martedì, 22 aprile 2008
NANNI BALESTRINI, IL MERCATO EDITORIALE, IL CINEMA, LA CULTURA DI MASSA
Nanni Balestrini (nella foto) è un poeta e romanziere, nato a Milano il 2 luglio 1935. Vive attualmente tra Parigi e Roma. Agli inizi degli anni ‘60 fa parte dei poeti “Novissimi” e del “Gruppo 63″, che riunisce gli scrittori della neoavanguardia. Nel 1963 compone la prima poesia realizzata con un computer. E’ autore, tra l’altro, del ciclo di poesie della “signorina Richmond” e di romanzi sulle lotte politiche del ‘68 e degli anni di piombo come Vogliamo tutto e Gli invisibili. Ha svolto un ruolo determinante nella nascita delle riviste di cultura “Il Verri”, “Quindici”, “Alfabeta”, “Zoooom”. Attivo anche nel campo delle arti visive, ha esposto in numerose gallerie in Italia e all’estero e nel 1993 alla biennale di Venezia.
Sabato scorso, su Tuttolibri (cfr. Ttl del 19/4/08, pagg. VI-VII), ha rilasciato un’interessante intervista ad Andrea Cortellessa.
Ho estrapolato alcune frasi sulle quali – a mio avviso – si potrebbe discutere (di seguito, però, potrete leggere l’intera intervista). I temi sono mercato editoriale, cinema italiano , cultura di massa.
- c’è una concorrenza sfrenata, indotta dallo strapotere del mercato. Ha ragione Arbasino, che senso ha sapere qual è il libro più venduto? Allora il ristorante migliore è McDonald’s!
- una volta pubblicare libri senza mercato era un investimento sul futuro, nelle case editrici avevano gran peso gli intellettuali.
- una cosa mi colpisce, nel cinema italiano di oggi: che non ci sono più cattivi. Sono tutti buoni! Ma senza cattivi non c’è dramma, non c’è narrazione che tenga.
- non sopporto la moda della cultura di massa. Una cosa è studiarla, o appropriarsene al quadrato; altro questo godimento snobistico che ha avuto effetti deleteri sul gusto. In fondo è buonismo pure questo. Rassicurare tutti, convincerli che i loro gusti vanno benissimo, che non vanno educati in alcun modo.
Avete letto? Bene. Cosa ne pensate?
Di seguito troverete una nota sul Gruppo 63 (fonte Wikipedia Italia), la suddetta intervista, e la successiva punzecchiatura (rivolta a Balestrini) da parte delle Vespe del Domenicale de Il Sole 24Ore (cfr. pag. 33 de Il Sole 24Ore di domenica 20/4/08).
Massimo Maugeri
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Il Gruppo 63, definito di neoavanguardia per differenziarlo dalle avanguardie storiche del Novecento, è un movimento letterario che si costituì a Palermo nell’ottobre del 1963 in seguito a un convegno tenutosi a Solanto da alcuni giovani intellettuali fortemente critici nei confronti delle opere letterarie ancora legate a modelli tradizionali tipici degli anni Cinquanta. Del gruppo facevano parte poeti, scrittori, critici e studiosi animati dal desiderio di sperimentare nuove forme di espressione, rompendo con gli schemi tradizionali.
Il Gruppo 63 si richiamava alle idee del marxismo e alla teoria dello strutturalismo. Senza darsi delle regole definite (il gruppo non ebbe mai un suo manifesto), diede origine a opere di assoluta libertà contenutistica, senza una precisa trama, (ne è un esempio Alberto Arbasino) talvolta improntate all’impegno sociale militante (come gli scritti di Elio Pagliarani), ma che in ogni caso contestavano e respingevano i moduli tipici del romanzo neorealista e della poesia tradizionale, perseguendo una ricerca sperimentale di forme linguistiche e contenuti.Ignorato dal grosso pubblico, il gruppo suscitò interesse negli ambienti critico-letterari anche per le polemiche che destò criticando fortemente autori all’epoca già “consacrati” dalla fama quali Carlo Cassola e Vasco Pratolini, ironicamente definiti “Liale”, con riferimento a Liala, autrice di romanzi rosa.
Il Gruppo 63 ebbe il merito di proporre e tentare un rinnovamento nel panorama piuttosto chiuso della letteratura italiana, ma il suo aristocratico distacco dal sentire comune e la complessità dei codici di comunicazione ne fecero un movimento elitario, accusato di ‘cerebralismo’.
Alcuni autori del Gruppo 63 furono il già citato Arbasino, Luciano Anceschi, Nanni Balestrini, Alfredo Giuliani, Gianni Celati, Giorgio Celli, Corrado Costa, Roberto Di Marco, Umberto Eco, Angelo Guglielmi, Giorgio Manganelli, Giulia Niccolai, Elio Pagliarani, Antonio Porta, Lamberto Pignotti, Edoardo Sanguineti, Adriano Spatola, Patrizia Vicinelli, Alberto Gozzi. Il gruppo, che si sciolse nel 1969, diede vita alle riviste Malebolge, Quindici e Grammatica.
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Incontro con la «voce» del Gruppo ’63: ripropone la rivista «Quindici» e fustiga i vizi italiani
“NON CI SONO PIÙ I CATTIVI”
Da Tuttolibri (cfr. Ttl del 19/4/08, pagg. VI-VII)
di ANDREA CORTELLESSA
Non se n’è mai stato con le mani in mano, Balestrini. Ma a settantatré anni vive un periodo di straordinario dinamismo. Ora ripropone con Feltrinelli la rivista Quindici, dopo aver pubblicato da DeriveApprodi un altro reperto dei più fulgidi Sixties, il «romanzo multiplo» Tristano, remigato in più di tremila esemplari ciascuno diverso dall’altro. Esperimento sul quale si interrogano filosofi, semiologi, giuristi ed economisti. Poi, sempre forbici alla mano, continua la sua sorprendente attività di artista visivo. L’ho incontrato a Roma nella sua casa di Via Merulana.
Perché di nuovo «Quindici»?
«Avremmo dovuto farlo già da un pezzo. C’è voluta l’occasione dei quarant’anni del Sessantotto: la rivista fu tra le prime a ospitare i documenti delle proteste studentesche, ma fu anche molto altro. Non mi dispiace però che l’antologia venga letta anche come un libro sul Sessantotto, al riguardo sono uscite soprattutto testimonianze soggettive… quando invece fu un’esperienza squisitamente collettiva. Neppure al cinema s’è visto granché. A parte quella terribile Meglio gioventù, anche Bertolucci o Belloccio si sono fermati al privato. Invece bisogna restituire lo spirito pubblico, collettivo, che a quel tempo ci prese tutti».
Di riviste ne hai fatte tante. Ma dalla fine di «Alfabeta» sono passati vent’anni.
«Il rinnovamento seguente è quello degli Ottonieri, Voce, Nove, Scarpa…»
.…da un lato il «Gruppo ‘93», dall’altro i «Cannibali». Due gruppi che però si disgregano subito…
«Non è più tempo di gruppi: c’è una concorrenza sfrenata, indotta dallo strapotere del mercato. Ha ragione Arbasino, che senso ha sapere qual è il libro più venduto? Allora il ristorante migliore è McDonald’s!Una volta pubblicare libri senza mercato era un investimento sul futuro, nelle case editrici avevano gran peso gli intellettuali. Questa debolezza dei gruppi si vede meglio nelle arti basate sulla collaborazione. Ai tempi di Quindici quello teatrale era il discorso trainante, oggi invece… ci sono artisti interessanti – Antonio Rezza, Valdoca, l’Accademia degli Artefatti – ma non hanno visibilità. Il cinema, poi… una cosa mi colpisce, nel cinema italiano di oggi: che non ci sono più cattivi. Sono tutti buoni! Ma senza cattivi non c’è dramma, non c’è narrazione che tenga».
Insomma, manca tensione drammatica perché è stata espulsa la dimensione del conflitto. Anche nella campagna elettorale sembrava che di cattivi in Italia improvvisamente non ce ne fossero più.
«Il motto è: Vogliamoci tutti bene. E torniamo alla famiglia, o alla Chiesa. Che sono lì appunto per assolverci. Gli italiani non vogliono fare i conti con loro stessi, con la propria storia. Il fascismo non ha mai fatto niente di male, e anche papà era un buon diavolo.Una cosa che mi piaceva dei Cannibali era che di fronte al negativo non si tiravano indietro. Oggi invece chi si rifà a modelli collaudati non rischia niente. Di nuovo quest’idea del romanzo “ben scritto”, alla Piperno… o al contrario la mania del noir… lo apprezzo in quanto paraletteratura, ottima per passare il tempo in treno. Ma i meccanismi di genere forniscono un’unica chiave di lettura del reale, in questo caso il crimine».
L’opposto dell’eliminazione dei cattivi nella narrativa neoborghese: ci sono solo cattivi. Un altro modo per evadere dal conflitto.
«Non sopporto la moda della cultura di massa. Una cosa è studiarla, o appropriarsene al quadrato; altro questo godimento snobistico che ha avuto effetti deleteri sul gusto. In fondo è buonismo pure questo. Rassicurare tutti, convincerli che i loro gusti vanno benissimo, che non vanno educati in alcun modo».
Cosa sia stato il berlusconismo lo sappiamo; ora è il veltronismo che fa sentire i suoi effetti.
«L’ho anche votato, Veltroni, mala cultura che propone… Berlusconi è simpatico ma esprime la vigliaccheria, la cialtronaggine, l’arroganza, la menzogna, il vittimismo aggressivo che abbiamo tutti dentro. Tutto ciò che l’educazione e la cultura servivano a reprimere».
Ma è quello che dicono i berlusconiani intelligenti: che è democratico aver capito gliitaliani, averli giustificati. Senza reprimerli moralisticamente.
«Ma è un bene, reprimerli! Cos’abbiamo contro la morale?».
Fa l’elogio della morale pubblica?
«C’è chi ha proposto che a scuola gli alunni tornino ad alzarsi quando entra l’insegnante. Mi pare normale, quando entra qualcuno mi alzo e lo saluto. Cos’abbiamo contro l’educazione? Guarda come la gente cammina per strada, come guida l’automobile, come parla al telefono in treno!».
Vivere in società significa assumersi la responsabilità dei propri comportamenti. Mentre berlusconismo e veltronismo concordano in questo: che non si debba mai pagare il conto.
«Il motto di Berlusconi è: Così fan tutti. Ci aveva già provato Craxi ma non funzionò. Alloraci fu una bella reazione contro l’arroganza del potere. Oggi ci restano solo i giudici».
Che proprio lei faccia l’elogio della magistratura è il colmo!
«D’accordo, ai tempi del processo “7 aprile” non usarono mezzi molto corretti. Però nella sostanza non avevano torto: io ero davvero un sovversivo, e dal loro punto di vista andavoperseguito come tale».
Non come un terrorista, però.
«Infatti da quello sono stato assolto. Lo voglio proprio dire: in Italia la cosa migliore sono igiudici. La famiglia ci assolve,
la Chiesa ci assolve, restano solo loro. Non a caso Berlusconi li odia, gli vuole fare l’esame psichiatrico».
Proprio lui ha detto la cosa più stalinista che si sia sentita da decenni! Abbiamo cominciato con «Quindici», vorrei finire con «Tristano».
«Mi piacerebbe applicarne il procedimento anche al cinema, ricombinando a caso frammenti di sequenze. Ogni spettacolo una storia diversa. Per me è una forma di realismo estremo: ogni giorno fai più o meno le stesse cose ma ogni volta c’è qualche variazione a cui non fai caso. Stavolta però, per restituire questo realismo, a differenza che su carta dove prelevavo frammenti da testi altrui, bisognerebbe girare i frammenti ex novo. Altrimenti è un’altra cosa, come La verifica incerta di Baruchello e Grifi alla quale s’è ispirato Grezzi per Blob. Lo scriva: cerco un produttore».
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Dal Domenicale de Il Sole 24 Ore (pag. 33 de Il Sole 24Ore di domenica 20/4/08)Rubrica Vespe
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Nessun pasto è gratis. Per essere colti bisogna soffrire, digiunare, indossare il cilicio, ingurgitare polpette indigeste, patire coliche epatiche e vomitare quando è il caso. Già lo sapevamo, ma ora il profeta dell’Avanguardia per eccellenza, Nanni Balestrini, ce lo ricorda in un’intervista a Tuttolibri della Stampa. Non è più tempo di gruppi: c’è una concorrenza sfrenata, indotta dallo strapotere del mercato. Ha ragione Alberto Arbasino, che senso ha sapere qual è il libro più venduto? Allora il ristorante miglior è McDonald’s? Come dire, che peso specifico hanno le forchette di un ristorante, o le stelle di un albergo?
Una volta – continua Balestrini – pubblicare libri senza mercato era un investimento sul futuro, nelle case editrici avevano gran peso gli intellettuali. Gli intellettuali? Ormai seguono gli insegnamenti di Haruki Muratami (Kafka sulla spiaggia, Einaudi) secondo cui la fitness muscolare è più importante dello stile di scrittura, e quindi è meglio andare in palestra, o a correre al parco, che compulsare il dizionario della Crusca. Quindi il peso (culturale) degli intellettuali è proporzionale alle ore di jogging o di Pilates. Avendo in mente gli scrittori italiani, la loro stazza e le maniglie dell’amore di cui fanno ampio sfoggio sulla spiaggia di Caparbio, il loro peso è inesorabilmente decrescente. Se questa legge fosse vera, molti giornalisti e intellettuali, a cominciare da Giuliano Ferrara, sarebbero condannati ad almeno sei mesi di totale astinenza, gastronomia e non solo, in nome del rispetto della vita. E il prestigio culturale sarebbe inversamente proporzionale al peso-forma.In realtà non è così. Il Pantheon del sapere non è collegato alla massa muscolare. Spesso è in relazione inversa.
Tags: balestrini, cortellessa, gruppo 63
Scritto martedì, 22 aprile 2008 alle 09:22 nella categoria PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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