, per le quali hanno affrontato spese vive. La vedo sul volto di chi mi chiede con angoscia quanto durerà una causa ed io, sovraffollata di carte e pendenze, posso solo dire di metterci tutta la mia buona volontà.
E non è una questione di sistema elettorale, non solo. E’ un problema di civiltà e di vera passione per l’uomo, per il suo destino.
I sistemi non vengono prima dell’uomo. E’ l’uomo che viene prima di tutto.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 22:11 da Simona


Bravo F.M. Rigo: glie le ha cantate come si deve!

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 22:27 da Sergio Sozi


E’ arrivata la critica. L’unica cosa che, oltre alla nazionale di calcio, riesce a farci riscoprire un pò di orgoglio patriottico.
Peccato che l’orgoglio nazionale non lo manifestiamo nelle nostre azioni, forse temendo si tratti di una battaglia persa, bensì screditando coloro che ci criticano. Tutti incolonnati come pecore a ricevere gli sberleffi, alzando di quanto in quanto la testa giusto per una pernacchia liberatoria.
Ovviamente la colpa di un eventuale declino è della classe politica, i cui rappresentanti facciamo arrivare tramite DHL da altri paesi perchè qui siamo tutti santi, poeti e navigatori e la politica non sappiamo nemmeno cosa sia.
Domani saremo un pò più guardinghi lasciando la macchina in doppia fila. Perchè qualora se ne accorgessero potrebbero pensare di aver ragione. Chi ? Gli americani. Quelli che mangiano ed ingrassano, che hanno tutti il porto d’armi e che non vanno nemmeno a votare. Così ci ripuliamo la coscienza.
Eppure è facile alzare appena un poco la testa. Basta solo ricordarsi chi siamo e chi siamo stati nella storia. Dobbiamo solo cominciare ad essere meno furbi. Possiamo farcela !
All’estero sono orgoglioso di essere italiano. In Italia me ne vergogno. Vedo una massa di mezze figure che si aggirano additando i loro governanti o, in mancanza di essi, chi gli sta accanto.
Cosa sarebbe il mondo senza l’Italia ?
Perchè siamo tanto qualunquisti, lassisti ed in preda ad un nichilismo dilagante nel quale facciamo gozzovigliare i nostri figli ?
Eppure sappiamo di greco e di latino, e scriviamo e scriviamo ed abbiamo molte altre virtù. Amiamo il bello e sappiamo produrlo.
Io non sono depresso.
Non accetto di esserlo.
Ho la fortuna di essere italiano.
Perchè dovrei ?
Se solo fossimo meno furbi e studiassimo le opere dei nostri progenitori potremmo conquistare il mondo.
Che gli americani stiano attenti. Potremmo ricordarcene.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 22:32 da eventounico


“Trovo imbarazzante che da una realtà così intellettualmente e storicamente giovane qualcuno riesca a tirar fuori dal cilindro simili giudizi”
Thalia ti riferisci agli Stati Uniti?
Unità d’Italia 1861
Usa 1776
Il nostro dramma è che non siamo ancora una nazione unita.
Cos’ha da spartire uno di Bari con uno di Trento?
O un sardo con un Friulano?

“Ma non si accorge, il New York Times, che il sogno americano per molti cittadini a stelle e strisce si è trasformato in qualcosa che somiglia molto a un incubo?”

Come dice Massimo è una domanda di comodo, non possiamo dare la colpa agli americani perchè hanno scritto la realtà, pensiamo piuttosto a come siamo ridotti.
Pensiamo a che opportunità può dare questo paese a un giovane.
Pensiamo a come è ridotta la nostra scuola che dovrebbe educare la futura gioventù.
E vi parlo da studente liceale della migliore provincia d’Italia per le scuole (Forl’-Cesena), non oso immaginare quale sia la situazione negli istituti di certe province italiane.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 22:34 da francesco g.


Bravo anche dal sottoscritto, Rigo,
ma mi sarebbe piaciuto anche che avesse ammesso la nostra mancanza di dignità.
L’orgoglio ci salta fuori solo quando ci sputano in faccia; cominciamo ad esporre le bandiere anche quando non gioca la nazionale? o quando i nostri rugbisti vincono alla grande? o ancora quando i nostri astronauti sono “indispensabili” nelle missioni spaziali?
Ci facciamo stampare – in italiano – magliette con su scritto “Io amo Milano” (e sono napoleatano) e non “I love New-York?

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 22:38 da francesco di domenico


“E’ arrivata la critica. L’unica cosa che, oltre alla nazionale di calcio, riesce a farci riscoprire un pò di orgoglio patriottico.
Peccato che l’orgoglio nazionale non lo manifestiamo nelle nostre azioni, forse temendo si tratti di una battaglia persa, bensì screditando coloro che ci criticano.”
Concordo con Evento: le nostre azioni.

Postato lunedì, 17 dicembre 2007 alle 22:57 da miriam ravasio


Miriam, non mi provocare!
L’orgoglio patriottico, credo che come una che scrive, lo abbia ben rispettato, infatti, ho scritto anche una poesia dedicata all’Italia che s’intitola “Mia Patria”. Peccato che anche nei cestini del Quirinale non manchino i “rifiuti” o cose archiviate…e questa frase da me appena scritta, dà dei vantaggi a Fisher…però, non continuo su questo binario, altrimenti, Fisher, viene a casa mia e mi fornisce anche l’arma per eliminarmi, dal momento che di magoni ne ingoiamo a iosa….ma questo è un altro discorso e il giorno che Maugeri darà il via a tematiche sulle lamentazioni del privato cittadino, potrei fare una lista della spesa…ma da qui a definire – depressi – coloro che magari non godono di fortuna sfacciata, ce ne corre…comunque ancora non ho letto il testo, ma da una prima occhiata, mi sembra alquanto moderato, anzi, il Fisher, descrive neanche con troppa veemenza i fatti nostri e fa memoria dei grandi del nostro cinema…lamentandosi che non ce ne siano più di Fellini ed altri. E’ simpatica la nota che accanto ad ogni nome ci sia anche il numero degli anni…Mi diverte la cosa, e vorrei copiarla in seguito, pensate se mi capitasse di scrivere…Pampanini….Buongiorno….Ralli….S.Izzo…Baudo….Del Noce….Santoro….che numeri di adolescenti e di giovani alle prime armi ne verrebbero fuori….
Oppure, se si usasse nelle nostre redazioni a dare questo tipo di ordini: “Scrivimi un pezzo sui politici ma che ci siano dei numeri di riferimento – age – non superiori a 40…….” Sicuramente quell’articolo non verrebbe alla luce…
Ora vi do la buona notte, a presto e grazie per le risate….

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 00:24 da gabry conti


Non so se Gabry scherzasse o meno nelle sue esternazioni. Certamente non scherza quando dimostra che io sono l’oggetto proibito dei suoi desideri. Calma baby, dopo la poesia di Maria Teresa Santalucia Scibona e le invettive di Gea sono sinceramente combattuto se concedermi alla miciona di Siena o alla pantera di Trieste. Nel dubbio, probabilmente, trascorrerò un weekend con Di Domenico a far gare di rutto libero.
Mi rendo conto che, abbacinanto dagli interventi di Gabry, non sono mai intervenuto nel merito del post.
Okay (ci sta bene, no?) intervengo sfidando la censura di Maugeri e il raccapriccio dei più sensibili ma, talvolta, al cuor non si comanda.
L’articolo del NYT lo conoscevo se non altro perchè faccio (meglio ma ci vuole poco) lo stesso mestiere del giornalista a stelle-e-strisce.
La sua analisi è dettagliata. Il che equivale a dire a una ragazza che è “un tipo”. Tradotto: mi sembri l’asse del gabinetto ma non ho il coraggio di dirtelo.
La mia replica è (chiedo scusa ai dotti politologi) molto epidermica.
Ho visto tanti e tanti americani che qui a Roma ordinano gli spaghetti. Poi li spezzettano con il coltello, li spargono su una bistecca e mangiano in un sol boccone carne e pasta.
Per cui, esimio collega, vai a farti dare nel culo da un frate sordo.
Ma perché da un frate sordo, mi si domanderà.
Semplice: perchè quando urli “basta, pietà” egli non sente.
So long, Fisher

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 00:35 da Enrico Gregori


Questa frase di Eventounico andrebbe incisa sul travertino, ne sono orgoglioso per lui:
Se solo fossimo meno furbi e studiassimo le opere dei nostri progenitori potremmo conquistare il mondo.
Che gli americani stiano attenti. Potremmo ricordarcene.
Ottimo Massimo, Evento! (Non il cane del Barone rampante…)

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 01:20 da Sergio Sozi


La liberta di criticare il nostro Paese resta sacrosanta. Come sacra resta Italia, la Minerva Turrita. Ricordiamocene. Soprattutto noi. Ogni minuto e ogni giorno. E smettiamola di fare i furbi e i nichilisti depressi, che altrimenti gli stanieri dopo rischiano di aver ragione.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 01:30 da Sergio Sozi


Grazie Sergio e Francesco, io però sono una femminuccia Effe sta per Fausta.
In ogni caso, torniamo a bomba. Io penso che per anni il patriottismo in Italia ha significato qualcosa che tutti vorrebbero dimenticare. Ha ancora un po’ il sapore dei vaniloqui mussoliniani, forse è per questo che ne prendiamo le distanze. In realtà l’amor di patria lo sentiamo più o meno tutti, diciamo magari che lo mitighiamo con l’ironia. Per me non è un male. Inoltre mi sembra anche che non c’entri nulla col malcontento diffuso, con la povertà, con i problemi che abbiamo nel paese. Questi sono il frutto non del nostro anti-patriottismo ma dell’atteggiamento fatalistico, passivo di tutti noi. Una caratteristica che ci portiamo dietro da secoli, cui hanno contribuito tutte le dominazioni che abbiamo avuto nella storia. Diciamo che siamo congenitamente abituati a pensare al potere come ad una cosa inattaccabile, troppo potente per essere contrastata. In effetti chi ci invadeva era, più bellicoso, più ricco e più organizzato. Da qui il mito dello straniero.
Gli americani ci hanno solo colonizzato per ultimi (in questo caso ringraziamo Dio, pensate all’incubo di un Regno con a capo la ducessa Alessandra Mussolini rapata a zero).
Io dico che invece dopo tanto tempo ci stiamo rendendo conto che, forse, possiamo essere un paese indipendente, se non dal punto di vista economico, almeno da quello delle idee.
In realtà l’America non ha grandissime colpe nei nostri confronti (se si eccetuano alcune schifezza da Sacco e Vanzetti al disastro del Cermis) abbiamo imparato tante cose da loro, attraverso i film, la letteratura, la musica, ora però è venuto il momenti di camminare sulle nostre gambe. Dicono che siamo scontenti? Be’ è vero, abbiamo un sacco di gatte da pelare, ma almeno ne siamo consapevoli. Riconoscere la malattia è l’unica via di guarigione, o no?
Poi è chiaro che ci saranno sempre gli indivudualisti, gli ignoranti, i mafiosi congeniti, ma io sono ottimista, specialmente dopo l’ennesiama capatina negli States. L’Italia je la fa’ a dispetto di tutti, basta non abbassare la guardia, basta incazzarsi tutte le volte che c’è da incazzarsi.
Meglio per noi se il nostro sport nazionale non è lo shopping, meglio tristi che lobotomizzati.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 03:57 da F. M. Rigo


Italiani? Ci sono molti Italiani e non un tipo solo di Italiani. Il nostro problema, credo, è che abbiamo avuto governanti indegni che ci hanno fatto perdere quel minimo di orgoglio nazionale che avevamo. Abbiamo avuto, ed ancora abbiamo separatisti come Bossi che vogliono usare la bandiera italiana come carta igienica e che pure è alleato di uno come Fini che dell’amor di patria fa un fatto strumentale. Abbiamo un ex-leader che se ne va in giro con la patta aperta dicendo che così è sempre pronto. Abbiamo una Sinistra che ha smesso di fare una politica culturale decente e neanche se ne accorge o, almeno, fa finta di non accorgersene. C’è un’ex capitale morale che dopo anni di dittatura leghista-forzista è diventata un ammasso di cemento dove non si sa cosa sia la Cultura. E poi c’è la rincorsa al proprio interesse personale ed il totale disinteresse per il Paese.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 09:58 da Pino Granata


Premetto che sono molto orgogliosa di essere italiana e lo confermo con lo stesso ostinato e tenace sciovinismo, che ostentano i cugini francesi.
In troppi campi dello scibile siamo i migliori:-, cibo, moda,capolavori artistici, artigianato, inventività, i nostri tecnici, ricercatori non sono secondi a nessuno etcc. Forse pecchiamo un pò di esterofilia e dovremmo avere più cura dei nostri uomini di valore e dei tesori artistici e paesaggistici, perchè siamo talmente abituati al gusto del bello, che non ci facciamo più caso.In Toscana i tedeschi e gli inglesi con due vecchie lirette, si sono accaparrati i luoghi più suggestivi e tutti i casali dismessi ora sono loro. Nei magnifici e incontaminati boschi di Spannocchia, vicino a Siena, c’e un vasto insediamento di svizzeri. dove è stato costruito un intero villaggio.Il luogo è stato recintato e nessun italiano può più entrare fra quelle piante secolari che ci videro bambini. Per l’incuria dei Comuni che battono cassa,i nostri mitici paesaggi sono deturpati da un ibrido affollamento di brutte case ,che sono un pugno in un occhio. Invano si sta battendo per tale scempio, il carissimo prof. Alberto Asor Rosa, coadiuvato da altri intellettuali, attenti alla conservazione dell’ambiente.Dove è finito lo splendido giardino d’Europa?Siamo sommersi da problemi di ogni tipo, ma forse ognuno di noi, nel suo piccolo ,con il proprio contributo intellettivo, la buona volontà, la generosità laboriosa e l’ingegno che ci distingue, può contribuire ad arginare, prima che sia troppo tardi, lo sfacelo morale e ambientale della nostra amata patria, come già abbiamo ampiamente dimostrato dopo l’ultima guerra.Il mio vuol ssere un augurio fervido, sincero, espresso col cuore, per una vita più potabile e serena, per noi e per il futuro dei nostri figli.M. Teresa

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 11:03 da M. Teresa Santalucia Scibona


@Pino Granata: i politici li eleggiamo noi…

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 11:15 da eventounico


@F. M. Rigo

…se per alcuni la tristezza deriva dal fatto che non possiamo acquistare il televisore ultrapiatto, l’ultimo modello di automobile, andare in crociera, vestire sempre firmati, ecc. ecc. allora non essi non sono tristi, bensì stupidi e gli stupidi non hanno nazionalità.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 11:16 da eventounico


Io non mi sento italiano, ancor meno siciliano. Sono un cittadino passeggero di questo mondo. Quanti poveri ragazzi sono stati mandati a morire in nome della Patria? Un paio di scarpe di cartone e un fucile in spalla per finire assiderati in un Paese straniero. Non credo si possa giudicare un popolo o una comunità nella sua interezza. Ogni persona costituisce un mondo a sé, nello stesso posto possono convivere i peggiori delinquenti e le menti più illuminate, sta a noi decidere da chi farci governare e non sempre le scelte sono frutto del libero pensiero. La Sicilia è stata deturpata dalla malapolitica, dalla connivenza con il potere mafioso, chilometri di costa tra le più belle del mondo, ridotte a nauseabonde riserve di petrolio. Ora si preme per trivellare il Val di Noto, patrimonio dell’Umanità con i suoi beni architettonici straordinari. La Regione ha dato già il suo beneplacito, i cittadini organizzano cortei che, come al solito, serviranno a ben poco. Chi ha operato queste scelte? Chi ha deciso che il petrolio serva all’economia più del turismo?
Si piange sul latte versato ma se a suo tempo, quando è stata candidata alla presidenza della Regione Rita Borsellino, i siciliani non l’hanno eletta, a che serve piangere ora? Non faccio discorsi sulla provenienza politica, ma sull’importanza di essere rappresentati da un volto pulito il quale, se non altro, avrebbe garantito trasparenza per onorare i suoi morti caduti in battaglia.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 11:31 da Salvo zappulla


Altro commento da condividere senza se e senza ma. Ne riporto uno stralcio, sottolinenado che anche per me la Patria resta un valore fondante.
Siamo sommersi da problemi di ogni tipo, ma forse ognuno di noi, nel suo piccolo ,con il proprio contributo intellettivo, la buona volontà, la generosità laboriosa e l’ingegno che ci distingue, può contribuire ad arginare, prima che sia troppo tardi, lo sfacelo morale e ambientale della nostra amata patria, come già abbiamo ampiamente dimostrato dopo l’ultima guerra.Il mio vuol ssere un augurio fervido, sincero, espresso col cuore, per una vita più potabile e serena, per noi e per il futuro dei nostri figli.M. Teresa
Grazie, sig.ra Scibona! E Auguri natalizi!
Sozi

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 11:54 da Sergio Sozi


Il problema non è se siamo il popolo più infelice d’Europa, è che non ce ne rendiamo conto, infatti abbiamo liquidato il vaffa day come una boutade di un comico, io pur non condivdedendo la manifestazione, nè alcuni temi di Grillo ritengo che fosse una cosa da prendere in considerazione, ma tant’è; ora ci indignamo per l’articolo del new york times bollandolo come diffamatorio quando invece contiene molte verità scomode. Infatti con l’affievolirsi della passione politica, che ha originato l’ascesa di Berlusconi, siamo tornati al famoso detto di Cavour ” abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani”, perchè sono esplosi tutti i campanilismi, i rancori e le diffidenze tra compatrioti, alimentati dal vento leghista, che non avendo alcuna proposta politica ha cavalcato qures’onda. Per quanto riguarda i giovani, cresciuti a televisone e soap operas, non ci sono più le aspirazioni di quando eravamo ragazzi noi, nati prima delle veline e dei grandi fratelli, i giovani d’ oggi in tirano a campare scambiandosi sms, non leggono e la scuola non insegna loro ad apprezzare le nostre radici, che spesso sono quelle che portano all’amor di patria e a coedere il vivere civile. Non abbiamo industrie nelle tecnologie avanzate, siamo terra di conquista e questa è stata una precisa scelta politica, che in tempi di vacche grasse non ha incentivato la ricerca e trattenuto i cervelli. La nostra classe dirigente è formata da dei matusalemme inamovibili che pensano solo a salvaguardare il loro potere. Questi sono fatti e non bugie, meno male che abbiamo Armani, o’ sole o’ mare e la fantasia, bisognerebbe però che tirassimo fuori dal sottoscala le idee per sperare in un futuro e non specchiarsi nell’ottimismo di Prodi.

Saluti

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 12:31 da luca nencioni


@eventounico

Veramente ormai i politici con il nuovo sistema elettorale ce li impongono i partiti. In quanto a questi ultimi non è certo colpa mia se ci sono i tipi che eleggono quelli che si vogliono pulire il sedere con la bandiera italiana o vogliono affondare a colpi di cannone le zattere dei poveri cristi. E non è neanche colpa mia se eleggono individui che invece che in parlamento dovrebbero starsene nelle patrie galere.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 12:32 da Pino Granata


@pino granata
Intendevo solo dire che non credo serva a questa Italia affermare che è sempre colpa di qualcun altro. Nei partiti ci sono persone come noi, che incontriamo al bar, al supermercato, in qualche caso (non nel mio) amici o parenti. La coscienza civile si costruisce ogni giorno nel quotidiano, con la frequentazione, l’esempio, la parola.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 12:45 da eventounico


Condivido le parole della Sig.ra Scibona, Tessy per gli amici, e di Salvo Zappulla. Credo che tutto parta da noi, dalla nostra individualità all’interno di un vivere collettivo. Personalmente non mi sento depressa, infelice o sfortunata. Prendo atto delle situazioni contingenti, di questo nostro vivere spesso senza coscienza (generalizzo, eh…ma qui si parla appunto di Italia e di italiani in genere) e mi attrezzo come posso per combatterlo. Si usano le armi che si hanno, come in ogni guerra. Ma partiamo da noi, da chi siamo e da cosa possiamo fare per capovolgere le storture. Da qualche parte bisogna pur iniziare. E io sono sicura che l’Italia ha tutte le armi per farlo.
No, non siamo così depressi, ancora non lo credo.
E per un popolo che ci crocifigge ce ne sono molti altri, al di là del mare, che ci invidiano.
kiss a tutti

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 14:14 da Silvia Leonardi


@miriam ravasio
mi piacerebbe sapere in quale paese della brianza ha visto quella scena orribile: zampognari e majorette. Abitando anch’io da quelle parti posso capirla – sabato, stessa scena. In compenso al sud, qualche zampognaro vicino al vero esiste ancora. Che sia quella la parte del paese da cui deve provenire la “direzione”, come qualcuno sostiene?

Gli americani hanno torto. Proprio loro che sono dei bacchettoni, diciamoci la verità! Che questo serva da stimolo, ma noi dovremo imparare a essere meno autolesionisti. Per esempio, abbiamo delle bellezze invidiabili e per tutta riposta deturpiamo continuamente l’ambiente, e via dicendo….
Perchè non copiamo un pò dai francesi?

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 14:46 da lina


Il diritto di criticare le persone, una politica, una Società, un Paese è una sacrosanta libertà che la stampa (libera) dovrebbe esercitare. Sempre. Poi un articolo di giornale tende sempre a sintetizzare e generalizzare, per trarre delle conclusioni, per dare un’immagine a chi lo legge, individuare delle linee di tendenza (il costume) che si vanno affermando: quello è il suo compito.
E qui è pure sacrosanto non essere d’accordo: in questa sintesi, in questa generalizzazione, ci sarà sempre qualcuno (molti) che non vi si riconosce.
Anche la politica è un po’ questo: si eleggono i deputati, i partiti si spartiscono i seggi e quelli che vincono anche ‘e seggie (inteso come seggiole, cioè le poltrone governative), ma qualcuno non si riconoscerà nei voti espressi, nelle linee di un governo pur votato, eccetera. Ed eserciterà il sacro diritto di criticare, protestare, di manifestare (se il caso).
Tutto questo in un sistema democratico.
Ma c’è democrazia in Italia ? O ci si contenta del voto, che fra le caratteristiche della democrazia è solo una (e non necessariamente la più importante: dov’è l’indipendenza dei singoli poteri: la magistratura, l’informazione, ecc.? dov’è la partecipazione popolare alla vita politica? dove sono le regole del vivere civile ?).
C’è vera libertà di stampa in Italia ? O siamo in un infimo posto della graduatoria mondiale, in mezzo a qualche stato africano o sudamericano? e non sarà che Beppe Grillo (che a volte apprezzo, a volte meno) assolve a compiti non suoi semplicemente perché trova spazi non riempiti da chi dovrebbe farlo? I politici ballano e cantano il karaoke in TV; la stampa tace; i comici informano: e forse meglio così, piuttosto che niente.
C’è depressione in Italia ? Beh, forse individualmente non per tutti, forse qualcuno si sente più spronato per reagire ad un oggettivo stato di difficoltà. Ma un giornalista straniero come dovrebbe descrivere , pur sintetizzando e generalizzando, un Paese con un’economia stagnante, dove l’industria non viene rilanciata, dove corruzione e malcostume continuano ad imperare, dove la giustizia (che non è uguale per tutti) nel miglior dei casi è lenta, e spesso è inefficace, dove l’arte e la cultura non trovano più l’attenzione ed il rispetto loro dovuto, dove il potere d’acquisto si affievolisce sempre più, dove il lavoro non sarà più ‘nero’ come una volta, ma si affermano le forme del precariato fino a 30 o 40 anni di età ? Un Paese felice e spensierato ? O forse il termine “depresso” non è proprio fuori luogo?
Sono d’accordo sul fatto che sentire critiche al nostro Paese dall’estero faccia un po’ incazzare; d’altro canto non mi (ci ?) faceva incazzare affatto quando tali critiche erano rivolte a Berlusconi e al suo governo. Ma è giusto che i panni sporchi si lavino solo in famiglia ? O questa è un’usanza un po’ mafiosetta ? E’ una delle frasi fatte che detesto di più (insieme a quella del non dover sputare nel piatto dove si mangia: io nel piatto dove mangio io voglio essere libero di scatarrarci pure; semmai sarà buona educazione non sputare nel piatto degli altri).
Sono il primo a dire che gli americani con la parola “democrazia” si sciacquano indecentemente la bocca e sono ben lungi da esserne campioni; e sono (talvolta) orgoglioso anch’io di essere italiano, ma quando si parla di letteratura, di arte, di storia e di cultura, e perché no, di sport; in altre occasioni ho la capacità di vergognarmene, come dovrebbe, talvolta, qualsiasi cittadino di qualsiasi paese. Ma le difese ad oltranza dell’italianità, gli amor di patria malriposti, lo sciovinismo generalizzato mi insospettiscono molto, mi fanno sentire puzza di bruciato, rumore di tacchi di stivali, fumi di oscurantismo, paura di talebanesimo.
Naturalmente (un post è ancor meno di un articolo di stampa) ho sintetizzato (e generalizzato) anch’io.
Saluti a tutti
Carletto vostro

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 15:28 da Carlo S.


E a questo punto provo a rispondere pure alle domande specifiche del Maugger.
1) Si, siamo (in linea generale ed in sintesi) un paese depresso (come ho detto sopra).
2) I più infelici dell’europa occidentale non so, ma sicuramente non siamo tra i più felici (oppure saremmo dei pazzi incoscienti).
3) Non ci amiamo più perchè ognuno bada solo al proprio orticello (i nostri politici per primi), senza minimamente curarci del bene comune; e questo è terrificante.
4) Naturalmente esistono tante e diversissime italie; ma la linea di tendenza (il malcostume, la maleducazione, la “depressione” di cui sopra, la decadenza della culrura) in qualche modo ci unifica anche;
ma qui vorrei che l’unificazione avvenisse soprattutto nel trovare il modo di uscirne, superando gli interessi particolari e sentire un senso di appartenenza ad una stessa cultura, ad una stessa comunità, ad una società più civile e più giusta; e con ciò ho risposto anche alla 5) (ovvero il domandone finale).
Hasta siempre
CarloS

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 15:57 da Carlo S.


Scusate qualche refuso in entrambi i post precedentemente inviati, ma sono stati scritti di getto, senza la pazienza di rileggere e correggere.
Carlo S.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 16:14 da Carlo S.


Caro e gentile Carlo S., lei è veramente una persona a modo ed educato, e questo è già una bella cosa e la ringrazio. Però ho una curiosità, e non so lei, ma io vorrei avere le credenziali di Mr.Ian Fisher, e sicuramente lui ne possiede di virtù, capacità e conoscenza per sentirsi in grado di definirci come appartenenti ad un paese di depressi. Ora mi chiedo, quali altri paesi, quali altri governi, quali altri ambienti, quali altre società, avrà mai frequentato e osservato a fondo il sig.Ian, per arrivare a formulare tale categorica definizione?
Sono sicura che quello che ci manca in Italia, sia conoscerci meglio, come dire, che se la smettessero di fare del cinema da panettone, lo so che sono divertenti e il botteghino paga, ma quanto ci mancano certi film che possano veramente mettere a nudo la nostra società, un verismo cinematografico che evidenzi tutte quelle storie di vita che passano sottotraccia e che sono la vena pulsante del nostro paese.
Nonostante il problema dei flussi migratori, il lavoro precario, il costo alto della vita, la deficitaria assistenza ai malati cronici e disabili, che sono fatti che riguardano tutto il mondo, l’Italia, avrebbe bisogno di essere rappresentata per quello che veramente è e non per quello che sembra o che ci si immagina possa essere.
Ho conosciuto persone che avendo figli disabili li hanno curati e allevati da soli, al proprio domicilio, fino all’ultimo respiro…
Ho visto donne anziane, che ancora lavorano pur di guadagnarsi il pane.
Ho visto, padri di famiglia lavorare 20 ore al giorno per permettere ai propri figli di studiare e laurearsi.
Ho visto coppie che pur guadagnando stipendi bassi, hanno realizzato dei veri e propri piccoli miracoli economici
Ho visto persone che hanno prestato garanzie o fidejussioni per favorire delle altre persone che più povere non si potrebbe essere
Ho visto allargare gli spazi extraurbani con il fiorire di quartieri bellissimi dove c’erano soltanto paludi
Ho visto uomini che si ritenevano sfortunati ma che ricevendo un sostegno umano e psicologico ce l’hanno fatto e ora possono vivere del loro lavoro
Ho visto mostre pittoriche i cui autori erano disabili, mettere in piedi dei veri e propri scrigni di alto valore artistico
Insomma, non siamo quel deserto che ci vogliono far credere, è tutta invidia e disinformazione….certamente c’è bisogno di fare ancora molto, ma per progredire occorre che qualcuno aiuti qualcuno e non che ci si parli soltanto addosso.
Maugeri, se può inviti Fisher al nostro blog o presso qualche redazione di giornali dove in video conferenza audio, ci spieghi meglio le sue opinioni, spesso ci sono giornalisti che avrebbero fatto meglio a fare i conduttori televisivi o gli oratori in pubblico piuttosto che scrivere.. Nonostante tutto, da una lettura sommaria del pezzo di Fisher, ho percepito che lui all’Italia vuole un gran bene….ce lo dica a voce!Grazie

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 17:01 da gabry conti


@ Lina
Io abito a pochi metri dalla Signora Brambilla MV (ma riguardo alle cornamuse, giuro sulla sua innocenza!)
@ Carlo, nella tua sintesi riconosco anche il mio ragionamento. Aggiungo solo che questa legge del maggioritario ha creato problemi ovunque. Nelle piccole realtà è difficile assumere delle iniziative, avanzare proposte: dopo la vittoria elettorale o sei fra i vincitori, che dilagano su tutte le poltrone, oppure sei fuori dal gioco. Puoi proporre iniziative, o organizzare eventi, incontri, promuovere associazioni ma senza mai incidere significativamente sul territorio. Al mio paese stanno deturpando la piazza centrale per costruire un mega parcheggio sotterraneo, è umiliante assistere al degrado eppure, NONOSTANTE TUTTE LE INIZIATIVE, le ruspe sono al lavoro. E noi siamo tutti depressi. Con altri rapporti numerici, questo non sarebbe avvenuto, nessuna forza politica si sarebbe avventurata contro una mobilitazione così schierata!
Non aggiungo altro. Concordo con te.
Miriam

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 17:11 da miriam ravasio


Cari amici di scrittura:l’Italia si desta!
Noi possiamo, certo che, considerare solo un’analisi mass-medialogica quella stilata da Mr. Ian Fisher,riferita solo ed esclusivamente a degli stili di vita,in quanto:niente è come sembra.
Aspettiamo quanto sentenzierà,invece, la Standard & Poor ,Agenzia di rating Internazionale o altre,a breve,riguardo la solvenza dei prestiti obbligazionari emessi dal paese Italia:abbiamo perso già 1A delle tre A+; giudizio attribuito dalle agenzie di rating, come miglior Stato sovrano solvente,preso in considerazione.
In Europa come Voi sapete,la Spagna,l’Italia,la Francia,la Germania,solo per esempio,devono correggere il loro debito pubblico di disavanzo,rientrando nella soglia del 3%,quella imposta e concordata nella C.E.E; spero per la nostra vituperata Italia,che mantenga l’impegno preso:toccherà a Prodi o a Berlusconi,lavarsene le mani?
L’Italia,inoltre,è prossima al ritiro della forza di pace,un eufemismo per giustificare i nostri soldati martiri, presente in Iraq.
L’Italia, quindi, parte di un’ Europa, che è il vero obiettivo degli U.S.A.:un mercato di nicchia l’Europa di 300milioni ca.di consumatori favoriti al cambio $:Euro, e, che al di fuori dell’Italia hanno già smantellato le basi N.A.T.O: e impiegano l’energia nucleare per scopi energetici.
Proviamo,ora, ad immaginare,cosa dirà Mr.Ian Fisher, o un altro suo collega,quando entrerà a far parte dell’Europa la Turchia?In Italia,avremo senz’altro un altro governo,Berlusconi docet,e ci sentiremo dire:il governo Italiano è talebano:l’Europa tutta è filo islamica!
Concludendo: vantiamo Noi italiani il nostro Risorgimento,la nostra costituzione,le nostre città d’arte,il Bel Paese attrazione dei turisti tutti,la nostra creatività d’ingegno e produttiva di qualità,la nostra etica del diritto,la nostra laicità,e impariamo soprattutto a sceglierci i Partners commerciali per il futuro,perché la globalizzazione dei mercati non esiste; deve essere intesa,invece, come vera inglobalizzazione finanziaria da parte di trust bancari internazionali,che compiono vere scorribande di fusioni,anche ,in Europa responsabili: yankie e asiatici,non solo per le ricche tenute del Chianti, secondo me!
W l’Italia, almeno, con quell’enfasi non inferiore a quegli sciovinisti di francesi che si sono fatti rispettare dagli U.S.A., e li hanno anche traditi a suo tempo.
Luca Gallina

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 18:17 da luca


@gabry
puoi darmi del tu: io con te (e con tutti qui) mi permetto di farlo. Ho visto anch’io molte delle cose che dici tu, ma insisto nella mia opinione, che non è distante da quella di Fischer: pur nella sua sintesi e conseguente generalizzazione, è solo una istantanea di un particolare momento della storia del nostro Paese (ed è questo quello che deve fare un articolo o un reportage di un giornale – mica la sua storia o la ricerca di singoli casi edificanti: se dovessi fare un articolo su Parigi oggi, parlerei dei disagi delle banlieues e della minaccia di riaccendersi della rivolta, e non dei volontari che assistono gli anziani, che ci saranno pure, ma non caratterizzano un particolare momento: questo) e pertanto non mi offende o scandalizza affatto. Poi tutti son liberi di dissentire, ma dire che siamo un paese ricco (di umanità, forse, ma anche in questo campo mi sembra ce ne fosse di più tempo addietro) e felice secondo me sarebbe dire un’idiozia.
@miriam
La legge sul maggioritario (soprattutto questa, con tutti i suoi correttivi compromissori “all’italiana”, perchè non è neanche un maggioritario “secco”) è un problema, ma soprattutto è un problema l’impossibilità di sciegliersi i candidati e rischiare di vedersi proporre solo condannati o inquisiti. Ma io da un candidato esigerei non la semplice fedina penale pulita, ma una LIMPIDEZZA esemplare; i nostri sembrano la palude di Lerna, con tutti i mostri annessi e connessi. Ti preciso che anche quando dicevo (nell’altro post) di scegliere preferibilemente donne tra i miei candidati, quando è possibile (cioè quando raramente ci sono), è che nel 90% dei casi non so neanche chi siano, e tra un Fra’ Cazzo da Velletri e una Sora Adelma Vattelapesca mi ispira più fiducia quest’ultima in quanto donna. Se invece i candidati li conosco allora ho degli elementi di valutazione che mi permettono di scegliere, indipendentemente dal sesso, o di votare scheda bianca (spesso chi li conosce poi, come suol dirsi, li evita). A proposito, hai mai letto il libro di Saramago “Saggio sulla lucidità” ? E’ il seguito di “Cecità”, sicuramente non è alla mirabolante altezza del precedente, ma è comunque una interessante parabola su quel che accade in una città (quella dove era ambientato “Cecità” e dopo quei fatti) dove tutti, senza che vi sia una organizzazione premeditata, votano “scheda bianca”: il governo entra in paranoia ed allora…….
Ciao
Carlo

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 18:24 da Carlo S.


Ho scritto (orrore) scIegliersi. Scusa Sozi (se mi leggi).
CS

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 18:27 da Carlo S.


@ Carlo. Saramago? Certo, per anni è stato uno dei miei autori preferiti. Magari possiamo proporre a Massimo un post mettendo a confronto Cecità e La peste , Saramago e Camus. Anche nei romanzi, però, non c’è consolazione; tutto arriva, lascia il suo segno e poi passa e ognuno può ricominciare pian piano a vivere come se nulla fosse successo.
La politica, a volte ci penso e mi verrebbe quasi voglia di rimetterci il naso, almeno nel locale, ma francamente non so se sarei in grado di reggere l’urto con questa neo-burocrazia che ha complicato tutti i funzionamenti amministrativi in proporzioni quasi surreali. E i rapporti con il microcosmo “democratico” delle associazioni, che rivendicano tutto e il contrario di tutto?
Ciao

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 19:05 da miriam ravasio


Carlo Speranza:
io non faccio il correttore di bozze. Rivolgersi a Massimo, prego.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 20:05 da Sergio Sozi


Sempre a Carletto nostro,
comunque sono d’accordo con te, come succede quasi sempre, su quel che esprimi. (Sugli errori e i refusi, ecc. Sai: qui, ognuno si tiene i propri interventi per come sono. Io ho giurato di non correggere mai piu’ nessuno, per evitare che qualcuno se la prenda a male. E faccia al tirassegno con me. Ripeto: corregete voi i miei sbagli, perche’ io non mi esprimero’ mai piu’ su quelli altrui).
Saluto Caro ed Auguri natalizi
Sergio

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 20:21 da Sergio Sozi


”correggete” volevo dire.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 20:22 da Sergio Sozi


Che vi devo dire?
Ho letto i vostri commenti e siete fantastici, talvolta soprendenti.
Le opinioni (per fortuna, altrimenti addio dibattito) sono divergenti; ma nello scrivere ci mettete una passione smisurata.
Bravi!
;)
E grazie.

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 22:18 da Massimo Maugeri


Ora seguiranno due domande un po’ provocatorie.
La prima di natura letteraria (be’, questo è sempre un blog letterario, no?).

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 22:19 da Massimo Maugeri


Scrivevo nel post che – probabilmente – tra i libri italiani pubblicati negli ultimi mesi, i più noti all’estero sono: “Gomorra” e “La casta”. E in tal senso il NYT ha dato una grossa spinta promozionale (mica è vero che lo leggono in pochi!).
Si tratta senza dubbio di due libri/denuncia (senz’altro utili, se non necessari).
-
Prima domanda
Secondo voi fino a che punto i suddetti libri possono contribuire, o hanno contribuito, oggi, in Italia, al risveglio di una coscienza civile forse colpevolmente sopita?
E la letteratura, oggi, è più o meno utile (o inutile, se preferite) rispetto a ieri?
-
In realtà le domande sono due, lo so.
;)

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 22:28 da Massimo Maugeri


In molti avete sottolineato come in Italia sia vigente, ancora oggi, una sorta di dipendenza (culturale, politica, militare) dagli Stati Uniti.
Seconda domanda
Ora, premesso che sarebbe bello, ma proprio bello essere del tutto indipendenti, se doveste essere obbligati a scegliere un paese (che non siano gli Usa) da cui dipendere… quale scegliereste?
-
Questa è una domanda/giochino, via…
Provate a rispondere, però.
Non è facile, vero?
;)

Postato martedì, 18 dicembre 2007 alle 22:33 da Massimo Maugeri


Sulla prima domanda: i libri sono sempre utili. Possono risvegliare le ccoscienze? Dipende. Se le coscienze sono solo impigrite, sì. Se sono narcotizzate, non saprei.
Seconda domanda: mi piacerebbe dipendere dal paese delle meraviglie di Alice. Sarebbe un gran casino, ma almeno ci divertiremmo un po’.
Buon non compleanno a tutti!
Smile

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 10:02 da Elektra


cccccoscienze?
ssssscusate.
Smile

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 10:03 da Elektra


Nel film di De Crescenzo, “Così parlò Bellavista”, un personaggio sperava di fare una guerra dalla parte dell’ Urss contro gli Usa, perchè, asseriva “se ci fanno prigionieri gli americani almeno mangiamo!” non c’era ancora Guantanamo, o forse non c’era internet sputtanante, però sono combattuto ho i cugini marines e faccio delle scorpacciate di tutto il ben di Dio nel supermercato della Us Navy a Norfolk, comunque se proprio non posso dipendere da zio Sam, vorrei dipendere da Montecarlo, tutto quello champagne…
@Sergio,
tu non sarai correttore di bozze, ma
@Enrico G. è un correttore di cozze (è una battutaccia da Lino Banfi, ma ogni tanto devo scatenare la belva in gabbia).
Ah Enrico…io sono per Gibson, forse perchè fumo!

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 10:35 da Anonimo


Sono Didò non un anonimo, mi erano crollati i cookies a terra, ora li raccolgo!

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 10:36 da francesco di domenico


Ecco fatto, raccolti tutti (i cookies)!
@Luca G., Carlo S., Miriam, Evento, Elektra, Gabry…insomma tutti.
E’ stato un dibattito così interessante che mi è sembrato di ritornare negli anni ‘70, quando a “Radio Alternativa” di Napoli ci si confrontava pure sul sesso delle galline e se fosse considerato stupratore il gallo!
Grazie Maugeri!

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 10:45 da francesco di domenico


1a domanda : 0%
quei libri hanno messo nero su bianco solo cose che già sapevamo. Magari non era conosciuta l’anagrafica dei coinvolti, ma l’essenza era lampante, almeno nella mente dei più.
2a domanda : premesso che dai tempi della fine delle colonie nessun Paese muore dalla voglia di averne altri dipendenti da lui, e penso preferisca parlare di “alleati”, bene, se proprio devo dire una nazione mi viene in mente il Canada. Non ci sono mai andato e quindi la risposta è puro istinto :)

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 11:11 da gluck


ELEKTRA FOR PRESIDENT!!!
e il cappellaio matto agli interni.
:-)

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 14:24 da gea


@ Francesco Di Domenico e a tutti.
Sono io che ringrazio voi. Qualcuno mi ha fatto notare che ringrazio troppo e che rischio di essere noioso. Non m’importa. Vi ringrazierò sempre; perché sappiamo bene tutti che questo blog (proprio per la sua natura) senza il vostro contributo e supporto non avrebbe ragion d’essere.
Dunque… grazie!
;)

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 15:45 da Massimo Maugeri


ma tu pensa cosa mi sono perso negli anni 70! essere presente ai dibattiti su Radio Alernativa a Napoli! Che invidia! Di Domenico stava lì!
E io, come un coglione, a Parigi!

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 16:03 da Enrico Gregori


@ Didò:
adesso non ribattergli che lui un … lo sarebbe ovunque, eh?
;)
Enrico, ma che ci facevi negli anni Settanta a Parigi?

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 16:14 da Massimo Maugeri


@Gregori,
sono scappati in tanti in quegli anni, e tutti a Parigi.
Enrico si dichiarò “Prigioniero colitico”, dopo una zuppa di trippa dal “Forcarolo” a San Basilio.
Comunque a Parigi c’ero anch’io, nel ‘78, la sera stavo al “Caveau de la Huchette”, in rue de la Huchette, e mi spacciavo per corrispondente Rai, mentre ero semplicemente un cronista di radio libera, ma c’era un ragazzotto romano spaccapalle che lavava i piatti e che alla chiusura cercava sempre di venirci dietro: “Aò, ‘ndò annate? Semo de strada?”
Quel ragazzo lo cacciammo via ( i romani sono simpatici, a Roma, all’estero sono sempre un po’ coatti): fossi tu Enrì?

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 17:14 da francesco di domenico


@gluck:
1) -proprio sicuro nella mente dei più ?
2) -proprio sicuro che le colonie non esistano più ? E se fosse solo cambiato il modo di colonizzare ?
@elektra:
mi associo in tutto e per tutto alle risposte che hai dato tu ai nuovi quesiti di massimo; e anche alla proposta di gea ! (agli esteri mettiamo la stessa Alice ?). Il gatto del Cheshire mi è sempre parso il berlusca (il sorriso è uguale). Lo lasciamo all’opposizione?

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 17:29 da Carlo S.


“e noi come coglioni a Parigi” è un modo di dire quando si vuol prendere in giro qualcuno che (a nostro parere) stava in un posto dove ci si spacca la fava. negli anni ‘70 non ero a parigi, me ne stavo tranquillo a cazzeggiare per i fatti miei a roma. peraltro anche io mi feci 3 anni di radio ma mi divertivo a diffondere Seeds, Caravan, Matchin Mole, High Tide, Cressida, Tom Rapp……..non conoscete nessuno di questi? Bè, e internet che cacchio ce lo avete a fare, solo per rispondere alle stronzate di Di Domenico?
:-)

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 17:41 da Enrico Gregori


il gatto ogni tanto sparisce…
:)

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 17:42 da gea


io si.
e li ho messi in radio per anni, ma a notte fonda.
sennò mi cacciavano.

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 17:49 da gea


@Massimo,
i libri non cambiano niente.
A Napoli Gomorra è diventato un cult, tutti lo leggono per darsi un tono e per avere conferme su quello che sapevano già. So di gente collusa (non ho prove signori giudici) che ce l’ha in bella vista in libreria: avete visto che Tangent-Napoli che è scoppiata, vogliamo chiedere ai CC se durante le perquisizioni in casa di questi criminali (chi corrompe e si fa corrompere è criminale al pari di un assassino o un pedofilo) non avessero trovato copie de “La Casta”?
I libri arricchiscono noi anime belle e qualche volta falliscono: producono dei “Walker Texas Ranger” della letteratura come Gregori (e strano che non mi abbia ancora mandato dallo stesso frate cieco di Fisher, comincio ad avere paura, Enrico è in possesso del mio indirizzo!).

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 18:00 da francesco di domenico


In che diavolo di radio stavi Gea?
Io ho rischiato di essere buttato fuori perchè una volta, per compiacere una stangona malinconica misi sul piatto alle 23.30 “Strada Facendo” di Baglioni sfumando “Picture at an exibition” Moussosky- EM.Lake&Palmer.
Ma ne valse la pena: la stangona mi venne a prendere in redazione!
Basta, devo lavorare, devo uscire dal blog, sto scrivendo il seguito dell’Ulysse, il vecchio Joyce si sta già rimboccando la lapide!

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 18:14 da francesco di domenico


@enrico
io nei ‘70 diffondevo jazz a notte fonda da Radio Monteverde. Ci ascoltavano in 4. Poi il mio collega di microfono (essendo notte fonda) all’uscita si fregava i dischi di punk per rivenderseli a Porta Portese e quando se ne sono accorti ci hanno cacciato a tutti e due. Una notte sono venuti i ladri veri (non noi) e si son fregati tutte le strumentazioni e la radio ha chiuso. Comunque nel genere che proponevi tu preferivo Hatfield & The North, i Soft Machine (fino all’uscita di Wyatt) e il grande Zappa.
@didò
i libri non cambiano niente, è vero. I lettori talvolta si (ma di rado).

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 18:25 da Carlo S.


E’ vero quanto dice il N.Y. Times, la mia vita è veramente in quella maniera, la maggior parte della gente è corrotta, il lavoro troppo spesso viene “distribuito” per raccomandazioni in sempre più settori: viene la nausea, non so come farmela passare, se 800 euro al mese sono lo stipendio (se tutto va bene) e 800 euro al mese sono per l’affitto, e tre mesi è la durata del contratto di lavoro e tre mesi è la caparra che devi versare in anticipo per l’affitto non può funzionare per matematica. E infatti non funziona.

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 18:27 da Paola Distilo


@ carlo.
ma allora è vero che c’è uno zoccolo duro ( o il contrario, come preferisce enrico :) )di vecchietti irriducibili…
su moon in june ho fatto notti insonni, e ieri l’altro stavo bestemmiando perchè non trovo H&tN,,
Radio Fragola, circuito popolare network.
una quindicina d’anni, fino a tre o quattro fa.

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 18:36 da gea


@Carlo,
sempre d’accordo con te. Enrico lo faceva per rimorchiare, a lui piacevano i Traffic.
Per quanto riguarda i lettori, bhè Rosario Livatino leggeva molto, Falcone, Borsellino…fanno bene i giudici a scrivere, a questo punto, comunque non cambiano niente, ma alle presentazioni si divertono e mettono un sacco d’autografi, non sempre sulla terza di copertina!

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 18:57 da francesco di domenico


ma è diventato un post rock? bè, meglio.
Dunque, i Traffic…non male ma non nelle mie corde. Ovviamente mooooolto nelle mie corde Hatfield and the north e Soft Machine (fino al terzo). Zappa decisamente ok anche se non tutto.
Basta così, sennò Massimo ci denuncia davvero alla Polpost.
:-)

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 22:50 da Enrico Gregori


No, no… va bene, continuate pure. Io sono rock (per dirla alla Celentano).
;-)
Anzi a questo punto ne approfitto per fare un po’ di pubblicità ai miei amici “Volver”. Una nuova banda pop rock catanese di cui ho parlato qui in passato.
Sul numero di “Beat Magazine” di dicembre (in edicola fino a gennaio) trovate il cd con il loro primo singolo. Sono agli inizi di (spero) una lunga carriera. Se qualcuno volesse aiutarli… be’, grazie da parte mia (e loro).
(magari richiamo quel vecchio post con un commento).

Postato mercoledì, 19 dicembre 2007 alle 23:39 da Massimo Maugeri


I libri che risvegliano gli Italiani sono quelli che… li fanno sognare, non i libri ”di denuncia”. Lo sostengo da sempre. Credetemi su, la realta’ e’ questa: se si vuol diminuire la disonesta’ imperante nel Paese, le strade sono due: denuncia all’autorita’ giudiziaria o movimentismo politico. Poi esiste una terza via, a lunga percorrenza, senza esiti immediati. Questa terza via, ossia la mia, e’ la scrittura antirealista, a meta’ strada fra le tradizioni medievali (il Novellino, Boccaccio, Sacchetti, Burchiello per la poesia, il Sommo e Petrarca), quelle greco-latine (di Petronio e Plauto, Esopo) e quelle derivanti dall’Italia della prima meta’ circa del Novecento, quell’Italia sensibile e fantasiosa ch’era ancora attaccata alle tradizioni e dunque sognava con gli occhi di Bontempelli, Gadda, Calvino, Landolfi.
Il futuro di questo attuale niente e’ solo nel Passato.

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 02:52 da Sergio Sozi


Non posso partecipare a questo interessante dibattito sugli anni 70 perchè non ero nè a Parigi, nè a Roma, nè in radio a mettere dischi. Che peccato! Ero impegnata a nascere :-)
Quel minimo di cultura rock che ho la devo a quanto mi è stato tramandato!
@ elektra
buona la tua idea di una dipendenza politica dal Paese delle Meraviglie. Che ne dici di valutare anche L’isola che non c’è?
kiss

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 10:19 da Silvia Leonardi


@ silvia:
giacché eri impegnata a nascere, potevi impegnarti meglio. da quello che vedo quasi tutti i giorni la carrozzeria non è venuta malissimo. è il sistema di alimentazione che ti frega. ciò si evince anche da quell’infantile libro che hai scritto e che io ho recensito bonariamente solo per non aggiungere insicurezze alla tua già precaria instabilità psico-fisica.
Avrò scherzato o detto la verità? Sai, con gli anziani non si può mai sapere. CRETINA!
:-)

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 10:29 da Enrico Gregori


@ Enrico
Ah Enri’….affrettati a smentire perchè oltre che anziano potresti ritrovarti zoppo o chissà che al nostro prossimo caffè insieme!!
Avrò scherzato o detto la verità? Sai, con i giovani non si può mai sapere. CRETINO!!!
;-)

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 10:33 da Silvia Leonardi


@ silvia:
conferme o smentite da parte di chi comincia ad avere l’alzheimer hanno scarso significato. rimani col dubbio. hai tanto tempo davanti a te per capire se dicevo la verità. sei (INUTILMENTE) giovane
:-)

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 10:38 da Enrico Gregori


Io la verità la so, sono gli altri che potrebbero travisare!! E ti comunico che la mia gioventù mi è assolutamente utile!
e adesso smettila!! :-)

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 10:52 da Silvia Leonardi


Ninna nanna per i bambini vivaci.
“Ninna nanna, sogni belli, non tiratevi i capelli!
Non gridate al vento mai
cose sconce dal sofà…
Osservate l’orizzonte
e vedrete tremolar
ogni tipo di invenzione
se a produrla
son soltanto
gente misera e biliosa,
non perdete l’occasione
di inventarvi una canzone
che migliori a voi l’udito
e vi faccia rinsavire
che a far cose per morire
non lo chiese mai nessun
confrontatevi questo sì
con dovizia ed allegria..
perchè il senso della vita non si ottiene
spremendo i frutti delle notti oscure
ma forgiando ogni parlare
con l’essenza e il buon profumo
di un mattino pien di viole
Fate pace, quindi, orsù
e non lasciatevi ingannare
da parole malsortite…
Ninna nanna, buona gente:
per il sig. rancore
si distrugge ogni
tipo di fervore….

a Silvia e Enrico

dalla nonna del blog. G.

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 17:14 da gabry conti


Grazie Gabry, hai sopito la mia vivacità… ;-) la ninna nanna ha sortito i suoi effetti!

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 17:52 da Silvia Leonardi


@ gabry:
ma quale nonna!!!! grazie del pensiero e trascorri un natale mitico

Postato giovedì, 20 dicembre 2007 alle 17:54 da Enrico Gregori


Leggendo il New York Times

(Traduzione italiana dell’articolo in lingua inglese pubblicato in questo blog).
Volo del Cadepo, 12 febbraio 2008 – Read this post in English
L’altra sera stavo leggendo il “New York Times”. Anche se sono italiano mi piace legg…

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 11:05 da Un cittadino nella rete


[...] Bodei). Come ci vedono dagli altri paesi? (Se vi ricordate ne avevamo già discusso, in parte, in questo post nato a seguito della pubblicazione del noto articolo sul New York Times che etichettava gli [...]

Postato martedì, 27 maggio 2008 alle 19:09 da Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » L’ITALIA TRA LA PAURA DELLO STRANIERO E GLI SGUARDI PERPLESSI DALL’ESTERO



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