martedì, 31 marzo 2009
RECENSIONI INCROCIATE n. 7: Marino Magliani, Stefania Nardini
Nuova puntata delle “recensioni incrociate” di Letteratitudine. Gli scrittori/ospiti coinvolti sono Marino Magliani e Stefania Nardini.
I libri oggetto delle recensioni sono ”La tana degli Alberibelli“ (di Marino Magliani) e “Gli scheletri di via Duomo” (di Stefania Nardini).
Due libri diversi, ma che hanno tratti in comune…
La Liguria di Magliani a confronto con la Campania della Nardini; un incrocio tra Napoli e una città della costa ligure; due noir, due romanzi incentrati sull’indagine e sulla ricerca della verità.
E proprio la ricerca della “verità” – basata sull’indagine, ma non solo – potrebbe essere uno dei temi che lega i due libri…
Così vi domando:
quali sono i principali limiti della ricerca della verità (nella vita e in letteratura)?
spesso la verità è sfuggente, multiforme, difficilmente individuabile… ma esistono situazioni oltre le quali la verità assume una veste univoca e incontrovertibile?
Di seguito potrete leggere le recensioni incrociate dei due scrittori/ospiti di questa puntata.
Vi chiedo di interagire con Marino Magliani e Stefania Nardini, che parteciperanno alla discussione. Che ciascuno di voi – se vi va – faccia il giornalista culturale e ponga delle domande per scoprire (insieme) cosa offrono questi due libri. Chi ha già avuto modo di leggerli è pure invitato a esprimere la propria opinione.
Massimo Maugeri
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La tana degli Alberibelli – Marino Magliani – Longanesi, 2009 – euro 18 – p. 329
MAGLIANI, LA FORZA DEL ROMANZO MEDITERRANEO
di Stefania Nardini
Bella e misteriosa.
Azzurra da far sognare, verde per darti il senso della vita. Terra di confine, di streghe, di gente con la faccia bruciata dal sole. Di mare, un mare che ne inghiotte il mistero. E’ la Liguria di Marino Magliani che torna con il suo nuovo romanzo: “La Tana degli Alberibelli” (ed. Longanesi). Romanzo “ad alta definizione” di questo narratore che ha fatto della scrittura il suo viaggio, il suo percorso, con lo spirito di chi non vuole sottrarsi alla realtà fermandosi su cio’ che è poesia dell’esistente.
Magliani ci racconta una bella storia. Una storia il cui protagonista è un giovane olandese, ufficialmente archeologo alla ricerca di un oggetto abbandonato dai disertori nella battaglia di Marengo, in realtà un investigatore inviato da un ufficio antifrode per avere informazione sui fondi dirottati su un porto turistico che si preannuncia il più grande del Mediterraneo.
E Magliani mette nelle mani del protagonista, nel suo duplice ruolo, passato e presente di un Ponente Ligure dove riaffiora il “non detto” (aspetto questo che troviamo anche nel suo precedente romanzo “Quella notte a Dolcedo”) della Storia. Una storia in cui la verità è rimasta spesso sepolta tra i rovi di queste montagne dove la guerra è stata povertà, morte, ma anche esplosione di miserie umane che sono ancora oggi nella memoria. Magliani non esita a rivisitare la metamorfosi di quelli che furono i partigiani, con i loro nomi di battaglia, con i loro nomi di protagonisti “eccellenti” quando poi la guerra divenne un ricordo. Come in un’operazione chirurgica estrae pezzi di memoria che ricostruiscono l’identità. E lo fa mettendo insieme il dato storico e una penetrante osservazione sul particolare, su cio’ che meglio arricchisce l’atmosfera ruvida e al tempo stesso dolce.
E’ un romanzo che parla del mare “La Tana degli Alberibelli”, di un mare visto dalla prospettiva dei villaggi arroccati sulla roccia. Un osservatorio da cui è possibile immaginare un futuro imminente legato a grandi interessi economici, in cui in nome della speculazione si sta per compiere lo scempio. Santaleula non è solo l’idea di realizzare il grande porto. Ma l’uso della più bieca persecuzione a colpi di ordinanze e carte bollate, per eliminare tutto cio’ che puo’ “interferire”. E’ cio’ che scoprirà il giovane Jean Martin, giunto in terra ligure dopo la misteriosa morte dell’agente suo collega con il quale manteneva segretamente i contatti, è l’intreccio tra passato e presente, tra gli strani segni lasciati da un partigiano cattolico in una grotta e mai decifrati, e gli “avvertimenti” che riceve quotidianamente mentre è pedinato da una Volvo bianca.
Un noir. Anche. Ma soprattutto un libro in cui la vera denuncia è in un disperato grido per salvare la ricchezza umana di questa terra, al di là di quell’apparente immagine sorniona di villaggi dove il tempo sembra scivolare senza lasciare traccia. Una ricchezza che Magliani mostra attraverso la forza della natura, delle parole, ricorrendo, senza esitazioni, a Francesco Biamonti di “Vento Largo”.
Un romanzo mediterraneo, che a tratti ci riporta a Braudel, come alla Marsiglia di Izzo , mantenendo un sua fisionomia precisa, nuova , che ne fa un testo maturo, saldamente collocato nello stile e nei contenuti.
Marino Magliani ha scritto una vera lettera d’amore alla sua terra. Mettendoci, come si fa con un’amata, la passione, l’amarezza, e una ribelle dolcezza.
E questa è una grande novità. Cercare in letteratura la verità senza rinunciare alla bellezza.
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Gli scheletri di via Duomo – Stefania Nardini – Pironti, 2008 – euro 10 – p. 111
QUANDO GLI SCHELETRI NON SONO NELL’ARMADIO
di Marino Magliani
In tempi in cui diventa ormai un genere parlare della Napoli quotidiana e di usare tutti gli ingredienti di cui si sa, una scrittrice, una giornalista, come si suol dire, prestata alla letteratura, decide di consegnarci squarci di una Napoli appena trascorsa eppure lontanissima. E non le basta, la morte sulla quale indaga l’io narrante, un giovane cronista del Mattino, é addirittura archeologica. Si tratta di due scheletri ritrovati nell’intercapedine di un palazzo che ha conosciuto momenti migliori. Il palazzo si trova in via Duomo al civico 214 e dá il titolo al libro. Gli scheletri di Via Duomo.
L’autrice é Stefania Nardini, che ha pubblicato lavori con Newton Compton e questo é il suo secondo romanzo con l’editore Tullio Pironti, un buon editore, storico, al quale si sono legati grandi nomi della narrativa italiana e internazionale e del giornalismo. L’altro romanzo della Nardini é Matrioska ed é stato addirittura tradotto in Ucraina, cosa piú unica che rara nella narrativa italiana contemporranea.
Leggendo questo romanzo pensavo a Morte annunciata di Marquez, non perché ci assomigli ( anche se in quest’aria di Napoli andata e lontana, a tratti magica, qualcosa di latinoamericano si riesca a respirare ), ma per la perfezione della costruzione, per come entrambi gli autori, Marquez e la Nardini riescano a ubbidire e a stupire il lettore nello stesso tempo. Per come a parlare siano i colori e i respiri, e per come passo passo le ipotesi sappiano ridare vita e rimettere carne intorno agli scheletri di Via Duomo.
Il professor Improta, come sempre attentissimo lettore, recensendo questo libro ha fatto notare che in questa indagine, la polizia non gioca un ruolo. Ed é vero, si direbbe di piú una questione privata, iniziata chissá quando e mai interrotta, un rapporto senza mediazioni, tra il giornalismo e la cittá di Napoli.
Alla fine questa diventa la ricerca di un giornalista che aveva capito che indagando su due scheletri si poteva indagare sul cadavere di una cittá.
Tags: gli scheletro di via duomo, La Tana degli Alberibelli, longanesi, marino magliani, pironti, stefania nardini
Scritto martedì, 31 marzo 2009 alle 21:50 nella categoria RECENSIONI INCROCIATE, SEGNALAZIONI E RECENSIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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